N. 12 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 febbraio 1990

                                 N. 12
   Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
         cancelleria il 7 febbraio 1990 (della regione Liguria)
 Istruzione  artigiana  e professionale - Disciplina dell'attivita' di
 estetista -  Requisiti  per  esercitarla  -  Mancata  previsione  del
 riconoscimento  della  qualifica  professionale  per coloro che hanno
 svolto attivita' formative nell'ambito dei contratti di formazione  e
 lavoro,  ai sensi della legge 19 dicembre 1984, n. 863 Ingiustificata
 disparita' di trattamento di situazioni analoghe  Asserita  invasione
 della   sfera  di  competenza  regionale  in  materia  di  istruzione
 artigiana e professionale.
 (Legge 4 gennaio 1990, n. 1, artt. 3, 6 e 8).
 (Cost., artt. 3, 117 e 118).
(GU n.8 del 21-2-1990 )
    Ricorso  nell'interesse  della  regione  Liguria,  in  persona del
 presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso
 in forza di mandato a margine del presente atto dal prof. avv. Pericu
 e dal prof. avv. Federico  Sorrentino  ed  elettivamente  domiciliato
 presso  lo  studio  del  secondo in Roma, lungotevere delle Navi, 30,
 contro la Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del
 Presidente  del Consiglio in carica, per ottenere la dichiarazione di
 illegittimita' costituzionale degli artt. 3, 6  e  8  della  legge  4
 gennaio 1990, n. 1, recante "Disciplina dell'attivita' di estetista",
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale,  serie  generale,  n.  4  del  5
 gennaio 1990.
                               F A T T O
    1.  -  La  Gazzetta  Ufficiale del 5 gennaio 1990 ha pubblicato la
 legge  nazionale  4  gennaio  1990,  n.  1   che   reca   "disciplina
 dell'attivita' di estetista".
    Il  testo  legislativo,  nel  porre  rimedio  ad una situazione di
 carenza  normativa  avvertita  ormai  da  anni,  definisce  (art.  1)
 l'attivita' di estetica e ne subordina l'esercizio al possesso di una
 apposita qualifica professionale (art. 4, Quarto comma). E' stabilita
 inoltre  l'iscrizione  all'albo delle imprese artigiane dell'estetica
 che sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge n. 443/1985.
    L'art.  3  individua  le  condizioni  per  il  conseguimento della
 qualificazione    professionale    necessaria     per     l'esercizio
 dell'attivita'  di estetista. Queste consistono nel superamento di un
 apposito  esame  teorico   pratico   preceduto   dallo   svolgimento,
 alternativamente:
       a)  di  un  apposito  corso  regionale  di qualificazione della
 durata di due anni, seguito da un corso  di  specializzazione  o  dal
 tirocinio per un anno;
       b)  di  un  anno di attivita' lavorativa qualificata presso uno
 studio medico specializzato o  una  impresa  di  estetista,  dopo  lo
 svolgimento  di  un  rapporto di apprendistato, e seguito da un corso
 regionale integrativo;
       c)  di  un  periodo  di almeno tre anni di attivita' lavorativa
 qualificata,  come  dipendente  o  collaboratore  familiare,   presso
 un'impresa di estetista.
    L'art.  6  disciplina  l'organizzazione  dei  corsi  e degli esami
 teorico pratici per il conseguimento della  qualifica  professionale,
 affidando   alle   regioni  la  predisposizione  (in  conformita'  ai
 princi'pi della legge-quadro in materia di formazione  professionale)
 dei  programmi  per  lo  svolgimento  dei  corsi  di  formazione,  di
 qualificazione e specializzazione  e  dell'esame.  Il  secondo  comma
 dell'articolo, pero' stabilisce che i contenuti tecnico-culturali dei
 programmi dei corsi e delle prove di esame sia definito  con  decreto
 ministeriale.  La  disposizione individua altresi' le materie oggetto
 di insegnamento e la composizione delle commissioni d'esame.
    L'art.  8  individua  i  casi  in cui, all'entrata in vigore della
 legge, e' da ritenersi posseduta la qualificazione  professionale  di
 estetista,  enunciando  una  dettagliata  casistica  di  condizioni e
 requisiti.
    2.  -  E'  opportuno  ricordare  che la regione Liguria aveva gia'
 provveduto a regolamentare la  materia  con  la  legge  regionale  25
 gennaio  1989,  n.  3,  che  reca "norme disciplinanti l'attivita' di
 estetista",   introducendo   una    normativa    essenziale    quanto
 indifferibile    nella    situazione   di   vuoto   legislativo   che
 caratterizzava l'esercizio della professione.
    In  quell'occasione,  sono  stati  definiti (art. 1) i trattamenti
 consentiti nell'esercizio dell'attivita' di estetista  e  sono  state
 individuate  (art.  2) le apparecchiature atte alla sua esplicazione.
 Le norme anticipano i contenuti della legislazione statale, che  sono
 sostanzialmente affini.
    Fra  le  altre  disposizioni  e'  stato previsto l'adeguamento dei
 programmi  dei  corsi  di  formazione  professionale  per  estetiste,
 aggiornati  in  relazione all'uso delle apparecchiature consentite ed
 inseriti nel piano annuale di formazione professionale per il 1989.
   L'art.      3     conferma     l'assoggettamento     dell'attivita'
 all'autorizzazione prevista dalla legge 14  febbraio  1963,  n.  141,
 subordinandone  la concessione all'accertamento (da parte dell'unita'
 sanitaria locale competente) dei  requisiti  igienici  del  locale  e
 delle  apparecchiature  destinate  allo  svolgimento  dell'attivita',
 oltre che dei requisiti sanitari  relativi  ai  procedimenti  tecnici
 usati. Il successivo art. 4 introduce una norma di disciplina diretta
 dell'attivita'  subordinando  l'effettuazione  delle  prestazioni  di
 sauna, idromassaggio e lampada abbronzante ultravioletti di tipo A ad
 idonea certificazione medica che escluda eventuali controindicazioni.
    3.  -  La  normativa  ora introdotta dal legislatore nazionale per
 diversi aspetti configura una penetrante  invasione  nella  sfera  di
 attribuzioni garantita alla regione Liguria.
    In  particolare,  l'art.  3,  nell'individuare le modalita' per il
 conseguimento della qualifica professionale di estetista, ammette, ai
 fini    dell'ottenimento    della    qualifica    professionale,   il
 riconoscimento dell'attivita' svolta nel periodo di apprendistato (ai
 sensi della legge 19 gennaio 1955, n. 25), ma esclude egual beneficio
 per coloro  che  hanno  svolto  attivita'  formative  nell'ambito  di
 contratti  di  formazione  e lavoro (ai sensi della legge 19 dicembre
 1984, n. 863), nonostante l'identita' delle due posizioni.
    Il   secondo   comma   dell'art.   6,  poi,  riserva  al  Ministro
 dell'industria poteri di determinare  i  contenuti  tecnico-culturali
 dei  programmi  dei corsi e delle prove di esame che trascendono, sia
 per i contenuti che per le modalita' formali di attuazione, i  poteri
 statali  di  indirizzo e coordinamento, come si sono venuti definendo
 nella legislazione vigente, e di limiti assegnati dalla Costituzione.
    Infine,  nell'individuare  la rilevanza delle situazioni pregresse
 ai fini del conseguimento della qualificazione professionale, in sede
 di  prima  applicazione  della legge, il legislatore nazionale, senza
 alcuna  giustificazione,  ha  discriminato  gli  allievi  dei   corsi
 regionali   di   formazione   professionale   che   hanno  conseguito
 l'attestato di qualifica rispetto a coloro che sono  in  possesso  di
 attestati o diplomi di estetista rilasciati a seguito di frequenza di
 corsi di scuole professionali. In  questo  modo,  inoltre,  la  norma
 finisce  per  svuotare  di  significato  le  funzioni regionali nella
 materia della formazione professionale.
    4.  - Al cospetto della normativa richiamata la regione Liguria si
 vede costretta a ricorrere all'ecc.ma  Corte,  per  la  difesa  delle
 proprie   attribuzioni  costituzionali,  affidando  il  gravame  alle
 seguenti ragioni.
                             D I R I T T O
    1.  -  Incostituzionalita' dell'art. 3 della legge 4 gennaio 1990,
 n. 1, per violazione degli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione.
    1.  -  La  legge  4 gennaio 1990, n. 1, subordina il conseguimento
 della qualificazione professionale di estetista al superamento di  un
 apposito  esame  teorico  pratico.  Fra  le situazioni che consentono
 l'ammissione  all'esame,  la  lett.  b)   dell'art.   3   indica   la
 prestazione,  per  un  anno,  di  attivita' lavorativa qualificata in
 qualita' di dipendente presso uno studio medico specializzato  oppure
 una  impresa  di estetista successiva allo svolgimento di un rapporto
 di apprendistato (ai sensi della legge 19 gennaio 1955, n. 25) presso
 una  impresa di estetista e seguita dalla frequenza di appositi corsi
 integrativi regionali di formazione teorica.
    La  norma  ingiustificatamente  pretermette  ogni riferimento allo
 svolgimento di attivita' nell'ambito di  contratti  di  formazione  e
 lavoro, previsti dalla legge 19 dicembre 1984, n. 865. In questo modo
 viene esclusa la rilevanza del tirocinio svolto sulla  base  di  quel
 titolo, ai fini dell'accesso alla professione di estetista.
    Non  vi  e'  dubbio  che in questo modo vengano discriminate senza
 alcuna giustificazione situazioni del tutto analoghe.
    2.  -  L'istituto  del  contratto di formazione e lavoro, se da un
 lato  ha  avuto   origine   come   strumento   volto   all'incremento
 dell'occupazione  giovanile, nel quadro di interventi tendenzialmente
 straordinari e temporanei, e' stato adottato dall'ordinamento in  via
 definitiva  con  il decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito
 nella legge 19 dicembre 1984, n. 863.
    Nella  sua disciplina si e' ravvisato il superamento dell'istituto
 dell'apprendistato, oggi in profonda crisi.
    Il contratto di formazione e lavoro presenta quindi, fin dalla sua
 introduzione,  una   linea   di   continuita'   con   la   disciplina
 dell'apprendistato  ed  una significativa affinita' con tale rapporto
 che, nonostante la  mancanza  di  una  esplicita  previsione,  appare
 destinato a sostituire.
    Come per l'apprendistato la disciplina del contratto di formazione
 e lavoro ha un duplice oggetto: il rapporto di lavoro  e  l'attivita'
 di  formazione.  Se  qualche  profilo  di  distinzione  e'  possibile
 cogliere nei  due  istituti,  sicuramente  si  tratta  di  diversita'
 connesse alla disciplina del rapporto di lavoro, mentre assolutamente
 identici sono gli aspetti connessi all'attivita' formativa.
    Ora,  e'  evidente  che ai fini dell'accesso alla professione cio'
 che puo' rilevare e' unicamente il  profilo  relativo  alla  funzione
 formativa  del  rapporto,  in  relazione al quale nessuna ragionevole
 giustificazione sussiste per differenziare i due istituti.
    La norma pertanto, negando ogni rilievo, ai fini dell'accesso alla
 professione, allo svolgimento di attivita' nell'ambito dei  contratti
 di  formazione  e  lavoro,  si  pone  in  contrasto  con  il precetto
 costituzionale che impone che situazioni  analoghe  ricevano  analoga
 disciplina.
    3.  -  La  censura va poi posta in relazione alla violazione delle
 attribuzioni  regionali  in  materia  di   istruzione   artigiana   e
 professionale,  in quanto interviene proprio nel momento qualificante
 delle  funzioni  esercitate  nella  materia,   ossia   quello   della
 definizione    della    rilevanza    dell'attivita'   di   formazione
 professionale.
    L'Ill.ma  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  confermare  l'assoluta
 pertinenza  alle  attribuzioni   regionali   dei   profili   connessi
 all'accertamento  del  livello  di formazione acquisito attraverso il
 rapporto di formazione e  lavoro;  competenza,  questa,  che  sarebbe
 vanificata  ove  allo  Stato  fosse consentito di escludere rilevanza
 alla  professionalita'  acquisita  ed  accertata,  proprio  ai   fini
 dell'accesso alla professione.
    2.  -  Incostituzionalita'  dell'art.  6,  secondo, terzo e quarto
 comma, della legge 4 gennaio 1990, n. 1, per violazione  degli  artt.
 3,  97,  117  e 118 della Costituzione, anche in relazione all'art. 2
 lett. d) della legge 23 agosto 1988, n. 400; all'art. 3  della  legge
 22  luglio  1975, n. 382, ed all'art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616.
    1.  -  L'art.  6  della  legge  impugnata  prevede  la  competenza
 regionale a predisporre i programmi per lo svolgimento dei  corsi  di
 formazione  di qualificazione e specializzazione e dell'esame teorico
 pratico. Questo  riconoscimento  viene  immediatamente  temperato  da
 specifiche  disposizioni  indicanti  le  materie  che  devono formare
 oggetto  dell'insegnamento  (terzo  comma)  ed  i  componenti   delle
 commissioni esaminatrici (quarto comma).
    Ma  soprattutto  si  inserisce  al  secondo comma la previsione di
 poteri statali di indirizzo e coordinamento dell'attivita' regionale,
 che,  sotto  il  profilo  del  contenuto,  della  titolarita' e della
 struttura,  alterano  l'articolazione  delle   competenze   garantite
 costituzionalmente.
    Stabilisce  la  norma  che,  al  fine  della  predisposizione  dei
 programmi regionali per lo svolgimento dei  corsi  di  formazione  di
 qualificazione  e  specializzazione  e dell'esame teorico pratico "Il
 Ministro  dell'industria,  del  commercio  e   dell'artigianato,   di
 concerto  con  il Ministro della pubblica istruzione, con il Ministro
 del lavoro e  della  previdenza  sociale  e  con  il  Ministro  della
 sanita',  entro  un  anno  dalla  data  dell'entrata  in vigore della
 presente legge,  provvede  con  decreto,  sentite  le  regioni  e  le
 organizzazioni   della   categoria   a   struttura   nazionale,  alla
 definizione dei contenuti tecnico culturali dei programmi, dei  corsi
 e delle prove di esame".
    La   norma   opera   una   penetrante  invasione  della  sfera  di
 attribuzioni  che  la  Costituzione  garantisce  alle  regioni  nella
 materia  dell'istruzione  artigiana  e professionale, pur dopo averla
 formalmente riconosciuta al primo comma, e presenta piu'  profili  di
 incostituzionalita'.
    2.  - Anzitutto la riserva allo Stato dei poteri indicati non puo'
 trovare inquadramento al di  fuori  della  funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento.  Sotto  questo aspetto, pero', sussiste un vizio nella
 definizione della titolarita' di tale potere.
    La   legislazione  statale  ha  infatti  individuato  il  soggetto
 competente alla definizione delle linee di indirizzo e  coordinamento
 nelle materie regionali nel Consiglio dei Ministri (art. 2, lett. d),
 della legge 23 agosto 1988, n. 400; art.  3  della  legge  22  luglio
 1975, n. 382, e art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).
    La  norma  impugnata  si  allontana dal modulo tipico di esercizio
 della funzione stessa, affidando la definizione dei profili  indicati
 ad  un  provvedimento  del  Ministro dell'industria, senza che esista
 alcuna ragione che possa giustificare la deroga.
    Evidente   e'   pertanto   la   violazione   dell'art.  118  della
 Costituzione, sia per la sottrazione di ambiti di competenza  propria
 della  regione  sia  -  in  relazione  agli  artt.  2  della legge n.
 400/1988,  e  3  della  legge  n.  382/1975  -   sotto   il   profilo
 dell'ingiustificata   alterazione   della   titolarita'   dei  poteri
 riservati allo Stato.
    3.  -  Oltre  a  cio'  il  contenuto della previsione introduce un
 rilevante  fattore  di  disfunzione  nella  programmazione  regionale
 indicata  dal  primo comma della norma. Questo infatti stabilisce che
 detta funzione programmatoria sia esercitata dalle regioni "entro sei
 mesi  dalla  data  di  entrata in vigore della presente legge"; ma al
 secondo comma dispone che il decreto con il quale il Ministro "a  tal
 fine",  provvede  alla  definizione  dei contenuti dei programmi, dei
 corsi e delle prove di esame sia emanato "entro un anno  dall'entrata
 in vigore della presente legge".
    L'inversione  cronologica, rispetto all'ordine logico e funzionale
 delle attribuzioni dei due enti, appare del  tutto  ingiustificata  e
 contraria al principio del buon andamento e comporta una modalita' di
 attuazione  del   potere   statale   intrinsecamente   lesiva   delle
 attribuzioni regionali.
    Sotto  il  profilo logico la funzione di indirizzo e coordinamento
 dovrebbe essere esercitata prima delle attivita' che ne sono oggetto.
 E' pur vero che appare ammissibile la previsione di poteri statali di
 indirizzo e coordinamento in materia gia'  normata  dalla  regione  o
 nella  quale  le  funzioni amministrative sono gia' definite nel loro
 assetto e nei loro contenuti quando la previsione del potere  statale
 e' cronologicamente successiva all'attribuzione regionale, ma, quando
 sia la medesima fonte che definisce l'articolazione  dei  poteri  dei
 due  enti,  la  (possibilita'  di) inversione cronologica e' priva di
 qualsiasi giustificazione.
    Del  tutto  irrazionale  e'  quindi  la  norma  impugnata, laddove
 assegna alle regioni un termine di sei mesi per  la  definizione  dei
 programmi  del  settore ed ammette che lo Stato possa successivamente
 dettare  i  criteri  ai  quali  la  programmazione   regionale   deve
 adeguarsi.  In  questo  modo  si  introduce un fattore di disfunzione
 considerevole e si consente che l'attivita' regionale venga nell'arco
 di pochi mesi vanificata o comunque sottoposta a revisione.
    La  disposizione pertanto e' lesiva delle attribuzioni regionali e
 contrasta con  il  principio  costituzionale  del  buon  andamento  e
 dell'efficienza della pubblica amministrazione.
    3.  - Incostituzionalita' dell'art. 8, quinto e sesto comma, della
 legge 4 gennaio 1990, n. 1, per violazione degli artt. 3, 117  e  118
 della Costituzione.
    1.  - Incostituzionale e' poi, ad avviso della regione ricorrente,
 l'art. 8 della  legge  n.  1/1990,  che  individua  i  casi  in  cui,
 all'entrata  in  vigore  della  legge,  e'  da ritenersi posseduta la
 qualificazione    professionale    di     estetista,     introducendo
 ingiustificate discriminazioni fra possessori di titoli analoghi.
    In  particolare  il  sesto  comma  consente il conseguimento della
 qualificazione professionale agli allievi  dei  corsi  di  formazione
 professionale  che abbiano conseguito l'attestato di qualifica di cui
 alla legge n.  845/1978,  solo  mediante  il  superamento  dell'esame
 teorico   pratico,   preceduto  dallo  svolgimento  di  un  corso  di
 specializzazione di durata annuale. La qualifica e' invece conseguita
 di diritto da chi sia in possesso di attestati o diplomi di estetista
 rilasciati a seguito di frequenza di corsi  di  scuole  professionali
 autorizzate o riconosciute.
    In  questo  modo viene attuata una ingiustificata discriminazione,
 lesiva del principio costituzionale  di  eguaglianza.  Gli  attestati
 rilasciati   a   seguito  della  frequenza  di  corsi  di  formazione
 professionale  regionale  o  di  quelli  di  scuole   autorizzate   o
 riconosciute  certificano  entrambi  il  raggiungimento  del grado di
 professionalita' necessario all'esercizio dell'attivita' di estetista
 in base all'ordinamento anteriore alla legge impugnata.
    Se  la  normativa transitoria fa salvi, attribuendo loro rilevanza
 ai fini del conseguimento  della  qualificazione  professionale,  gli
 attestati  di  attitudine  gia' rilasciati, indipendentemente da ogni
 valutazione sulla compatibilita' dei contenuti della professionalita'
 precedentemente  acquisita  rispetto  a  quella  richiesta  dal nuovo
 ordinamento, non sussiste alcun ragionevole motivo per  differenziare
 le  situazioni  sopra  indicate, che danno egual grado di affidamento
 sulla professionalita' raggiunta.
    2.  -  Il  vizio  appare  tanto  piu'  evidente se si considera la
 regione Liguria, come si e' ricordato in  narrativa,  nel  provvedere
 alla  disciplina  dell'attivita' di estetista con la legge n. 3/1989,
 aveva individuato i contenuti tecnici e professionali dell'attivita',
 con  definizioni  del  tutto analoghe a quelle introdotte dalla legge
 statale, ed aveva disposto  l'adeguamento  dei  corsi  di  formazione
 professionale.  L'idoneita'  conseguita  nei  corsi  regionali appare
 perfettamente adeguata al livello di  professionalita'  richiesto  "a
 regime"  dalla  legge statale sopraggiunta e pertanto non puo' essere
 fonte di trattamento deteriore in sede di disciplina transitoria.
    3.  -  Il valore degli attestati regionali di qualifica e' inoltre
 espressamente  riconosciuto  dall'art.  14  della  legge  quadro   21
 dicembre  1978,  n.  845,  in materia di formazione professionale, ai
 fini dell'avviamento al lavoro e dell'inquadramento aziendale  e  per
 l'ammissione ai pubblici concorsi.
    La  previsione introdotta dalla legge impugnata contraddice quindi
 la norma della legge quadro.
    Risultato  pertanto  violati,  oltre  al prinicipio di eguaglianza
 sotto il profilo indicato, gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
    La  norma  impugnata  lede  infatti le attribuzioni della regione,
 intervenendo in materia ad essa sicuramente  riservata,  quale  della
 formazione  professionale,  e  soprattutto  vanifica gli attestati di
 qualifica  professionale  che  vengono  rilasciati  a  seguito  della
 frequenza  dei  corsi  regionali e del superamento dell'esame finale,
 secondo  le  previsioni   della   legge-quadro,   compromettendo   il
 significato  stesso  dell'attivita'  di  formazione  disciplinata  ed
 attuata dalla regione.
                                P. Q. M.
    Piaccia all'ecc.ma Corte dichiarare costituzionalmente illegittimi
 gli artt. 3, primo comma, 6, secondo, terzo e quarto comma, 8, quinto
 e sesto comma, della legge 4 gennaio 1990, n. 1;
    Con ogni ulteriore conseguenza di legge.
      Genova-Roma, addi' 1› febbraio 1990
      Prof. avv. Giuseppe PERICU - Prof. avv. Federico SORRENTINO

 90C0159