N. 93 ORDINANZA 20 - 26 febbraio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati militari - Obiezione di coscienza - Rifiuto del servizio
 militare di leva - Disobbedienza - Pena edittale - Sproporzione anche
 dopo la sua rideterminazione a seguito della sentenza n.  409/1989 -
 Censure volte a sindacare le statuizioni adottate dalla Corte e come
 tali non impugnabili - Finalita' di elusione sostanziale della forza
 cogente della declaratoria di illegittimita' costituzionale -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma; c.p.m.p.,
 art. 151).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e
 28, della legge 11 marzo 1953, n. 87).
(GU n.10 del 7-3-1990 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8, secondo
 comma,  della  legge  15  dicembre  1972,  n.  772  (Norme   per   il
 riconoscimento  dell'obiezione  di  coscienza)  come modificata dalla
 sentenza della Corte costituzionale n.  409  del  1989  in  relazione
 all'art.   28   della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
 costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) e  degli
 artt.  151  e  173,  primo comma, del codice penale militare di pace,
 promossi con ordinanze emesse il 4 ottobre 1989 (nn. 11 ordinanze) il
 5  ottobre 1989 (nn. 14 ordinanze) e il 12 ottobre 1989 dal Tribunale
 militare di Torino, il 29 settembre 1989 ed il 13 ottobre 1989  dalla
 Corte  militare  d'appello,  sezione  distaccata  di Verona, iscritte
 rispettivamente ai nn. da 596 a 621, 656 e 657 del registro ordinanze
 1989  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 49 e
 52 prima serie speciale dell'anno 1989;
    Visto   l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 31 gennaio 1990 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto  che  questa  Corte  con  sentenza  n.  409  del  1989 ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,   secondo
 comma,  della  legge  15  dicembre  1972,  n.  772,  come  sostituito
 dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695, "nella parte in cui
 determina  la  pena edittale ivi comminata nella misura minima di due
 anni anziche' in quella di sei mesi e nella misura massima di quattro
 anni anziche' in quella di due anni";
      che  la  Corte e' pervenuta a tale declaratoria avendo accertato
 la manifesta irrazionalita' della sanzione comminata, per il  delitto
 di  rifiuto del servizio militare per motivi di coscienza, dal citato
 art. 8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972, in relazione alla
 sanzione prevista per il delitto di mancanza alla chiamata sanzionato
 dall'art. 151 del codice penale militare di pace;
      che,  invero,  la  citata sentenza n. 409/1989 ha rilevato che i
 comportamenti  previsti  dalle  due  ipotesi  criminose  ledono,  con
 modalita'  oggettive  analoghe, lo stesso bene giuridico (l'interesse
 alla regolare incorporazione degli  obbligati  al  servizio  di  leva
 nell'organizzazione  militare)  e  che  e'  identico il rimprovero di
 colpevolezza che si muove ai soggetti attivi dei due  delitti  e  che
 pertanto   appariva  sproporzionata,  arbitraria  ed  irrazionale  la
 maggior pena comminata dal citato art. 8, secondo comma, della  legge
 n.  772  del  1972  unicamente in ragione dell'esistenza di motivi di
 coscienza dedotti a giustificazione del comportamento tenuto;
      che,  in  particolare,  la  sentenza stessa ha dichiarato che il
 citato art. 8, secondo comma, della  legge  n.  772  del  1972  aveva
 irrazionalmente   contraddetto   la   valutazione  gia'  operata  dal
 legislatore "in via generale e  senza  tener  tipicamente  conto  dei
 motivi  dell'azione  criminosa"  con  l'art.  151  del  codice penale
 militare di pace;
     Ritenuto  che con ventitre' ordinanze, d'identico contenuto (Reg.
 ord. nn. da 596 a 618/1989) emesse il 4 ed  il  5  ottobre  1989,  il
 Tribunale  militare di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt.
 3, primo comma, 25, secondo comma, 27, terzo comma, Cost. e 28  della
 legge  11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 8, secondo comma, della legge  15  dicembre  1972  n.  772,
 "come   modificato   dalla   sentenza   n.   409/1989   della   Corte
 costituzionale",  assumendo  che   -   avendo   la   detta   sentenza
 erroneamente  ritenuto che i delitti di cui al citato art. 8, secondo
 comma, della legge n. 772 del 1972 ed all'art. 151 del codice  penale
 militare  di  pace  ledono lo stesso bene giuridico mentre in realta'
 sarebbero  lesi  beni  giuridici  diversi  (semplice  interesse  alla
 regolare incorporazione degli obbligati al servizio di leva, nel caso
 dell'art. 151  del  codice  penale  militare  di  pace  ed  interesse
 all'effettuazione  del  servizio di leva globalmente inteso, nel caso
 dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972) -  la  norma
 impugnata  contrasterebbe,  da  un lato, con l'art. 28 della legge 11
 marzo 1953, n. 87 e con il  principio  di  legalita'  e  tassativita'
 delle  pene,  di  cui all'art. 25, secondo comma, Cost. (in quanto la
 citata sentenza n. 409/1989  avrebbe  modificato  una  norma  penale,
 sostituendosi   al   legislatore  nella  scelta  tra  piu'  soluzioni
 possibili) e, da un altro lato, contrasterebbe  sia  con  l'art.  27,
 terzo  comma,  Cost. (poiche' la sanzione ora applicabile all'ipotesi
 di cui all'art. 8, secondo comma, citato non sarebbe proporzionata al
 disvalore  del  fatto  illecito)  sia  con l'art. 3 Cost. (poiche' si
 sarebbe  determinata,  da  una  parte,  un'irrazionale  equiparazione
 sanzionatoria  tra  il  delitto  di rifiuto del servizio militare per
 motivi di coscienza e quello di mancanza alla chiamata e, dall'altra,
 un'ingiustificata  disparita'  di trattamento del predetto delitto di
 rifiuto del servizio militare per  motivi  di  coscienza  rispetto  a
 quelli  di  rifiuto del servizio militare non armato e di rifiuto del
 servizio civile sostitutivo di cui al primo comma dell'art. 8  citato
 ed  a  quello  di disobbedienza di cui all'art. 173 del codice penale
 militare di pace);
    Ritenuto  che,  con  altre  tre  ordinanze (Reg. ord. nn. da 619 a
 621/1989) emesse il 5 ed il 12 ottobre 1989, il Tribunale militare di
 Torino  -  basandosi  sullo  stesso  presupposto  secondo il quale la
 citata sentenza n. 409/1989 avrebbe errato nel  ritenere  l'identita'
 dei  beni  giuridici  lesi  dai  delitti di cui agli artt. 8, secondo
 comma, della legge n. 772 del 1972 e 151 del codice  penale  militare
 di pace, trattandosi invece di beni giuridici diversi - ha sollevato,
 in  riferimento  all'art.  3   Cost.,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dello  stesso  art. 151 del codice penale militare di
 pace  sotto   il   profilo   dell'irragionevole   equiparazione   del
 trattamento  sanzionatorio  determinatosi  fra  le  dette  ipotesi di
 reato;
    Ritenuto  che,  con  due  ordinanze (Reg. ord. nn. 656 e 657/1989)
 emesse il 29 settembre ed il  13  ottobre  1989,  la  Corte  militare
 d'appello,  sezione distaccata di Verona, - ugualmente fondandosi sul
 presupposto d'un errore compiuto dalla citata  sentenza  n.  409  del
 1989  nell'equiparare  i  beni giuridici lesi dai delitti di cui agli
 artt. 8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972 e 151 del  codice
 penale  militare  di  pace  -  ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale del detto art. 8, secondo comma, della  legge  n.  772
 del  1972  per  contrasto  sia con l'art. 3 Cost. (perche' si sarebbe
 determinata un'irrazionale sproporzione fra la pena ora prevista  per
 il delitto di rifiuto del servizio militare per motivi di coscienza e
 la minore pena prevista dall'art. 173, primo comma, del codice penale
 militare  di pace per il delitto di disobbedienza, la cui condotta e'
 oggettivamente analoga a quella del delitto di rifiuto  del  servizio
 militare,   quando   questo  sia  conseguito  attraverso  il  rifiuto
 d'obbedire    all'ordine    d'indossare    l'uniforme    accompagnato
 dall'adduzione  del  movente) sia con l'art. 25, secondo comma, Cost.
 (poiche' si tratterebbe di norma penale  novata  nella  sanzione  con
 atto di organo diverso dal potere legislativo);
      che,  nel  giudizio  a  carico  di  Caldano  Omar  (Reg. ord. n.
 621/1989) e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo che la proposta questione sia dichiarata  inammissibile  o,
 comunque, infondata;
    Considerato  che,  per  l'identita'  o connessione delle sollevate
 questioni, i relativi  giudizi  possono  essere  riuniti  per  essere
 contestualmente definiti;
      che  le  censure  formulate  nelle ordinanze di rimessione sono,
 all'evidenza, solo formalmente indirizzate alle norme suindicate  ma,
 nella  sostanza,  sono  rivolte  a  sindacare le statuizioni adottate
 dalla Corte con la menzionata sentenza n. 409/1989;
      che,   pertanto,  il  meccanismo  del  giudizio  incidentale  di
 legittimita' costituzionale risulta,  nella  specie,  arbitrariamente
 attivato  per  esercitare,  in  forma  surrettizia,  un sindacato del
 merito di una decisione di questa Corte;
      che  siffatto  sindacato  e'  assolutamente precluso dal sistema
 risultante dagli artt. 136, primo comma e 137, terzo comma,  Cost.  e
 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, i quali pongono il
 principio  della  non  impugnabilita'  delle  decisioni  della  Corte
 costituzionale;
       che, invero, il fine cui mira la proposta impugnativa e' quello
 d'una sostanziale elusione della forza cogente ( ex art.  136  Cost.)
 della pronunciata declaratoria d'illegittimita' costituzionale;
     che,  comunque,  e'  appena  il  caso di ricordare che, come gia'
 esposto in narrativa e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a
 quo,  la  sentenza n. 409/1989 ha non gia' sostituito la pena ex art.
 8, secondo comma, della legge n. 772  del  1972  bensi'  si  e'  piu'
 semplicemente  limitata  a  ricavare  dal sistema creato dallo stesso
 legislatore la necessitata applicabilita' della pena ex art. 151  del
 codice penale militare di pace;
      che,   di   conseguenza,  tutte  le  sollevate  questioni  vanno
 dichiarate manifestamente inammissibili;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara    manifestamente   inammissibile   la   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma,  della  legge
 15  dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione
 di coscienza) come sollevata, in  riferimento  agli  artt.  3,  primo
 comma,  25, secondo comma, 27, terzo comma, Cost. e 28 della legge 11
 marzo 1953, n. 87, con le ordinanze in epigrafe;
      dichiara    manifestamente   inammissibile   la   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 151 del codice penale  militare
 di  pace sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., con le ordinanze
 in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: DELL'ANDRO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 26 febbraio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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