N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 giugno 1987- 9 marzo 1990
N. 136 Ordinanza emessa il 24 giugno 1987 (pervenuta alla Corte costituzionale il 9 marzo 1990) dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Mirabile Giovanni ed altri contro il Ministero di grazia e giustizia ed altri. Previdenza e assistenza sociale - Magistrati - Indennita' di buonuscita - Esclusione dell'indennita' integrativa speciale dal computo della base contributiva da considerarsi ai fini della liquidazione della buonuscita - Limitazione all'80 per cento dello stipendio annuo e delle altre indennita' previste dalla legge n. 75/1980 della base di calcolo dell'indennita' di buonuscita - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai lavoratori privati e ai dipendenti degli enti pubblici - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a., nonche' della assicurazione ai lavoratori di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di vecchiaia. (Legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma, lett. b), come sostituito dalla legge 3 marzo 1960, n. 185, art. 1; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38, modificato dalla legge 20 marzo 1980, n. 75, artt. 2 e 3). (Cost., artt. 3, 38 e 97).(GU n.14 del 4-4-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2418/1986 proposto dai dottori Giovanni Mirabile, Salvatore Piumaro', Francesco Del Vecchio, Mario Guerrieri, Giuseppe Marras, Gennaro Fasani, Giuseppe Rubino e Aldo Campenni', tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Giovanni Di Gioia e Giovanni Battista Petrocchi ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, in Roma, via Pierluigi da Palestrina n. 19, contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, il Ministero del tesoro, in persona del Ministro pro-tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, preso la quale sono domiciliati ex lege, nonche' contro l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti dello Stato (E.N.P.A.S.) in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito in giudizio, per ottenere: a) la declaratoria del diritto dei ricorrenti ad ottenere la corresponsione della indennita' di buonuscita determinata computando anche l'indennita' integrativa speciale, con conseguente obbligo dell'amministrazione di rideterminare l'indennita' di buonuscita spettante ai ricorrenti; b) la condanna delle amministrazioni al pagamento in favore dei ricorrenti delle maggiori somme dovute, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi, decorrenti dalla data di cessazione del rapporto, con riferimento agli importi dovuti al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero del tesoro e di quello di grazia e giustizia; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 3 giugno 1987 la relazione del consigliere Franco Bianchi ed uditi, altresi', gli avvocati Di Gioia per il ricorrente e l'avv. dello Stato Di Carlo per le amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F A T T O I ricorrenti, tutti magistrati di Cassazione collocati a riposo nel periodo tra il 1 luglio 1983 ed il luglio 1985, con l'attuale ricorso hanno richiesto il riconoscimento del loro diritto ad ottenere la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita con il computo dell'indennita' integrativa speciale, con condanna dell'amministrazione al pagamento delle maggiori somme dovute oltre rivalutazione monetaria ed interessi. A fondamento del ricorso hanno dedotto i seguenti motivi di illegittimita': 1) violazione dell'art. 1 della legge n. 324/1959 in relazione agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 ed all'art. 22 della legge n. 160/1975. Ai fini della determinazione della indennita' di "buonuscita" spettante ai dipendenti dello Stato - e, quindi, anche ai ricorrenti - deve essere computata anche l'indennita' integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324. L'art. 22, secondo comma, della legge n. 160/1975 ha disposto, infatti, che a decorrere dal 19 gennaio 1974, l'indennita' integrativa speciale e' da considerarsi tra gli elementi della retribuzione previsti dall'art. 12 della legge n. 153/1969 per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale. Tale norma, presenta un contenuto innovativo autentico rispetto alla originaria disciplina istitutiva della indennita' integrativa speciale, che deve essere, pertanto, ritenuta o retribuzione ex art. 38, primo comma, della legge n. 1032/1973) o indennita' utile ai fini del trattamento previdenziale ( ex art. 38, secondo comma, cit.) e, quindi, deve essere in ogni caso computata nella indennita' di buonuscita. Ove, poi, si volesse ritenere che le suindicate norme escludano l'indennita' integrativa speciale dal computo della indennita' di buonuscita E.N.P.A.S., le stesse sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, come hanno gia' ritenuto taluni tribunali amministrativi regionali, rimettendo la presente questione alla Corte costituzionale (t.a.r. Lazio, terza sezione, n. 347 del 30 marzo 1985; t.a.r. Liguria n. 455 del 15 luglio 1985); 2) violazione degli artt. 1282 e 1224 del codice civile, dell'art. 429 del c.p.c. e dei principi generali vigenti in materia. L'indennita' di buonuscita corrisposta dall'E.N.P.A.S. ha sostanziali caratteri di remunerazione del pubblico dipendente, sia pure differita alla cessazione del rapporto, come e' provato dall'evoluzione normativa in materia, trattandosi di emolumento a carattere obbligatorio da versare anche a favore del coniuge superstite inre successionis. Le somme spettanti a titolo di indennita' di buonuscita dovranno essere pertanto rivalutate e su di esse applicati gli interessi. Ove poi si ritenesse che il principio della rivalutazione automatica del credito non trovi applicazione nei confronti dell'indennita' di buonuscita statale, gli artt. 1224 del codice civile e 429, terzo comma, del c.p.c. e 150 delle disposizioni att. del c.p.c. sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 36, 38, 97, 24 e 113 della Costituzione, come gia' ritenuto dalla ordinanza di remissione del t.a.r. Liguria n. 455 del 15 luglio 1985; 3) illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1032 (cosi' come integrato dagli artt. 2 e 3 della legge n. 75/1980) per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. In applicazione delle suindicate norme l'E.N.P.A.S. liquida l'indennita' di buonuscita in misura pari ad un dodicesimo dell'80% dell'ultimo stipendio e delle altre indennita' previste, a differenza di quanto avviene per i dipendenti privati (artt. 2120 e 2121 del cod. civ.) e per i dipendenti degli enti pubblici (art. 13 della legge n. 70/1975) in favore dei quali l'indennita' di fine rapporto e ragguagliata al 100% dell'ultima retribuzione. Tale differenziato trattamento a danno dei dipendenti statali rende gli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Per questi motivi hanno chiesto, pertanto, di volere, in via principale, accogliere le avanzate pretese economiche e, in via subordinata, previa declaratoria di non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita' proposte, rimettere gli atti alla Corte costituzionale, con tutte le conseguenze di legge anche in ordine alle spese, competenze ed onorari di lite. I Ministeri del tesoro e di grazia e giustizia, costituitisi in giudizio col patrocinio dell'avvocatura dello Stato, hanno chiesto il rigetto dell'impugnativa. All'udienza del 3 giugno 1987, dopo la discussione orale, la causa e' stata spedita a sentenza. D I R I T T O Con l'attuale giudizio di accertamento - proposto da taluni magistrati di Cassazione collocati a riposo nel periodo tra il 1 luglio 1983 ed il luglio 1985 - gli interessati azionano la pretesa patrimoniale volta ad ottenere: a) la riliquidazione della indennita' di buonuscita con il computo della indennita' integrativa speciale; b) la corresponsione della medesima indennita' di buonuscita maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria; c) la riliquidazione della predetta indennita' di buonuscita in base al 100% dell'ultima retribuzione e non all'80%, come disposto dalla amministrazione. Con separata decisione, questa sezione ha respinto i primi due capi della domanda. La disciplina vigente - legge 27 maggio 1959, n. 324, come sostituita dalla legge 3 marzo 1969, n. 185 - alla stregua della quale, l'indennita' integrativa speciale non entra nella determinazione dell'indennita' di buonuscita per i dipendenti dello Stato, non si appalesa, tuttavia, immune dal sospetto di incostituzionalita' sollevato dai ricorrenti, in via subordinata, con riguardo ai principi sanciti dagli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, ove posta a raffronto con il diverso e piu' favorevole regime previsto (per il personale degli enti locali) dall'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, il quale prevede, infatti, la computabilita' di detta indennita' integrativa speciale - sia pure in parte soltanto - nel calcolo della indennita' di fine servizio a partire dal 1 luglio 1974. A supporto motivazionale della non manifesta infondatezza della eccezione di illegittimita' costituzionale che il collegio intende sollevare, possono essere mutuate le piu' significative argomentazioni dalle ordinanze di rinvio alla Corte emesse da altri giudici sulla medesima questione (t.a.r. Lazio, terza sezione, 30 marzo 1985, n. 347; t.a.r. Liguria 15 luglio 1985, n. 455; t.a.r. Napoli, seconda sezione, 27 giugno 1984, n. 258). Va osservato, anzitutto, in proposito che l'indennita' premio di fine servizio spettante al personale degli enti locali alla cessazione del rapporto (legge 8 marzo 1968, n. 152) non presenta sensibili differenze sul piano strutturale e funzionale, rispetto alla indennita' di buonuscita spettante al personale dello Stato in genere. Anzitutto, in entrambi i casi la misura di quanto spetta e' calcolata prendendo a parametro l'80% del trattamento economico annuo: un quindicesimo della retribuzione per i dipendenti degli enti locali, art. 4 della legge n. 152/1969; un dodicesimo per gli statali, artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 e art. 14 della legge n. 829/1973; ma qui la mozione di riferimento e' lo stipendio, e quindi piu' ristretta di quella fatta propria dalla legge n. 152/1968, il che compensa la frazione piu' favorevole. In entrambi i casi, poi, a differenza di quanto avviene per l'indennita' di anzianita' regolata dalle norme di diritto privato, gli interessati in costanza di rapporto sono soggetti a contribuzione ai fini del trattamento di fine rapporto, per tale ragione espressamente definito di previdenza: art. 11 della legge n. 152/1968; art. 37 del d.P.R. n. 1092/1973; art. 36 della legge n. 829/1973. Ora, non v'e' dubbio che nonostante le accennate analogie strutturali e funzionali tra i due trattamenti di fine rapporto si possa comunque, sul piano formale, allo scopo di non ritenere violato l'art. 3 della Costituzione, mettere in luce talune differenze esistenti tra i due corrispondenti rapporti d'impiego, non a caso per molti decenni regolati sulla base di normative formalmente e organizzativamente diverse e distinte. Senonche', anche a voler prescindere dall'emersione negli ultimi anni di una tendenza normativa a dare unita' all'ordinamento del pubblico impiego; pur nel rispetto delle oggettive differenze esistenti fra i singoli comparti (si pensi, soltanto alla legge quadro 29 marzo 1983, n. 93, ed ai principi fondamentali in essa dettati in materia), la sezione ritiene di rilievo determinante, nel senso della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' posta, sottolineare il presupposto che ha portato il legislatore del 1980 a emanare la disposizione di segno favorevole ai dipendenti degli enti locali, ora richiamata per invocare l'estensione a favore dei dipendenti statali. Tale presupposto e' dato dal fatto che, come dispone l'art. 3 della legge n. 299/1980 cit. a decorrere dal 1 gennaio 1974 l'indennita' integrativa speciale ex legge n. 324/1959 (quella stessa cioe' degli statali) corrisposta ai dipendenti degli enti locali iscritti all'I.N.A.D.E.L., e' assoggettata a contribuzione previdenziale (nella misura massima maturata al 31 luglio 1977, come si desume dal rinvio alla legge 31 gennaio 1977, n. 91, che a tale data, a vari effetti aveva "congelato" l'indennita' di contingenza dei lavoratori di diritto privato). Ora tale disposizione appare in tutto equivalente a quella, gia' vista, a suo tempo introdotta dall'art. 22 della legge n. 160/1975 e riguardante il personale statale, ivi compreso quello ad ordinamento autonomo, e avente effetto sempre dal 1 gennaio 1974: l'unica differenza consistendo - il che e' ovvio, dato il momento di emanazione - nella mancata indicazione in detta legge n. 160/1975 del limite sopra visto: il tutto in apparente conferma, ancora una volta, di una ratio legis intesa a dare sostanziale unitarieta' al trattamento previdenziale di fine rapporto delle categorie di personale interessato (statali e dipendenti di enti locali). E' proprio da tale assoggettamento a contribuzione della i.i.s. che il legislatore del 1980 inopinatamente fa derivare a favore del personale iscritto all'I.N.A.D.E.L. e collocato a riposo dopo il 31 dicembre 1973, il diritto al computo della medesima nella base di calcolo dell'indennita' premio di servizio ("in forza dell'assoggettamento contributivo previsto nel comma precedente..."). Di conseguenza, quella che sembrava essere una misura perequativa nel trattamento previdenziale fra personali - dello Stato e degli enti locali - tradizionalmente, come si e' visto, destinatari per quel che qui interessa, di norme di contenuto analogo, si e' tramutata nell'attribuzione ai secondi di un beneficio viceversa costantemente negato ai primi. E tale differenza si trattamento, gia' in quanto tale ab origine, a prescindere dalla quantificazione del beneficio, che non appare agevolmente comprensibile sul piano logico e razionale proprio perche' segna un momento di stridente rottura in una tradizione normativa ispirata ad una ratio perequatrice, appare oggi ancor piu' economicamente rilevante se si considera che la sopravvenuta legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, nono comma, ha abrogato il ricordato art. 1 della legge n. 91/1977 facendo venir meno il congelamento ivi disposto, e recepito dall'art. 3 della legge n. 299/1980, con la conseguenza che ora l'indennita' integrativa speciale, percepita dai dipendenti degli enti locali, e' computabile nella sua interezza ai fini del calcolo dell'indennita' premio di servizio (Corte costituzionale 18 novembre 1986, n. 236). Come gia' anticipato, il dubbio di costituzionalita' delle disposizioni normative sopra richiamate si pone, oltre che in riferimento al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, anche in termini di violazione dei principi di imparzialita', efficienza e buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, principi ai quali espressamente si richiamano, non a caso, gli artt. 3 e 4 della legge quadro sul pubblico impiego (n. 93/1983) non potendosi dubitare che anche la materia del trattamento di fine rapporto debba ispirarsi ai principi di omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, di trasparenza dei trattamenti economici e di efficienza della amministrazione, i quali costituiscono l'asse portante della nuova regolamentazione unitaria. Infine, anche sul versante strettamente previdenziale - nel quale una recente pronuncia dell'ad. plen. del Consiglio di Stato, 28 gennaio 1985 n. 1, ha confermato appartenere l'indennita' di buonuscita dei dipendenti statali - puo' essere apprezzata la non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale, in rapporto all'art. 38 della Costituzione, ove si consideri che la corresponsione di una indennita' una tantum ragguagliata al solo valore nominale della retribuzione tabellare, senza alcun meccanismo di indicizzazione, finisce per risolversi in una sostanziale vanificazione di quella funzione assistenziale volta ad assicurare al dipendente adeguati mezzi di sostentamento nel periodo intercorrente tra la cessazione dell'attivita' e la percezione del trattamento pensionistico (t.a.r. Liguria 15 luglio 1985, n. 455). In conclusione, sussistono i necessari presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lett. b), della legge 27 maggio 1959, n. 324, come sostituito dall'art. 1 della legge 3 marzo 1960, n. 185, nella parte in cui esclude la computabilita' dell'indennita' integrativa speciale agli effetti della indennita' di buonuscita E.N.P.A.S., di cui beneficiano gli impiegati dello Stato all'atto del collocamento a riposo in relazione agli artt. 3, 38, secondo comma, e 97 della Costituzione. I ricorrenti hanno altresi' sollevato questione di legittimita' costituzionale - in rapporto all'art. 3 della Costituzione - degli artt. 3 e 38 del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1032 (cosi' come modificati dagli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75) nella parte in cui liquidano l'indennita' di buonuscita al personale statale in ragione dell'80% dell'ultimo stipendio e degli altri assegni ivi menzionati, a differenza di quanto avviene per i dipendenti privati (alla stregua degli artt. 2120 e 2121 del codice civile) e per i dipendenti di enti pubblici (ai sensi dell'art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70) in favore dei quali l'indennita' di fine rapporto e' ragguagliata, invece, al 100% dell'ultima retribuzione. La sollevata questione appare non manifestamente infondata al collegio che la rimette, pertanto, alla Corte costituzionale. La misura dell'indennita' di fine rapporto stabilita dalle richiamate disposizioni (artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973, come modificati dagli artt. 2 e 3 della legge n. 75/1980) che e' pari - si ripete - a tanti dodicesimi della base contributiva, costituita dall'80% dell'ultimo stipendio annuo, della tredicesima mensilita' e degli altri assegni menzionati nell'art. 38 cit. (tra i quali non e' inclusa l'indennita' integrativa speciale, la cui mancata considerazione ha gia' indotto, ex se, questo stesso collegio a sollevare autonoma questione di legittimita' costituzionale) risulta in effetti, deteriore rispetto a quella corrisposta agli impiegati privati ed ai dipendenti di enti pubblici, che e' basata invoca sul 100% dell'ultima retribuzione, computando in essa ogni compenso di carattere continuativo, con l'inclusione della indennita' di contingenza. Il collegio non ignora la giurisprudenza della Corte costituzionale riguardo alla differente qualificazione funzionale e strutturale della indennita' di fine rapporto (sentenze nn. 46 del 10 marzo 1983 e 82 del 19 giugno 1983) cionondimeno, reputa priva di adeguata giustificazione la differenza di trattamento sotto il profilo (della misura) sopra menzionato, attribuendo decisiva rilevanza alla circostanza che l'indennita' di fine servizio assume, ex se, una propria autonomia nell'ambito del trattamento economico complessivo, per cui appare possibile confrontarla nei vari ordinamenti (pubblici e privati) vigenti, a prescindere dal trattamento economico di attivita' ed al sistema contributivo. In conclusione, agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973, come integrati dagli artt. 2 e 3 della legge n. 75/1980, sembrano in contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui limitano all'80% dello stipendio annuo e delle altre indennita' previste la base di calcolo della indennita' di buonuscita per i dipendenti dello Stato.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata: a) in riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lett. b), della legge 27 maggio 1959, n. 324, come sostituito dall'art. 1 della legge 3 marzo 1969, n. 185, nella parte in cui esclude la computabilita' dell'indennita' integrativa speciale agli effetti della indennita' di buonuscita E.N.P.A.S. prevista in favore dei dipendenti dello Stato; b) in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale, degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, come modificati dagli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75, nella parte in cui limitano all'80% dello stipendio annuo e delle altre indennita' ivi previste la base di calcolo dell'indennita' di buonuscita E.N.P.A.S. per i dipendenti dello Stato; Sospende il giudizio in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina alla segreteria di questa sezione di provvedere alla notifica della presente ordinanza alle parti in causa, ed al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alla comunicazione della stessa ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma addi' 24 giugno 1987, dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, in camera di consiglio. Il presidente: ANELLI Il consigliere: FARINA Il consigliere estensore: BIANCHI 90C0324