N. 141 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 1990
N. 141 Ordinanza emessa il 13 gennaio 1990 dal giudice per le indagini prelimiari presso la pretura di Vercelli nel procedimento penale relativo all'esposto dell'Associazione esposti all'amianto A.E.A. Processo penale - Nuovo codice - Reato di competenza pretorile - Richiesta di archiviazione al g.i.p. - Mancato accoglimento - Conseguente dovuta restituzione atti per formulazione dell'imputazione ed emissione del decreto di citazione Impossibilita' di chiedere ulteriori indagini anche in presenza di carenza o incompletezza di quelle gia' espletate - Ingiustificata discriminazione rispetto all'analogo rito presso il tribunale - Lamentata impossibilita' di contrastare l'inerzia del p.m. (C.P.P. 1988, art. 554, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 112).(GU n.14 del 4-4-1990 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento penale n. 512/89 a.r., n. 190/89 reg. g.i.p.; Vista la richiesta di archiviazione formulata dal p.m. in data 28 novembre 1989, depositata presso questo ufficio in data 29 novembre 1989: O S S E R V A L'art. 554, secondo comma, del c.p.p. prevede per il procedimento pretorile, in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione, che il giudice debba restituire con ordinanza gli atti al p.m. disponendo che questi formuli entro dieci giorni l'imputazione; questa e' l'unica possibilita' prevista, a differenza di quanto disciplinato in via generale dall'art. 409, secondo e quarto comma, del c.p.p., in base al quale il giudice, nel disattendere la richiesta di archiviazione, puo', ove riscontri lacune investigative, indicare al p.m. le necessarie ulteriori indagini, fissando anche il termine per il loro compimento; tale norma, evidentemente, in assenza del disposto di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p. sarebbe stata applicabile anche al procedimento pretorile ex artm 549 del c.p.p. Dal confronto delle due diverse normative, sembra a questo giudice che la disciplina di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p. possa porsi in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione. Inoltre, tenendo a mente che la richiesta di archiviazione puo' essere proposta, ex art. 125 att. del c.p.p., quando "... gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio", sembra, ancora, che il disposto dell'art. 554, secondo comma, del c.p.p., nel non consentire un efficace controllo sull'attivita' di indagine svolta, possa elidere il principio di cui all'art. 112 della Costituzione. I canoni di "coerenza dell'ordinamento giuridico", di "necessarie razionalita' che deve informare le convergenze o le divergenze di trattamento normativo", il "divieto di discriminazioni irragionevoli", principi tutti cristallizzati nell'art. 3, primo comma, della Costituzione (si confronti, tra le molte, Corte costituzionale 29 maggio 1960, n. 15; 16 gennaio 1975, n. 3; 20 marzo 1978, n. 20; 25 giugno 1980, n. 96; 30 novembre 1982, n. 204...), sembrano esser violati dalla normativa di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p.: il sistema da questa norma delineato e' infatti tale che si puo' pervenire a richieste di archiviazione anche sulla base di indagini lacunose, incomplete, o, addirittura, assenti, potendo la richiesta fondarsi sul mero giudizio prognostico ex art. 125 att. del c.p.p.; e fronte a cio' al giudice non e' lasciata altra alternativa, ove ritenga di non emettere decreto di archiviazione, che di ordinare al p.m. di formulare entro dieci giorni l'imputazione ai fini dell'emissione del decreto di citazione a giudizio: si tenga presente la ristrettezza di tale termine, la sua "impermeabilita'" al concreto atteggiarsi della situazione probatoria sottostante, la effettiva possibilita' che, per l'insufficienza degli elementi raccolti, si addivenga ad un'imputazione monca o, comunque, incompleta; si pensi, ancora, all'esito che puo' avere un dibattimento, o un eventuale procedimento alternativo, se mancano o non sono esaurienti le fonti di prova raccolte ( ex art. 530, secondo comma, del c.p.p. "Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, e' insufficiente o e' contraddittoria la prova..."). Di fronte a tale situazione, alla ben diversa normativa prevista in via generale dall'art. 409, secondo e quarto comma, del c.p.p., il ritenere giustificato e ragionevole il disposto di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p. considerando che "la maggior snellezza del procedimento pretorile ha consigliato di lasciare il p.m. libero di autodeterminarsi senza essere vincolato dalle indicazioni del giudice in ordine alle ulteriori indagini da compiere" (cosi' la relazione ministeriale), pare basarsi sull'assunto apodittico secondo il quale per i reati di competenza pretorile le indagini sono scarsamente complesse e, comunque, sempre necessariamente esaustive. E' quasi superfluo ricordare che sono di competenza del pretore le materie riguardanti l'igiene e la sicurezza del lavoro, gli infortuni, anche mortali, conseguenti, l'inquinamento, l'assetto del territorio, la disciplina degli alimenti, e, in genere, gran parte delle fattispecie poste a tutela del diritto alla salute e all'ambiente salubre. Non puo' non sottolinearsi come le indagini in tali ambiti si presentino "di regola" complesse e articolate. E non puo' non affermarsi come, in conseguenza del disposto di cui all'art. 554, seconco domma del c.p.p., beni giuridici individuali e collettivi di fondamentale e primaria importanza (e per i quali pare davvero inutile citare le norme costituzionali di garanzia) soffrono, rispetto ai beni giuridici la cui aggressione e' di competenza del tribunale o della corte d'assise, di una significativa e, sembra, difficilmente giustificabile differenza di trattamento che si traduce in una rilevante carenza di protezione. Ne', pare, si possa fondatamente ritenere che approfondimenti d'indagine possano essere recuparati in sede dibattimentale: pur prescindendo dal fatto che una tale argomentazione lascia inalterata la plasticita' della differenza di trattamento normativo tra reati di conpetenza pretorile e gli altri, va appena detto come, sovente, le indagini per essere fruttuose debbano essere "tempestive". (E lo stesso meccanismo dell'avvocazione sembra, sotto il profilo cui si e' fin'ora accennato, insoddisfacente: l'art. 158 att. del c.p.p., infatti, dettando una disciplina speciale per i reati di competenza pretorile, stabilisce anche per il p.g. termini ristrettissimi sia per l'esercizio dell'avocazione che per la formulazione dell'imputazione). Ne', ancora, sembra che il disposto di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p. soddisfi realmente le esigenze di semplificazione che informano il rito innanzi al pretore: fermo restando che tali esigenze non dovrebbero comunque prevalere su quella di offrire una tutela adeguata ai beni giuridici penalmente protetti, va' peraltro notata come, secondo l'art. 554, secondo comma, del c.p.p., a fronte di una richesta di archiviazione contrassegnata da assenza o carenza di indagini, ove il giudice ritenza di non accoglierla, deve essere innescato il meccanismo del decreto di citazione a giudizio piuttosto che, piu' semplicemente, come previsto dall'art. 409 c.p.p., darsi luogo all'indicazione di nuove indagini, il cui espletamento potrebbe anche preludere ad una archiviazione. Insomma: la impossibilita', prevista dall'art. 554, secondo comma, del c.p.p. per i soli reati di competenza del pretore, di imporre al p.m. che abbia proposto richiesta di archiviazione, nuove ed ulteriori indagini risultando carenti o incomplete quelle svolte, e la sola alternativa offerta: o archiviazione o ordine di formulare l'imputazione entro dieci giorni ai fini della emissione del decreto di citazione, sembrano tradursi in una ingiustificata discriminazione rispetto al regime normativo previsto dall'art. 409, secondo e quarto comma, del c.p.p., discriminazione che ovviamente riverbera sia sugli indagati/imputati, sia sulle parti offese, sia, in generale, sui beni protetti dalle fattispecie penali. Considerando che l'archiviazione puo' essere richiesta dal p.m. anche quando "... gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio" (art. 125 att. del c.p.p.), sembra evidente che il rispetto del principio della obbligatorieta' dell'azione penale - art. 112 della Costituzione - imponga l'effettivo svolgimento di tutte le opportune e necessarie indagini prima di poter proporre richiesta di archiviazione; e prima che la stessa possa essere accolta. E sembra ancora evidente come il rispetto di tale fondamentale principio costituzionale esiga la presenza di un penetrante strumento di controllo volto a garantire che la richiesta formulata ex art. 125 att. del c.p.p. sia stata preceduta, sia supportata, da un adeguato svolgimento di indagini. L'obbligo sancito dall'art. 112 della Costituzione mira infatti a garantire la possibilita' di controllare ed eventualmente contrastare l'inerzia del p.m.: considerando il margine "fisiologico" di discrezionalita' insito nell'esercizio dell'azione penale e nel suo concreto atteggiarsi, il problema della effettivita' della obbligatorieta' dell'azione penale pare incentrarsi sulla adeguatezza dei controlli volti a impedire che l'art. 112 della Costituzione rimanga sostanzialmente svuotato del suo significato di garanzia di legalita' ed uguaglianza per i destinatari della legge penale: ed e' la disciplina del controllo giurisdizionale sulla archiviazione che va a svolgere dunque, in tale ambito, una funzione essenziale ed ineludibile di presidio al rispetto sostanziale della norma costituzionale. Ora: lo strumento di controllo sulla richiesta di archiviazione offerto, per il procedimento pretorile, dall'art. 554, secondo comma, del c.p.p., appare del tutto inadeguato: tale sistema consente infatti che, ove di fronte ad una notizia di reato siano state svolte indagini carenti, possa esser formulata, sulla base di tali indagini, richiesta di archiviazione ex art. 125 att. del c.p.p.; che rispetto a tale richiesta il giudice non possa valutare il grado di completezza delle indagini svolte, ma soltanto o accoglierla o imporre la formulazione entro dieci giorni dell'imputazione ai fini dell'emissione del decreto di citazione a giudizio; imputazione che, dovendo esser formulata prescindendo dalle esaustivita' degli elementi probatori raccolti potra' ben configurarsi come sfocata e sterile; giudizio che, evidentemente, non potra' che svolgersi attingendo alle fonti di prova raccolte, pur incomplete che siano, e con un esito quindi compromesso o, comunque, considerato da una tale situazione. Tutto cio' pare concretare una violazione dell'art. 112 della Costituzione in quanto, la si vuol ripetere, e' proprio la possibilita' di chiedere archiviazione basantesi su un gidizio di idoneita' degli elementi acquisiti nelle indagini al sostenimento dell'accusa in giudizio, a scolpire l'elusione e la violazione della norma costituzionale ove non vi sia un efficace controllo volto a garantire il previo svolgimento di indagini esaustive. (E anche a tale riguardo non sembra che la costituzionalita' della norma possa essere recuperata attraverso il meccanismo dell'avocazione, dato che, come si e' detto innanzi, anche in questo caso vi e' una norma specifica, art. 158 att. del c.p.p., che ripropone anche per il p.g. termini ristrettissimi per la formulazione dell'imputazione). La rilevanza della questione di costituzionalita' proposta nel presente giudizio pare evidente: questo giudice e' infatti chiamato a dare applicazione proprio all'art. 554, secondo comma del c.p.p. in conseguenza di richiesta di archiviazione avanzata ex art. 125 att. del c.p.p. Orbene, in concreto, dagli atti del procedimento emerge tra l'altro, sia detto per estrema sintesi, la non completa ed inidonea opera di scoibentazione di alcuni rotabili, cosicche' residui di amianto blu e bianco sono stati rinvenuti nei vagoni, nei particolari di essi, ed in vari luoghi dello stabilimento, comprese aree esterne ai capannoni ove avviene al scoibentazione, ed al di fuori della recinsione delle aree di stoccaggio. I tecnici della U.S.L. paventano espressamente, in data 20 giugno 1989 - come risulta dagli atti - la possibile presenza di fibre di amianto aerodisperse in zone confinanti col capannone ove avviene la scoibentazione, e quindi il concreto pericolo di esposizione a tali fibre per la persona addetta od altre lavorazioni in ambiti contigui non protetti. Ritiene questo giudice che una tale situazione, appena delineata in questa sede, non permetta l'accoglimento della richiesta di archiviazione, ma imponga, piuttosto, l'espletamento di ulteriori indagini (campionamenti e analisi dell'aria, verifiche sulle modalita' di scoibentazione e su quelle di stoccaggio dei residui d'amianto ecc.) volte a focalizzare responsabilita' penali in ordine a violazioni in materia di igiene del lavoro, e/o in materia di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi. E mentre l'art. 409 del c.p.p. prevede la possibilita' che il giudice ravvisi la necessita' di ulteriori indagini, l'art. 544, secondo comma, del c.p.p. prescinde da tale eventualita': nel caso di specie l'applicazione di tale ultima norma condurrebbe ad ordinare al p.m. la formulazione entro 10 giorni di un'imputazione basantesi su indagini che si giudicano incomplete, un'imputazione, quindi, incompleta essa stessa, e prologo ad un insoddisfacente esito procedimentale.
P. Q. M. Il giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale di Vercelli, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del c.p.p. in relazione agli artt. 3, primo comma, e 112 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, al p.m. in sede e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Vercelli, addi' 13 gennaio 1990 Il giudice per le indagini preliminari: MONTI 90C0329