N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1990
N. 144 Ordinanza emessa il 29 gennaio 1990 dal pretore di Avellino nel procedimento penale a carico di Giordano Giuseppe Processo penale - Nuovo codice - Disposizioni transitorie - Rito abbreviato - Dissenso immotivato e vincolante del p.m. - Insindacabilita' da parte del giudice - Conseguente inapplicabilita' della diminuente ex art. 442, secondo comma, del c.p.p. 1988 - Disparita' di trattamento tra le parti (p.m. e imputato), nonche' tra imputati secondo la determinazione del p.m. - Limitazione del potere di decisione del giudice con conseguente compromissione della difesa - Dissenso del p.m. incidente non solo sulla scelta del rito ma anche sulla quantificazione della pena. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 247, terzo comma; c.p.p. 1988, art. 438, primo comma, in relazione all'art. 442, secondo comma, stesso codice). (Cost., artt. 3, 24 e 101).(GU n.14 del 4-4-1990 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Visti gli atti del procedimento penale n. 8658/1987 r.g. a carico di Giordano Giuseppe, nato a Montefredane il 22 dicembre 1941, imputato del reato di cui all'art. 590 del codice penale; Sciogliendo la riserva in ordine alla eccezione di illegittimita' costituzionale degli artt. 247 del d.-l. 28 luglio 1989, n. 271 e 438 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 477; Sollevata dalla difesa dell'imputato; Sentito il p.m.; OSSERVA IN FATTO Nel procedimento penale di cui in premessa, prima del compimento delle formalita' di apertura del dibattimento, l'imputato avanzava richiesta di giudizio abbreviato sulla quale il pubblico ministero, negava il proprio consenso. Avendo il giudicante disposto, ai sensi del terzo comma dell'art. 247 del d.-l. 28 luglio 1989, n. 271, di procedersi nelle forme ordinarie, la difesa sollevava la predetta eccezione di illegittimita' costituzionale. IN DIRITTO Deve ritenersi indiscutibile - atteso il chiaro tenore letterale delle due disposizioni sospettate di incostituzionalita' - che il dissenso manifestato dal pubblico ministero sulla richiesta dell'imputato di ammissione al giudizio abbreviato, non e' sindacabile da parte del giudice cui, pertanto, e' preclusa la possibilita' di valutare la sussistenza o meno delle condizioni richieste per la definizione del processo allo stato degli atti. Questo sostanziale potere di veto, tuttavia, non ha una efficacia limitata alla sola scelta del rito, ma produce anche conseguenze in ordine al trattamento penale del giudicabile che, per effetto del mancato consenso, perde la possibilita' di beneficiare della riduzione della pena (art. 442, secondo comma). Nella fattispecie, d'altronde, non e' neppure prevista la possibilita' (espressamente disciplinata dall'art. 448 con riferimento esclusivo all'istituto della "Applicazione della pena su richiesta delle parti") per il giudice di ritenere, all'esito del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione, ingiustificato il dissenso espresso dal p.m. ed applicare (se non il giudizio abbreviato ormai irrimediabilmente pregiudicato dall'esaurimento del rito ordinario) almeno il beneficio della riduzione della pena. Quindi, le due disposizioni in esame attribuiscono al pubblico ministero un ruolo esorbitante, non solo nei confronti dell'imputato, bensi' anche e soprattutto nei confronti del giudice. Infatti, sotto il primo profilo, le norme in esame fanno discendere da un apprezzamento discrezionale del p.m. l'applicabilita' o meno di uno specifico schema processuale, introducendo, quando il parere sia negativo, un ingiustificato squilibrio con la difesa che non e' piu' in grado di far valere le proprie argomentazioni nella pienezza degli sviluppi dello schema processuale ordinario. E cio' contrasta gia' con la posizione di parte attribuita al p.m. dello stesso codice. Sotto il secondo profilo, la disciplina de qua introduce inaccettabili limitazioni per il giudice che vede indiscutibilmente compresso il proprio potere decisionale. Per tutte le considerazioni che precedono la sollevata eccezione di incosituzionalita' va dichiarata non manifestamente infondata. La rilevanza della questione discende, invece, dai riflessi che ne derivano, nel presente giudizio, sia in ordine alla scelta del rito sia in ordine al trattamento del giudicabile. In dettaglio, l'istituto, come disciplinato dalle disposizioni richiamate contrasta con i seguenti parametri costituzionali: A) art. 3: 1) per la violazione del principio di uguaglianza a seguito della irragionevole disparita' di trattamento riservata alle parti del processo, poiche' le ragioni di quella privata sono sottoposte al vaglio del giudice mentre le ragioni di quella pubblica si impongono allo stesso giudice prescindendo da una imparziale valutazione; 2) per la ingiustificata disparita' di trattamento tra imputati che, nel caso di condanna, possono beneficiare della riduzione di pena ed imputati che, stante il dissenso del p.m. alla celebrazione del rito abbreviato, non possono godere di analogo beneficio a prescindere dal fatto che ricorrano o meno le possibilita' di definire il processo allo stato degli atti; B) art. 24, primo e secondo comma: in quanto la richiesta dell'imputato di ammissione al giudizio abbreviato e' sottratta in modo definitivo alla valutazione del giudice, con conseguente compromissione delle possibilita' di difesa di fronte ad un diniego insindacabile; C) art. 101, secondo comma: in quanto l'insindacabile decisione del p.m. di consentire o meno la definizione del processo con il rito abbreviato comporta non solo effetti di naura processuale ma anche di carattere sostanziale incidendo sulla decisione del giudice sia pure limitatamente alla quantificazione della pena nella ipotesi di condanna.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 247, terzo comma, del d.l. 28 luglio 1989, n. 271, e 438, primo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, nella parte in cui prevedano che il mancato consenso del p.m. alla richiesta di giudizio abbreviato, esclude per il giudice la possibilita' di pronunciare sentenza di condanna con la diminuzione della pena di cui all'art. 442, secondo comma, del d.P.R. n. 447/1988; Oordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la sospensione del procedimento penale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Avellino, addi' 29 gennaio 1990. Il pretore: VIGNES 90C0332