N. 143 ORDINANZA 7 - 26 marzo 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Dipendenti statali - Indennita' integrativa
 speciale - Esclusione dalla base di calcolo dell'indennita' di
 buonuscita - Richiamo alle sentenze della Corte nn. 220/1988 e 763 e
 821 del 1988 - Impegno del Governo a presentare apposito disegno di
 legge - Rinnovo dell'invito al legislatore per una revisione organica
 della materia con la relativa omogeneizzazione dei trattamenti -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.14 del 4-4-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 3 e 38 del
 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico  delle
 norme  sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili
 e militari dello Stato), promosso con le seguenti ordinanze:
       1)   ordinanza   emessa   il   13   marzo  1989  dal  Tribunale
 Amministrativo  Regionale  per  il  Lazio  sul  ricorso  proposto  da
 Federico Marianna ed altri, contro l'E.N.P.A.S. ed altri, iscritta al
 n. 470 del  registro  ordinanze  1989  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  43, prima serie speciale, dell'anno
 1989;
       2)   ordinanza   emessa   il   13   marzo  1989  dal  Tribunale
 Amministrativo Regionale per il Lazio  sul  ricorso  proposto  da  De
 Venezia  Raffaele  ed  altri,  contro  il  Ministero  della  pubblica
 istruzione ed altri, iscritta al n. 652 del registro ordinanze 1989 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 52, prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
     Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Federico Marianna e di De
 Venezia  Raffaele  ed  altri  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
     Udito  nella  camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore.
     Ritenuto che con due ordinanze in data 13 marzo 1989 (R.O. n. 470
 e n. 652 del 1989) il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, degli artt.  3  e  38  del  d.P.R.  29
 dicembre  1973,  n.  1032,  nella parte in cui escludono l'indennita'
 integrativa speciale tanto dalla base di calcolo  dell'indennita'  di
 buonuscita   dei  dipendenti  statali,  che  dalla  base  di  calcolo
 contributiva;
       che, secondo il giudice a quo, tale esclusione darebbe luogo ad
 un trattamento discriminatorio  rispetto  a  quello  previsto  per  i
 dipendenti  degli  enti locali dell'art. 3 della legge 7 luglio 1980,
 n.  299,  il  quale  ha  incluso,  per  tale  categoria  di  pubblici
 dipendenti,  l'indennita'  integrativa speciale nella base di calcolo
 contributiva-retributiva dell'indennita' premio di fine servizio;
       che  detta  differenza  di trattamento, in relazione alla quale
 nella sentenza n. 220 del 1988  di  questa  Corte  si  era  auspicato
 l'intervento del legislatore, non sarebbe piu' giustificabile dopo le
 sentenze n. 763 e n. 821 del 1988, in materia d'indennita' premio  di
 fine  servizio,  relative  ai  requisiti per il conseguimento di tale
 indennita', ormai assimilati a quelli previsti per la  corresponsione
 dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S.;
    Considerato che le predette decisioni n. 763 e n. 821 del 1988 non
 fanno   alcun   riferimento   alla   computabilita'   dell'indennita'
 integrativa speciale nel trattamento di fine rapporto;
       che,  quindi, non apportano alcun elemento nuovo in relazione a
 quanto gia' ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 220 del 1988,
 con  la quale e' stata dichiarata l'inammissibilita' di una questione
 analoga a quella in esame,  essendo  di  competenza  del  legislatore
 valutare  l'opportunita'  del  mantenimento  di sistemi differenziati
 nell'ambito  del  pubblico  impiego,  ovvero  predisporre  le  misure
 occorrenti  per  superare le differenziazioni esistenti, auspicandosi
 peraltro adeguati interventi normativi tesi all'omogeneizzazione  dei
 sistemi,   attraverso   una   revisione   organica  delle  rispettive
 discipline;
       che,  successivamente  alla  sentenza  n.  220  del  1989 e con
 esplicito riferimento ad essa e' stata  presentata  alla  Camera  dei
 deputati  una  proposta  di  legge  in  tal  senso e, come risulta da
 dichiarazione allegata all'accordo intercompartimentale  ex  art.  12
 della  legge  quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 per il
 triennio 1989-90,  il  Governo,  in  adesione  alla  richiesta  delle
 Confederazioni  sindacali ha convenuto sull'esigenza di eliminare "le
 sperequazioni  esistenti  nel  pubblico   impiego   in   materia   di
 trattamento  di  fine  rapporto"  e  si e' impegnato a presentare "un
 disegno di legge per disciplinare la materia del trattamento di  fine
 rapporto in modo uniforme per tutti i pubblici dipendenti";
       che  in  tale  direzione  il  Governo  si e' mosso anche con il
 recente decreto-legge 27 dicembre 1989 n. 413 (convertito nella legge
 28 febbraio 1990, n. 37), col quale, a decorrere dall'1 gennaio 1989,
 e' stata estesa anche al personale della magistratura,  ai  dirigenti
 civili  dello  Stato  e  agli altri dipendenti pubblici che godono di
 trattamenti equiparati, la norma dell'art. 15 del d.P.R. 17 settembre
 1987,  n.  494,  alla  stregua della quale era gia' stato disposto il
 conglobamento  nello   stipendio   di   una   quota   dell'indennita'
 integrativa  speciale  per  il  personale  dei  ministeri, degli enti
 pubblici non economici, degli enti  locali,  delle  aziende  e  delle
 amministrazioni  dello  Stato  ad  ordinamento autonomo, del Servizio
 sanitario nazionale e della scuola;
       che, pertanto, non sussistono ragioni per discostarsi da quanto
 in precedenza gia' statuito (cfr. anche le ordinanze n. 419 del 1989;
 n.  641, n. 869, n. 1070 e n. 1072 del 1988), pur dovendosi rinnovare
 il pressante invito al legislatore di procedere ad  una  sistemazione
 organica della materia che realizzi l'omogeneita' dei trattamenti;
     Visti  gli  artt.  26, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle
 Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' della
 questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.  3  e  38  del
 d.P.R.  29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle
 norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti  civili
 e  militari  dello  Stato)  sollevata in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione, dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con
 le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: PESCATORE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 26 marzo 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0341