N. 19 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 marzo 1990
N. 19 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 marzo 1990 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Regione Umbria - Concessioni regionali (tassa sulle) - Estensione dell'esenzione dalla tassa sulle concessioni regionali alla pluralita' delle farmacie beneficiarie dell'indennita' di residenza, in luogo della previsione di detta esenzione per le sole farmacie gestite in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, come anteriormente previsto, in conformita' alla disciplina statale in materia (undicesimo comma della nota 15 della tariffa sub titolo IV del testo unico approvato con d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121), dalla legge regionale n. 57/1980 modificata sul punto in esame dalla legge regionale impugnata Asserita violazione del principio della natura meramente attuativa della legislazione statale della competenza legislativa regionale in materia tributaria - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 271/1986, 272/1986, 214/1987 e 321/1989. (Legge regione Umbria riapprovata il 26 febbraio 1990). (Cost., art. 119, in relazione all'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 289, nonche' all'undicesimo comma della nota alla voce n. 15, titolo IV, della tariffa delle tasse sulle concessioni governative annessa al testo unico approvato con d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121).(GU n.14 del 4-4-1990 )
Ricorso del Presidente del consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, e' domiciliato, contro il presidente della giunta della regione Umbria per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale, riapprovata il 26 febbraio 1990, recante "ulteriore modificazione ed integrazione (nota alla voce n. 1 della tariffa allegata) della l.r. 28 maggio 1980, n. 57. Nuova disciplina delle tasse sulle concessioni regionali" in relazione all'art. 119 della Costituzione nonche' all'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, ed all'undicesimo comma della nota alla voce n. 15, titolo IV, della tariffa delle tasse sulle concessioni governative annessa al testo unico approvato con d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121. La regione Umbria, con legge 28 maggio 1980, n. 57, ha dettato la nuova discipina delle tasse sulle concessioni regionali. Nel nono comma della nota alla voce n. 1 dell'annessa tariffa (sub titolo I, igiene e sanita') - concessione per l'apertura e l'esercizio di farmacie - ha precisato, conformemente alla previsione della corrispondente disciplina statale di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1 marzo 1961, n. 121 (undicesimo comma della nota al n. 15 della tariffa, sub titolo IV, igiene, sanita' zootecnica, concessione per l'apertura ed esercizio di farmacia), essere esenti da pagamento della tassa relativa "le farmacie gestite in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, i cui titolari godono dell'indennita' di residenza stabilita dall'art. 115 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modifiche". In data 23 ottobre 1989 la regione ha deliberato una legge recante "ulteriore modificazione ed integrazione (nota alla voce n. 1 della tariffa allegata) della legge regionale 28 maggio 1980, n. 57. Nuova disciplina delle tasse sulle concessioni regionali". L'unico articolo di tale legge dispone la soppressione, dal nono comma della nota numero d'ordine 1, titolo I della tariffa allegata alla l.r. 28 maggio 1980, n. 57, della parola "gestite in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti". Tale disposizione ha formato oggetto di rilievo da parte del Governo, il quale ha disposto il rinvio al consiglio regionale per un nuovo esame denunziando che la prevista estensione dell'esenzione dalla tassa di concessione regionale alla generalita' delle farmacie beneficiarie dell'indennita' di residenza, senza alcun riferimento alla popolazione dei relativi comuni, si pone in contrasto con l'art. 3 della legge n. 281/1970 (impositivo della conformita' alle norme della legislazione statale invariata) stante la sua difformita' dalle previsioni della tariffa annessa al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 121/1961. Giusta comunicazione pervenuta al commissario del Governo in data 2 marzo 1990, il consiglio regionale, nella seduta del 26 febbraio 1990, ha riapprovato senza modifiche la legge in discorso, che viene percio' dedotta ad oggetto del ricorso per illegittimita' costituzionale qui proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri in base alla delibera consiliare che sara' prodotta con gli altri atti. Secondo la giurisprudenza della Corte (sentenze nn. 271/1986, 272/1986, 214/1987 e 321/1989) la potesta' normativa in materia tributaria delle regioni a statuto ordinario non ha carattere strumentale rispetto alle singole materie nelle quali l'art. 117 della Costituzione attribuisce a queste competenze legislative e non e' quindi estensivamente riconducibile alle materie anzidette; essa ha invece un suo specifico oggetto ed una sua autonomia di contenuto, concernendo operazioni che originano rapporti di prestazione coattiva patrimoniale in base a un potere di supremazia dell'ente regione. Tale potesta', esplicazione necessaria dell'autonomia tributaria, aspetto dell'autonomia finanziaria, trova la sua fonte normativa specifica nell'art. 119 della Costituzione. Essa opera in funzione meramente attuativa delle leggi statali, garantita peraltro direttamente dalla Costituzione e svincolata da ogni discrezionalita' del legislatore statale. La potesta' normativa in questione e', in particolare, sottoposta a "forme" e "limiti" - rispettivamente attinenti alla tipologia dei tributi, quanto a configurazione ed elementi costitutivi, ed al momento quantitativo - la cui determinazione e' demandata al legislatore statale dall'art. 119 della Costituzione, che da' quindi piena giustificazione e funzionalita' all'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, norma base in materia di tasse sulle concessioni regionali. Il nucleo fondamentale della disciplina dettata dall'articolo ultimo citato (non toccato dalle integrazioni e modifiche di cui alla legge n. 594/1974 ed all'art. 25 del d.-l. n. 55/1983 convertito in legge n. 131/1983, che, tra l'altro, fissano i limiti delle maggiorazioni successive dei tributi in questione) attiene alla necessaria corrispondenza tra gli atti imponibili adottati dalle regioni e quelli gia' di competenza dello Stato assoggettati alle tasse sulle concessioni governative ai sensi della legislazione statale vigente al momento del trasferimento; accessiva a tale presupposto e' la predeterminazione dell'ammontare delle tasse regionali con riferimento percentuale, tra un massimo ed un minimo, all'ammontare delle corrispondenti tasse erariali. E' inoltre stabilita l'applicabilita', per quanto non disposto dalla legge n. 281/1970, delle norme statali sulle tasse di concessione governativa. Orbene, in tale contesto non e' dato alla regione Umbria svincolarsi dal preciso parametro di riferimento costituito dalla disciplina statale delle tasse di concessione per l'apertura e l'esercizio di farmacie estendendo l'esenzione di tale tributo oltre i limiti stabiliti dalla disciplina predetta (recata dalla tariffa annessa al testo unico approvato con d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121: titolo IV, n. 15, undicesimo comma, delle note). Deve in altri termini contestarsi la legittimita' della norma regionale in epigrafe che, lungi dal porsi come attuativa della previsione tributaria statale, spezza la "corrispondenza" e la conformita' alle norme di legislazione statale invariata volute dall'art. 3 della legge n. 281/1970 sottraendo all'imposizione situazioni e soggetti gia' ricomprensivi secondo l'anzidetta previsione, rispetto alla quale la norma medesima assume carattere derogatorio e di diritto singolare. E' per altro verso da sottolineare che la definizione dei limiti di ogni esenzione - rapportata a valutazioni di imponibilita' soggettiva ed oggettiva che portano ad escludere nelle situazioni considerate l' an stesso del debito d'imposta - incide propriamente sui presupposti e sulla configurazione del tributo, cioe' in quell'ambito che l'art. 119 della Costituzione vuole riservato alla competenza del legislatore statale.
Per i motivi esposti, il ricorrente chiede che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge regionale in epigrafe. Roma, addi' 14 marzo 1990 Giorgio D'AMATO, avvocato dello Stato 90C0352