N. 230 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 1989

                                 N. 230
     Ordinanza emessa il 24 novembre 1989 dal tribunale di Roma nel
  procedimento civile vertente tra Anelli Aldo e Polichetti Renato ed
                                 altri
 Magistrati   -   Responsabilita'   civile  -  Esercizio  di  funzioni
 giudiziarie - Risarcimento  danni  per  fatti  avvenuti  nel  1986  -
 Citazione  a  giudizio  del  15  giugno  1988  -  Disapplicazione per
 referendum abrogativo dell'art. 56 del c.p.c.  -  Non  proponibilita'
 della richiesta di autorizzazione al Ministro di grazia e giustizia -
 Inapplicabilita'   delle   norme   del   giudizio   preliminare    di
 ammissibilita'  -  Mancata  previsione di ultrattivita' dell'art.  56
 cit. - Conseguente possibilita'  di  proporre  l'azione  senza  alcun
 "filtro"  -  Mancata  tutela dell'indipendenza e dell'autonomia delle
 funzioni giudiziarie.
 (Legge  13 aprile 1988, n. 117, art. 19, in relazione all'art. 56 del
 c.p.c.).
 (Cost., artt. 3, 28, e da 101 a 113).
(GU n.15 del 11-4-1990 )
                              IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella causa civile di primo
 grado iscritta  al  n.  19762  del  ruolo  generale  per  gli  affari
 contenziosi   dell'anno  1988,  posta  in  deliberazione  all'udienza
 collegiale  del  13  novembre  1989  e  vertente  tra   Anelli   Aldo
 elettivamente  domiciliato  in Roma, via Camillo Negro, 16, presso lo
 studio del procuratore avv.  Egidio  Lanari,  che  lo  rappresenta  e
 difende per delega in atti, attore, e Polichetti Renato elettivamente
 domiciliato in Roma, via dei  Pontefici,  3,  presso  lo  studio  dei
 procuratori  avv.ti  Giuseppina  Bevivino  e  Giuseppe  Zupo,  che lo
 rappresentano e  difendono  per  delega  in  atti,  convenuto,  e  la
 Repubblica  italiana  in  persona  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri pro-tempore, il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  in
 persona  dell'onorevole  Giovanni  Goria,  il  Ministro  di  grazia e
 giustizia  in  persona  dell'onorevole   prof.   Giuliano   Vassalli,
 elettivamente  domiciliati  in  Roma,  via dei Portoghesi, 12, presso
 l'Avvocatura generale di Stato, che  li  rappresenta  e  difende  per
 legge, convenuti.
   Oggetto: Risarcimento danni da responsabilita' civile di magistrato
 nell'esercizio di funzioni giudiziarie.
    Il  collegio:  Ritenuto  che  Aldo  Anelli,  con atto di citazione
 notificato il 15 giugno 1988, conveniva in giudizio innanzi a  questo
 tribunale  Renato  Polichetti, magistrato con funzioni di pretore del
 lavoro presso la pretura di Roma, la Repubblica italiana  in  persona
 del   Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri in persona dell'onorevole  Giovanni  Goria  in
 qualita'  di  firmatario  della  legge  13  aprile  1988,  n. 117, il
 Ministro di grazia e giustizia in personale  dell'onorevole  Giuliano
 Vassalli  in  qualita'  di  firmatario della legge 13 aprile 1988, n.
 117, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni da lui subiti  a
 causa  del  comportamento contrassegnato da dolo e colpa grave tenuto
 dal pretore Polichetti nella causa di lavoro intercorsa tra esso rag.
 Aldo Anelli e la societa' auto Rosati; l'indicata controversia si era
 conclusa con un verbale di  conciliazione  sottoscritto  dalle  parti
 innanzi al pretore in data 25 gennaio 1986 fortemente pregiudizievoli
 per l'Anelli, il quale si era indotto ad esso perche'  il  magistrato
 aveva  respinto  tutte le sue istanze anche di carattere processuale,
 in tal modo favorendo la societa' auto  Rosati;  in  particolare,  il
 giudicante,   con   dolo  e  colpa  grave,  aveva  commesso  numerose
 violazioni della legge processuale.   L'attore  sollevava,  altresi',
 eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge 13 aprile
 1988, n. 117 ("Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio  delle
 funzioni  giudiziarie  e  responsabilita'  civile  dei  magistrati"),
 poiche'  la  relativa   normativa   violava   numerose   disposizioni
 costituzionali, attribuendo ai magistrati un'ingiustificata posizione
 sostanziale di privilegio;
    Ritenuto che Renato Polichetti, costituitosi, eccepiva tra l'altro
 in via pregiudiziale l'improponibilita' della  domanda  per  mancanza
 della  autorizzazione  del  Ministro  di  grazia e giustizia ai sensi
 dell'art. 56 del  c.p.p.;  ovvero,  qualora  non  si  ritenesse  piu'
 applicabile  detto disposto perche' abrogato a seguito del referendum
 popolare indetto con decreto del Presidente della  Repubblica  del  9
 settembre  1987,  rilevava  l'applicabilita' nel giudizio delle norme
 processuali introdotte dalla legge n. 117/1988 ed in  particolare  la
 delibazione   preventiva,   attribuita  al  tribunale  in  Camera  di
 Consiglio, sull'ammissibilita' della domanda di risarcimento; ovvero,
 ancora,  qualora  non  si  reputasse  applicabile  neppure  la  nuova
 normativa, in considerazione di quanto  previsto  dal  secondo  comma
 dell'art.  19  (secondo  cui  la  nuova legge non si applica ai fatti
 illeciti posti in essere dal magistrato prima della  sua  entrata  in
 vigore),   il   convenuto   sollevava   questione  di  illegittimita'
 costituzionale dell'art.  19  della  legge  n.  117/1988  perche'  in
 contrasto  con  gli  artt.  28,  101  e  113  della Costituzione, non
 prevedendo per i fatti avvenuti nel periodo anteriore all'entrata  in
 vigore   della   legge  stessa  alcun  "filtro  preventivo"  relativo
 all'esercizio  dell'azione   di   risarcimento   per   danni   contro
 magistrati;
    Ritenuto  che,  ad  avviso del collegio, alla fattispecie in esame
 (responsabilita' civile del giudice per  fatti  avvenuti  nel  1986),
 debba  applicarsi  la  normativa  sostanziale  di cui all'art. 55 del
 c.p.c.,   abrogata   a   seguito   di   referendum   popolare   (data
 dell'abrogazione:  centoventi  giorni a far tempo dalla pubblicazione
 nelle Gazzetta Ufficiale, intervenuta il 9 dicembre 1987, del  d.P.R.
 9  dicembre  1987, n. 497), ma tuttora richiamabile per la disciplina
 di fatti compiuti ed esauriti nel vigore della precedente  normativa;
 mentre,  deve ritenersi non piu' invocabile l'art. 56 del c.p.c. (che
 prevedeva come presupposto della  domanda  per  la  dichiarazione  di
 responsabilita' del giudice l'autorizzazione del Ministro di grazia e
 giustizia,  allo  scopo  evidente  di  prevenire  liti  temerarie  od
 emulative),  trattandosi  di  norma  essenzialmente  processuale che,
 secondo i noti principi dello ius superveniens  in  tema  di  diritto
 processuale,  va  immediatamente disapplicata perfino nei processi in
 corso;
    Ritenuto,  d'altro  canto,  certamente non applicabile nel caso di
 specie il giudizio preventivo  di  ammissibilita'  delle  domande  di
 danni   per   fatti   dolosi   o   colposi   causati  dal  magistrato
 nell'esercizio delle sue funzioni, come stabilito dall'art.  5  della
 legge  n.  117/1988  (appunto al fine di non dare corso a domande del
 tutto pretestuose o strumentali, comunque idonee a  compromettere  il
 corretto  esercizio  della  funzione  giurisdizionale):  infatti,  il
 secondo comma dell'art. 19 di detta legge esclude  espressamente  che
 la  normativa  medesima si applichi ai fatti illeciti posti in essere
 dal magistrato anterioremente alla sua entrata in vigore, ed all'uopo
 non distingue tra norme sostanziali e norme processuali;
    Ritenuto  che  le  osservazioni  sopra  svolte  e  la  conseguente
 interpretazione di norme di diritto,  effettuata  secondo  le  regole
 legali  d'interpretazione,  confermano  allo stato la possibilita' di
 instaurare un giudizio per responsabilita'  civile  del  giudice  per
 fatti  avvenuti prima dell'entrata in vigore della nuova legge, senza
 la  ricorrenza  di  "condizioni  e  limiti"  all'accertamento   della
 responsabilita'  medesima,  e  cioe'  pur  mancando  il c.d. "filtro"
 considerato invece costituzionalmente rilevante  dalla  stessa  Corte
 costituzionale in ripetute pronunce (sentenza 14 marzo 1968, n. 2, in
 Foro italiano 1968, I, 586; sentenza 3 febbraio 1987, n. 26, in  Foro
 italiano  1987,  I,  664,  emessa  proprio  in sede di delibazione di
 ammissibilita' del referendum abrogativo in tema  di  responsabilita'
 dei  magistrati),  in  relazione  alla  peculiarita'  delle  funzioni
 giudiziarie ed alla natura dei provvedimenti giudiziari, nonche' alla
 luce   dei  disposti  costituzionali  appositamente  dettati  per  la
 magistratura (artt. da 101 a 113) a tutela della sua  indipendenza  e
 dell'autonomia delle sue funzioni;
    Ritenuta,  pertanto,  non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita' dell'art. 19 della legge 13 aprile  1988,  n.  117,
 nella  parte  in  cui  non prevede, anche per i giudizi introdotti in
 ordine  a  fatti  attribuibili  alla   responsabilita'   civile   del
 magistrato  avvenuti prima della sua entrata in vigore, la ricorrenza
 di "condizioni" per la sua proponibilita', in riferimento agli  artt.
 3,  28  e  da 101 a 113 della Costituzione: in particolare, si palesa
 non  priva  di   fondamento   l'incostituzionalita'   della   mancata
 previsione,   nell'ambito   del   disposto   ex   art.   19   citato,
 dell'ultrattiva  vigenza  della  prescrizione  processuale   di   cui
 all'art.   56  del  c.p.c.  (ultrattivita'  delle  norme  processuali
 espressamente stabilita, per esempio, dalla legge n. 74/1987 in  tema
 di  divorzio), anche tenuto conto della necessaria intima connessione
 sussistente tra le posizioni sostanziali tuttora regolate dalla legge
 abrogata   (art.  55  del  codice  civile)  ed  i  relativi  modi  di
 instaurazione e svolgimento del rapporto processuale;
    Ritenuto,  per  quanto  concerne  la  rilevanza della questione di
 legittimita' costituzionale sollevata in riferimento alla definizione
 del  presente  giudizio,  che  e' indubbia la sussistenza di siffatto
 requisito, atteso che, nella vicenda di che trattasi, l'attore non ha
 richiesto,  per  la  proposizione della domanda, l'autorizzazione del
 Ministro di grazia e giustizia, ne'  ha,  comunque,  avuto  luogo  il
 giudizio di ammissibilita' ex art. 5 della legge n. 117/1988;
                                 P.Q.M.
    Visti  gli  artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
 1, 23 e 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 19 della legge 13 aprile 1988, n.  117,  nei
 limiti  indicati in motivazione, in riferimento agli artt. 3, 28 e da
 101 a 113 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  il 24 novembre 1989 nella camera di consiglio della
 1a sezione civile del tribunale di Roma.
                   Il presidente: (firma illeggibile)

 90C0413