N. 188 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 1989

                                 N. 188
 Ordinanza  emessa  il 24 novembre 1989 dal magistrato di sorveglianza
 presso il tribunale dei minorenni dell'Emilia-Romagna in Bologna  nel
 procedimento di sorveglianza relativo a Piscopo Tiziana
 Processo  penale  -  Nuovo  codice  -  Misure  di  sicurezza - Minore
 sottoposto prima a liberta' vigilata, poi a riformatorio  giudiziario
 -  Successivo collocamento in comunita' Allontanamento ingiustificato
 - Conseguente applicabilita' di  custodia  cautelare  fino  a  giorni
 trenta  -  Eccesso di delega Creazione di nuova ipotesi di reato, per
 di  piu'  punibile  con  pena  detentiva  irrogabile  senza  garanzie
 giurisdizionali  -  Estensione di tali norme anche a soggetti di eta'
 fra i  diciotto  e  i  ventuno  anni  -  In  subordine:  se  ritenuta
 applicazione  dell'art. 214 del c.p. - Lamentata modifica del sistema
 relativo ai riformatori giudiziari - Mancanza di delega.
 (D.P.R.  22 settembre 1988, n. 448, art. 36, secondo comma; d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 448, art. 22, quarto comma).
 (Cost., art. 77).
(GU n.18 del 2-5-1990 )
                     IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento relativo
 alla misura di sicurezza nei confronti di  Piscopo  Tiziana,  nata  a
 Carpi (Modena) il 6 luglio 1973;
                               F A T T O
    Con sentenza 2 giugno 1989 il tribunale per i minorenni di Bologna
 ha applicato alla minore Piscopo Tiziana la misura di sicurezza della
 liberta' vigilata.
    Con  provvedimento 17 agosto 1989 di questo ufficio tale misura e'
 stata trasformata in quella  del  riformatorio  giudiziario  a  norma
 dell'art. 231 del c.p.
    La minore e' stata quindi internata presso l'I.O.M. di Firenze.
    Entrato  in  vigore il nuovo c.p.p., il magistrato di sorveglianza
 del tribunale per i minorenni  di  Firenze,  a  norma  dell'art.  36,
 secondo   comma,  e  22,  del  d.P.R.  n.  448/1988  ha  disposto  il
 collocamento della minore in una comunita' di Rimini,  ritrasmettendo
 gli atti a questo ufficio per competenza territoriale.
    Come  risulta  dalla comunicazione dei carabinieri di Rimini-Santa
 Aquilina, la minore si e' allontanata  dalla  comunita'  in  data  14
 ottobre 1989.
    Questo ufficio ha conseguentemente chiesto al p.m. il parere sulla
 applicabilita' del disposto di cui al quarto comma dell'art. 22 nuovo
 codice di procedura penale per minorenni;
    Il p.m. ha chiesto sollevarsi eccezione di incostituzionalita' del
 citato art. 36, secondo comma, per  violazione  dell'art.  77,  primo
 comma,  della Costituzione, in quanto, senza delega del Parlamento e'
 stato modficato il  regime  giuridico  sostanziale  della  misura  di
 sicurezza   detentiva   del  riformatorio  giudiziario  o  quantomeno
 perche', senza delega, e' stata introdotta una  nuova  previsione  di
 reato.
                             D I R I T T O
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale sollevata dal p.m.
 appare rilevante e non manifestamente infondata,  e  la  stessa  deve
 venire  altresi'  estesa  d'ufficio  all'art.  22,  quarto comma, del
 d.P.R. n. 448/1988.
    Rilevante  in quanto questo ufficio, a seguito dell'allontanamento
 della minore dalla comunita' in cui  aveva  l'obbligo  di  risiedere,
 deve   provvedere  sulle  conseguenze  di  tale  comportamento  anche
 indipendentemente   dal   rientro   della   stessa,   successivamente
 intervenuto  (e  va detto che la predetta, rientrata in comunita', se
 ne e' poi nuovamente allontanata).
    Non manifestamente infondata per i seguenti motivi.
    L'art. 215 del c.p. indica il ricovero in riformatorio giudiziario
 tra le misure di sicurezza "detentive".
    Tale  misura  di  sicurezza  e'  specificamente disciplinata dagli
 artt. 223 e segg. del codice penale, mentre le disposizioni  generali
 anche  ad essa applicabili sono previste dalla sezione prima del capo
 primo del titolo ottavo del c.p.
    Tra tali norme generali vi e' quella di cui all'art. 214 del c.p.,
 che prevede il riinizio della misura di sicurezza detentiva nel  caso
 in  cui  la  persona  sottopostavi  si  sia sottratta volontariamente
 all'esecuzione della stessa. Norma  applicata,  fino  all'entrata  in
 vigore  del  nuovo  codice  di  procedura  penale, a quei giovani che
 fuggivano dal riformatorio (fatto  raro)  o  che  (piu'  spesso)  non
 rientravano  in  Istituto  alla  scadenza delle licenze. Ma norma che
 questo giudice stima di non poter piu' applicare al minore sottoposto
 alla misura del riformatorio giudiziario.
    Infatti   l'art.  36  del  d.P.R.  n.  448/1988  ha  profondamente
 modificato  l'aspetto   sostanziale   delle   misure   di   sicurezza
 applicabili  ai  minori  e,  in  particolare, l'intera disciplina del
 riformatorio  giudiziario,  giacche'  al  secondo  comma  ne   limita
 l'applicabilita'  ai  delitti  previsti dall'art. 23 e dispone che la
 misura  sia  eseguita  nelle  forme  dell'art.  22,  ossia   mediante
 collocamento  in  comunita'.  E  poiche'  l'art.  10 delle disp. att.
 (d.-l. n. 272/1989) stabilisce che le comunita' debbono rispondere ad
 un  criterio  organizzativo  di  tipo familiare, che preveda anche la
 presenza di  minorenni  non  sottoposti  a  procedimento  penale,  ne
 consegue  che la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, se
 formalmente conserva natura detentiva  (implicitamente  ribadita  dal
 richiamo  a  quei piu' gravi delitti che soli per i minori consentono
 ora la misura della custodia cautelare), ha  perso  in  realta'  ogni
 caratteristica di tal tipo, dato che la comunita' viene proposta come
 struttura aperta e quindi inidonea ad assicurare  la  permanenza  del
 minore anche contro la sua volonta'.
    Ne  conseguono,  oltre  che problemi interpretativi e applicativi,
 dubbi di incostituzionalita', atteso che una cosi' radicale scelta di
 politica  criminale  e di innovazione positiva e' stata attuata senza
 che fosse stato delegato al Governo alcun potere in materia.
    Sul  piano  interpretativo  e  applicativo questo giudice ritiene,
 concordemente a quanto assume il p.m., che non  sia  "piu'  possibile
 seguire   la   via   dell'applicazione  dell'art.  214  del  c.p.  al
 riformatorio giudiziario poiche' tale  norma,  coerentemente  con  un
 sistema di misre a carattere detentivo, presuppone implicitamente, ma
 indiscutibilmente, un procedimento anche di tipo  coercitivo  che  si
 snoda attraverso il rintraccio dell'interessato da parte degli organi
 di polizia, il suo riaccompagnamento coattivo presso lo  stabilimento
 da  cui  si  e'  arbitrariamente  allontanato  e  la  costituzione di
 quest'ultimo  come  'struttura  chiusa'  nella  quale  e'  possibile,
 giuridicamente e percio' materialmente, trattenere anche con la forza
 e comunque con adeguate difese passive chi se ne era allontanato e vi
 e' stato ricondotto. L'art. 214 del c.p. prevede in sostanza che alla
 misura possa esser data 'nuovamente esecuzione'".
    Continuare  ad  applicare  l'art.  214  del  c.p. esporrebbe a una
 ripetizione di riaccompagnamenti coattivi del giovane in ambienti  da
 cui  egli puo' riallontanarsi ance subito (e si e' detto che nel caso
 in esame si sono verificate gia' due "fughe" della  minore  in  pochi
 giorni).
    L'interpretazione  della  legge non puo' portare a conseguenze del
 genere. Percio' nel caso  di  sottrazione  volontaria  all'esecuzione
 della   misura   di  sicurezza  del  riformatorio  giudiziario,  deve
 concludersi non rimanga che applicare l'art. 22,  quarto  comma,  del
 d.P.R.   n.   448/1988,  per  il  quale  in  caso  di  allontanamento
 ingiustificato dalla comunita', il giudice puo'  disporre  la  misura
 della custodia cautelare per un tempo non superiore ad un mese.
    Con tale sanzione, prevista dall'art. 22 quando il collocamento in
 comunita' e' stato disposto quale misura cautelare, il legislatore ha
 fornito   di   efficacia  deterrente  una  disposizione  a  carattere
 prettamente educativo  e  senza  possibilita'  contenitiva  quale  il
 collocamento in comunita'.
    Questa   sanzione   deve   oggi   venir   applicata  anche  quando
 l'allontanamento arbitrario dalla comunita' e' stato posto in  essere
 da  un  giovane  che  vi si trovava poiche' sottoposto alla misura di
 sicurezza del riformatorio giudiziario.
    Tale  interpretazione  oltre  che  conseguente  all'impossibilita'
 teorica e pratica di continuare ad applicare  l'art.  214  del  c.p.,
 appare  in  sintonia  con  la lettera e lo spirito della nuova legge.
 L'art. 36, secondo comma, del d.P.R. n.  448/1988  prescrive  che  la
 misura  di  sicurezza del riformatorio giudiziario "e' eseguita nelle
 forme dell'art. 22"; il rinvio alle "forme" previste per l'esecuzione
 delle  misure cautelari riservate ai minori non puo' significare, nel
 nuovo  contesto,  stretto  riferimento   alle   strutture   materiali
 utilizzabili  (le  comunita'  intese  come  luogo  e organizzazione),
 bensi' riferimento all'intera disciplina applicabile  all'esecuzione,
 comprensiva  quindi  anche  del  regime sanzionatorio predisposto per
 imporre il rispetto della disciplina stessa. Appare  altresi'  logico
 che   comportamenti  identci  siano  sanzionati  nello  stesso  modo,
 indipendentemente dalla  posizione  giuridica  del  soggetto  che  li
 compie;  soprattutto  nei  riguardi  di minorenni per i quali sarebbe
 incomprensibile e quindi del tutto diseducativo avvertire  disparita'
 e   quindi  ingiustizia  nel  trattamento,  qualora  si  applicassero
 sanzioni diverse per comportamenti identici; ne rsulterebbe inficiata
 anche  la  gestibilita'  stessa  della  comunita'  e, di riflesso, la
 validita' dell'intero sistema introdotto.
    E'  altresi'  nello  spirito della legge che vede con disfavore le
 misure di sicurezza (v.  relazione:  "dette  misure,  da  piu'  parte
 criticate   e   comunque   scarsamente   applicate  nella  pratica"),
 sostituire l'art. 214  del  c.p.  dal  quale  derivava  un  eccessivo
 protrarsi  della  misura  con una disposizione di portata contenuta e
 definita nel massimo.
    Ma   se   questa   e'   l'interpretazione   della  legge,  non  e'
 manifestamente infondata l'eccezione di  illegittimita'  degli  artt.
 36,  secondo  comma,  e  22, quarto comma, del d.P.R. n. 448/1988 per
 violazione dell'art. 77, primo comma, della Costituzione.
    Circa  le misure di sicurezza, la legge delega n. 81/1987 all'art.
 2, direttiva n. 96,  ha  dato  disposizioni  prettamente  procedurali
 oltre  a  quella relativa alla necessita' di un giudizio di effettiva
 pericolosita', e nella direttiva n.  98,  ha  previsto  solamente  il
 coordinamento  del  procedimento  di  sorveglianza coi principi della
 delega. In ottemperanza  ad  essa  il  d.P.R.  n.  447/1988,  non  ha
 apportato  modifiche  sostanziali  alla  disciplina  delle  misure di
 sicurezza. Il contrario e' avvenuto col  d.P.R.  n.  448/1988,  norme
 citate,  nonostante  la  delega, all'art. 3, addirittura omettesse di
 menzionare le misure di sicurezza.
    E'  pertanto  evidente  l'eccesso  di  delega  di  cui  lo  stesso
 legislatore appare in  qualche  modo  consapevole,  posto  che  nella
 relazione  al  testo definitivo tenta una spiegazione, ricordando che
 le misure  di  sicurezza  "non  vengono  menzionate  nell'elencazione
 dell'art.  3  della  delega",  ed  osservando  poi che "la materia e'
 tuttavia esplicitamente riciamata dalla direttiva n. 96 della  stessa
 legge, che stabilisce fra l'altro il principio della necessita' di un
 giudizio  di  effettiva  pericolosita',  e   prescrive   inoltre   la
 previsione   di   piu'   incisive   garanzie  processuali  anche  nel
 procedimento con cui si applicano tali misure".
    Ma  tali richiami non appaiono pertinenti e sufficienti, dato che,
 per i minorenni oltre alle garanzie processuali  ed  al  giudizio  di
 effettiva  pericolosita', si sono introdotte innovazioni sostanziali,
 le quali eliminando gli aspetti contenitivi  della  misura  detentiva
 del  riformatorio  giudiziario  sembrano  contraddire  quello  stesso
 giudizio di pericolosita' che e' reso ancor piu'  evidente  dall'aver
 limitato  l'applicazione  della  misura  ai  soli  minori  che  hanno
 commesso reati particolarmente gravi.
    Quanto  alla  direttiva  n. 104 della legge delega, ed ai principi
 fissati dalla prima parte dell'art.  3,  anch'essi  richiamati  nella
 relazione,  il  richiamo  ha  un  senso troppo generico per escludere
 l'eccesso di delega.
    Due  considerazioni  ulteriori  possono  confermare  i sospetti di
 incostituzionalita' sopra esposti.
    La  prima riguarda la natura della sanzione di cui al quarto comma
 dell'art. 22 che sembra introdurre nell'ordinamento una nuova ipotesi
 di  reato, simile all'evasione, tipizzando una condotta ai fini della
 applicabilita' di una pena detentiva da  uno  a  trenta  giorni,  tra
 l'altro  immediatamente esecutiva ed irrogabile senza alcuna garanzia
 giurisdizionale.
    La  seconda  attiene  alla  estensione  della normativa in oggetto
 anche ai soggetti di eta' compresa fra i 18 e  i  21  anni,  disposta
 dall'art.   24   delle   disp.   att.   del  c.p.p.  min.,  con  cio'
 implicitamente abrogando  l'istituto  di  diritto  sostanziale  della
 "sostituzione della misura di sicurezza" di cui all'art. 223, secondo
 comma, del c.p.
    Qualora   poi   si   ritenesse   tuttora  applicabile  all'ipotesi
 dell'allontanamento, la previsione di cui all'art. 214  del  c.p.,  i
 dubbi  di  incostituzionalita',  benche'  limitati  al  solo art. 36,
 secondo comma, del d.P.R. n. 448/1988  permarrebbero  per  violazione
 dell'art. 77, primo comma, della Costituzione, in quanto senza delega
 legislativa il Governo ha modificato  sostanzialmente  la  misura  di
 sicurezza   detentiva  del  riformatorio  giudiziario,  al  punto  da
 vanificare le  conseguenze  previste  per  l'ipotesi  di  sottrazione
 volontaria alla esecuzione della stessa.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt.  36,  secondo  comma,  e  22,
 quarto  comma,  del  d.P.R. n. 448/1988, per violazione dell'art. 77,
 primo comma, della Costituzione;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone  che  a  cura  della
 cancelleria la presente ordinanza sia notificata  al  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti della Camera dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
      Bologna, addi' 24 novembre 1989
                Il magistrato di sorveglianza: MARTELLO

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