N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 1989
N. 192 Ordinanza emessa il 12 dicembre 1989 dalla corte d'assise di Salerno nel procedimento penale a carico di Apicella Mario ed altri Processo penale - Nuovo codice - Rito abbreviato - Dissenso immotivato e vincolante del p.m. - Insindacabilita' da parte del giudice - Conseguente inapplicabilita' della diminuente ex art. 442, secondo comma, del c.p.p. 1988 - Disparita' di trattamento tra le parti (p.m. e imputato) nonche' tra imputati secondo la determinazione del p.m. - Sottrazione della richiesta di rito speciale alla valutazione del giudice - Limitazione del potere decisorio dell'organo giudicante non solo in ordine al rito, ma anche in relazione alla misura della pena. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 247, terzo comma; d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, art. 438, primo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 101).(GU n.18 del 2-5-1990 )
LA CORTE D'ASSISE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Visti gli atti del procedimento penale n. 19/85 r.c. corte d'assise; Sciogliendo la riserva in ordine alla eccezione di illegittimita' costituzionale degli artt. 247 del d.-l. 28 luglio 1989, n. 271 e 438 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 477, sollevata dalla difesa degli imputati; Sentito il p.m.; OSSERVA IL FATTO Nel procedimento a carico di Apicella Mario + 16, prima che venissero compiute le formalita' di apertura del dibattimento, l'imputato Rossi Luigi avanzava richiesta di giudizio abbreviato; avendo il p.m. prestato il proprio consenso e ritenente la corte di poter decidere allo stato degli atti, veniva disposta la norma del quinto comma dell'art. 247 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271; la separazione del procedimento nei confronti del predetto Rossi. Analoga richiesta di giudizio abbreviato veniva avanzata dagli imputati Lamberti Carlo, Mannara Pasquale e Risi Michele. Il p.m., pero', ritenendo che per tali imputati non si potesse decidere allo stato degli atti, non dava il proprio consenso; Avendo la Corte a norma dell'art. 247 cit., disposto, stante il dissenso del p.m., di procedersi nelle forme ordinarie, la difesa, sollevava l'eccezione di illegittimita' costituzionale di cui in premessa; IN DIRITTO E' pacifico che, di fronte al dissenso motivato o immotivato del p.m., non possa farsi luogo a giudizio abbreviato, non avendo il giudice alcuna possibilita' di accertare se il processo potesse o meno essere definito allo stato degli atti. E nel caso di specie tale impossibilita' si manifesta in maniera clamorosa nello stesso processo. Mentre infatti, per il Rossi la corte ha potuto procedere a giudizio abbreviato, per gli imputati Lamberti, Mannara e Risi, stante il dissenso del p.m., ha dovuto disporre di procedersi nelle forme ordinarie, a prescindere dal fatto che per detti imputati potesse essere emessa decisione allo stato degli atti. Ne consegue che la corte, senza poter svolgere alcun sindacato, e' vincolata non solo nella scelta del rito ma anche nella determinazione della pena, non potendosi agli imputati Lamberti, Mannara e Risi applicare la riduzione di un terzo di cui all'art. 442 e p.p.. Il dettato normativo attribuisce quindi al p.m. un sostanziale potere di veto. Sol perche' la parte pubblica ha espresso il suo dissenso, e' precluso alla Corte di accertare se il processo poteva essere definito allo stato degli atti e, conseguentemente, in caso di determinazione positiva, di procedere alla riduzione di un terzo della pena da irrogare. Il che si risolve in un vero e proprio potere dispositivo del pubblico ministero sulla sanzione penale, giacche' soltanto con il consenso del predetto il giudice potra' procedere alla riduzione della pena, a norma dell'art. 442 e p.p.. E' vero che con la sentenza 30 aprile 1984, n. 120, e' stata dichiarata non fondata la questione di legittimita' costituzionale degli art. 77, primo comma, e 78, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 589 (sollevata perche' la possibilita' per il giudice di disporre l'applicazione delle sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato risultava subordinata al parere favorevole del pubblico ministero). In detta sentenza si precisava pero', che tale subordinazione operava solamente durante le fasi dell'istruzione e degli atti predibattimentali. Nel giudizio abbreviato, invece, a differenza di quanto e' stato previsto anche in ordine all'applicazione della pena su richiesta delle parti (a norma dell'art. 448 e p.p. il giudice puo' applicare la pena richiesta dall'imputato dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando ritenga ingiustificato il dissenso del p.m. e consegua la pena richiesta), il dissenso del p.m. e' vincolante in modo assoluto. E' pur vero che i presupposti del giudizio abbreviato non hanno una delimitazione oggettiva che possa essere verificata nel corso dell'ulteriore iter processuale. Ne' avrebbe senso ritenere applicabile nelle successive fasi il giudizio abbreviato, quando ormai si sono compiute attivita' incompatibili con la struttura e le caratteristiche di quel rito. Ben poteva, pero', affidarsi al giudice la possibilita' di sindacare le scelte del p.m.. In tal caso si sarebbe attribuito all'organo in posizione di terzieta' e non ad una parte il potere di decidere sulla esistenza delle condizioni per far luogo al giudizio abbreviato e sulla conseguenziale e connessa riduzione di pena. L'istituto, cosi' come e' stato disciplinato, con l'attribuzione di una portata vincolante al dissenso del p.m., contrasta percio' chiaramente con gli artt. 3, 24 e 101 della Carta costituzionale: 1) con l'art. 3, sotto un duplice profilo: a) il principio di uguaglianza e' vulnerato, in quanto il parere sfavorevole del p.m. determina una irragionevole disparita' di trattamento tra parte pubblica e parte privata, in quanto mentre le ragioni dell'imputato debbono, per poter essere accolte, essere vagliate dall'organo giurisdizionale, quelle del p.m. si impongono al giudice prescindendo dalla loro fondatezza e senza essere oggetto di una imparziale valutazione; b) vi e' una ingiustificata disparita' di trattamento tra imputato addirittura dello stesso processo, come nel caso di specie, tra chi (avendo il p.m. prestato il proprio consenso) puo' beneficare della riduzione di pena e chi, invece, stanti il dissenso del p.m. al giudizio abbreviato, non puo' beneficarne e cio' a prescindere dal fatto che ricorrano, o meno le condizioni per decidere il processo allo stato degli atti; 2) con l'art. 24, 1 e 2 comma, in quanto la richiesta dell'imputato di giudizio abbreviato e' sottratto in modo definitivo alla valutazione del giudice. Avverso il dissenso manifestato dal p.m., non e' dato svolgere infatti alcuna difesa, stante l'impossibilita' per il giudice di valutare le ragioni e la fondatezza del diniego; 3) con l'art. 101, secondo comma, in quanto l'insindacabile decisione del p.m. di consentire o non consentire il giudizio abbreviato comporta conseguenze non solo sul piano meramente processuale, ma anche su quello sostanziale, sia pure soltanto in termini di quantificazione della pena per il caso di condanna. Il dissenso del p.m. si configura, cioe', come un potere di veto che, essendo impedita al giudice ogni valutazione, sconfina sostanzialmente nel campo dell'attivita' decisoria sicche' e' compressa la pienezza del potere decisionale nell'ambito delle disposizioni di legge, non potendo il giudice emettere, per il dissenso del p.m., una sua autonoma determinazione in ordine alla fondatezza della richiesta di giudizio abbreviato. Va pertanto dichiarata rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' sollevata ed il giudizio in corso va sospeso (stante la stretta e prescindibile connessione della posizione degli imputati Lamberti, Mannara e Risi con quello degli altri imputati specialmente in relazione all'imputazione di cui all'art. 416- bis del c.p. ed a quelle sulla violazione della legge sulle armi non appare possibile disporre la separazione dei procedimenti).
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 247, terzo comma, del d. lgs. 28 luglio 1989, n. 271, e 438 primo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, nella parte in cui prevedono la necessita' del consenso del p.m. per far luogo al giudizio abbreviato; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la sospensione del procedimento penale; Dispone che, a cura della concelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della due Camere del Parlamento. Salerno, addi' 12 dicembre 1989 Il presidente: (firma illeggibile) 90C0475