N. 195 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 1990
N. 195 Ordinanza emessa il 7 febbraio 1990 dal tribunale di Savona nel procedimento penale a carico di Kurtuma Milorad Processo penale - Nuovo codice - Giudizio direttissimo - Richiesta per il rito abbreviato - Mancato consenso del p.m. Insindacabilita' da parte del giudice, pur se in presenza di motivazione ritenuta infondata - Conseguente inapplicabilita' della diminuente ex art. 442, secondo comma, del c.p.p. 1988 Violazione del principio della subordinazione del giudice alla sola legge - Limitazione del potere decisorio dell'organo giudicante in relazione alla misura della pena operata da una parte (p.m.). (C.P.P. 1988, art. 452, in relazione all'art. 442, secondo comma). (Cost., artt. 25, 101 e 102)(GU n.18 del 2-5-1990 )
IL TRIBUNALE Premesso che il procuratore della Repubblica in sede ha tratto a giudizio con il rito direttissimo Kurtuma Milorad per i reati di cui agli artt. 81 cpv. del c.p. e 2, 4 e 7 della legge 2 ottobre 1947, n. 895, in Varazze il 30 gennaio 1990; che all'udienza odierna l'imputato si e' avvalso della facolta' di chiedere il giudizio abbreviato; che il pubblico ministero non ha consentito alla trasformazione del rito, motivando il suo dissenso con la impossibilita' di definizione del giudizio allo stato degli atti; che il difensore dell'imputato ha eccepito la illegittimita' costituzionale dell'art. 452 del c.p.p. nella parte in cui condiziona l'ammissibilita' del giudizio abbreviato al consenso del p.m.; che il p.m. ha chiesto respingersi l'eccezione, in quanto la questione di costituzionalita' della norma non e' rilevante, poiche', comunque, non sarebbe ammissibile il rito abbreviato per la impossibilita' di definire il giudizio allo stato degli atti; O S S E R V A La questione di costituzionalita' dell'art. 452 del c.p.p., nella parte in cui subordina l'ammissibilita' del rito abbreviato al consenso motivato del pubblico ministero, e' rilevante ai fini del decidere, in quanto il consenso del p.m. e' condizione necessaria e sufficiente per la trasformazione del giudizio direttissimo in giudizio abbreviato. Infatti, nel giudizio direttissimo, il legislatore non richiede come presupposto per la trasformazione del rito in giudizio abbreviato, la definibilita' del processo allo stato degli atti, ammettendo, anzi, che si proceda, su indicazione del giudice, a ulteriori acquisizioni probatorie. Ne consegue che la motivazione addotta dal p.m. a sostegno del suo dissenso, non rende, per cio' solo, irrilevante la questione, in quanto la trasformazione del rito non e' condizionata dalla possibilita' o meno di decidere allo stato degli atti, giacche', ove questa possibilita' non vi sia, si procede ugualmente con le forme del giudizio abbreviato previa indicazione, da parte del giudice, dei temi dell'indagine probatoria. La questione e', altresi', non manifestamente infondata. Occorre, infatti, considerare che, precludere all'imputato l'accesso al giudizio abbreviato significa impedirgli di fruire della diminuzione premiale della pena prevista dall'art. 442 del c.p.p. Pertanto si verifica una situazione nella quale l'applicazione o meno di una diminuente dipende unicamente dalla manifestazione di volonta', senza necessita' di motivazione, del p.m., cioe' di una parte del processo. Orbene, il sistema costituzionale, affida l'esercizio della giurisdizione al giudice ordinario senz'altro vincolo che quello della subordinazione alla legge. Infatti, l'art. 102, primo comma, afferma che "la funzione giurisdizionale e' esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario"; l'art. 101, secondo comma, stabilisce che "i giudici sono soggetti soltanto alla legge"; l'art. 25, primo comma, istituisce il diritto, cui la legge ordinaria non puo' derogare, secondo il quale non e' possibile distogliere alcuno da quel giudice che esercita la giurisdizione soggetto soltanto alla legge, che, anche per questo, viene definito "naturale". Appartiene, certamente, all'esercizio della giurisdizione, l'applicazione o meno di una diminuzione di pena, derivi questa dalla sussistenza di una determinata circostanza o dalla scelta del rito. Il sistema delineato dall'art. 452 del c.p.p. sembra confliggere con quello che risulta dalle citate norme costituzionali, poiche' l'esercizio della giurisdizione, in punto misura della pena, e' condizionato, non gia' dalla legge, ma dalla manifestazione di volonta' del p.m., parte del processo. Conforta, in questa conclusione, l'esame del sistema parallelo previsto dal codice di procedura penale in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti. In questo caso, infatti, il dissenso del p.m., che deve essere motivato, impedisce il passaggio al rito speciale - il che, di per se', non e' certo in contrasto con il sistema costituzionale - ma consente al giudice che ritenga ingiustificato il dissenso, di esercitare la giurisdizione in punto misura della pena.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 452 del c.p.p. nella parte in cui prevede che il dissenso del p.m., in ordine alla scelta del giudizio abbreviato, precluda al giudice l'applicazione della diminuzione premiale di cui all'art. 442, secondo comma, del c.p.p., in riferimento agli artt. 25, primo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, della Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato. Savona, addi' 7 febbraio 1990 Il presidente: Franco Becchino 90C0478