N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 1989
N. 205 Ordinanza emessa il 30 dicembre 1989 dal giudice istruttore per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Lee Nance Reginald Giudice naturale - Reato commesso in territorio italiano da militare NATO - Possibile conflitto di giurisdizione tra l'autorita' dello Stato di origine (U.S.A.) e quella dello Stato di soggiorno Facolta' del potere esecutivo (Ministro di grazia e giustizia) di rinunciare all'esercizio della giurisdizione - Conseguente spostamento di competenza - Lamentata arbitraria sottrazione al giudice naturale operata con atto insindacabile di organo esecutivo - Violazione del principio di obbligatorieta' dell'azione penale - Questione gia' esaminata nella sentenza n. 96/1973 - Richiesta di riesame (sotto profili in parte diversi). (Legge 30 novembre 1955, n. 1355, art. 2; d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, art. 2). (Cost., artt. 25, 101, 102, 104 e 112).(GU n.18 del 2-5-1990 )
IL GIUDICE ISTRUTTORE Letti gli atti del procedimento penale contro: Lee Nance Reginald, imputato: a) del delitto di cui all'art. 72 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, per avere illecitamente detenuto, occultati all'interno di un involucro di carta, grammi tre circa di eroina, per uso personale non terapeutico di terzi; in Roma il 22 gennaio 1989; b) del delitto di cui all'art. 337 del c.p., per aver usato violenza nei confronti degli agenti della Polizia di Stato che procedevano alla sua identificazione, per opporsi agli stessi; in particolare sferrando un pugno nei confronti dell'agente Ansini Stefano; in Roma il 22 gennaio 1989; c) del reato di cui all'art. 498 del c.p., per aver abusivamente portato in luogo pubblico un baschetto con fregio, del tipo di quelli portati dalla Polizia di Stato; in Roma il 22 gennaio 1989; d) del reato di cui all'art. 652 del c.p., per avere rifiutato di dare indicazioni sulla propria identita' personale agli agenti di Polizia, di cui al capo a), che gliene avevano fatto richiesta; in Roma il 22 gennaio 1989; Ha pronunciato la seguente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Letti gli atti; O S S E R V A Svolgimento del processo Con rapporto datato 23 gennaio 1989, il dirigente del commissariato P.S. Roma Esquilino comunicava che agenti operanti avevano provveduto all'arresto del militare della N.A.T.O. Nance Reginald Lee, perche' ritenuto responsabile dei reati di detenzione di eroina, resistenza a pubblico ufficiale, uso abusivo di uniforme e rifiuto di indicazioni sulla propria identita' personale. Il p.m. provvedeva ad interrogare il Lee e ad informare immediatamente il dipartimento della marina militare americana, che in data 27 gennaio 1989 manifestava la volonta' di perseguire esso stesso il militare imputato. Il dipartimento citato domandava, in base all'art. VII della Convenzione di Londra istitutiva del Patto atlantico e resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955, n. 1355, e il d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, al Ministro di grazia e giustizia di rinunciare alla giurisdizione: quest'ultimo, in data 16 giugno 1989 dava il suo assenso. Motivi della decisione Ritiene questo g.i. che il procedimento debba essere rimesso alla Corte costituzionale, in quanto emergono aspetti di incostituzionalita' in ordine alle norme relative alla possibilita' di rinuncia alla giurisdizione: infatti, sia l'art. VII della Convenzione di Londra che l'art. 2 del d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, appaiono contrastare innanzitutto con l'art. 25 della Costituzione, poi con gli artt. 101, 102, 104 e 112 della Costituzione. La questione proposta appare rilevante, in quanto dalla sua definizione dipende la sorte del processo, se non altro di fronte alla giurisdizione italiana; inoltre, il procedimento non puo' dirsi definito per intervenuto provvedimento del Ministro, in quanto, per la sua conclusione e' sempre necessaria la pronuncia dell'organo giurisdizionale. La questione e' poi ammissibile e non manifestamente infondata: essa e' stata gia' affrontata dalla Corte con la sentenza n. 96/1973, ma viene ora riportata sotto differenti profili e a distanza di un notevole lasso di tempo. Le norme sospettate di incostituzionalita' sono quelle citate: l'art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1355 (nella parte in cui da' esecuzione all'art. VII della Convenzione di Londra) e l'art. 2 del d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, che attribuisce al Ministro di grazia e giustizia la facolta' di rinuncia alla priorita' dell'esercizio della giurisdizione nei confronti di militari appartenenti a corpi armati N.A.T.O. di stanza in Italia. Nella citata sentenza n. 96/1973, la Corte respingeva le eccezioni di incostituzionalita' sollevate dal g.i. presso il tribunale di Roma basandosi su diversi assunti. Innanzitutto, essa sosteneva che, se pure vi fosse stato contrasto con l'art. 25 della Costituzione, questo sarebbe stato sanato dal c.d. principio di specialita', per il quale le norme internazionali generalmente riconosciute hanno immediata applicazione e prevalenza nell'ordinamento italiano, ai sensi dell'art. 10 della Costituzione. A dire della Corte, fra le norme citate rientrava anche il principio secondo cui lo Stato di origine conserva il proprio potere giurisdizionale in ordine ai reati commessi da appartenenti alle sue forze armate di stanza in territori alleati. Inoltre, ed in ogni caso, lo spostamento della giurisdizione sarebbe avvenuto a favore di altro giudice (estero), anch'esso "precostituito" ai sensi dell'art. 25 della Costituzione. Ritiene questo g.i. che tali argomenti non possano essere definiti soddisfacenti, soprattutto se esaminati alla luce del divenire dei rapporti internazionali. Secondo una secolare e consolidata tradizione, le norme internazionali vanno distinte in due principali categorie: le consuetudini e le norme pattizie; le consuetudini prevalgono su queste ultime, data la particolare struttura dell'ordinamento internazionale nell'attuale fase storica. L'art. 10 della Costituzione stabilisce l'automatico adeguamento dell'ordinamento italiano alle norme internazionali generalmente riconosciute: e' evidente che tale articolo intende riferirsi esclusivamente alle consuetudini, che pertanto non necessitano del c.d. ordine di esecuzione per operare in Italia: non altrettanto puo' dirsi riguardo alle norme pattizie, che sottostanno pertanto al regime ordinario (v. Corte costituzionale, sent. n. 48/1979; ord. 6 febbraio 1979 nel processo Lockeed). Tutto cio' premesso, appare problematico affermare l'esistenza a tutto oggi di una consuetudine che sancisca la giurisdizione esclusiva di uno Stato sui propri corpi armati di stanza all'estero. Tale principio, che pure ha avuto applicazione fino al secondo conflitto mondiale, risulta nell'ultimo quarantennio praticamente ignorato dalle convenzioni che hanno istituzionalizzato la presenza di corpi di truppa stranieri negli Stati aderenti a singoli accordi difensivi. Tali Convenzioni, fra le quali vanno annoverate la N.A.T.O. ed il Patto di Varsavia, hanno invece accolto il principio della c.d. giurisdizione concorrente dello Stato cui appartengono le truppe e dello Stato di soggiorno. Tuttavia, non puo' affermarsi l'avvenuta formazione di una consuetudine internazionale in tal senso, sia perche' la dottrina e' fortemente discorde sul punto sia perche' sono pochi sul panorama internazionale i precedenti che possono portare ad una soluzione affermativa: gli unici di rilievo sono quelli citati della N.A.T.O. e del Patto di Varsavia. Cio' posto, non si vede come l'art. VII della Convenzione di Londra attui il contemperamento delle esigenze dei due Stati interessati (quello di soggiorno e quello di origine delle truppe) attraverso una deroga alle consuetudini tuttora comunemente accettate, ad avviso della Corte, e relative alla limitazione del potere giurisdizionale dello Stato di soggiorno. Al contrario, nella prassi internazionale piu' recente si assiste alla formazione di una consuetudine diretta ad affermare, in modo sempre piu' radicato, il principio del locus regit actum, con rigorose limitazioni delle ipotesi eccezionali (si vedano, ad esempio, le varie convenzioni, generali e particolari, sulla materia dell'estradizione). La norma immessa nell'ordinamento con l'art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1355, ha pertanto natura pattizia e conserva natura pattizia, al pari del regolamento di esecuzione emanato con d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, in quanto entrambe non possono trovare tutela costituzionale nell'art. 10 della Costituzione, per le ragioni teste' illustrate. Non puo' poi invocarsi per le medesime la tutela derivante dall'art. 11 della Costituzione, in quanto quest'ultimo fa esclusivo riferimento alle c.d. organizzazioni generali, mentre la N.A.T.O. e' pur sempre un'organizzazione a carattere particolare: e' noto come il citato articolo venne introdotto nella Costituzione in previsione dell'ammissione dell'Italia all'O.N.U., avvenuta nel 1955. Stabilito che le norme citate non possono godere della tutela accordata dall'art. 10 della Costituzione, va esaminata la questione della compatibilita' delle stesse con l'art. 25 della Costituzione. Non appaiono condivisibili, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi dottrinari, gli argomenti portati a sostegno della costituzionalita' dell'art. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1355, nella sentenza n. 96/1973. La Corte ha stabilito l'equivalenza dei termini "naturale" e "precostituito" contenuti nell'art. 25 della Costituzione; tuttavia, non appare chiaro perche' il costituente abbia voluto adoperare in modo fungibile tali concetti, quando sarebbe stato sufficiente adoperare solo il primo, di tradizione illuministica ("le juge naturel"). L'interpretazione piu' corretta appare quella che assegna ai predetti termini significati diversi: "naturale" inteso come "predeterminato in astratto"; "precostituito" come "predeterminato in concreto", con individuazione della persona fisica del giudice. Nel caso di specie il giudice viene individuato soltanto in astratto (quello statunitense), men tre la sua individuazione in concreto avverrebbe soltanto per relationem, ovvero tramite un mero rinvio ad un ordinamento estero, senza null'altro disporre. Non si attua, pertanto, il trasferimento del processo da una giurisdizione ad un'altra, ma soltanto una rinuncia all'azione penale, con eventuale riinizio della stessa (si tenga presente che negli Stati Uniti d'America l'esercizio dell'azione penale e' discrezionale e affidato ad un organo amministrativo). Vi e' quindi un'incidenza solo in senso negativo sulla competenza dell'organo giurisdizionale procedente e designato in via generale, senza che vi sia individuazione dell'organo che dovra' giudicare. Inoltre la sottrazione al giudice naturale avviene in modo estremamente arbitrario, in quanto e' conferita al Ministro di grazia e giustizia la facolta' di scegliere l'organo piu' idoneo a jurisdicere. Tale disciplina e' conseguenziale violativa di altri articoli della Costituzione: cosi' degli artt. 101 e 104, primo comma, della Costituzione in quanto il procedimento viene sottratto al giudice naturale con un atto del potere esecutivo, senza che l'organo giurisdizionale possa sindacare il merito del provvedimento; inoltre dell'art. 112 della Costituzione, che introduce nell'ordinamento italiano il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 e 137 della Costituzione; Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 della legge 30 novembre 1955, n. 1355, e 2 del d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, in relazione agli artt. 25, 101, 102, 104 e 112 della Costituzione, nella parte in cui conferiscono al Ministro di grazia e giustizia la facolta' di rinuncia alla giurisdizione nei confronti di militari appartenenti a corpi armati della N.A.T.O. di stanza in Italia; Ordina la sospensione del presente procedimento e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria al p.m., all'imputato, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Roma, addi' 30 dicembre 1989 Il giudice istruttore: ALMERIGHI 90C0498