N. 207 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 1990

                                 N. 207
   Ordinanza  emessa  il  30  gennaio  1990  dal  pretore di Lecco nel
 procedimento civile vertente tra il comune di Lecco  e  l'Ispettorato
 provinciale del lavoro di Como
   Previdenza   e  assistenza  sociale  -  Violazioni  in  materia  di
 previdenza e assistenza sociale punite con la sola ammenda -  Ricorso
 in  opposizione  alla  ordinanza-ingiunzione - Competenza del giudice
 del lavoro nel caso di violazioni  relative  all'omissione  totale  o
 parziale del versamento di contributi e premi e del giudice ordinario
 per le altre violazioni - Mancata previsione di un coordinamento  tra
 il  giudizio  secondo  il  rito  speciale  del  lavoro ed il giudizio
 secondo il rito ordinario nell'ipotesi di concorrenza di  opposizioni
 ad  ordinanze-ingiunzioni  per  i  due  diversi  tipi di violazioni -
 Ingiustificata diversita' di trattamenti  processuali  in  base  alla
 casuale  precedenza  cronologica  della  notifica  delle  due diverse
 ingiunzioni Incidenza sul diritto di difesa in giudizio.
   (Legge  24 novembre 1981, n. 689, art. 35, secondo, terzo, quarto e
 settimo comma, in relazione all'art. 22, primo comma, stessa  legge).
   (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.19 del 9-5-1990 )
                               IL PRETORE
    Letti  gli  atti  del  procedimento  r.g. 647/1989, introdotto dal
 comune di Lecco mediante ricorso (depositato il 28  aprile  1989)  in
 opposizione  ad  ordinanza-ingiunzione  del  30  marzo 1989 (prot. n.
 38/89) emessa dall'Ispettorato provinciale del lavoro di Como per  la
 violazione  amministrativa  di cui all'art. 4, quinto comma, d.-l. n.
 352/1978, convertito in legge 4 agosto 1978, n. 467;
    Rilevato  che, prescindendosi dall'esame del merito della proposta
 opposizione, la normativa processuale applicabile al caso di specie -
 particolarmente  l'art.  35 della legge n. 689/1981 - si appalesa non
 del tutto immune da dubbi  di  legittimita'  costituzionale,  siccome
 anche rilevato dall'opponente;
                                OSSERVA
    L'art.  35 della legge n. 689/1981 - dettato in tema di violazione
 in materia di previdenza ed assistenza  obbligatoria  punite  con  la
 sola  ammenda  -  opera,  all'interno di detta categoria generale, la
 distinzione fra le violazioni consistenti  "nell'omissione  totale  o
 parziale  del  versamento di contributi e premi" (secondo comma) e le
 altre  violazioni  "quando  da  esse  deriva  l'omesso   o   parziale
 versamento  di  contributi e premi" (terzo comma) - da un lato - e le
 violazioni che  "consistono  nell'omesso  o  parziale  versamento  di
 contributi  e  premi  e che non sono allo stesso connesse a norma del
 terzo comma" (settimo comma) - dall'altro lato -.
    Alla  predetta distinzione consegue, in primo luogo, la diversita'
 del giudice avanti  al  quale  proporre  il  ricorso  in  opposizione
 avverso l'ordinanza ingiunzionale:
      il  pretore,  quale  giudice  del  lavoro (quarto comma), per le
 violazioni di cui al secondo e terzo comma citati;
      il  pretore  del  luogo  della  violazione,  in  base alla norma
 "generale" dell'art. 22, primo comma, stessa legge, per le violazioni
 di cui al settimo comma, citato.
    In  secondo  luogo, la diversita' del rito processuale applicabile
 al procedimento di opposizione:
      nel  primo  caso  (violazioni ex secondo e terzo comma), il rito
 del lavoro-previdenziale  ex  artt.  442  e  segg.  del  c.p.c.,  ivi
 espressamente  richiamato  ed  "integrato"  con  alcune  disposizioni
 procedimentali "tipiche" della legge n. 689/1981 (art.  22,  terzo  e
 settimo comma, art. 23, quarto comma);
      nel  secondo  caso (violazione ex settimo comma), rito ordinario
 dell'opposizione ingiunzionale ex legge n. 689/1981, artt. 22 e 23.
    Non  v'e'  dubbio  -  peraltro  - che le diversita' fra i due riti
 siano di natura sostanziale - oltreche', evidentemente, formale - ben
 potendosi   rilevare,   ad  esempio,  quali  differenti  conseguenze,
 processuali  e  anche  sostanziali,  si  determinino  nei  due   tipi
 procedimentali   nel   caso   di   mancata  comparizione  all'udienza
 dell'attore-opponente,  specie  in  relazione  all'istituto  "tipico"
 della  "convalida"  dell'ordinanza  ingiunzionale  ex art. 23, quinto
 comma, della legge citata.
   Le   evidenziate  diversita'  funzionali  e  processuali  appaiono,
 peraltro, perfettamente in sintonia - nella generalita' dei casi  con
 la   diversa   natura   delle  violazioni  costituenti  la  base  per
 l'emanazione dell'ordinanza  ingiunzionale,  essendosi  evidentemente
 ritenuto  necessario  dal legislatore privilegiare l'applicazione del
 "rito previdenziale", ex art. 442 del c.p.c., ogni qualvolta il thena
 decidendum   riguardi  -  comunque  -  l'adempimento  degli  obblighi
 contributivi previdenziali in senso  stretto,  anche  ove  lo  stesso
 venga  introdotto mediante lo strumento dell'opposizione ad ordinanza
 ingiunzionale.
    Se  con  tali connotazioni pare debba ricostruirsi la "fisiologia"
 del sistema dell'art. 35 citato, non puo'  pero'  non  rivelarsi  che
 detta normativa in relazione a peculiari ipotesi - del tipo di quella
 in esame - da' origine ad una disparita' di  trattamento  processuale
 del   tutto  ingiustificata,  soprattutto  perche'  correlata  ad  un
 medesimo accertamento sostanziale demandato al giudicante.
    Allorche'  -  infatti - nei confronti di un medesimo soggetto ed a
 fronte della stessa condotta ipoteticamente  illegittima  vengano  ad
 essere emessi due distinti provvedimenti ingiunzionali amministrativi
 - correlati, l'uno, a violazioni ex secondo e  terzo  comma  art.  35
 citato  e, l'atro, a violazioni ex settimo comma, stesso articolo - e
 l'ingiunto proponga duplice rituale opposizione  avverso  i  predetti
 provvedimenti  (l'una ex art. 35, quarto comma, e l'altra ex art. 22,
 primo comma) contestando in  entrambi  i  casi  la  ricorrenza  nella
 fattispecie  di  un  rapporto  di  lavoro  subordinato  (e  cioe'  il
 presupposto   di   fatto   e   diritto   imprescindibile    per    la
 configurabilita'  a  suo  carico di obblighi previdenziali e di altra
 natura), verrebbero di per cio' solo  ad  incardinarsi  due  distinti
 giudizi  oppositivi  -  ciascuno  dinanzi  al  giudice funzionalmente
 competente - i quali, pur  se  finalizzati  alla  conferma  o  revoca
 dell'ingiunzione,   non   potrebbero   prescindere   dal   preventivo
 accertamento della ricorrenza, nel caso in esame, di un  rapporto  di
 lavoro avente i connotati della subordinazione.
    Sia nell'ipotesi di contestualita' cronologica fra i due giudizi -
 nella quale non potendosi far luogo a riunione stante  la  differente
 competenza  funzionale,  dovra'  semmai  disporsi  la  sospensione di
 quello successivamente introdotto in  attesa  della  definizione  del
 primo  -  sia,  ancor  piu',  nell'ipotesi  di preventiva definizione
 dell'uno rispetto all'introduzione dell'altro,  il  giudice  chiamato
 per   ultimo   a   pronunziarsi   sull'accertamento  del  presupposto
 sostanziale comune ad entrambi (e cioe', come gia' visto,  la  natura
 subordinata  o meno del rapporto di lavoro) non potrebbe non trovarsi
 di fronte al  giudicato  sul  punto  gia'  formatosi  nel  precedente
 giudizio,  tale  da  "svuotare  di  contenuto",  in termini concreti,
 l'accertamento giudiziale a lui demandato sulla medesima questione  e
 finalizzato alla conferma (o revoca) dell'ordinanza ingiunzionale.
    Nella  varieta' di prospettive processuali ipotizzabili - mediante
 le  quali  potrebbe  trovare  esplicitazione,   nella   realta',   il
 "parallelismo"  procedimentale  di  cui si e' detto - non irrilevante
 appare sottolineare che il giudicato precedente (esplicante efficacia
 vincolante  nel  giudizio  successivo,  nel senso di cui si e' detto)
 puo' in concreto essere costituito, esclusivamente, da una  convalida
 dell'ordinanza  ingiunzionale  (qualora  sia  stato  azionato il rito
 "tipico" della legge n. 686/1981 e l'opponente non  sia  comparso  in
 prima udienza).
    La   convalida   di   cui  si  e'  detto,  confermando  l'ordinaza
 ingiunzionale, non  potrebbe  non  esplicare  efficacia  confermativa
 anche  della  validita' dei presupposti di fatto e diritto sulla base
 dei quali si e'  accertata  la  violazione  ed  emessa  l'ingiunzione
 (cioe',  nel  caso  esemplificato,  la  ricorrenza  di un rapporto di
 lavoro subordinato).
    Ne  deriverebbe - come gia' esposto - lo "svuotamento sostanziale"
 del giudizio oppositivo, incardinato successivamente in base al  rito
 previdenziale,  quantomeno relativamente alla predetta questione, per
 il quale - invece -  il  legislatore,  non  avendo  previsto  analoga
 possibilita'   di  convalida,  ha  mostrato  di  ritenere  necessario
 procedere - ogni  volta  -  ad  un  accertamento  giudiziale  vero  e
 proprio, con tutte le garanzie ad esso correlate.
    Considerazioni  analoghe devono svolgersi a proposito dell'ipotesi
 in cui, non essendosi emesso alcun provvedimento  sospensivo,  i  due
 diversi  procedimenti  oppositivi  approdino a conclusioni definitive
 fra loro contrastanti,  essendosi  conferito  da  ciascun  giudicante
 diversa connotazione e valenza giuridica al medesimo fatto storico.
    Va  ulteriormente  considerato che - in tutti i casi - la "scelta"
 del giudice da  investire  per  primo  della  cognizione  dell'intera
 questione  appare  rimessa  esclusivamente ai tempi ed alle procedure
 amministrative interne  all'ente  pubblico  necessarie  all'emissione
 dell'ordinanza  ingiunzionale,  decorrendo  i termini per l'eventuale
 opposizione dalla notifica della stessa all'ingiunto.
    In  base  al medesimo accertamento ispettivo - infatti - (come nel
 caso di specie) ciascun ente, competente in  relazione  alle  diverse
 violazioni  ipotizzate  (Ispettorato  lavoro,  I.N.P.S., I.N.A.I.L.),
 provvede all'emissione dell'ordinanza-ingiunzione secondo  "tempi  di
 lavorazione"  suoi  propri,  sui  quali  influisce,  fra  l'altro, la
 necessita' o meno di operare il ricalcolo dei contributi dei quali si
 assume l'omessa corresponsione.
    La  rilevata  assoluta  "casualita'"  dell'antecedenza cronologica
 nella  notifica  dell'una  o  dell'altra   ordinanza   ingiunzionale,
 correlata    alle    caratteristiche    di   sostanziale   diversita'
 procedimentale ed alle conseguenze concretamente  ipotizzabili  circa
 gli  effetti  della definizione di un procedimento rispetto all'altro
 ancora in itinere, non puo' non determinare una  concreta  disparita'
 di  trattamento  che  -  in ipotesi peculari, del genere di quella in
 esame - scaturisce dall'applicazione  dell'art.  35  della  legge  n.
 689/1981.
    Disparita'   di   trattamento   certamente  incompatibile  con  le
 intenzioni del legislatore della legge n. 689/1981,  il  quale,  come
 visto,  prevedendo  due distinte ipotesi procedimentali, ognuna a se'
 stante, in relazione al diverso oggetto dell'opposizione, ha mostrato
 di  aver  operato  una  valutazione  comparativa dei diversi fatti da
 sottoporre all'approvazione del  giudicante  e  del  diverso  rilievo
 processuale da conferire a ciascuno di essi.
    Ma,  soprattutto,  non  immune  da  fondati  dubbi di legittimita'
 costituzionale se messa in relazione agli artt. 3, primo comma, e 24,
 della Costituzione.
    Come  si  e' cercato di esporre - infatti - la diversita' dei riti
 concretamente  esperibili  a   fronte   del   medesimo   accertamento
 sostanziale  comporta un differente regime di garanzie processuali in
 favore  delle  parti  ed  una  diversa  qualita'  ed  approfondimento
 dell'istruttoria  giudiziale  posta  in  essere,  di talche' soggetti
 titolari   di   una   medesima   posizione   giuridica   (finalizzata
 all'accertamento  della  validita'  dell'ingiunzione  emessa nei loro
 confronti) vengono - volta per volta - ad usufruire"  di  trattamenti
 processuali  fra  loro  differenti  e  cioe' in base ad un sistema di
 sostanziale casualita'.
    L'art. 35 citato - e piu' precisamente il secondo, terzo, quarto e
 settimo comma in relazione anche all'art. 22 primo comma stessa legge
 -   consentendo   il   verificarsi  di  tale  duplicazione  (rectius:
 sovrapposizione) procedimentale, appare non adeguatamente in sintonia
 con  il  principio di uguaglianza sostanziale correlato alla garanzia
 della tutela giurisdizionale dei diritti, quantomeno nella misura  in
 cui  non  prevede  un  adeguato  coordinamento fra i riti processuali
 esperibili in casi del genere di quello in esame.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  cosi' delineata -
 apparentemente non infondata  oltreche'  concretamente  rilevante  ai
 fini  del  decidere  -  va  rimessa  alla  Corte  costituzionale, con
 sospensione del presente procedimento.
    Non appaiono ricorrere - peraltro ed allo stato - i "gravi motivi"
 che a norma dell'art. 22, ultimo comma, legge  citata  consentono  al
 giudicante   di   disporre   la   sospensione  dell'esecutivita'  del
 provvedimento ingiunzionale oggetto di opposizione.
                                P. Q. M.
    Visti  gli artt. 3, primo comma, e 24, della Costituzione, nonche'
 gli artt. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale - in  riferimento  agli  artt.  3,  primo
 comma,  e  24,  della  Costituzione  -  dell'art. 35, secondo, terzo,
 quarto e settimo comma, della legge 24  novembre  1981,  n.  689,  in
 relazione  all'art. 22, primo comma, stessa legge, nella parte in cui
 non  preveda  un  adeguato  coordinamento  fra  i  riti   processuali
 esperibili  a  fronte  di  ipotesi  peculiari del genere di quella in
 esame;
    Sospende  il procedimento in corso ed ordina trasmettersi gli atti
 alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la presente ordinanza venga notificata alle parti in
 causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata
 ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Lecco, addi' 30 gennaio 1990
                          Il pretore: FORNACI

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