N. 14 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 5 maggio 1990

                                 N. 14
 Ricorso  per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 5
 maggio 1990 (della regione Toscana)
 Agricoltura  - Disposizioni di adattamento alla realta' nazionale del
 regime di aiuto per l'estensivizzazione della produzione  di  cui  al
 regolamento  CEE  del Consiglio delle Comunita' europee n. 797/1985 -
 Sistema dei finanziamenti e degli aiuti finalizzati al  miglioramento
 della efficienza delle strutture agrarie Istruttoria delle domande di
 aiuto e controlli - Introduzione di  un  nuovo  ruolo  di  intervento
 diretto  dei  Ministeri  dell'agricoltura  e  del  tesoro  - Asserito
 contrasto con la precedente normativa incentrata sul ruolo regionale.
 (Decreto  del  Ministro dell'agricoltura e delle foreste n. 34 dell'8
 febbraio 1990, artt. 1, 7 e 8).
 (Cost.,  artt.  117  e  118,  in  relazione  all'art. 6 del d.P.R. n.
 616/1977, all'art. 5 della  legge  8  novembre  1986,  n.  752;  alle
 deliberazioni  del CIPE in ordine alla definizione e al coordinamento
 - ai sensi dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 183/1987 -  del
 programma  degli interventi finanziari da effettuarsi nell'anno 1990;
 all'art. 11 della legge n. 183/1977 e all'art. 4,  settimo  e  ottavo
 comma, della legge n. 86/1989).
(GU n.21 del 23-5-1990 )
   Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione della regione Toscana, in
 persona del  presidente  pro-tempore  della  giunta  regionale,  sig.
 Gianfranco  Bartolini, autorizzato con deliberazione g.r. n. 3391 del
 17 aprile 1990, rappresentato e difeso dal prof. avv. Mario P. Chiti,
 ed  elettivamente  domiciliato  in Roma, via G.B. Vico, 29, presso lo
 studio dell'avv. Piero D'Amelio, come da delega in calce al  presente
 atto  contro  il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore in
 relazione al decreto del Ministero dell'agricoltura e delle foreste 8
 febbraio  1990,  n.  34, recante "Regolamento recante disposizioni di
 adattamento  alla  realta'  nazionale  del  regime   di   aiuto   per
 l'estensivizzazione  della  produzione  di cui al regolamento CEE del
 consiglio delle Comunita'  europee  n.  797/1985",  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale,  supplemento  ordinario,  n.  14 del 27 febbraio
 1990, ed in particolare agli artt. 1, 7, 8.
                   PREMESSE ISTITUZIONALI E DI FATTO
    1.  -  Con  il  decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste 8
 febbraio 1990,  n.  34,  si  e'  approvato  il  "Regolamento  recante
 disposizioni  di  adattamento  alla  realta'  nazionale del regime di
 aiuto per l'estensivizzazione della produzione di cui al  regolamento
 CEE del Consiglio delle comunita' europee n. 797/1985".
    Come  e' precisato all'art. 1 del citato d.m. n. 35/1990, la nuova
 disciplina  viene  assunta  allo  "scopo  di  adattare  alla  realta'
 nazionale  le  disposizioni contenute nel regolamento CEE n. 797/1985
 del Consiglio delle  comunita'  europee,  limitatamente  al  previsto
 regime  di  aiuto  per  l'estensivizzazione della produzione". Merita
 notare fin d'ora  che  le  innovazioni  modificano  profondamente  il
 quadro delle disposizioni nazionali di attuazione del regolamento CEE
 n. 797/1985, di cui ai decreti ministeriali 12 e 26  settembre  1985,
 26   marzo   1986.   La   rilevanza   delle  modifiche  e'  oltremodo
 significativa in riferimento al nuovo quadro  delle  competenze,  che
 alla  regione  Toscana appare incostituzionale, come di seguito sara'
 meglio evidenziato.
    2.  - Il d.m. n. 35/1990 interviene nel contesto della disciplina,
 essenzialmente comunitaria, rivolta al miglioramento  dell'efficienza
 delle strutture agricole. Norme base in materia sono, oltre al citato
 regolamento  CEE  n.  797/1985,  il  regolamento  del  consiglio   n.
 1094/1988,  ed  i  regolamenti  della  commissione numeri 1272/1988 e
 1273/1988.
    Sinora,  gli interventi di attuazione della disciplina comunitaria
 sono stati correttamente attribuiti  nel  rispetto  delle  competenze
 istituzionali,  previste  dall'art.  6  del  d.P.R.  n. 616/1977 (che
 trasferisce  alle  regioni  le   funzioni   amministrative   relative
 all'applicazione  dei  regolamenti  delle  Comunita'  europee,  nelle
 materie di loro competenza) e dall'art.  5  della  legge  8  novembre
 1986,  n.  752,  recante  "Legge  pluriennale  per l'attuazione degli
 interventi programmati in agricoltura" (in riferimento specifico agli
 interventi previsti dal regolamento CEE n. 797/1985).
    Tale  quadro  normativo  ed  operativo  e' stato ribadito e meglio
 precisato a seguito dell'entrata in  vigore  della  legge  16  aprile
 1983,   n.   183,   concernente   il  coordinamento  delle  politiche
 riguardanti l'appartenenza dell'Italia  alle  Comunita'  europee.  E'
 stato  infatti istituito il fondo di rotazione per l'attuazione delle
 politiche comunitarie (la cui organizzazione e le cui procedure  sono
 ora  regolate  con  il d.P.R. 29 dicembre 1988, n. 568) ed il CIPE ha
 determinato il programma degli interventi finanziari  da  effettuarsi
 mediante il concorso comunitario.
    In particolare, il CIPE ha deliberato in data 12 settembre 1989 il
 fabbisogno finanziario, statale e regionale, connesso  all'attuazione
 delle  politiche comunitarie; e di recente con deliberazione 15 marzo
 1990 - ovvero di pochi giorni successivo al decreto  impugnato  -  ha
 definito  le linee di intervento ed i collegati volumi finanziari per
 il settore "agricoltura".
    La legge n. 183/1987 e, piu' organicamente, la legge 9 marzo 1989,
 n. 86 (recante "Norme generali sulla  partecipazione  dell'Italia  al
 processo  normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli
 obblighi comunitari"), hanno poi esteso le competenze  delle  regioni
 sia   speciali   che   ordinarie  per  l'attuazione  delle  direttive
 comunitarie e per l'attuazione degli atti normativi comunitari in via
 amministrativa  (rispettivamente  art.  9 legge n. 86/1989; e art. 11
 legge n. 183/1987 e art. 4, settimo e ottavo comma,  della  legge  n.
 86/1/989).
    3. - Dal richiamato quadro normativo risulta:
       a)  la  competenza  regionale  in  ordine  all'applicazione dei
 regolamenti comunitari; nel caso, in materia di agricoltura;
       b)  la specifica responsabilita' regionale per l'attuazione del
 regolamento CEE n. 797/1985, ivi compresi gli interventi finanziari;
       c)  le  modalita'  dei  trasferimenti  finanziari  alle regioni
 attraverso il fondo di rotazione citato;
       d)   l'insussistenza   di   alcuna  delle  situazioni  previste
 dall'art. 71 del d.P.R. n.  616/1977,  che  possono  giustificare  il
 permanere delle competenze statali; ed in particolare l'insussistenza
 della situazione ivi definitiva "interventi  di  interesse  nazionale
 per la regolazione del mercato agricolo".
    Svolgendo  piu'  analiticamente  questi punti, e' ben noto - anche
 alla luce della copiosa giurisprudenza della Corte  costituzionale  -
 l'ampio  margine  riconosciuto  agli  interventi  regionali.  Come e'
 scritto nella sentenza n. 433/1987: "la materia 'agricoltura'  assume
 un   autonomo   e   distinto   rilievo  rispetto  alla  'politica  (o
 regolazione)  dei  prezzi  e  dei   mercati'   in   quanto   riguarda
 direttamente  la produzione e le strutture produttive (programmazione
 della   produzione,   interventi   sulle    dimensioni    produttive,
 riconversioni,  etc.).  Cio' significa che, contrariamente a quel che
 suppone l'avvocatura dello Stato, ai fini  della  ripartizione  delle
 competenze  tra Stato e regione (o province autonome), gli interventi
 diretti sulla struttura degli  operatori  economici  o  delle  unita'
 produttive,  anche  se questi ultimi si collocano ovviamente sul lato
 dell'offerta dei prodotti, non possono essere confusi con quelli  sul
 mercato,  vale  a  dire  con  gli interventi immediatamente incidenti
 sullo sbocco finale di  una  determinata  produzione  e,  come  tali,
 direttamente  attinenti all'incontro tra domanda e offerta, oltreche'
 ai relativi termini e prezzi (costi  di  produzione,  prezzi  finali,
 etc.)".
    Alla  luce di questi principi, il regolamento CEE n. 797/1985 e la
 connessa altra normativa sono finalizzati ad interventi  strutturali,
 che  non possono in alcun modo essere confusi con interventi relativi
 a prezzi e termini del mercato agricolo.
    La  Corte  e' ben attenta a tenere distinti i due problemi perche'
 altrimenti si rischierebbe di arrivare "a definizioni  della  materia
 in   grado  di  vanificare  del  tutto  la  competenza  regionale  in
 agricoltura, per il semplice fatto che ogni attivita' agricola e'  in
 definitiva  strumentale  rispetto  al  mercato" (sentenza n. 433/1987
 cit.).  Cosi'   come   e'   attenta   a   riconoscere   elementi   di
 procedimentalizzazione    dell'interesse   nazionale   (sentenza   n.
 994/1988), nel caso del tutto assente.
    Per   quanto   riguarda   poi   specificamente   l'attuazione  del
 regolamento  CEE  n.   797/1985   e   successive   modificazioni   ed
 integrazioni,   il  ruolo  regionale  e'  stato  sinora  primario  ed
 incontestato.
    Come gia' richiamato, l'art. 5 della legge n. 752/1986 prevede che
 le regioni e le province  autonome  siano  i  soggetti  attuatori  di
 questa   politica   comunitaria   relativa   al  miglioramento  della
 efficienza delle strutture agrarie.
    Le  deliberazioni  CIPE  del 12 settembre 1989 e del 15 marzo 1990
 confermano tale assunto, riconoscendo per il  1990  alle  regioni  un
 ruolo assulutamente predominante nell'attuazione dei regolamenti CEE.
 Ad esse spettano per l'anno in corso 661,800 miliardi, di cui 403 per
 l'attuazione  del  solo  regolamento  CEE  n. 797/1985; nel mentre al
 Ministero  dell'agricoltura   ed   all'AIMA   spettano   -   per   la
 realizzazione  di particolari interventi orizzontali o interregionali
 - solo 83 miliardi complessivi e 10 per il citato regolamento;  cosi'
 come  il  Fondo di rotazione provvedera' direttamente per complessivi
 155 miliardi, di cui 75 per il medesimo regolamento.
    4.  -  Con  il  decreto  ministeriale  8 febbraio 1990, n. 34, qui
 impugnato, il Ministero dell'agricoltura modifica  inopinatamente  il
 quadro normativo delle competenze relativamente al regime degli aiuti
 per l'estensivizzazione  della  produzione.  Nessun  mutamento  nella
 regolamentazione  comunitaria  e nazionale e' di recente intervenuto,
 si' che appare ingiustificabile  l'appropriazione  di  competenze  da
 parte   del  Ministero  dell'agricoltura  in  spregio  ai  richiamati
 principi  sull'applicazione  dei  regolamenti  comunitari   e   sulla
 specifica  materia  del miglioramento dell'efficienza delle strutture
 agricole.
    5.  - Pur se l'intero d.m. 8 febbraio 1990, n. 34, appare ispirato
 ad  un  modello  organizzativo  e  procedimentale  non   conforme   a
 Costituzione,  tre  appaiono  i  punti  maggiormente  criticabili. Si
 tratta di quanto previsto agli artt. 1, 7 e  8,  che  saranno  dunque
 presi    in    considerazione    analiticamente    per    dimostrarne
 l'illegittimita'.
    I.   -  Illegittimita'  dell'art.  1,  terzo  comma,  del  decreto
 ministeriale 8 febbraio 1990, n. 34, per violazione degli artt. 117 e
 118  della  Costituzione,  in  riferimento  all'art.  6 del d.P.R. n.
 616/1977; all'art. 5 della  legge  8  novembre  1986,  n.  752;  alle
 deliberazioni  del CIPE in ordine alla definizione e coordinamento ai
 sensi dell'art. 3, secondo comma,  della  legge  n.  183/1987  -  del
 programma  degli  interventi finanziari da effettuarsi, nel corso del
 1990, con il concorso comunitario; nonche' ai nuovi principi (art. 11
 della legge n. 183/1977 e art. 4, settimo e ottavo comma, della legge
 n. 86/1989) sull'attuazione degli atti normativi  comunitari  in  via
 amministrativa da parte delle regioni.
    Alle  regioni ordinarie sono attribuite le funzioni amministrative
 relative all'applicazione dei regolamenti della  Comunita'  economica
 europea,  nelle  materie  di  loro  competenza  (art. 6 del d.P.R. n.
 616/1977). La piu' recente normativa nazionale in materia comunitaria
 ha  poi  esteso  tale  competenza,  riconoscendo  alle  regioni ampie
 possibilita' di attuare direttamente in via amministrativa  gli  atti
 normativi  comunitari  (art.  11  della  legge  n. 183/1987 e art. 4,
 settimo e ottavo comma, della legge n. 86/1989).
    In  riferimento  specifico  all'attuazione  del regolamento CEE n.
 797/1985, la competenza regionale e' stata  costantemente  confermata
 dalla legislazione nazionale (legge 8 novembre 1986, n. 752, art. 5);
 dalle  delibere  CIPE  in  occasione  delle  deliberazioni   per   la
 definizione e coordinamento dei programmi degli interventi finanziari
 da effettuarsi nel corso del 1990, con il  concorso  comunitario  (le
 piu'  recenti  sono  la  delibera  12 settembre 1989 e la delibera 15
 marzo 1990); e dagli stessi decreti del  Ministero  dell'agricoltura,
 fino a quello impugnato (cfr. tra gli altri i decreti ministeriali 12
 e 26 settembre 1985 e 16 gennaio 1989, n. 34).
    Su  queste  circostanze ci si e' dilungati nelle premesse, si' che
 possiamo senz'altro considerarle acquisite.
    L'art.  1,  terzo  comma,  dell'impugnato  d.m.  n.  34/1990 rompe
 l'ordine legittimo delle competenze prevedendo che  "l'intervento  e'
 attuato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, dal Ministero
 del tesoro, dalle  regioni  a  statuto  ordinario,  dalle  regioni  a
 statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano".
    Rispetto al sistema precedente, affidato alla esclusiva competenza
 delle regioni e delle province autonome, il d.m. n. 34/1990 introduce
 un nuovo ruolo di intervento diretto del Ministero dell'agricoltura e
 del Ministero del tesoro, in contrasto  evidente  con  la  richiamata
 normativa.
    Il   sistema  dei  finanziamenti  e  degli  aiuti  finalizzati  al
 miglioramento della efficienza delle strutture agrarie, ed alle altre
 finalita'  di  politica  agricola strutturale si e' sempre incentrato
 sul ruolo regionale, rispetto  al  quale  il  Ministero  e,  piu'  di
 recente,  il  fondo  regionale  ex  legge  n.  183/1987  hanno svolto
 attivita' meramente integrative. Basti  pensare  all'ammontare  degli
 interventi  finanziari  per  l'attuazione del regolamento n. 797/1985
 affidati dalla delibera CIPE del 15 marzo 1990 alle regioni e quelli,
 ben  piu'  modesti  globalmente e finalizzati a problemi particolari,
 riconosciuti al Ministero ed al fondo di rotazione.
    In  particolare,  la  delibera CIPE, piu' volte richiamata, del 15
 marzo  1990  per  la  definizione  del  programma  degli   interventi
 finanziati da effettuarsi nel 1990 con il concorso comunitario, e' da
 intendersi come riassunto e conferma del sistema delle competenze  di
 interventi  infrastrutturali e strutturali in agricoltura discendenti
 dalla normativa comunitaria, ed in particolare dal regolamento CEE n.
 797/1985.
    E'  allora  evidente  che  il  d.m.  impugnato  altera  del  tutto
 illegittimamente il sistema delle competenze in materia,  attribuendo
 uno  specifico ruolo al Ministero agricoltura ed al Ministero tesoro,
 non giustificato ne' giustificabile.
    II.  - Illegittimita' degli artt. 7 e 8 del decreto ministeriale 8
 febbraio 1990, n. 34, per violazione degli  artt.  117  e  118  della
 costituzione,  in  riferimento  all'art.  6  del  d.P.R. n. 616/1977;
 all'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n.  752;  alle  deliberazioni
 del  CIPE  in  ordine  alla  definizione  e  coordinamento - ai sensi
 dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 183/1987 -  del  programma
 degli interventi finanziari da efettuarsi, nel corso del 1990, con il
 concorso comunitario; nonche' ai nuovi principi (art. 11 della  legge
 n. 183/1977 e art. 4, settimo e ottavo comma, della legge n. 86/1989)
 sull'attuazione degli atti normativi comunitari in via amministrativa
 da parte delle regioni.
    Il  disegno  istituzionale  sotteso  al  decreto  ministeriale  n.
 34/1990   impugnato   ulteriormente   si    chiarisce    nella    sua
 incostituzionalita'  in riferimento anche al disposto degli artt. 7 e
 8, rispettivamente riguardanti le  domande  di  aiuto,  l'istruttoria
 delle domande ed i controlli.
    Sviluppando  il  principio  generale  di  cui  all'art. 1, secondo
 comma, che affida anche allo Stato la responsabilita' dell'intervento
 (cfr.  Motivo  precedente),  l'art.  7  prevede  che  le  domande per
 ottenere  la  concessione  dei  contributi  siano  indirizzate  dagli
 interessati  sia  al  Ministero  che  alle regioni. Il Ministero e le
 regioni  determineranno  la  data  di   scadenza   annuale   per   la
 presentazione  delle  domande,  che  comunque per la campagna 1989-90
 viene direttamente fissata dal Ministero al 31 marzo 1990.
    Anche   per   quanto   riguarda   l'istruttoria   delle   domande,
 l'erogazione dei  contributi  ed  i  controlli,  l'art.  8  del  d.m.
 impugnato  modifica  il  precedente, sistema, mantenendo alle regioni
 solo il ruolo di ente responsabile per la fase  istruttoria.  Per  di
 piu'  sotto  un'inedita  forma  di  controllo  del Ministero (art. 8,
 secondo comma),  che  la  esercitera'  anche  avvalendosi  del  corpo
 forestale dello Stato.
    Per  apprezzare  appieno l'illegittimita' delle nuove disposizioni
 e' opportuno ricordare che analoghe norme precedenti (come il d.m. 16
 gennaio 1989, n. 34, ora sostituito 8 febbraio 1990, n. 35, impugnato
 con separato  ricorso)  prevedevano  che  le  domande  di  contributo
 fossero presentate esclusivamente alle regioni, le quali provvedevano
 poi anche all'istruttoria e all'emissione dell'atto  di  liquidazione
 dell'importo  degli  aiuti.  Ancora  le  regioni,  in modo esclusivo,
 avevano il potere di controllo sulle aziende beneficiarie. Allo Stato
 veniva   unicamente   riconosciuto   di   essere   tenuto   informato
 sull'attivita' svolta dalle regioni, sui problemi da loro  incontrati
 e  sugli  eventuali  casi  di  accertate,gravi  irregolarita' per gli
 adempimenti previsti in sede comunitaria.
    Contrariamente a questo corretto modello, il nuovo d.m. n. 34/1990
 vanifica completamente il principio che le regioni  sono  i  soggetti
 responsabili  per  l'attuazione  delle  politiche  comunitarie, ed in
 particolare del regolamento CEE  n.  797/1985.  Il  ruolo  principale
 viene  adesso  assunto dal Ministero dell'agricoltura - con l'apporto
 cel corpo forestale dello  Stato  -  rispetto  al  quale  le  regioni
 risultano  solo gli enti cui e' demandato un mero potere istruttorio,
 per di piu' controllato annualmente ancora dagli organi dello  Stato.
    Non  essendo  tali  interventi previsti dalle specifiche procedure
 del  regolamento  CEE  n.  797/1985  e  successive  modificazioni  ed
 integrazioni,  ne' consentiti dalla normativa italiana in materia, e'
 facile concludere per la illegittimita  del  d.m.  n.  34/1990  nelle
 parti summenzionate.
    Il  carattere  assorbente dei sopraesposti rilievi rende superfluo
 approfondire altri  motivi  connessi  all'improprio  avvalimento  del
 Corpo    forestale    delle    foreste   da   parte   del   Ministero
 dell'agricoltura, in spregio al  principio  che  il  C.F.S.  e'  alle
 dipendenze  funzionali  delle  regioni; cosi' come all'aggravio delle
 procedure  e  dei  costi  relativi  posti  a  carico  delle   regioni
 dall'impugnato  decreto,  non compensati da correlativi trasferimenti
 finanziari e di personale. La ecc.ma Corte  costituzionale  ha  avuto
 modo di verificare la questione dell'avvalimento da parte dello Stato
 di uffici amministrativi vari  in  materia  di  agricoltura,  ma  nel
 riconoscere la legittimita' di talune concrete fattispecie sottoposte
 al suo esame ha tenuto  a  precisare  che  cio'  e'  possibile  "ogni
 qualvolta  l'avvalimento  non  comporti  per  gli uffici regionali un
 apprezzabile modificazione delle funzioni  originariamente  esplicate
 da tali uffici" (sentenza n. 996/1988), come invece si e' determinato
 nel caso in esame.
                                P. Q. M.
    Si  chiede e si conclude che l'ecc.ma Corte costituzionale, previa
 dichiarazione di illegittimita' e annullamento delle disposizioni del
 decreto  ministeriale, impugnate, dichiari il difetto di attribuzione
 dello  Stato  ed  affermi  corrispondentemente  l'appartenenza   alla
 regione  delle competenze in ordine agli oggetti di cui agli artt. 1,
 7 e 8 del decreto ministeriale 8 febbraio 1990, n. 34.
                       Prof. avv. Mario P. CHITI

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