N. 15 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 5 maggio 1990
N. 15 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 5 maggio 1990 (della regione Toscana) Agricoltura - Disposizioni di adattamento alla realta' nazionale del regime di aiuti per il ritiro dei seminativi dalla produzione di cui al regolamento CEE del Consiglio delle Comunita' europee n. 797/1985 - Finanziamenti ed aiuti finalizzati al ritiro dei seminativi dalla produzione - Domande per la concessione dei contributi - Istruttoria e controlli - Introduzione di un nuovo ruolo di intervento diretto dei Ministeri dell'agricoltura e del tesoro - Asserito contrasto con la precedente normativa incentrata sul ruolo regionale. (Decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste n. 35 dell'8 febbraio 1990, artt. 1, 8 e 9). (Cost., artt. 117 e 118, in relazione all'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977, all'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n. 752; alle deliberazioni del CIPE in ordine alla definizione e al coordinamento - ai sensi dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 183/1987 - del programma degli interventi finanziari da effettuarsi nell'anno 1990; all'art. 11 della legge n. 183/1977 e all'art. 4, settimo e ottavo comma, della legge n. 86/1989).(GU n.21 del 23-5-1990 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Toscana, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, sig. Gianfranco Bartolini, autorizzato con deliberazione g.r. n. 3391 del 17 aprile 1990, rappresentato e difeso dal prof. avv. Mario P. Chiti, ed elettivamente domiciliato in Roma, via G.B. Vico, 29, presso lo studio dell'avv. Piero D'Amelio, come da delega in calce al presente atto contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore in relazione al decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste 8 febbraio 1990, n. 35, recante "Regolamento recante disposizioni di adattamento alla realta' nazionale del regime di aiuti per il ritiro di seminativi dalla produzione di cui al regolamento CEE del consiglio delle Comunita' europee n. 797/1985", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, supplemento ordinario, n. 14 del 27 febbraio 1990, ed in particolare agli artt. 1, 8 e 9. PREMESSE ISTITUZIONALI E DI FATTO 1. - Con il decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste 8 febbraio 1990, n. 35, si e' approvato il "Regolamento recante disposizioni di adattamento alla realta' nazionale del regime di aiuti per il ritiro di seminativi dalla produzione di cui al regolamento CEE del consiglio delle Comunita' europee n. 797/1985". Come e' precisato all'art. 1 del citato d.m. n. 35/1990, la nuova disciplina viene assunta allo "scopo di adattare alla realta' nazionale le disposizioni contenute nel regolamento CEE n. 797/1985 del consiglio delle Comunita' europee, limitatamente al previsto regime di aiuti per il ritiro dei seminativi dalla produzione". Merita notare fin d'ora che le innovazioni modificano profondamente il quadro delle disposizioni nazionali di attuazione del regolamento CEE n. 797/1985, di cui ai decreti ministeriali 12 e 26 settembre 1985, 26 marzo 1986 e n. 34 del 16 gennaio 1989. Quest'ultimo, in particolare, viene sostituito con l'impugnato decreto n. 35/1990 "per tener conto - come si sostiene in premessa - dell'esperienza acquisita durante la prima campagna di applicazione del regime di aiuti e delle modifiche, nonche' dei chiarimenti relativi alla normativa comunitaria". La rilevanza delle modifiche e' oltremodo significativa in riferimento al nuovo quadro delle competenze, che alla regione Toscana appare incostituzionale, come di seguito sara' meglio evidenziato. 2. - Il d.m. n. 35/1990 interviene nel contesto della disciplina, essenzialmente comunitaria, rivolta al miglioramento dell'efficienza delle strutture agricole. Norme base in materia sono, oltre al gia' citato regolamento CEE n. 797/1985, il regolamento del consiglio n. 1094/1988, ed i regolamenti della commissione nn. 1272 e 1273 del 1988. Sinora, gli interventi di attuazione della disciplina comunitaria sono stati correttamente attribuiti nel rispetto delle competenze istituzionali, previste dall'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977 (che trasferisce alle regioni le funzioni amministrative relative all'applicazione dei regolamenti delle Comunita' europee, nelle materie di loro competenza) e dall'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n. 752, recante "Legge pluriennale per l'attuazione degli interventi programmati in agricoltura" (in riferimento specifico agli interventi previsti dal regolamento CEE n. 797/1985). Tale quadro normativo ed operativo e' stato ribadito e meglio precisato a seguito dell'entrata in vigore della legge 16 aprile 1983, n. 183, concernente il coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. E' stato infatti istituito il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (la cui organizzazione e le cui procedure sono ora regolate con il d.P.R. 29 dicembre 1988, n. 568) ed il CIPE ha determinato il programma degli interventi finanziari da effettuarsi mediante il concorso comunitario. In particolare, il CIPE ha deliberato in data 12 settembre 1989 il fabbisogno finanziario, statale e regionale, connesso all'attuazione delle politiche comunitarie; e di recente con deliberazione 15 marzo 1990 - ovvero di pochi giorni successivo al decreto impugnato - ha definito le linee di intervento ed i collegati volumi finanziari per il settore "agricoltura". La legge n. 183/1987 e, piu' organicamente, la legge 9 marzo 1989, n. 86 (recante "Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli abblighi comunitari"), hanno poi esteso le competenze delle regioni sia speciali che ordinarie per l'attuazione delle direttive comunitarie e per l'attuazione degli atti normativi comunitari in via amministrativa (rispettivamente art. 9 della legge n. 86/1989; e art. 11 della legge n. 183/1987 e art. 4, settimo e ottavo comma, della legge n. 86/1989). 3. - Dal richiamato quadro normativo risulta: a) la competenza regionale in ordine all'applicazione dei regolamenti comunitai; nel caso, in materia di agricoltura; b) la specifica responsabilita' regionale per l'attuazione del regolamento CEE n. 797/1985, ivi compresi gli interventi finanziari; c) le modalita' dei trasferimenti finanziari alle regioni attraverso il fondo di rotazione citato; d) l'insussistenza di alcune delle situazioni previste all'art. 71 del d.P.R. n. 616/1977, che possono giustificare il permanere delle competenze statali; ed in particolare l'insussistenza della situazione ivi definita "interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo". Svolgendo piu' analiticamente questi punti, e' ben noto - anche alla luce della copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale - l'ampio margine riconosciuto agli interventi regionali. Come e' scritto nella sentenza n. 433/1987: "la materia 'agricoltura' assume un autonomo e distinto rilievo rispetto alla 'politica (o regolazione) dei prezzi e dei mercati' in quanto riguarda direttamente la produzione e le strutture produttive (programmazione della produzione, interventi sulle dimensioni produttive, riconversioni, ecc.). Cio' significa che, contrariamente a quel che suppone l'avvocatura dello Stato, ai fini della ripartizione delle competenze tra Stato e regioni (o province autonome), gli interventi diretti sulla struttura degli operatori economici o delle unita' produttive, anche se questi ultimi si collocano ovviamente sul lato dell'offerta dei prodotti, non possono essere confusi con quelli sul mercato, vale a dire con gli interventi immediatamente incidentali sullo sbocco finale di una determinata produzione e, come tali, direttamente attinenti all'incontro tra domanda e offerta, oltreche' ai relativi termini e prezzi (costi di produzione, prezzi finali, ecc.)". Alla luce di questi principi, il regolamento CEE n. 797/1985 e la connessa altra normativa sono finalizzati ad interventi strutturali, che non possono in alcun modo essere confusi con interventi relativi a prezzi e termini del mercato agricolo. La Corte e' ben attenta a tenere distinti i due problemi perche' altrimenti si rischierebbe di arrivare "a definizioni della materia in grado di vanificare del tutto la competenza regionale in agricoltura, per il semplice fatto che ogni attivita' agricola e' in definitiva strumentale rispetto al mercato" (sentenza n. 433/1987 cit.). Cosi' come e' attenta a riconoscere elementi di procedimentalizzazione dell'interesse nazionale (sentenza n. 994/1988), nel caso del tutto assente. Per quanto riguarda poi specificamente l'attuazione delregolamento CEE n. 797/1985 e successive modificazioni ed integrazioni, il ruolo regionale e' stato sinora primario ed incontestato. Come gia' richiamato, l'art. 5 della legge n. 752/1986 prevede che le regioni e le province autonome siano i soggetti attuatori di questa politica comunitaria relativa la miglioramento dell'efficienza delle strutture agrarie. Le deliberazioni CIPE del 12 settembre 1989 e del 15 marzo 1990 confermano tale assunto, riconoscendo per il 1990 alle regioni un ruolo assolutamente predominante nell'attuazione dei regolamenti CEE. Ad esse spettano per l'anno in corso 661,800 miliardi, di cui 403 per l'attuazione del solo regolamento CEE n. 797/1985; nel mentre al Ministero dell'agricoltura ed all'A.I.M.A. spettano - per la realizzazione di particolari interventi orizzontali o interregionali - solo 83 miliardi complessivi e 10 per il citato regolamento; cosi' come il Fondo di rotazione provvedera' direttamente per complessivi 155 miliardi, di cui 75 per il medesimo regolamento. Proprio nella specifica materia considerata - aiuti per il ritiro di seminativi dalla produzione - lo stesso Ministero dell'agricoltura aveva,del resto, sempre riconosciuto la competenza in materia delle regioni e delle province autonome. Cosi', anche nel citato decreto ministeriale 16 gennaio 1989, n. 34, sul medesimo tema ed ora sostituito, e' scritto esplicitamente (art. 1, secondo comma) che "l'intervento e' attuato dalle regioni a statuto ordinario, dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano". In conseguenza, l'intera procedura - istruzione, decisione, controllo sulle aziende - era affidata alle regioni. 4. - Con il decreto ministeriale 8 febbraio 1990, n. 35, qui impugnato, il Ministero dell'agricoltura modifica inopinatamente il qudro normativo delle competenze relativamente al regime degli aiuti per il ritiro dei seminativi dalla produzione. Nessun mutamento nella regolamentazione comunitaria e nazionale e' di recente intervenuto, si' che appare ingiustificabile l'appropriazione di competenze da parte del Ministero dell'agricoltura in spregio ai richiamati principi sull'applicazione dei regolamenti comunitari e sulla specifica materia del miglioramento dell'efficienza delle strutture agricole. Ad unica motivazione - invero del tutto generica e comunque tale da non poter alterare l'ordine istituzionale delle competenze - la premessa del decreto riporta la criptica frase: "Considerata la necessita' di sostituirlo (il d.m. n. 34/1989) con il presente provvedimento a valere dalla compagna 1989/90 per tener conto dell'esperienza acquisita durante la prima campagna di applicazione del regime di aiuti). Nonche', un vago riferimento a non meglio precisati "chiarimenti relativi alla normativa comunitaria" ( sic). Una prospettiva, come si puo' vedere, piu' consona ad un rapporto di gerarchia in cui il superiore, considerato il preteso cattivo funzionamento degli organi sottordinati, avoca a se' le relative competenze. Configurazione che, gia' recessiva nell'ambito di una medesima amministrazione, e' ovviamente del tutto inconferente nei rapporti Stato-regioni. 5. - Pur se l'intero d.m. 8 febbraio 1990, n. 35, appare ispirato ad un modello organizzativo e procedimentale non conforme a Costituzione, tre appaiono i punti maggiormente criticabili. Si tratta di quanto previsto agli artt. 1, 8 e 9, che saranno dunque presi in considerazione analiticamente per dimostrarne l'illegittimita'. I. - Illegittimita' dell'art. 1, secondo comma, del d.m. 8 febbraio 1990, n. 35, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in riferimento all'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977; all'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n. 752; alle deliberazioni del CIPE in ordine alla definizione e coordinamento - ai sensi dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 183/1987 - del programma degli interventi finanziari da effettuarsi, nel corso del 1190, con il concorso comunitario; nonche' ai nuovi principi (art. 11 legge n. 183/1977 e art. 4, settimo e ottavo comma, della legge n. 86/1989) sull'attuazione degli atti normativi comunitari in via amministrativa da parte delle regioni. Alle regioni ordinarie sono attribuite le funzioni amministrative relative all'applicazione dei regolamenti della Comunita' economica europea, nelle materie di loro competenza (art. 6 del d.P.R. n. 616/1977). La piu' recente normativa nazionale in materia comunitaria ha poi esteso tale competenza, riconoscendo alle regioni ampie possibilita' di attuare direttamente in via amministrativa gli atti normativi comunitari (art. 11 della legge n. 183/1987 e art. 4, settimo ed ottavo comma, della legge n. 86/1989). In riferimento specifico all'attuazione del regolamento CEE n. 797/1985, la competenza regionale e' stata costantemente confermata dalla legislazione nazionale (legge 8 novembre 1986, n. 752, art. 5); dalle delibere CIPE in occasione delle deliberazioni per la definizione e coordinamento dei programmi degli interventi finanziari da effettuarsi nel corso del 1990, con il concorso comunitario (le piu' recenti sono la delibera 12 settembre 1989 e la delibera 15 marzo 1990); e dagli stessi decreti del Ministero dell'agricoltura, fino a quello impugnato (cfr. tra gli altri i decreti ministeriali 12 e 26 settembre 1985 e 16 gennaio 1989, n. 34). Su queste circostanze ci si e' dilungati nelle premesse, si' che possiamo senz'altro considerarle acquisite. L'art. 1, secondo comma, dell'impugnato d.m. n. 35/1990 rompe l'ordine legittimo delle competenze prevedendo che "l'intervento e' attuato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, dal Ministero del tesoro, dalle regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale, dalla provincia autonoma di Bolzano e dall'A.I.M.A.". Rispetto al sistema precedente (sul tema specifico degli aiuti al ritiro dei seminativi dalla produzione, ribadito dal d.m. 16 gennaio 1989, n. 34, ora sostituito), affidato all'esclusiva competenza delle regioni e delle province autonome, il d.m. n. 35/1990, introduce un nuovo ruolo di intervento diretto del Ministero dell'agricoltura, del Ministero del tesoro e dell'A.I.M.A., in contrasto evidente con la richiamata normativa. Il sistema dei finanziamenti e degli aiuti finalizzati al miglioramento dell'efficienza delle strutture agrarie, ed alle altre finalita' di politica agricola strutturale si e' sempre incentrato sul ruolo regionale, rispetto al quale il Ministero e, piu' di recente, il fondo regionale ex legge n. 183/1987 hanno svolto attivita' meramente integrative. Basti pensare all'ammontare degli interventi finanziari per l'attuazione del regolamento n. 797/1985 affidati dalla delibera CIPE del 15 marzo 1990 alle regioni e quelli, ben piu' modesti globalmente e finalizzati a problemi particolari, riconosciuti al Ministero ed al fondo di rotazione. In particolare, la delibera CIPE, piu' volte richiamata, del 15 marzo 1990 per la definizione del programma degli interventi finanziari da effettuarsi nel 1990 con il concorso comunitario, e' da intendersi come riassunto e conferma del sistema delle competenze di interventi infrastrutturali e strutturali in agricoltura discendenti dalla normativa comunitaria, ed in particolare dal regolamento CEE n. 797/1985. E' allora evidente che il d.m. impugnato altera del tutto illegittimamente il sistema delle competenze in materia, attribuendo uno specifico ruolo al Ministero dell'atricoltura, al Ministero del tesoro e all'A.I.M.A., non giustificato ne' giustificabile. II. - Illegittimita' degli artt. 8 e 9 del d.m. 8 febbraio 1990, n. 35, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in riferimento all'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977; all'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n. 752; alle deliberazioni del CIPE in ordine alla definizione e coordinamento - ai sensi dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 183/1987 - del programma degli interventi finanziari da effettuarsi, nel corso del 1990, con il concorso comunitario; nonche' ai nuovi principi (art. 11 della legge n. 183/1977 e art. 4, settimo ed ottavo comma, della legge n. 86/1989) sull'attuazione degli atti normativi comunitari in via amministrativa da parte delle regioni. Il disegno istituzionale sotteso al d.m. n. 35/1990 impugnato ulteriormente si chiarisce nella sua incostituzionalita' in riferimento anche al disposto degli artt. 8 e 9, rispettivamente riguardanti le domande di aiuto, l'istruttoria delle domande ed i controlli. Sviluppando il principio generale di cui all'art. 1, secondo comma, che affida anche allo Stato e all'A.I.M.A. la responsabilita' dell'intervento (cfr. motivo precedente), l'art. 8 prevede che le domande per ottenere la concessione dei contributi siano indirizzate dagli interessati sia al Ministero che alle regioni. Il Ministero e le regioni determineranno la data di scadenza annuale per la presentazione delle domande, che comunque per la campagna 1989-90 viene direttamente fissata dal Ministero al 31 marzo 1990. Anche per quanto riguarda l'istruttoria delle domande, l'erogazione dei contributi ed i controlli, l'art. 9 del d.m. impugnato modifica il precedente sistema, mantenendo alle regioni solo il ruolo di ente responsabile per la fase istruttoria. Per di piu' sotto un'inedita forma di controllo del Ministero (art. 9, secondo comma), che la esercitera' anche avvalendosi del corpo forestale dello Stato. Per apprezzare appieno l'illegittimita' delle nuove disposizioni e' opportuno ricordare che il precedente d.m. 16 gennaio 1989, n. 34, ora sostituito dal d.m. qui impugnato, prevedeva che le domande di contributo fossero presentate esclusivamente alle regioni, le quali provvedevano poi anche all'istruttoria e all'emissione dell'atto di liquidazione dell'importo degli aiuti. Ancora le regioni, in modo esclusivo, avevano il potere di controllo sulle aziende beneficiarie. Allo Stato veniva unicamente riconosciuto di essere tenuto informato sull'attivita' svolta dalle regioni, sui problemi da loro incontrati e sugli eventuali casi di accertate, gravi irregolarita' per gli adempimenti previsti in sede comunitaria. Contrariamente a questo corretto modello, il nuovo d.m. n. 35/1990 vanifica completamente il principio che le regioni sono i soggetti responsabili per l'attuazione delle politiche comunitarie, ed in particolare del regolamento CEE n. 797/1985. Il ruolo principale viene adesso assunto dal Ministero dell'agricoltura - con l'apporto, nelle rispettive sfere, dell'A.I.M.A. e del corpo forestale dello Stato - rispetto al quale le regioni risultano solo gli enti cui e' demandato un mero potere istruttorio, per di piu' controllato annualmente ancora dagli organi dello Stato. Non essendo tali interventi previsti dalle specifiche procedure del regolamento CEE n. 797/1985 e successive modificazioni ed integrazioni, ne' consentiti dalla normativa italiana in materia, e' facile concludere per l'illegittimita' del d.m. n. 35/1990 nelle parti summenzionate. Il carattere assorbente dei sopraesposti rilievi rende superfluo approfondire altri motivi connessi all'improprio avvalimento del corpo forestale delle foreste da parte del Ministero dell'agricoltura, in spregio al principio che il C.F.S. e' alle dipendenze funzionali delle regioni; cosi' come all'aggravio delle procedure e dei costi relativi posti a carico delle regioni dall'impugnato decreto, non compensati da correlativi trasferimenti finanziari e di personale. La ecc.ma Corte costituzionale ha avuto modo di verificare la questione dell'avvalimento da parte dello Stato di uffici amministrativi vari in materia di agricoltura, ma nel riconoscere la legittimita' di talune concrete fattispecie sottoposte al suo esame ha tenuto a precisare che cio' e' possibile "ogni qualvolta l'avvalimento non comporti per gli uffici regionali un apprezzabile modificazione delle funzioni originariamente esplicate da tali uffici" (sentenza n. 996/1988), come invece si e' determinato nel caso in esame.
P. Q. M. Si chiede e si conclude che l'ecc.ma Corte costituzionale, previa dichiarazione di illegittimita' e annullamento delle disposizioni del decreto ministeriale impugnate, dichiari il difetto di attribuzione dello Stato ed affermi corrispondentemente l'appartenenza alla regione delle competenze in ordine agli oggetti di cui agli artt. 1, 8 e 9 del d.m. 8 febbraio 1990, n. 35. Prof. avv. Mario P. CHITI 90C0552