N. 259 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 1989
N. 259 Ordinanza emessa il 28 novembre 1989 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Ferraro Antonino e la S.I.P. Lavoro (rapporto di) - Cure idrotermali - Diritto al trattamento di cui all'art. 2110 del c.c. solo per le cure predette rispondenti ad effettive esigenze terapeutiche o riabilitative nell'ipotesi di indifferibilita' od indilazionabilita' sino al periodo di congedo feriale - Ingiustificata disparita' di trattamento dei malati a seconda della differibilita' o meno della cura - Lesione del diritto alla salute, del principio della retribuzione sufficiente e dignitosa, nonche' del diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di malattia - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 559 e 616 del 1987. (D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 13, terzo comma, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638). (Cost., artt. 3, 32, 36, 38 e 102).(GU n.21 del 23-5-1990 )
IL PRETORE 1. - Con proprio ricorso Ferraro Antonino ha convenuto in giudizio la soc. S.I.P., proprio datore di lavoro, per ottenerne la condanna al pagamento dell'indennita' di malattia, per il periodo 13-25 luglio 1988, nel quale egli si assento' dal lavoro per fruire di cure termali, in forza dell'art. 13, terzo comma, del d.-l. n. 463/1983 conv. in legge n. 638/1983. Nel costituirsi in giudizio la parte convenuta ha contestato, fra l'altro: a) la non dilazionabilita' delle cure; b) il diritto del ricorrente di fruire, comunque, di congedi straordinari per cure termali, dal momento che i propri dipendenti possono godere, compatibilmente con le esigenze aziendali, di ferie in qualunque periodo dell'anno ed ha chiesto di essere assolta dalla domanda. In corso di causa il pretore, ritenutane l'opportunita', ha disposto c.t.u. medico-legale. Il c.t.u. designato, dott. Paolo Vergnano, ha quindi motivatamente concluso che le cure svolte dal Ferraro, pur essendo opportune e proficue in relazione alla patologia lamentata dal soggetto e non meramente preventive, potevano tuttavia essere largamente dilazionate. 2. - Cio' posto, va osservato che all'accoglimento della domanda e' di ostacolo il disposto della citata norma, secondo l'interpretazione fornita dalle sezioni unite delle suprema Corte nella sentenza 17 ottobre 1988, n. 5634; interpretazione dalla quale non pare lecito discostarsi, oltre che per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, anche perche' seguita dalla giurisprudeza e tale quindi da potersi considerare "diritto vivente" (vedasi da ultimo pret. La Spezia, 10-24 aprile 1989, n. 181, in informazione previdenziale, 1989, 1289, ove si legge che "la tutela predisposta dall'art. 2110 del c.c. opera quando sia riscontrata l'esistenza, nel soggetto, di uno stato patologico che rende la prestazione temporanea inesigibile per l'accertata necessita', non dilazionabile sino alle ferie annuali od ai congedi ordinari, di sottoposizione agli specifici trattamenti idrotermali, a fini terapeutici o riabilitativi"; nello stesso senso, con espressioni sostanzialmente analoghe e con espresso richiamo alle s.u., vedasi anche pretore Torino, d.ssa Lanza, 12 dicembre 1988 in giurisprudenza piemontese, 1989, I, pp. 121 e segg.; trib. Torino, 25 luglio 1988, ivi, pp. 115 e segg.; Id., 28 aprile 1989, n. 2748, inedita; Id. 27 ottobre 1988, n. 5914, inedita; pretore Torino, dott. Grosso, 25 ottobre 1988, inedita; trib. Milano, 18 maggio 1988 in orientamenti della giurisprudenza del lavoro, pp. 801 e segg.; pret Milano, dott. Curcio, 17 aprile 1989, ivi, pp. 803 e segg.; pret. Bologna, dott. Stanzani, 5 luglio 1989, ivi, pp. 805 e segg.). Nella fattispecie risulta infatti provato, tramite la c.t.u., che le cure idrotermali erano carenti di quei requisiti di urgenza e necessita', indispensabili secondo le s.u. per ottenere il permesso retribuito a carico del datore di lavoro e per poter invocare la tutela ex art. 2110 del c.c. Senonche' l'art. 13, terzo comma, del d.-l. n. 463/1983 conv. nella legge n. 638/1983, come sopra inteso, pare porsi in contrasto con gli artt. 3, 32, 36, 38 e 102 della Costituzione; onde si rende necessaria una nuova rimessione degli atti al giudice delle leggi. 3. - Al fine di illustrare la questione occorre prendere le mosse della sentenza n. 559 della Corte costituzionale che, ad avviso del pretore, individua con estrema chiarezza e precisione alcuni punti fermi dai quali non ci si puo' discostare, pena la violazione dei precetti costituzionali. Essi possono cosi' essere sintetizzati: a) equiparazione tra stati patologici acuti e affezioni croniche e sussunzione di ambedue le patologie nel concetto di "malattia" di cui all'art. 2110 del c.c.; b) affermazione che la tutela della salute, al cui presidio e' posto l'art. 32 della Costituzione, non puo' essere limitata alle affezioni acute; c) riconferma del principio che il lavoratore ha diritto al trattamento economico di malattia non solo in caso di incapacita' lavorativa direttamente ed immediatamente determinata da stati patologici acuti, ma anche in vari altri casi (come nei periodi di sottoposizione ad accertamenti clinici connessi all'insorgenza di gravi malattie o in quelli di degenza ospedaliera per accertamenti prodromici ad operazioni chirurgiche) nei quali non e' ravvisabile un attuale impedimento al lavoro a causa diretta di malattia e pur tuttavia la prestazione stessa deve ritenersi temporaneamente inesigibile; d) enunciazione del criterio interpretativo dell'art. 13 terzo comma, che deve essere inteso "nel senso che le cure idrotermali ivi disciplinate sono quelle per le quali risulti accertata la reale esigenza - per il conseguimento dei divisati scopi terapeutici o riabilitativi - che esse siano effettuate in periodo extra-feriale". In tal modo la Corte ha da un lato ridefinito l'evento protetto dall'art. 2110 del c.c., alla luce dei principi contenuti negli artt. 3, 32, 36 e 38 della Costituzione; dall'altro ha riconosciuto nella fattispecie disciplinata nell'art. 13 della legge n. 638/1983 "un ipotesi che rientra a pieno titolo nell'ambito della tutela della salute garantita dall'ordinamento", tale da comportare le conseguenze generalmente collegate all'assenza per malattia: "diritto al mantenimento del posto di lavoro e diritto ad un adeguato trattamento economico durante il periodo di cure" (cosi' G. De Simone, la Corte costituzionale e le cure termali, in "Lavoro e diritto", n. 1/1989, p. 165). E' ovvio, in tale prospettiva, che non ricorrendo l'ipotesi di legge ("effettive esigenze terapeutiche o riabilitative"), le cure idrotermali potrebbero essere effettuate solo durante le ferie annuali, come del resto si ricava da una lettura a contrario della norma. A cio' (e non ad altro) ha voluto alludere il giudice delle leggi, con il riferimento, nel passo di cui sopra, al periodo feriale. 4. - Pare al pretore che, nell'enunciare il principio di diritto di cui alla citata sentenza n. 5634/1988, le sezioni unite si siano discostate ampiamente dall'insegnamento della Corte costituzionale di cui si e' dato conto sopra. Hanno infatti affermato (cfr. punto 5 della motivazione riportata in Foro it., 1988, I, col. 3265) che l'indennita' di malattia spetta solo ove sussista "l'accertata necessita', non dilazionabile sino alle ferie annuali o ai congedi ordinari, di sottoposizione del dipendente a specifici trattamenti idrotermali...", i quali debbano quindi essere eseguiti "con conveniente tempestivita' nel periodo extraferiale". In tal modo le s.u. hanno operato un autentico "rep'echage" di requisiti che parevano definitivamente superati, quali la "necessita' non dilazionabile" e l'"indefferibilita'" delle cure, ricavabili dall'art. 4 della legge 7 agosto 1982, n. 526, ma non dai successivi testi di legge e ripudiati dalla Corte costituzionale al par. 10 della sentenza n. 559/1987, laddove parla di "requisiti impropri e troppo restrittivi". Non solo, ma hanno anche fornito una lettura del citato art. 13 terzo comma, contrastante, oltre che con la pronuncia del giudice delle leggi, con vari principi costituzionali, come emerge da quanto segue. 5. -. Un primo profilo di incostituzionalita' riguarda la stessa proponibilita', con riferimento alle cure idrotermali, della distinzione tra "cure differibili" e "cure non differibili" o, che e' lo stesso, tra cure da attuare con "opportuna tempestivita'" e quelle per le quali non e' dato ravvisare tale requisito. Invero, come e' stato esposto dal c.t.u. nella sua relazione scritta ed oralmente dallo stesso pricisato (v. verbale d'udienza) e specularmente ribadito da altro consulente in causa analoga (cfr. relazione allegata della dott.ssa A. Marzullo) le cure termali sono, per loro natura, sempre differibili, poiche' dalla loro effettuazione non deriva un beneficio immediato (ne' un danno immediato dalla loro procrastinazione), bensi' le stesse concorrono, in buona sostanza, a condurre il soggetto, migliorando la sua patologia o contribuendo a non peggiorarla, ritardandone il decorso, a migliori condizioni di vita e di cenestesi, assolvedo normalmente anche ad una funzione preventiva. Il concetto stesso di indifferibilita' - ed anche di "opportuna tempestivita'" - e' correlato alla cura di uno stato di acuzie, nei suoi confronti il trattamento termale e' talvolta incongruo, quando non addirittura controindicato (come, ad es., nei processi osteoarticolari di tipo infiammatorio). Al piu' puo' ammettersi, in specifici e marginali casi (ad es. affezioni o.r.l. o complicanze post-operatorie a seguito di interventi sull'apparato uro-genitale femminile) che possa profilarsi un'alternativa terapeutica tra cure di tipo farmacologico e terapie di tipo idrotermale. Peraltro, ha ribadito il c.t.u., la terapia farmacologica anche in questi casi e', per sua stessa natura, prioritaria poiche' piu' efficace e, comunque, si e' al di fuori dalla correlazione tipica malattia cronica-cura idrotermale, poiche' l'ipotizzata alternativa puo' porsi esclusivamente nelle fasi di riacutizzazione di una malattia cronica. Con riferimento, invece, allo stato patologico cronico nel suo divenire complessivamente considerato, il beneficio connesso allo svolgimento delle cure idrotermali si determina soprattutto merce' l'opportuna programmazione dei cicli di cura che, secondo il c.t.u., sia pure in via di larga approssimazione, va calibrata secondo cadenze regolarmente intervallate, possibilmente coincidenti con un periodo immediatamente antecedente al presumibile riacutizzarsi della malattia. La stessa programmabilita' del trattamento termale, determinabile in base all'esperienza ed alle conoscenze medico-legali, denota in modo palmare l'oggettiva differibilita' del trattamento stesso. Emerge pertanto l'irragionevolezza di una disposizione di legge che, basandosi su un presupposto concretamente irrealizzabile, diventa di fatto inapplicabile dal giudice: in tal modo e' impedita, in violazione dell'art. 102, primo comma, della Costituzione, l'esplicazione stessa della funzione giurisprudenziale, in quanto il giudice e' chiamato ad applicare una norma impossibile. Tale irragionevolezza determina altresi' la violazione dell'art. 3 della Costituzione. L'art. 13, terzo comma, citato e' stato predisposto al fine di fornire una piu' penetrante tutela al diritto costituzionale alla salute. In realta' e tenendo conto della lettura fornita dalle s.u., la norma sortisce un effetto contrario a quello avuto di mira. Chi ha usufruito di un ciclo di cure termali potra' bensi' fornire la prova che esse sono da connettere ad effettive esigenze terapeutiche o riabilitative; non potra' invece mai fornire la prova che non erano differibili fino al periodo di fruizione delle ferie e cioe' che dovevano essere effettuate con conveniente tempestivita' rispetto al periodo di congedo feriale. La qual cosa e' del resto attestata dall'esito dei giudizi di merito intesi ad ottenere dal datore o dall'I.N.P.S. l'indennita' di malattia correlata al periodo di sottoposizione al ciclo di cure idrotermali. Essi terminano infatti immancabilmente, laddove il giudice ha fatto tesoro dall'insegnamento delle s.u., con una pronuncia di rigetto, la quale fa seguito, nell'iter logico della motivazione, al mancto assolvimento dell'onere della prova in ordine ai requisiti di cui sopra (si richiamano, in proposito, le sentenze avanti citate, che si allegano). 6. - Appaiono inoltre violati gli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione. Soggetti in situazioni omogenee (malati cronici o recidivanti) vengono infatti trattati in modo disuguale, sia tra loro che in relazione ai malati acuti; talche' risulta contemporaneamente vulnerato il diritto costituzionalmente tutelato di chi soffre di tali affezioni a curarle convenientemente e del lavoratore ad avere adeguata copertura retributiva. Invero, la malattia cronica o recidivante puo' comportare per il malato l'esigenza di curarsi (anche) tramite cure termali, allo stesso modo che la malattia acuta puo' comportare la necessita' di terapia farmacologica. Conseguentemente il costringere a rinviare le cure termali ad un'epoca futura, di fatto significa, ad avviso del pretore, impedire al malato di curarsi; in modo del resto non dissimile dall'impedire, in ipotesi, a chi ne abbisogni, di assumere dei farmaci. In altre parole, se malattia cronica e' malattia a tutti gli effetti e se e' accertato - e debitamente documentato - che il trattamento termale e' utile ed opportuno per la cura di tale affezione, non si vede la ragione per differenziarlo dalle terapie proprie delle malattie acute; essendo irrilevante che non abbia efficacia esclusiva o definitiva, ma solo coadiuvante e complementare. Ne' appare plausibile il differenziare malati cronici tra loro, sotto il profilo della differibilita' o meno delle cure, senza con cio' ledere anche il diritto alla salute di costoro. A parere del pretore qualunque differenziazione (e quindi anche ammettendo per un momento che sia proponibile quella impostata sul dualismo differibilita'-indifferibilita', peraltro scientificamente criticabile) si porrebbe in contrasto con i precetti costituzionali, non apparendo aderente alla linee gia' indicate da Corte costituzionale n. 559/1987. Invero, una volta accertata la reale esigenza dell'effettuazione delle cure, in temini di congruita' terapeutica del trattamento termale rispetto alla malattia e di presumibile beneficio alla salute del malato, sia pure non immediato, ma distribuito nel tempo secondo la caratteristica tipica di tale trattamento, ogni altra differenziazione appare ultronea poiche' discrimina situazioni tra loro uguali, vulnerando altresi' il diritto alla salute costituzionalmente tutelato. 7. - Ed ancora, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, l'interpretazione accolta dalle s.u. non si sottrae alle censure gia' mosse nelle ordinanze di remissione che diedero luogo alla pronuncia n. 559/1987, poiche' configura una lesione del diritto ad una retribuzione sufficiente e dignitosa o, alternativamente, alle ferie, atteso che pone il lavoratore nella condizione di rinunciare, per curarsi - e laddove il datore di lavoro conceda permessi non retribuiti - o all'una o, in parte rilevate, alle altre, facendone cosi' venir meno la funzione di ristoro psico-fisico delle energie consumate dal lavoro. 8. - A cio' aggiungasi che dopo la sentenza 30 dicembre 1987, n. 616, della Corte costituzionale, che ha sancito l'illegittimita' dell'art. 2109 del c.c., nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo di ferie ne sospenda il decorso, dovrebbe reputarsi inammissibile ogni possibile profilo di differibilita' delle terapie idrotermali. Se queste rispondono infatti ad effettive esigenze di cura e riabilitazione, allora e' indubbio che in forza del disposto di legge di cui sopra non potrebbero ritenersi coincidenti con le ferie annuali, comportando anzi de jure il loro differimento temporale. In difetto di cio' risulterebbe infatti violato l'art. 36, ultimo comma, della Costituzione. 9. - Appaiono violati, da ultimo, gli artt. 3, 32, 36 e 38 della Costituzione, sotto un ulteriore profilo. Come ricordato in apertura di ordinanza, i dipendenti della convenuta possono fruire delle ferie in qualunque momento dell'anno. La qual cosa comporta l'impossibilita', per definizione, di configurare la stessa ipotesi di indilazionabilita' delle cure sino al periodo feriale, potendo la terapia essere tendenzialmente fatta coincidere con il congedo feriale, direttamente determinato dal dipendente (fatte ovviamente salve le esigenze aziendali). In tal modo i dipendenti da aziende che non prevedono un unico e predeterminato periodo di ferie non avrebbero mai diritto al trattamento di malattia, in occasione della fruizione delle cure idrotermali, ancorche' indifferibili o indilazionabili. Ben diversa e' invece la situazione di quei prestatori che, per decisione dell'imprenditore o in base ad accordi aziendali o collettivi, fruiscono delle ferie collettive; ai medesimi, nei casi ritenuti indifferibili, viene infatti riconosciuta la copertura indennitaria a titolo di malattia.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, terzo comma, del d.-l. n. 463/1983 (conv. in legge n. 638/1983), in relazione agli artt. 3, primo comma, 32, primo comma, 36, primo e terzo comma, 38, secondo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui (tenuto conto, quale "diritto vivente", dell'insegnamento offerto dalle s.u., con la sentenza n. 5634/1988) assicura il trattamento di cui all'art. 2110 del c.c., in ipotesi di cure idrotermali rispondenti ad effettive esigenze terapeutiche o riabilitative, solo a coloro per i quali dette cure siano indifferibili o indilazionabili sino al periodo del congedo feriale; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Si notifichi alle parti in causa. Torino, addi' 28 novembre 1989 Il pretore: CAMBRIA 90C0576