N. 269 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 1990
N. 269 Ordinanza emessa il 23 gennaio 1990 dalla commissione tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Barbaglia Giovanni ed altri contro l'ufficio registro Verbania Contenzioso tributario - Composizione delle commissioni tributarie - Mancata previsione della facolta' dei componenti delle commissioni tributarie, dipendenti dello Stato, di assentarsi dal servizio, senza autorizzazione, per il tempo necessario per l'espletamento delle funzioni giurisdizionali - Violazione del principio dell'indipendenza dei giudici speciali - Richiamo all'ordinanza della Corte n. 581/1989 dichiarativa della manifesta infondatezza di questione identica sollevata dallo stesso giudice rimettente e da questi non condivisa in quanto, pur essendo l'autorizzazione atto dovuto, si fa dipendere, nella prassi burocratica, la determinazione della durata dell'assenza per l'espletamento delle funzioni del giudice tributario da un atto amministrativo anziche' dalla legge. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739). (Cost., art. 108).(GU n.21 del 23-5-1990 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto da Barbaglia Giovanni, Taglianetti Maria, Giacobini Emilio e Cecco Lina, avverso ufficio registro di Verbania; Letti gli atti; Sentito il rag. Mario Guereschi per i ricorrenti; Udito il relatore Marziano Cavazzoni; RITENUTO IN FATTO Barbaglia Giovanni e Taglianetti Maria, coniugi, residenti in Gravellona Toce, via Pedolazzi n. 95, Giacobini Emilio e Cecco Lina, coniugi, elettivamente domiciliati in Gravellona Toce, via Pedolazzi n. 95, presso Barbaglia Giovanni, in data 6 febbraio 1989, proponevano un unico ricorso, di undici pagine, contro l'avviso di accertamento - notificato in data 10 e 13 dicembre 1988 - con il quale l'ufficio registro di Verbania aveva elevato, ai fini dell'imposta di registro e dell'Invim, da L. 60.000.000 a L. 170.000.000 il valore degli immobili, oggetto della compravendita registrata a Verbania in data 8 gennaio 1987, al n. 63. I ricorrenti chiedevano, in via principale, l'annullamento dell'atto impugnato per carenza di motivazione, in relazione al combinato disposto degli artt. 48 e 49 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, e, in via subordinata, la conferma, quale valore venale, del prezzo di L. 60.000.000 dichiarato nell'anzidetto atto di compravendita. I ricorrenti, a sostegno della domanda di annullamento dell'atto impugnato, invocavano i principi affermati dalla commissione tributaria centrale (sezione XVI, dec. n. 3805 del 12 dicembre 1980) e dalla Corte di cassazione (sezione I civile, sentenza n. 4129 dell'11 luglio 1985). L'ufficio registro di Verbania, confermando un comportamento processuale, quanto meno discutibile, anche se probabilmente imputabile alle carenze di personale dell'amministrazione finanziaria, non solo non presentava deduzioni scritte ma non partecipava neanche all'udienza di discussione del ricorso. La decisione del ricorso deve essere preceduta, a parere di questo collegio, dalla soluzione di una questione di legittimita' costituzionale. L'attivita' e il funziamento di molte commissioni tributarie e, in particolare, di questa commissione e di questo collegio dipendono da autorita' estranee alla giurisdizione. Uno dei componenti di questo collegio e', infatti, dipendente dello Stato (professore di ruolo di discipline giuridiche ed economiche presso un istituto tecnico commerciale) e puo' svolgere le funzioni di giudice tributario se e quando viene autorizzato da un preside, quindi da un'autorita' estranea alla giurisdizione. Questa commissione tributaria ha gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale della normativa sul contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), in quanto l'anzidetta normativa non prevede che i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, possono assentarsi dal servizio, senza autorizzazione, per il tempo necessario per l'espletamento del mandato, per violazione dell'art. 108, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 6 marzo 1989, Gazzetta Ufficiale n. 24/1989). La Corte costituzionale, pero', con la sua ordinanza n. 581/1989, dopo aver ritenuto "rilevante" e, quindi, ammissibile larelativa questione, l'ha dichiarata "infondata", affermando che l'"autorizzazione" in parola (in base alla nota del 13 maggio 1988 della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica, n. 8017/10.0.337) e' atto dovuto e, pertanto, non risulta in alcun modo compromesso il principio di indipendenza di cui all'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Questo collegio ritiene condivisibile la sostanza, ma con il dispositivo, della pronuncia della Corte costituzionale, per la quale, a parere di questo collegio, l'"autorizzazione" in parola - opportunamente evidenziata tra virgolette dal giudice delle leggi non e' un'autorizzazione in senso tecnico-giuridico, ma soltato "una presa d'atto" da parte dell'autorita' amministrativa dalla quale dipende il giudice tributario. Tuttavia, alcune autorita' amministrative (ed e' questo uno dei motivi per i quali la questione viene riproposta) che, forse, non sanno che l'attivita' e l'impegno dei giudici, compresi i giudici tributari, non consistono soltanto nella partecipazione all'udienza di discussione di una o piu' cause, ritengono - pur dopo la citata pronuncia della Corte costituzionale - di poter determinare, peraltro, senza alcun elemento di giudizio (ad es. numero dei ricorsi, difficolta' delle questioni da decidere e da motivare, adempimenti istruttori etc.) il "tempo necessario per l'espletamento del mandato" dei giudici tributari. La determinazione del tempo necessario all'espletamento del mandato, per la doverosa osservanza del principio di indipendenza del giudice, a parere di questo collegio, potrebbe e dovrebbe spettare soltanto al presidente di ogni collegio giudicante e mai ad un'autorita' estranea alla giurisdizione. La Corte costituzionale, infatti, insegna che il giudice deve essere indipendente da poteri ed interessi estranei alla gurisdizione (sentenza n. 18/1989). Nell'ordinanza n. 581/1989, la Corte costituzionale ha affermato che l'indipendenza dei giudici tributari non risulta in alcun modo compromessa in quanto, in base alla sopra citata nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica, i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, debbono essere autorizzati ad assentarsi dal servizio... Pertanto, l'indipendenza dei giudici tributari sarebbe pienamente assicurata da un provvedimento amministrativo| Devesi osservare (molto sommessamente) che, ai sensi dell'art. 108, secondo comma, della Costituzione l'indipendenza dei giudici delle gurisdizioni speciali (e quindi anche dei giudici tributari) dovrebbe essere assicurata dalla legge e non da provvedimenti amministrativi o di altra natura, peraltro, come nel caso di specie, equivoci e molto discutibili. "La legge assicura l'indipendenza dei giudici della giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia" (art. 108, secondo comma, della Costituzione). Pertanto, questo collegio, adducendo nuove argomentazioni, deve riproporre questione di legittimita' costituzionale della normativa sul contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), in quanto l'anzidetta normativa non prevede che i dipedenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, possano assentarsi dal servizio, senza autorizzazione, per il tempo necessario, determinato dal Presidente del collegio giudicante, per violazione dell'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Nel caso in esame, la presente questione di legittimita' costituzionale assume concreta rilevanza in quanto questo collegio, in considerazione della complessita' della controversia, ritiene di non poter decidere il ricorso "subito dopo la discussione", ma di dover, in applicazione dell'art. 20, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nel testo modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, "rinviare la decisione di non oltre trenta giorni" e quindi di fissare ad altro giorno la prosecuzione della camera di consiglio, il cui svolgimento, pero'; potrebbe essere impedito da un'autorita' estranea alla giurisdizione e, comunque, non dovrebbe dipendere da un'autorita' estranea alla giurisdizione. La suddetta questione di legittimita' costituzionale, per le argomentazioni esposte, a parere di questo collegio, e' "non manifestamente infondata" ed anche "rilevante" ai fini della decisione del ricorso, in quanto concerne la composizione dell'Organo giudicante e la prosecuzione della camera di consiglio.
P. Q. M. Visti gli art. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, "non manifestamente infondata" la questione di legittimita' costituzionale della normativa sul contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), in quanto non prevede che i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, possano assentarsi dal servizio, senza autorizzazione, per il tempo necessario - determinato dal Presidente del collegio giudicante - per l'espletamento del mandato, in relazione all'art. 108, secondo comma, della Costituzione e "rilevante" per quanto in motivazione; Sospende il procedimento in corso; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga notificata ai ricorrenti e all'ufficio registro di Verbania e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Verbania, addi' 23 gennaio 1990 Il presidente: PISCITELLO 90C0586