N. 272 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 gennaio 1990

                                 N. 272
 Ordinanza  emessa  il  18  gennaio  1990  dal tribunale di Torino nel
 procedimento civile vertente tra I.N.A.I.L. ed altri e Ente  ferrovie
 dello Stato ed altri.
 Assicurazione (contratto di) - Assicurazione contro i danni - Diritto
 dell'assicuratore verso  i  terzi  responsabili  fino  a  concorrenza
 dell'ammontare dell'indennita' - Conseguente probabile impossibilita'
 per l'assicurato  ad  essere  integralmente  indennizzato  del  danno
 subito   -   Lamentato   depauperamento   sine   causa   -   Ingiusta
 discriminazione  tra  cittadini  -  Indebita  incidenza  sul  diritto
 all'integrita'  personale  ed alla sua inviolabilita' - Conflitto tra
 il   diritto   dell'assicuratore   al   regresso   ed   il    diritto
 dell'assicurato  danneggiato al conseguimento dell'integralita' delle
 sue spettanze (danni morali e biologici compresi).
 (C.C., art. 1916).
 (Cost., artt. 2, 3, 32 e 38).
(GU n.21 del 23-5-1990 )
                              IL TRIBUNALE
   Ha   pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  civile  n.
 7330/1981   di   r.g.   vertente   tra:   Istituto   nazionale    per
 l'assicurazione  contro  gli  infortuni  sul  lavoro,  in persona del
 direttore pro-tempore della  sede  di  Alessandria,  rappresentato  e
 difeso  dall'avv.to Pasquale Trisolini, attore, e Campia Giuseppina e
 Borsotti Maurizio, in qualita' di eredi di Giovanni Borsotti; rapp. e
 difesi dall'avv.to Guido Pellissier; Marco Secchi, in proprio e quale
 procuratore speciale di Anna Maria Corti ved.  Secchi  e  di  Roberto
 Secchi,  Albasi  Massimo  in  proprio e quale procuratore speciale di
 Tanda Jolanda ved. Albasi e Albasi Marco, Battagliese Pantaleo  quale
 procuratore speciale di Giordano Carmela ved. Mastria, Mastria Luigi,
 Maria  Giuseppe,  Giovanni,  Elisabetta,  Giacomo,  Pietro,   Nicola,
 Vincenza  e  Salvatore,  rappresentati  e  difesi  dall'avv.to  prof.
 Massimo Penzo, dall'avv.to Giovanni Taverna e dall'avv.to dom.  Guido
 Pellissier;
  Ferrando Emma, Timossi Gabriella e Timossi Giovanni, rappresentati e
 difesi dagli avv.  Gian  Luigi  Repetto  e  Luciana  Virando,  contro
 attori, contro Ente ferrovie dello Stato, in persona del Ministro dei
 trasporti pro-tempore, rappresentata e difesa  dall'avvocatura  dello
 Stato,   convenuta,  e  Valditerra  Sergio,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.to Paolo Emilio Ferreri, convenuto, e Assicurazioni Generali
 S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv.to Luciano Barilla', chiamata
 in manleva.
    Il  15 gennaio 1974 alla stazione di Rivalta Scrivia (Alessandria)
 il treno 4741- bis investiva sul  deviatoio  113  B  una  squadra  di
 operai  addetti  a  lavori  di  livellamento  e di sistemazione degli
 scambi. Nel  tragico  incidente  morivano  Antonio  Albasi,  Giovanni
 Borsotti, Luigi Mastria, Angelo Secchi, mentre Michele Timossi e Lino
 Merli  riportavano  lesioni.  Il  Timossi   sarebbe   successivamente
 deceduto il 21 gennaio 1982 per cause indipendenti dal sinistro.
    Per l'incidente venivano incriminati:
      Vignola  Michele,  direttore  del  movimento  nella  stazione di
 Rivalta Scrivia, in servizio al momento del fatto;
      Monacchini   Giuliano,  macchinista  del  locomotore  che  aveva
 travolto gli operai;
      Baracco  Bruno,  agente delle FF.SS. addetto alla protezione del
 cantiere.
    In  sede  penale,  venivano assolti per non aver commesso il fatto
 Baracco   e   Monacchini.   Veniva   affermata   invece   la   penale
 responsabilita' del Vignola con pronuncia 5 aprile 1974 del tribunale
 di Tortona, che assegnava  provvisionali  L.  5.000.000  alla  vedova
 Campia in Borsotti e L. 2.000.000 al figlio minore Borsotti Maurizio.
    Tale  sentenza veniva integralmente confermata il 14 dicembre 1978
 dalla  Corte  d'appello  di  Torino  ed  i  ricorsi  per   cassazione
 dell'imputato   e  del  responsabile  civile  venivano  respinti  con
 sentenza 30 febbraio 1981.
    L'I.N.A.I.L.  con  atto  12  settembre 1981, conveniva in giudizio
 l'Azienda autonoma delle ferrovie  dello  Stato  (ora  Ente  ferrovie
 dello  Stato)  ed  il  suo dipendente Vignola Michele per ottenere il
 pagamento di L. 261.691.393 corrisposte per le prestazioni erogate  a
 seguito dell'infortunio.
    Mentre  il  Vignola  rimaneva  contumace, l'Azienda autonoma delle
 ferrovie chiamava in giudizio la ditta  Valditerra,  appaltatrice  di
 lavori,  per  essere da questa manlevata a norma dell'art. 9- bis del
 contratto di appalto  ed,  in  subordine,  perche'  fosse  dichiarata
 responsabile  nella  causazione del sinistro e condannata solidamente
 al pagamento di quanto richiesto dall'I.N.A.I.L.
    A  sua  volta  l'impresa Valditerra, che costituendosi negava ogni
 responsabilita' sia sotto il profilo contrattuale  che  sotto  quello
 fattuale,  chiamava  in giudizio le Assicurazione Generali per essere
 da questa garantita in base alla polizza di  assicurazione  con  essa
 contratta.  La  S.p.a.  Assicurazioni Generali, costituendosi, negava
 l'operativita' della polizza nel caso  de  quo,  nonche'  la  propria
 responsabilita',   essendo   stata   accertata  penalmente  la  colpa
 esclusiva del Vignola nella causazione dell'evento dannoso.  In  ogni
 caso   precisava   che  avrebbe  dovuto  rispondere  nell'ambito  del
 massimale di polizza e cioe' di L. 20.000.00 per ogni persona rimasta
 infortunata.
    Con  citazione  11  ottobre  1982  Giuseppina  Campia  e  Maurizio
 Borsotti, nella rispettiva qualita' di vedova e  figlio  di  Giovanni
 Borsotti,  convenivano  in giudizio l'Azienda autonoma delle ferrovie
 dello Stato per ottenere il risarcimento dei danni per l'incidente in
 oggetto.
    Intervenivano volontariamente in causa gli eredi di Secchi Angelo,
 Albasi Antonio e Mastria  Luigi,  nonche'  Ferrando  Emma  vedova  di
 Timossi  Michele  deceduto  il 21 gennaio 1982 per cause indipendenti
 dal sinistro, ed i figli Timossi Gabriella e Giovanni.
    L'Azienda  si  costituiva  contestando la fondatezza delle domande
 con separati atti di citazione  provvedeva  nuovamente  a  citare  in
 giudizio  l'impresa  Valditerra  per essere da questa manlevata dalle
 due domande.
    Le quattre cause venivano riunite ed istruite.
    Nelle  proprie  conclusioni, l'I.N.P.S. chiedeva il rimborso delle
 indennita' erogate assumendo che pertanto "agli aventi diritto  degli
 infortunati  nulla  piu'  o  quasi potrebbe spettare di risarcimento.
 Salvo  il  caso  che  il  calcolo  del  danno  civile  sia  tale   da
 ricomprendere  tutto l'erogato dall'I.N.A.I.L. e da avere un supero".
 In particolare assumeva  "Anche  il  danno  morale  non  va  ad  essi
 liquidato   ma  va  calcolato,  sempre  ai  fini  della  surrogatoria
 dell'Istituto, come vuole  tutta  la  giurisprudenza  costante  della
 suprema Corte".
    Questo  lo  schema  del  risarcimento:  Albanesi  L.  206.740.623;
 Mastria  L.  111.666.986;  Secchi   L.   155.397.796;   Borsotti   L.
 219.488.453; Timossi L. 7.538.137; Merlo L. 139.600.
    Gli  eredi,  agendo  per  il  risarcimento  del  danno formulavano
 richieste varie rapportate alle diverse situazioni  soggettive  degli
 infortunati  e proprie. Tutti instavano per il risarcimento del danno
 morale.
    Esaurita l'istruttoria, la causa veniva assegnata a sentenza.
    Il  tribunale  solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 1916 del c.c.
    Una  corretta  decisione sui limiti della surroga dell'I.N.P.S. di
 fronte alle richieste di reintegrazione  nella  totalita'  del  danno
 subito  dagli  assicurati danneggiati, appare subordinata alla previa
 valutazione,  sotto   il   profilo   indicato,   della   conflittuale
 possibilita' di letture della norma che la regola.
    La necessita' del ricorso alla Corte e' evidente non solo sotto un
 profilo  strettamente  logico  giuridico  ma  anche  per  ragioni  di
 economia  complessiva  del giudizio, stante la palese influenza della
 decisione a dirimere in modo conclusivo i conflitti  che  le  domande
 sottendono.
    Sotto  il  profilo  della  rilevanza della questione da sottoporre
 all'esame della Corte e' sufficiente prendere in  considerazione  gli
 schemi risarcitori che costituiscono oggetto delle pretese.
    Per  tutte  le  domande  il rapporto tra le cifre erogate e quelle
 richieste  in  reintegro  evidenzia  una  disparita'  certa   se   la
 valutazione      e'     limitata     agli     stretti     riferimenti
 indennitari-patrimoniali. Non cosi' se si  prende  in  considerazione
 anche  il  danno  morale  e,  dove pertinente, il danno biologico. Si
 ripropone anche in questa fattispecie il problema del rapporto tra le
 somme  riconosciute e liquidate dagli enti assicuratori sulla base di
 parametri stabiliti dalle norme anche per  fini  previdenziali  oltre
 che   assicurativi   e   la   liquidazione  del  danno  che  in  sede
 giurisdizionale segue criteri giuridici diversi.
    E'  anche  noto  che  normalmente  le  somme  erogate  dagli  enti
 previdenziali superano quelle che per lo stesso fatto,  in  relazione
 alle  specifiche voci di danno, vengono liquidate dal giudice civile.
    Nel caso in esame tale contrasto si evidenzia in modo macroscopico
 e questo giudice ancora una volta, si trova nella necessita' di dover
 valutare  se  sia  corretto attingere alle somme che spetterebbero ai
 danneggiati a titolo di danno morale o biologico  per  soddisfare  le
 ragioni dell'I.N.P.S.
    Il  problema  centrale  di  causa  e'  dunque  se  l'esercizio del
 regresso da parte  dell'assicuratore  comporti  l'assorbimento  della
 totalita'  della somma erogata ai danneggiati, ovvero se una corretta
 lettura, sotto il profilo costituzionale,  dell'art.  1916  del  c.c.
 consenta  di  mantenere  separate  le  diverse  voci del risarcimento
 garantendo ai danneggiati il conseguimento di quanto ad  essi  spetta
 in base a titoli diversi da quello assicurativo.
    Premesso  che  il  responsabile  non  e'  tenuto  a  corrispondere
 all'assicuratore che agisce in surroga piu' di quanto sia  dovuto  al
 danneggiato,   la   rilevanza   della  questione,  sotto  il  profilo
 dell'eccezione, e'  resa  evidente  dalla  differenza  tra  le  somme
 erogate  dall'I.N.P.S.  in  base  all'obbligo  assicurativo  e quelle
 spettanti a titoli diversi ai danneggiati e concerne la  salvaguardia
 delle  somme dovute a compenso del danno morale e del danno biologico
 che intuitivamente si collocano fuori della sfera della  ripetizione,
 apparendo  da  un  lato  estranee  alla  previsione  contrattuale  di
 indennizzo e dall'altra inerenti alla sfera dei diritti personali.
    La  non  manifesta infondatezza del rilievo di incostituzionalita'
 deriva dall'orientamento interpretativo consolidato presso il Supremo
 Collegio,  che ravvisa nella responsabilita' in concreto addebitabile
 al terzo l'unico limite al recupero.
    Ritiene pero' il tribunale che l'esercizio del diritto di regresso
 per la totalita' della somma comporti una duplice incongruenza. Da un
 lato  perche'  attribuisce  all'I.N.P.S.  somme non corrispondenti al
 titolo per le quali e' avvenuto l'esborso e che in nessuno modo erano
 prese  in  considerazione  nell'ambito  del rischio assicurato, dando
 luogo con cio' ad un'ingiusta  locupletazione  dell'ente.  Dall'altro
 perche'  fa  venire  meno  il  diritto dell'assicurato-danneggiato al
 completo ripristino  del  danno  dipendente  da  titoli  diversi  dal
 rischio  assicurato, rappresentando per costui un depauperamento sine
 causa.
    Anche  se  non  mancano decisioni dei giudici di merito favorevoli
 all'assicurato-danneggiato nel senso che a questo viene  riconosciuta
 la  cumulabilita'  dei diversi titoli al risarcimento (Appello Milano
 10 ottobre 1978 e 28 ottobre 1982) e benche' la stessa Corte  suprema
 abbia  distinto  l'eventuale  pluralita'  delle componenti del danno,
 assumendo la necessita' della congruenza delle pretese di danno quale
 presupposto  del  diritto  di surrogazione (19 ottobre 1974, n. 5442)
 tuttavia l'interpretazione dominante del supremo collegio (Cass. civ.
 15  maggio  1978,  n. 2378; n. 55/1978; n. 2137; 22 dicembre 1975, n.
 4222; 24 ottobre 1975, n. 3548; 13 marzo  1975,  n.  954;  17  maggio
 1974,  n.  1463; 9 febbraio 1980, n. 917; 28 aprile 1981, n. 2583; 27
 aprile 1984, n. 2635; 11 settembre 1986, n. 5551; 25 maggio 1987,  n.
 4689;)  e'  di  segno  opposto.  Ed e' nel senso che nelle ipotesi di
 conflitto tra l'assicuratore che mira  al  recupero  integrale  delle
 somme  versate  e l'assicurato soltanto parzialmente indennizzato dal
 proprio assicuratore, ovvero soggetto alla ripetizione di somme a lui
 spettanti   a   titolo   diverso  da  quello  dedotto  nel  contratto
 assicurativo,  (dove  quindi  non  ha  alcun  rilievo  il   principio
 indennitario  volto  ad impedire una duplice erogazione per la stessa
 causa) il  dato  ermeneutico  fondamentale  e'  costituito  dal  puro
 argomento   letterale.   Dice   infatti   l'art.   1916   del   c.c.:
 "L'assicuratore... e' surrogato fino alla concorrenza  dell'ammontare
 dell'indennita'  versata  nei  diritti dell'assicurato verso il terzo
 responsabile".
    Secondo  questa interpretazione la surroga per il risarcimento del
 danno esercitata nei confronti dei terzi  responsabili  si  configura
 come     istituto    unitario    caratterizzato    dal    subingresso
 dell'assicuratore   per   la   totalita'   delle    somme    versate,
 indipendentemente dalle sue componenti strutturali. Non e' cosi' dato
 distinguere ai fini del regresso l'eventuale  diversita'  dei  titoli
 cui e' riferibile il corrispettivo versato dal responsabile.
    In  particolare  non  e'  possibile operare alcuna distinzione tra
 risarcimento per danno patrimoniale e risarcimento per danno morale e
 biologico.  La  surroga  dell'assicuratore  non  opera  infatti per i
 singoli titoli di danno ma nel diritto e  nella  azione  riferiti  al
 danno   complessivo  indipendentemente  dalla  pluralita'  delle  sue
 componenti. Il rapporto di  identita'  da  rispettare  e'  unicamente
 quello  tra  bene  assicurato  e  bene leso. Conseguentemente, se dal
 risarcimento debbano essere esclusi i danni alle cose, l'assicuratore
 puo'   rivalersi   nei   confronti   del  responsabile  con  capienza
 nell'intero risarcimento da  questi  dovuto  per  le  lesioni,  senza
 percio'  che  danno  morale  e  danno  biologico  possano avere sorte
 diversa dal danno patrimoniale.
    Quest'indirizzo,  giustificato  anche  in  base a ragioni d'ordine
 economico (importanza della surroga per impedire la lievitazione  dei
 costi    e    dell'opportunita'   del   corrispondente   contenimento
 dell'ammontare dei premi, con evidenti vantaggi sociali)  non  appare
 tuttavia  conforme  ai principi di cui agli artt. 3, 32, 2 e 38 della
 Costituzione.
    Sotto  il  profilo  dell'art.  3  la  parita'  di  trattamento dei
 cittadini non puo' considerarsi attuata se per effetto dell'esercizio
 del  regresso  il  ricupero degli enti assicurativi si risolve in una
 singolare forma di esproprio  di  talune  componenti  del  danno,  in
 pregiudizio  degli  assicurati-danneggiati, aventi come tali, semmai,
 un particolare diritto ad una particolare tutela, dando  luogo  cosi'
 ad  una  ingiusta discriminazione da un punto di vista soggettivo tra
 profili di risarcimento altrimenti universalmente assicurati.
    Nel  nostro ordinamento l'integrita' personale e' configurata come
 fondamentale diritto dell'individuo, col dovere della  Repubblica  di
 tutelarlo  (cfr. art. 32 della Costituzione) nonche' col risarcimento
 della sua inviolabilita' ai  sensi  dell'art.  2  della  Costituzione
 (cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 132/1985 e n. 319/1989).
 Con riferimento  alla  fattispecie  in  esame  l'interpretazione  del
 regresso  nel  senso riferito, nullificando il compenso dovuto per il
 danno  biologico  e   per   il   danno   morale,   sacrifica   valori
 costituzionalmente  garantiti,  incidendo  su  diritti  personali  ed
 inviolabili.
    In  materia  la  Corte  adita  e' stata esplicita nel pronunciare,
 (sentenza n. 88 del 26 luglio 1979) i seguenti principi:
      a)  il  bene  della  salute  "e'  tutelato  dall'art.  32  della
 Costituzione non solo come interesse della collettivita', ma anche  e
 soprattutto come diritto fondamentale dell'individuo";
      b)  percio'  il  bene della salute "si configura come un diritto
 primario ed assoluto, pienamente  operante  anche  nei  rapporti  tra
 privati".
      c)   questo  diritto  "e'  da  ricomprendere  tra  le  posizioni
 soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione";
      d)  sicche'  "la indennizzabilita' non puo' piu' essere limitata
 alle  conseguenze  della  violazione  incidenti   sull'attitudine   a
 produrre reddito, ma deve comprendere anche gli effetti della lesione
 del  diritto,  considerato  come   posizione   soggettiva   autonoma,
 indipendentemente da ogni altra circostanza e conseguenza".
    Sotto  il  profilo dell'art. 38 della Costituzione la salvaguardia
 della funzione sociale esercitata dagli enti  assicurativi  non  puo'
 ritenersi attuata se l'esercizio del diritto di regresso sia causa di
 una  responsabilita'  civile  cui  non  si  accompagna  la   completa
 reintegrazione  del danneggiato e si risolva soltanto in una parziale
 anticipazione di somme.
    Ne'   appare  corretto  un  procedimento  interpretativo  che  nel
 conflitto tra diritto dell'assicuratore sociale e ricuperare le somme
 erogate   e   quello   dell'assicurato-danneggiato  a  conseguire  il
 ripristino dell'intera sfera del danno, privilegi il primo  incidendo
 negativamente  sulle  stesse  finalita'  che presiedono all'attivita'
 dell'ente assicuratore, per effetto del prelievo a danno dello stesso
 soggetto che questi dovrebbe tutelare.
    La  Corte  adita  ha  gia'  avuto  modo di affermare, (sentenza n.
 319/1989) giudicando sulla legittimita' costituzionale della norma di
 cui  all'art.  28  della  legge  n. 990/1969 che concede agli enti di
 assicurazione   la   prelazione   sul   massimale   assicurato,   per
 responsabilita'  civile dipendente da circolazione stradale, che tale
 norma va dichiarata illegittima nelle parti in cui  non  esclude  che
 gli  enti  gestori  delle  assicurazioni  possano esercitare l'azione
 surrogatoria  con  pregiudizio   del   diritto   dell'assicurato   al
 risarcimento  del  danno  alla  persona  che non sia stata altrimenti
 risarcita".
    La  ratio di tale pronuncia conduce con evidenza a ritenere che la
 legittimita'  del  ricupero  e'  dunque  subordinata  all'assenza  di
 pregiudizio  dell'assicurato-  danneggiato  in ogni caso in cui possa
 verificarsi, dunque anche quando, come nella fattispecie, l'esercizio
 del      regresso     appare     in     conflitto     col     diritto
 dell'assicurato-danneggiato a  conseguire  l'integralita'  delle  sue
 spettanze,  danno morale e danno biologico compreso. Diversamente non
 si vede come  potrebbe  venir  meno  il  pregiudizio,  non  potendosi
 istituire  diversi  limiti  al ricupero a seconda se l'assicurato sia
 stato o non sia stato ancora integralmente risarcito.
    Nella  sentenza  in oggetto e' anche affermato "il contenuto e' la
 finalita' dell'art. 38  secondo  comma,  della  Costituzione  vengono
 svuotati,  nella  normativa  impugnata,  nella  misura  in cui questa
 consente che le somme erogate all'assistito dall'ente  gestore  delle
 assicurazioni  sociali in conseguenza della circolazione di veicoli a
 motore o natanti, possano  essere  ricuperati  dall'ente  stesso  con
 pregiudizio  della loro devoluzione al ristoro dei danni alla persona
 subiti dal lavoratore".
    Tale  finalita'  e'  quella  stesa di cui si chiede attualmente il
 conseguimento, con la denuncia di  una  interpretazione  delle  norme
 richiamate che non consentirebbe, nel caso di specie, altre soluzioni
 se  non  in  pregiudizio  del  completo  ristoro  dei   danni   degli
 infortunati.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1955, n. 87;
    Solleva  d'ufficio  la questione della legittimita' costituzionale
 dell'art. 1916 del codice civile in relazione agli artt. 2, 3,  32  e
 38  della  Costituzione  nell'interpretazione  che  non  esclude  dal
 regresso dell'ente assicuratore le somme dovute per titoli  di  danno
 autonomi  rispetto  a  quelli  che  costituiscono oggetto del rischio
 assicurato;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale previa
 notifica della presente ordinanza alla Presidenza del  Consiglio  dei
 Ministri e comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi' deciso nella camera di consiglio della quarta sezione civile
 del tribunale di Torino in data 18 gennaio 1990.
                   Il presidente: (firma illeggibile)

 90C0589