N. 254 ORDINANZA 3 - 15 maggio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Nuovo codice - Giudizio abbreviato - Adesione
 parziale del p.m. - Insindacabilita' del dissenso del p.m. da parte
 del giudice - Inapplicabilita' della diminuente ex art.  442 c.p.p. -
 Questione sollevata dopo la chiusura del dibattimento e posta
 tardivamente - Manifesta inammissibilita'.
 
 (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 247).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
(GU n.21 del 23-5-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI,
    prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 247 del decreto
 legislativo  28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,   di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso
 con ordinanza emessa il 7 dicembre 1989 dal  Tribunale  di  Roma  nel
 procedimento  penale a carico di Elabsi Slim Ben Mabrouk, iscritta al
 n. 50  del  registro  ordinanze  1990  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima serie speciale, dell'anno
 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  4 aprile 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che,  a seguito di richiesta di citazione a giudizio, il
 Presidente del Tribunale di Roma emetteva  nei  confronti  di  Elabsi
 Slim Ben Mabrouk ed altre sei persone decreto di citazione a giudizio
 per violazioni della legge 22 dicembre 1975, n. 685;
      che,  prima  dell'apertura  del dibattimento, tutti gli imputati
 formulavano richiesta di giudizio abbreviato, a norma  dell'art.  247
 delle  norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
 di  procedura  penale  del  1988  (testo  approvato  con  il  decreto
 legislativo  28  luglio  1989,  n.  271),  richiesta  cui il pubblico
 ministero aderiva solo  parzialmente,  con  il  prestare  il  proprio
 consenso  "in  relazione ad alcuni soltanto degli imputati, ritenendo
 che per altri occorresse procedere ad istruzione dibattimentale";
      che  la  difesa  eccepiva  l'illegittimita', in riferimento agli
 artt. 3 e  25  della  Costituzione,  dell'art.  247  delle  norme  di
 attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di procedura
 penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio
 1989,  n.  271),  " in quanto non consente al giudice di sindacare il
 dissenso del pubblico ministero";
      che   il   Tribunale   si  esprimeva  negativamente  sia  quanto
 all'abbreviazione del rito sia quanto all'eccezione  di  legittimita'
 costituzionale: con riguardo alla prima, occorrendo procedere ad atti
 di istruzione dibattimentale; con riguardo alla seconda, non  essendo
 "la questione di legittimita' allo stato rilevante, in quanto nessuna
 lesione  di  norme  costituzionali   poteva   discendere   dal   mero
 svolgimento   del   processo   nelle   forme   piu'   garantite   del
 dibattimento";
      che,  all'esito  del  dibattimento,  il  Tribunale  di Roma, con
 sentenza del 7  dicembre  1989,  assolveva  tutti  gli  imputati  per
 insussistenza  del  fatto,  con  la sola eccezione di Elabsi Slim Ben
 Mabrouk, nei cui confronti,  disposta  la  separazione,  ordinava  la
 sospensione  del  processo per sollevare contestualmente questione di
 legittimita' costituzionale "dell'art. 247 D.L. 271/89", nella  parte
 in cui "non consente di applicare nella specie la diminuente prevista
 dall'art. 442 c.p.p.";
      che  il  giudice  a  quo  lamenta  violazione  del  principio di
 eguaglianza per la disparita' di trattamento ravvisabile  nel  regime
 transitorio  fra  l'imputato tratto a giudizio ordinario e l'imputato
 tratto a giudizio direttissimo: infatti, se fosse stato utilizzato il
 secondo  tipo  di giudizio, la richiesta dell'imputato ed il consenso
 del pubblico ministero ne avrebbero determinato "ai  sensi  dell'art.
 452  comma  secondo,  c.p.p.  l'automatica trasformazione in giudizio
 abbreviato";
      che  viene  anche  denunciata  violazione  dell'art. 24, secondo
 comma,  della  Costituzione,  non  potendo  sulla  "situazione  sopra
 descritta    influire    in    alcun   modo   l'attivita'   difensiva
 dell'imputato", e dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, il
 quale esige "che la sanzione sia ancorata ad un "fatto", cioe' ad una
 condotta materiale dell'imputato,  non  gia'  al  tipo  di  attivita'
 processuale con cui tale condotta viene accertata";
    Considerato  che  la  questione risulta sollevata dopo la chiusura
 del dibattimento, previa separazione del procedimento a carico di  un
 imputato  nei  cui  confronti,  peraltro, il pubblico ministero aveva
 espresso il proprio consenso alla richiesta di giudizio abbreviato;
      che   la   questione   stessa   appare   proposta  tardivamente,
 presupponendo l'art. 247, primo  e  secondo  comma,  delle  norme  di
 attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di procedura
 penale del 1988 che la pronuncia dell'ordinanza con  la  quale  viene
 disposta  l'abbreviazione  del  rito abbia luogo prima del compimento
 delle formalita' di apertura del dibattimento di primo grado;
      e  che  il  giudice  a  quo,  per  realizzare  il petitum da lui
 effettivamente perseguito,  avrebbe  dovuto  sollevare  la  questione
 entro il termine indicato dall'art. 247 delle norme di attuazione, di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale  del  1988
 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271);
      che,  conseguentemente,  non  potendo  l'eventuale dichiarazione
 d'illegittimita'  costituzionale  della  norma  denunciata   produrre
 effetti  nel  giudizio a quo, la questione, cosi' come proposta, deve
 essere dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt.26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 247 delle norme di  attuazione,
 di  coordinamento  e  transitorie  del codice di procedura penale del
 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio  1989,  n.
 271),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  25  della
 Costituzione, dal Tribunale di Roma  con  ordinanza  del  7  dicembre
 1989.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CONSO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 15 maggio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0612