N. 281 ORDINANZA 23 - 31 maggio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo civile - Pubblica udienza - Dispositivo della sentenza -
 Lettura del contenuto - Mancata previsione -  Petitum estraneo
 all'ambito dell'incidente di legittimita' costituzionale -
 Discrezionalita' legislativa - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.C., c.d. artt. 128, 275 e 276).
 
 (Cost., artt. 10, 97 e 101).
(GU n.23 del 6-6-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 128, 275 e 276 del codice di  procedura  civile  promosso
 con  ordinanza  emessa  il 13 dicembre 1989 dal Pretore di Torino nel
 procedimento civile vertente tra Ditta F.lli Ceresa S.p.A. e  Vaccaro
 Antonino,  iscritta al n. 74 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale,
 dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  3 maggio 1990 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  nel corso di un giudizio civile per il risarcimento
 danni da circolazione di  autoveicoli,  il  Pretore  di  Torino,  con
 ordinanza emessa in data 13 dicembre 1989, prima di assumere la causa
 in  decisione,  ha  sollevato  d'ufficio  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  128,  275 e 276 del codice di procedura
 civile nella parte in cui non prevedono che  anche  nel  rito  civile
 ordinario  venga  data  lettura in pubblica udienza del contenuto del
 dispositivo della sentenza;
      che  il giudice a quo ritiene la questione rilevante - in quanto
 attinente alle garanzie ed ai doveri che riguardano il suo operato  e
 non  manifestamente  infondata  in  relazione:  a) all'art. 101 della
 Costituzione, poiche' il principio della  pubblicita'  delle  udienze
 (che  in  tale precetto trova garanzia) risulterebbe essere "un sacco
 vuoto", ove i destinatari del  potere  giurisdizionale  non  avessero
 coscienza  e  percezione  immediata  e  diretta, in pubblica udienza,
 della sentenza; b) all'art. 10, primo comma, della  Costituzione  per
 il mancato adeguamento del processo di cognizione, svolgentesi con il
 rito ordinario, alle norme  di  diritto  internazionale  generalmente
 riconosciute  che  imporrebbero al giudice che ha redatto la sentenza
 di renderla pubblica in udienza (art. 14 Patto di  New  York  del  16
 dicembre  1966,  ratificato  con  legge  n.  881  del  1977;  art.  6
 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo del 4  novembre
 1950,  ratificata con legge n. 848 del 1955; art. 31 Protocollo sullo
 Statuto Corte di Giustizia annesso ai trattati  C.E.E.A.,  C.E.E.  ed
 E.U.R.A.T.O.M.);  c) all'art. 97, primo comma, della Costituzione, in
 quanto l'imposizione al giudice del dovere di redigere il dispositivo
 della sentenza subito dopo la discussione delle parti (artt. 128, 275
 e 276, ultima parte,  del  codice  di  procedura  civile),  senza  il
 conseguenziale  obbligo  di  pronunziare  il  dispositivo in udienza,
 parrebbe essere fonte di irragionevole ritardo nella conoscenza della
 statuizione del giudice;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  dall'Avvocatura   dello   Stato,   che   ha   eccepito
 l'inammissibilita'della  questione  per  irrilevanza  ai  fini  della
 decisione del caso concreto;
    Considerato  che  il  giudice a quo richiede nella sostanza che il
 principio di pubblicita' delle  attivita'  processuali  venga  esteso
 anche  alla  forma  di  comunicazione  del  contenuto della sentenza,
 invocando nel giudizio ordinario il paradigma dettato  per  il  "rito
 del lavoro" ed alcuni altri modelli processuali civili;
     che   l'indole   del  petitum,  concretandosi  in  una  complessa
 operazione di modifica delle regole del rito,  idonea  a  coinvolgere
 modi e tempi di svolgimento del contraddittorio e la struttura stessa
 della decisione, esula  dall'ambito  dell'incidente  di  legittimita'
 costituzionale;
      che siffatto intervento, del resto gia' parzialmente in atto, e'
 di competenza del legislatore;
      che,   pertanto,   la   proposta   questione  e'  manifestamente
 inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto degli  artt.  128,
 275  e  276  del  codice di procedura civile, sollevata, in relazione
 agli artt. 101, 10 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Torino con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 maggio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 31 maggio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0708