N. 400 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 1990

                                 N. 400
 Ordinanza  emessa  il  27 marzo 1990 dal tribunale di sorveglianza di
 Brescia nel procedimento di sorveglianza nei  confronti  di  Trimboli
 Rocco
 Ordinamento  penitenziario - Affidamento in prova al servizio sociale
 di detenuto con pena residua non superiore a tre anni - Pena inflitta
 per  piu'  reati  ma con sentenze diverse - Ammissibilita' secondo la
 giurisprudenza costituzionale - Pena irrogata per piu' reati, ma  con
 unica  sentenza - Esclusione - Lamentata disparita' di trattamento in
 caso di pena "unica", irrogata ai sensi dell'art. 81 del cod. pen.  -
 Mancata attuazione del fine di risocializzazione della pena.
 (Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma, modificato dalla
 legge 10 ottobre 1986, n. 663).
 (Cost., artt. 3 e 27).
(GU n.26 del 27-6-1990 )
                      IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Ritenuto che;
                            FATTO E DIRITTO
    Trimboli   Rocco,  gia'  direttore  della  casa  circondariale  di
 Bergamo, con sentenza irrevocabile di questa corte d'appello in  data
 9 dicembre 1987 e' stato condannato alle seguenti pene:
      anni tre di reclusione per il reato di concussione, accertato in
 Bergamo in febbraio-maggio 1984;
      un  mese  di reclusione per il reato di falso commesso a Bergamo
 nell'ottobre 1983 e aprile 1984;
      un  mese  di  reclusione  per  il  reato  di peculato commesso a
 Bergamo fino al giugno 1985;
      un  mese  di  reclusione  per altro reato di peculato commesso a
 Bergamo fino al 1985;
      due mesi di reclusione per altro reato di concussione commesso a
 Bergamo tra il 1977 e 1979;
      un  mese  di  reclusione  per  il  reato  di peculato commesso a
 Bergamo fino al giugno 1985.
    In totale, tre anni e sei mesi di reclusione.
    La custodia cautelare subita dal 1ยบ luglio 1985 al 18 ottobre 1986
 ha comportato un residuo di pena inferiore a due anni e pertanto,  ai
 sensi  degli  artt.  47-  ter  e  47, quarto comma, dell'ord. penit.,
 l'esecuzione  della  pena  e'  stata  sospesa,  stante  le   precarie
 condizioni  di  salute  del  Trimboli,  (gia'  accertate  con perizia
 disposta da questo tribunale) e l'eta' di oltre sessantacinque  anni.
    Il  condannato  ha  presentato  domanda di liberazione anticipata,
 affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare.
    La  domanda  principale e' quella relativa all'affidamento, misura
 piu' ampia e favorevole al condannato.
    Pregiudiziale  appare  la  questione  della ammissibilita' di tale
 domanda.
    Infatti,  la  pena  "inflitta" con unica sentenza e' di anni tre e
 mesi sei di reclusione. Peraltro, nella specie, la parte gia' espiata
 comporta  una  pena  residua  inferiore  a tre anni. Ma vi e' di piu'
 perche' per il reato-base piu' grave (quello di concussione) preso in
 considerazione dalla corte ai sensi dell'art. 81 capoverso, del c.p.,
 e' stata fissata la pena detentiva di tre anni. Il  Trimboli  inoltre
 ha gia' espiato ampiamente la parte di pena irrogata per i reati meno
 gravi.
    La  Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 386 del 4-11 luglio
 1989 risolvendo una questione sollevata proprio da  questo  tribunale
 ha  stabilito  che  non puo' considerarsi pena "inflitta" quella gia'
 espiata (e pertanto estinta), qualora irrogata con sentenze  diverse.
    Nella  specie  la  sentenza  e'  unica,  ma  si  riferisce a reati
 diversi, che avrebbero potuto essere giudicati con sentenze diverse e
 separate.   Ad   avviso   di   questo   collegio,   la  questione  di
 costituzionalita' che si affaccia non e' manifestamente  infondata  e
 pertanto  gli  atti  devono  essere  rimessi  alla  corte.  L'art. 81
 capoverso ha creato il reato continuato per introdurre nel sistema un
 trattamento  penale  piu'  mite  nel  caso  di concorso eterogeneo od
 omogeneo di reati (dopo la riforma attuata con d.-l. 11 aprile  1974,
 n.  99), qualora sussista il medesimo disegno criminoso, coefficiente
 psicologico indispensabile per legare tra di loro le varie violazioni
 di  legge,  dipendenti da piu' azioni od omissioni, commesse anche in
 tempi diversi.
   La  riforma  del  1974  rischia di cancellare il concorso dei reati
 facendolo  assorbire,  e'  stato  osservato,  in   una   "evanescente
 continuazione criminosa", ma, indubbiamente, anche allo stato attuale
 del codice, rimane la distinzione  tra  concorso  di  reati  e  reato
 continuato.  Nel  primo  caso  si  e'  di fronte ad una pluralita' di
 reati, nel secondo ad un reato unico,  almeno  a  certi  effetti,  in
 primis quello della pena. La Corte costituzionale, fin dalla sentenza
 n. 9 dell'8 febbraio 1966 e successivamente con  la  n.  217  del  30
 dicembre  1972, la n. 34 del 18 gennaio 1977 e la n. 115 del 9 aprile
 1987 e' intervenuta piu' volte sull'art. 81 del c.p. ma  non  risulta
 abbia  mai  affrontato il problema specifico delle concessioni tra la
 detta norma e quella di  cui  all'art.  47,  primo  comma,  dell'ord.
 penit.
    E'  ormai  certo  che  il  reato  continuato  a  certi  effetti va
 considerato unico, ad altri effetti come "piu' reati".
    La  scriminante  puo'  essere  ricercata  nelle  conseguenze  piu'
 favorevoli al condannato, come principio generale.
    Ma  ai  fini  della  pena  principale (e delle pene accessorie) il
 reato continuato deve essere considerato unico e  cio'  per  concorde
 dottrina  e  giurisprudenza.  I  reati  singoli  riprendono  la  loro
 autonomia soltanto ai fini della estinzione  a  seguito  di  amnistia
 impropria e del condono (che estinguono la pena).
    Infatti,  anche  l'ultimo  decreto di clemenza (d.P.R. 16 dicembre
 1986, n. 865), all'art. 8, ultimo comma, dispone  che  quando  vi  e'
 stata  condanna  ai sensi dell'art. 81 del c.p., il giudice, "applica
 l'indulto secondo le disposizioni del presente decreto", determinando
 la quantita' di pena condonata.
    Anche  l'art.  53,  ultimo  comma,  della  legge 24 novembre 1981,
 n.689, dispone che nei casi di cui all'art.  81  del  c.p.  si  tiene
 conto  dei  limiti  fissati  per la sostituzione della pena detentiva
 "soltanto per la pena che dovrebbe  infliggersi  per  il  reato  piu'
 grave".
    Se  la  sostituzione  e' ammissibile soltanto per alcuni reati, il
 giudice deve determinare, ai soli fini della sostituzione,  la  parte
 di pena per i reati per i quali opera la sostituzione.
    Rimangono,  peraltro  ad  avviso del collegio, del tutto incerti i
 confini tra la pena "unica" irrogata ai sensi dell'art. 81 del c.p. e
 la pena "inflitta" secondo l'art. 47, primo comma, dell'ord. penit.
    Sottolineare  la  prevalenza  della  pena unica anche agli effetti
 esecutivi-espiativi puo' essere una  tentazione  forte.  Infatti,  il
 trattamento  sanzionatorio  nel  giudizio  di cognizione riservato al
 condannato che fruisce dell'art. 81 capoverso citato  e'  molto  piu'
 vantaggioso rispetto a chi non fruisce di detta disposizione.
    Ma  se  cosi'  fosse, sarebbero lesi i principi di parita' e della
 pena risocializzante di cui agli artt. 3  e  27  della  Costituzione,
 perche' agli effetti dell'affidamento in prova al servizio sociale la
 pena unica potrebbe, come nel caso di specie, rivelarsi negativa agli
 effetti   del   trattamento  dell'interessato  che,  se  fosse  stato
 condannato con sentenze separate per reati eterogenei, avrebbe potuto
 aspirare  ed  ottenere l'affidamento (nonostante una pena complessiva
 quantitativamente superiore a quella irrogata  con  unica  decisione)
 secondo  il principio affermato dalla Corte con sentenza n. 386/1989.
    In  altri  termini,  occorre  chiedersi se l'identita' del disegno
 criminoso,  che  e'  un  vantaggio  in  sede  di  cognizione,   possa
 trasformarsi in un chiaro svantaggio in sede di esecuzione.
    Occorre  anche  chiedersi  se  la  "pena detentiva inflitta" debba
 riferirsi non alla sentenza in quanto tale considerata  ma  ai  reati
 che  la stessa ha ritenuto sussistenti pur, irrogando una pena unica.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara pregiudiziale e non manifestamente infondata la questione
 di costituzionalita' dell'art. 47, primo comma, della legge 26 luglio
 1975,  n.  354,  cosi'  come  introdotto  e modificato dalla legge 10
 ottobre 1986 n. 663, per  contrasto  con  gli  artt.  3  e  27  della
 Costituzione,  nella  parte  in cui per la pena inflitta per il reato
 continuato viene considerata come pena unica  e  come  tale  ostativa
 all'esame  della  domanda di affidamento in prova al servizio sociale
 del condannato che in custodia cautelare ha gia' espiato parte  della
 pena;
    Dispone  la  sospensione del procedimento di sorveglianza a carico
 di  Trimboli  Rocco  e  la  trasmissione  degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Dispone  che la presente decisione venga notificata al condannato,
 al suo difensore, al procuratore generale di Brescia,  al  Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
    Dispone  che la stessa venga comunicata ai Presidenti della Camera
 dei deputati e del Senato.
      Brescia, addi' 27 marzo 1990
                          Il presidente: ZAPPA

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