N. 296 SENTENZA 14 - 19 giugno 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Sanita' pubblica - Aiuto ospedaliero con mansioni proprie del primario assente - Maggiorazione di retribuzione - Mancata previsione - Compito rientrante nelle attribuzioni della propria posizione funzionale - Difetto di rilevanza - Inammissibilita'. (D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, art. 7, quinto e settimo comma; d.P.R. n. 761/1979, art. 29, terzo comma). Sanita' pubblica - Aiuto ospedaliero con mansioni proprie del primario - Vacanza del posto - Inconsistenza delle argomentazioni addotte - Non fondatezza. (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 29, secondo comma). (Cost., art. 36).(GU n.26 del 27-6-1990 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, commi quinto e settimo, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128 ("Ordinamento interno dei servizi ospedalieri"), e dell'art. 29, commi secondo e terzo, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 ("Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali") promossi con quattro ordinanze emesse il 10 aprile 1989 e il 9 giugno 1989 dal Consiglio di Stato, il 13 ottobre 1989 (n. 2 ordinanze) dal T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia, iscritte rispettivamente ai nn. 58, 86, 88 e 89 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 8 e 10, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di costituzione di Ceccarini Ettore e gli atti d'intervento di Pecoraro Nicolino nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Uditi l'avv. Domenico Arlini per Ceccarini Ettore e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Il Consiglio di Stato con due ordinanze, la prima dell'Adunanza plenaria in data 10 aprile 1989, la seconda della V Sezione in data 9 giugno 1989 (pervenute alla Corte costituzionale rispettivamente il 30 gennaio e il 20 febbraio 1990), e il T.A.R. per il Friuli-Venezia Giulia, con due ordinanze del 13 ottobre 1989, hanno sollevato, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, quinto e settimo comma, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, e dell'art. 29, secondo e terzo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, "nella parte in cui non prevedono una maggiorazione di retribuzione per l'ipotesi di esercizio, da parte dell'aiuto ospedaliero, delle mansioni proprie del primario (o, da parte dell'assistente, delle mansioni proprie dell'aiuto) oltre il termine di sessanta giorni, in caso di disponibilita' o vacanza del posto". I giudici remittenti dissentono dall'interpretazione accolta da questa Corte con la sentenza n. 57 del 1989, secondo cui l'art. 29, secondo comma, del citato d.P.R. n. 761 del 1979, "essendo norma eccezionale, deve essere interpretato rigorosamente nel senso che l'adibizione temporanea a mansioni superiori per esigenze di servizio non da' diritto a variazioni economiche (...) solo entro il limite temporale massimo ivi indicato", onde il suo prolungamento oltre tale limite determina a carico del datore di lavoro, a norma dell'art. 36 Cost., l'obbligo di integrare il trattamento economico del dipendente in misura corrispondente alla qualita' del lavoro effettivamente prestato. Si obietta che, superato il termine di sessanta giorni, "l'ulteriore esercizio da parte dell'aiuto delle mansioni superiori di primario deve considerarsi un'attivita' vietata dalla legge e pertanto illegittima", di guisa che - argomenta il T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia - il preteso obbligo di retribuzione comporterebbe che "da una condotta vietata deriverebbero vantaggi anziche' sanzioni per l'interessato". Al contrario, "se non si ha diritto a variazioni di trattamento economico nel periodo di sessanta giorni in cui l'esercizio delle mansioni superiori e' eccezionalmente consentito, a maggior ragione non si dovrebbe aver diritto a tale trattamento nei tempi eccedenti i sessanta giorni, nei quali l'esercizio delle mansioni superiori e' addirittura interdetto". 2. - Nel giudizio davanti alla Corte promosso dall'ordinanza del Consiglio di Stato - Adunanza plenaria si e' costituito tempestivamente il ricorrente prof. Ettore Ceccarini chiedendo la conferma della precedente sentenza interpretativa di rigetto ovvero, in subordine, l'accoglimento della sollevata questione. Nell'altro giudizio promosso dall'ordinanza del Consiglio di Stato - V Sezione si e' costituito il ricorrente dott. Nicolino Pecoraro con atto depositato in data 24 aprile 1990 e pertanto fuori termine. 3. - In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che, in ordine all'art. 29, secondo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, la questione sia dichiarata inammissibile essendo gia' stata risolta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 57 del 1989, o comunque infondata nei sensi gia' precisati da tale sentenza. Quanto all'art. 7, quinto e settimo comma, del d.P.R. n. 128 del 1969 e all'art. 29, terzo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, l'Avvocatura ritiene la questione inammissibile, "non risultando specificato sotto quale aspetto tali commi sarebbero in contrasto con l'art. 36 Cost.". Considerato in diritto 1. - Il Consiglio di Stato e il T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia contestano la legittimita' costituzionale degli artt. 7, quinto e settimo comma, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, e 29, secondo e terzo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, in quanto non prevedono una maggiorazione di retribuzione nell'ipotesi di esercizio, da parte dell'aiuto o dell'assistente ospedaliero, delle mansioni rispettivamente di primario o di aiuto oltre il termine di sessanta giorni, in caso di disponibilita' o vacanza del posto. Data l'identita' della questione, i quattro giudizi promossi dalle ordinanze dei giudici a quibus vanno riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - In ordine all'art. 7, quinto e settimo comma, del d.P.R. n. 128 del 1969 e all'art. 29, terzo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979 la questione e' inammissibile per difetto di rilevanza. Queste norme, la prima specificamente destinata al personale medico, la seconda concernente tutto il personale delle U.S.L., prevedono la sostituzione vicaria del titolare di una posizione funzionale piu' elevata assente per malattia, ferie, congedo, missione, motivi di famiglia e simili, oppure non immediatamente disponibile in caso di urgenza. In tali casi la sostituzione da parte del titolare di una posizione inferiore "rientra tra gli ordinari compiti della propria posizione funzionale". Diverso e' il caso, su cui vertono i giudizi principali, di vacanza del posto di primario o di aiuto: qui la sostituzione rispettivamente da parte dell'aiuto o dell'assistente ospedaliero non ha carattere di funzione vicaria, ma comporta un trasferimento temporaneo a funzioni superiori, che vengono esercitate a titolo personale e autonomo. In questo caso, come osserva giustamente il Consiglio di Stato, "si e' al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 7 del d.P.R. n. 128 del 1969" e si entra, invece, nel campo di applicazione dell'art. 29, secondo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, il quale pertanto e' la sola norma "rilevante ai fini della decisione". In deroga alla regola del primo comma, essa consente in via eccezionale, per esigenze di servizio, l'assegnazione temporanea del dipendente a mansioni superiori a quelle inerenti alla sua qualifica, nel limite di un periodo massimo di sessanta giorni e senza diritto a variazioni del trattamento economico. 3. - Relativamente a quest'ultima norma la questione va dichiarata infondata nei sensi gia' precisati dalla sentenza precedente, la quale ha ritenuto che nell'ipotesi prevista dall'art. 29, secondo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979 il diritto a variazioni del trattamento economico e' escluso solo se l'assegnazione temporanea alle mansioni superiori sia contenuta entro il periodo di sessanta giorni nell'anno solare. Contro questa interpretazione si obietta: trascorso il periodo di sessanta giorni, riprende vigore il divieto di assegnazione a mansioni superiori statuito nel primo comma; conseguentemente l'esclusione del diritto a variazioni del trattamento economico, disposta nel secondo comma, vale non soltanto nel detto periodo, "in cui l'esercizio di mansioni superiori e' eccezionalmente consentito", ma anche, e "a maggior ragione, nel tempo eccedente i sessanta giorni, nel quale l'esercizio di mansioni superiori e' interdetto", e quindi concreta un comportamento illegittimo. E' agevole replicare che illegittimo non e' il comportamento dell'aiuto ospedaliero il quale, essendo vacante il posto di primario, svolge le mansioni corrispondenti per un tempo eccedente i sessanta giorni, ma eventualmente il comportamento dell'amministrazione che, dopo essersi avvalsa della facolta' concessa dalla norma in esame, mantiene l'assegnazione dell'aiuto alle mansioni superiori oltre il termine indicato. Percio' l'argomento a fortiori applicato nelle ordinanze di rimessione e' inconsistente: l'illiceita' che, ai sensi dell'art. 2126, primo comma, cod. civ., priva il lavoro prestato della tutela collegata al rapporto di lavoro "non puo' ravvisarsi nella violazione della mera ristretta legalita', ma nel contrasto con norme fondamentali e generali o con principi basilari pubblicistici dell'ordinamento" (cfr. Cass., sez. un., n. 1609 del 1976). Deve trattarsi, cioe', dell'illiceita' in senso forte (illiceita' della causa) prevista dall'art. 1343 cod. civ., non semplicemente dell'illegalita' che invalida il negozio o l'atto costitutivo del rapporto a norma dell'art. 1418, primo comma, cod. civ. Una illiceita' in questo senso rigoroso non e' ravvisabile nell'attivita' esercitata dall'aiuto o dall'assistente ospedaliero nei casi in questione: l'illegittimita' dell'ordine di servizio in ottemperanza al quale essa si svolge, in quanto deriva dalla violazione di un limite temporale dettato dalla legge per ragioni che non attengono a principi giuridici ed etici fondamentali dell'ordinamento, non si riflette in un giudizio di illiceita' della prestazione di lavoro. Cio', in definitiva, e' implicitamente ammesso dagli stessi giudici remittenti; che', altrimenti, la sollevata questione di costituzionalita' avrebbe un contenuto contraddittorio, non essendo consentito di affermare in pari tempo, da un lato, che la norma denunciata esclude il diritto alla maggiorazione di retribuzione in ragione dell'illiceita' dell'attivita' svolta dal prestatore di lavoro, dall'altro che la norma medesima, in quanto nega tale maggiorazione, contrasta con l'art. 36 Cost. L'art. 36, invero, presuppone la liceita' del lavoro prestato. 4. - Il T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia obietta ulteriormente che la sentenza n. 57 del 1989 si pone "in insanabile conflitto con l'obbligo di assunzione dei pubblici dipendenti tramite concorso pubblico, con quello di buon andamento della pubblica amministrazione e della riserva di legge relativa all'organizzazione dei pubblici uffici". L'obiezione e' fuori misura perche' la Corte ha avuto cura di precisare che non puo' sorgere in favore dell'assistente o dell'aiuto ospedaliero il diritto al riconoscimento formale della qualifica superiore (rispettivamente di aiuto o di primario), alla quale si puo' accedere soltanto mediante le procedure previste dagli artt. 9 e segg. del d.P.R. n. 761 del 1979, restando percio' esclusa l'applicabilita' dell'art. 2103 cod. civ. D'altra parte, nel protrarsi della vacanza del posto di primario, l'assegnazione provvisoria delle relative mansioni all'aiuto favorisce, non gia' ostacola, il buon andamento del servizio sanitario. Inconferente e' pure il rilievo della mancanza di un atto formale di preposizione alle funzioni superiori. Ai fini della qualificazione del rapporto di fatto tutelato dall'art. 2126 cod.civ. non e' necessario un atto formale, ancorche' illegittimo, di assegnazione a determinate mansioni, ma e' sufficiente il semplice riscontro dell'effettivo svolgimento di esse in conformita' di una disposizione impartita dall'organo amministrativo dell'ente pubblico nell'esercizio del suo potere direttivo. 5. - Deve pertanto essere confermata l'interpretazione accolta nella precedente sentenza n. 57 del 1989, secondo cui l'art. 29, secondo comma, del d.P.R. del 1979 si applica solo quando l'assegnazione temporanea a mansioni superiori non eccede il periodo di sessanta giorni nell'anno solare. Qualora il trasferimento a tali mansioni si protragga oltre questo termine, spetta al prestatore di lavoro, in via di applicazione diretta dell'art. 36, primo comma, Cost. sulla base dell'art. 2126, primo comma, cod.civ., il trattamento corrispondente all'attivita' svolta.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29, secondo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 ("Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali"), sollevata, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, dal Consiglio di Stato e dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia con le ordinanze indicate in epigrafe; Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, quinto e settimo comma, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128 ("Ordinamento interno dei servizi ospedalieri") e dell'art. 29, terzo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979 citato, sollevata dai giudici sopraddetti con le medesime ordinanze. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1990. Il Presidente: SAJA Il redattore: MENGONI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 19 giugno 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI 90C0785