N. 405 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 1989

                                 N. 405
 Ordinanza  emessa  il  6  dicembre  1989 dal tribunale amministrativo
 regionale per la Sicilia - Palermo, sul ricorso  proposto  da  Fallu'
 Angelo contro il Ministero della difesa
 Servizio  militare - Leva militare - Chiamata alla leva di coloro che
 hanno fruito del rinvio, una  volta  cessato  il  titolo  del  rinvio
 stesso,   con  il  primo  scaglione  o  contingente  dell'Esercito  o
 dell'Aeronautica - Natura ordinatoria, secondo la giurisprudenza  del
 consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la regione Sicilia, di
 detto  termine  -   Asserita   violazione   dei   principi:   a)   di
 determinazione   temporale   delle   prestazioni   personali;  b)  di
 uguaglianza per la disparita' di  trattamento  tra  gli  arruolati  a
 seconda  che  usufruiscano  del  diritto al rinvio; c) del dovere dei
 cittadini   di   concorrere   alla   difesa    della    Patria;    d)
 dell'imparzialita'  della  p.a.  - Richiamo alla sentenza della Corte
 costituzionale n. 164/1985.
 (Legge 31 maggio 1975, n. 191, art. 21, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 23, 52 e 97).
(GU n.26 del 27-6-1990 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 71-37/89
 registro ordinanze, proposto da Fallu' Angelo, rappresentato e difeso
 dall'avv.  Salvatore  Saetta,  presso  il cui studio e' elettivamente
 domiciliato in Palermo, via Paisiello, n.  31,  contro  il  Ministero
 della  difesa  -  Distretto  militare  di  Agrigento,  in persona del
 Ministro  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso,  come  per   legge,
 dall'avvocatura dello Stato del distretto di Palermo, domiciliataria,
 per l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento di chiamata
 alle  armi  di  cui  alla cartolina di precetto n. 227 del 13 ottobre
 1988 del Distretto militare di Agrigento  pervenuta  il  10  dicembre
 1988,  in  forza  della  quale e' stata disposta la presentazione del
 sunnominato Fallu' Angelo, presso il 60º b.t.g.f. "Col  di  Lana"  di
 Trapani  per  il  giorno  2  febbraio 1989; nonche' di tutti gli atti
 presupposti e conseguenziali;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'avvocatura dello
 Stato per l'amministrazione intimata;
    Visti gli atti depositati dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore   alla   pubblica   udienza   del  6  dicembre  1989,  il
 referendario dott. Cosimo Di Paola, udito l'avv. dello Stato  Rosario
 Di Maggio per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  ricorso  a  questo  tribunale, notificato il 3 gennaio 1989 e
 depositato il giorno 11 successivo, il sig. Fallu'  Angelo,  premesso
 di  avere  conseguito  il  diploma di geometra nel mese di luglio del
 1987 e di avere perduto da quella data il beneficio  del  rinvio  del
 servizio  militare, ai sensi dell'art. 21 della legge 31 maggio 1975,
 n. 151,  ha  impugnato  il  provvedimento  in  epigrafe  specificato,
 chiedendone l'annullamento, previa sospensione, per i seguenti motivi
 di censura:
    "Violazione  di  legge anche sotto il profilo dell'eccesso e dello
 sviamento di potere".
    Il  ricorrente,  avedo  usufruito del rinvio del servizio di leva,
 fino al mese di luglio 1987, avrebbe dovuto essere chiamato alle armi
 -  ai sensi dell'art. 21 della legge n. 191/1975 - dal mese di agosto
 successivo o, al piu', dal mese di gennaio 1988.
    La  chiamata  alle  armi  e'  invece  intervenuta "soltanto ben 19
 scaglioni e ben 4 contingenti dopo".
    Con  successiva memoria, la difesa del ricorrente ha ulteriormente
 illustrato le ragioni poste a sostegno del  ricorso,  insistendo  per
 l'accoglimento dello stesso.
    L'Avvocatura   dello  Stato,  costituitasi  per  l'amministrazione
 intimata, ha sostenuto la legittimita' del  provvedimento  impugnato,
 concludendo per il rigetto del ricorso, vinte le spese.
    Con  ordinanza  collegiale  n.  46  del  27  gennaio 1989 e' stata
 accolta la  domanda  incidentale  di  sospensione  del  provvedimento
 impugnato.
    Alla  pubblica  udienza  del  6  dicembre 1989 i procuratori delle
 parti hanno chiesto porsi il ricorso in decisione.
                             D I R I T T O
    1.   -  La  questione  su  cui  la  sezione  e'  oggi  chiamata  a
 pronunziarsi  e'  gia'  stata  dalla  stessa  affrontata  e  risolta,
 conformemente  alla  tesi  prospettata  nel  ricorso  in  esame,  con
 sentenza n. 413 del  31  maggio  1988  (peraltro  non  isolata  nella
 materia  di  che  trattasi: cfr. t.a.r. Veneto, del 21 gennaio 1986),
 resa in fattispecie analoga alla presente.
    Va   rilevato,   tuttavia,   che   il   consiglio   di   giustizia
 amministrativa per la regione  siciliana  in  s.g.,  riesaminando  il
 problema  in  sede  di giudizio di appello della predetta sentenza n.
 413/1988, e' giunto a  conclusioni  difformi,  accogliendo  l'opposto
 principio  che  la  previsione  normativa,  secondo  cui  coloro  che
 fruiscono del rinvio sono tenuti a prestare il servizio militare  con
 il  primo  scaglione  o contingete chiamato alle armi, configurerebbe
 solamente un obbligo nei confronti degli arruolati  e  non  anche  un
 obbligo  perentorio  dell'amministrazione  (dec.  n. 110 del 21 marzo
 1989).
    Questo  decidente,  nel  prendere atto della interpretazione della
 norma enunciata dal giudice superiore, in forza  della  quale  l'art.
 21,  secondo comma, della legge n. 191/1971 (che dispone: "cessato il
 titolo al ritardo, coloro che ne fruivano sono tenuti a  prestare  il
 servizio  militare  con  il primo scaglione contingente chiamato alle
 armi se dell'esercito o dell'aeronautica, ovvero,  se  della  marina,
 con  uno  degli  scaglioni  della  classe  di leva chiamata alle armi
 nell'anno di cessazione del titolo al ritardo,  o,  al  massimo,  col
 primo scaglione della classe successiva") consete all'amministrazione
 militare di chiamare l'arruolato  nell'esercito  o  nell'aeronautica,
 gia'   ritardatario,  non  appena  possibile,  anche  dopo  il  primo
 scaglione o contingente  e,  dunque,  senza  alcun  limite  temporale
 perentorio  al  potere  in tal modo esercitato - interpretazione alla
 cui  stregua  le  censure  prospettate  nel  ricorso  oggi  in  esame
 andrebbero disattese, conducendo alla reiezione del gravame - ritiene
 tuttavia di doversi dar carico d'ufficio dell'esame  della  questione
 di   legittimita'   costituzionale   della  norma  di  che  trattasi:
 all'evidenza  rilevante  ai  fini  della  decisione  della   presente
 controversia  in  dipendenza  della ricostruzione ermeneutica operata
 dal c.g.a. nella cennata pronuncia n. 110/1989.
    2.  -  Osserva  a tal proposito il Collegio che l'art. 21, secondo
 comma, della legge n. 191/1971, nella interpretazione enunciatane dal
 giudice amministrativo di secondo grado (attraverso la pronuncia resa
 dalla sua articolazione decentrata operante nella regione siciliana),
 collide  con  fondamentali  principi  costituzionali desumibili degli
 artt. 3, 23, 52 e 97, primo comma, della Costituzione, per  la  parte
 in  cui  non  prevede  che il termine per la chiamata alle armi degli
 arruolati  dell'esercito  e  dell'aeronautica,  ivi   disposto,   sia
 peretorio.
    Occorre  premettere  che,  in  base  all'attuale sistema normativo
 relativo alla leva ed al reclutamento  obbligatorio,  ogni  cittadino
 italiano,  di  sesso  maschile,  per  il solo fatto della nascita, e'
 inserito in una "classe di leva" che,  per  l'appunto,  coincide  con
 l'anno di nascita (art. 5 della legge n. 237/1964).
    Poiche'  la  legge  prevede  la  "chiamata delle classi alla leva"
 (art. 2 della legge n. 191/1975 che ha  sostituito  l'art.  44  della
 legge  n.  237/1964),  ogni  cittadino  e'  posto nelle condizioni di
 sapere che sara' chiamato  alla  leva  nell'anno  in  cui  compie  il
 diciottesimo  anno  di  eta';  tale  anno,  altresi',  identifica  la
 cosiddetta "sessione di leva" (art. 13 della legge n. 191/1975),  che
 decorre   dal   1º   gennaio   al  31  dicembre  dell'anno  preso  in
 considerazione.
    Se  le  operazioni  di  leva danno esito positivo, il cittadino e'
 arruolato ed e' inserito nei "ruoli militari"  a  sensi  dell'art.  8
 della legge n. 237/1964. Dopo di che, questi, e', di norma, collocato
 (art.  14,  secondo  comma  della  legge  n.  191/1975)  in   congedo
 illimitato provvisorio in attesa di essere chiamato alle armi.
    La  "chiamata  alle  armi  ha luogo per ordine del Ministro per la
 difesa,  nell'anno  in  cui   i   giovani   arruolati   compiono   il
 diciannovesimo anno di eta' (art. 3, comma primo, della cit. legge n.
 191/1975), salva  la  facolta'  concessa  allo  stesso  Ministro,  di
 anticiparla  o  ritardarla  di  un  anno per "speciali circostanze" o
 "contingenze  straordinarie"  (si  veda   la   diversa   formulazione
 dell'art.  540  del  r.d.  3  aprile 1942, n. 133, che, in un diverso
 contesto  costituzionale,  consentiva,  all'allora   Ministro   della
 Guerra,  di  chiamare  alle  armi  i  cittadini arruolati senza alcun
 riferimento temporale preciso).
    Dal quadro normativo oggi vigente si evince:
       a)  che  le  operazioni  di  leva  e  reclutamento  poggiano su
 procedimenti   ed   istituti   tipizzati   e   che   di   conseguenza
 l'amministrazione  militare  -  in  conformita' alla riserva di legge
 sancita dall'art. 23 della Costituzione in ordine all'imposizione  di
 prestazioni  personali  -  non  ha alcun margine di discrezionalita',
 fatte salve le espresse e tassative eccezioni sancite  da  specifiche
 disposizioni legislative;
       b)  che  il  cittadino  arruolato  - in conformita' ai principi
 desumibili dall'art. 52 della Costituzione - viene posto,  attraverso
 la  predeterminazione  dei procedimenti e la delimitazione dei poteri
 della pubblica amministrazione, nelle condizioni di  poter  conoscere
 in  anticipo  i tempi ed i modi entro i quali egli sara' assoggettato
 alla chiamata alle armi e, dunque, di svolgere il  relativo  servizio
 con  il  minor  danno possibile per la propria posizione e situazione
 individuale.
    Dalle superiori premesse deriva, in buona sostanza che gli aspetti
 temporali relativi alla chiamata alle armi, come in atto disciplinata
 dalla  legge  n.  191/1975  e  dalla legge n. 237/1964, non implicano
 spazi  di  discrezionalita'  amministrativa;  cio',   verosimilmente,
 nell'intento, costituzionalmente rilevante, di far si che il servizio
 militare di leva soggiaccia alla riserva di legge  nei  suoi  aspetti
 piu' rilevanti e comunque, non sia di particolare pregiudizio per gli
 interessi del cittadino e, in particolare, per la  sua  posizione  di
 lavoro,  attuale  o potenziale. Tale regola trova, peraltro, conferma
 nelle uniche due  eccezioni  espressamente  previste  dalla  ripetuta
 legge 191: quella che attribuisce al Ministro la facolta' di chiamare
 alle armi gli arruolati per contingeti o  scaglioni  (art.  3,  terzo
 comma);  ovvero  quella  di  anticipare o posticipare - ma di un solo
 anno - la chiamata stessa (art. 3, secondo e  quarto  comma).  A  tal
 fine, pero', occorre un apposito provvedimento di carattere generale,
 che  deve  essere  opportunamente   motivato   circa   le   "speciali
 circostanze",   ovvero   le   "contingenze   straordinarie"   che  ne
 giustifichino l'emanazione.
    Non e' superfluo ricordare che la stessa Corte costituzionale, con
 sentenza n. 164/1985, riconoscendo la natura perentoria  del  termine
 fissato  dall'art  3, secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, n.
 772  (relativa  al  servizio  civile  sostitutivo),  ha  sottolineato
 l'esigenza  di  ordine  costituzionale  di  circoscrivere  al  minimo
 indispensabile i disagi connessi alla prolungata attesa del cittadino
 per la chiamata agli obblighi connessi col servizio militare di leva.
    Senonche'  la  ratio  legis  -  garantista  -  che pure emerge nel
 contesto della legge n. 237/1964 e della legge  n.  191/1975,  appare
 totalmente  capovolta  nell'art.  21, 2º comma, di quest'ultima. Qui,
 infatti, il legislatore avrebbe sancito il sostanziale arbitrio della
 amministrazione  della  difesa che, nel chiamare alle armi i soggetti
 che hanno fruito del ritardo,  verrebbe  posta  nelle  condizioni  di
 esercitare  il  relativo  potere  qando  meglio  ritiene, senza alcun
 limite temporale  perentorio:  ed  e'  di  tutta  evidenza  come  una
 siffatta scelta legislativa oltre a non presentare coerenza col resto
 delle norme esistenti in materia, non  trovi  alcun  valido  supporto
 negli artt. 23 e 52 della Costituzione.
    3. - Quanto alla dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione
 e' palese, ad avviso del Collegio, la disparita' di  trattamento  che
 la  norma  denunziata  determina tra gli arruolati, gia' ritardatari,
 dell'esercito e dell'aeronautica (assoggettati, come si e' detto,  ad
 un  vero  e  proprio arbitrio circa il tempo della loro chiamata alle
 armi dopo il ritardo) e quelli della Marina, per i quali,  viceversa,
 e'  previsto  che  la  chiamata  alle armi deve avvenire "... con uno
 degli scaglioni della classe di leva chiamata alle armi nell'anno  di
 cessazione  del  titolo  al ritardo o, al massimo col primo scaglione
 della classe successiva" (art. 22, secondo comma).
    L'espressione   "al   massimo"  -  la  quale  nel  suo  perentorio
 significato letterale e logico e' di assoluta  evidenza  -  non  era,
 peraltro,  contenuta  nel  previgente art. 87 della legge n. 237/1964
 (questo testualmente disponeva: "cessato il titolo al ritardo, coloro
 che  ne  fruivano  sono tenuti a prestare il servizio militare con il
 primo scaglione o contingente chiamato alle armi se  dell'esercito  o
 dell'aeronautica,  ovvero con il primo scaglione della classe di leva
 che sia chiamata alle armi per  compiere  la  ferma,  della  marina")
 sicche'  la stessa diversita' letterale tra le disposizioni ricordate
 evidenzia l'intento della disposizione  successiva  di  collegare  il
 potere di chiamare il cittadino alla ferma in Marina a precisi limiti
 temporali; il medesimo intento pero', ingiustificatamente, non  viene
 applicato  anche  per gli arruolati dell'esercito e dell'aeronautica,
 presentando la scelta relativa evidenti sintomi del c.d. "eccesso  di
 potere legislativo".
    Ne',  a tal proposito, e' dato cogliere se, ed in che modo, la pur
 differenziata disciplina  della  leva  di  mare  (relativamente  alla
 durata  della  ferma ed al sistema di avviamento alla stessa, attuata
 solamente tramite scaglioni - art. 17  della  legge  n.  191/1975  -)
 possa  giustificarne il diverso, opposto trattamento riservato, sotto
 l'aspetto che qui interessa, alla leva delle altre Armi.
    Un  ulteriore profilo di disparita' di trattamento si coglie, poi,
 nel fatto che gli arruolati  gia'  ritardatari,  contrariamente  agli
 altri  arruolati  (i quali debbono essere chiamati, come si e' visto,
 al 19º anno, salvo provvedimenti generali e motivato del Ministro  di
 anticipo   o   proroga  di  un  anno)  vengono  assoggettati  ad  una
 incontrollabile alea temporale che dipende solamente o  dalla  libera
 determinazione  dell'amministrazione  della  difesa, o, peggio, dalla
 maggiore o  minore  capacita'  organizzativa  della  stessa.  Non  si
 tratta,  pertanto, di postulare una situazione di privilegio (c.g.a.,
 dec. n. 110/1989, cit.) per gli arruolati gia' ritardatari (i  quali,
 ammettendo   la   perentorieta'  del  termine,  verrebbero  di  fatto
 esonerati dallo svolgere il servizio  militare  nell'ipotesi  in  cui
 l'amministrazione  non  osservasse il termine medesimo) rispetto agli
 arruolati  non  ritardatari  (i  quali  sarebbero   assoggettati   al
 principio   di  tassativita'  delle  cause  di  esonero  dell'obbligo
 militare), bensi' di estendere allo status dei primi -  di  arruolati
 in  attesa di ferma di leva - le medesime garanzie di certezza di cui
 godono i secondi; ai quali  ultimi  la  legge  medesima  consente  di
 conoscere  con  certezza  che saranno assoggettati alla ferma di leva
 nell'anno  di  compimento  del  19º  anno  di  eta',  salvo  motivato
 provvedimento ministeriale di anticipo o proroga di un anno.
    Non  e'  inopportuno  rilevare,  inoltre,  come  nulla autorizzi a
 ritenere, stante la formulazione dell'art. 21, secondo  comma,  della
 legge  n.  191/1971,  che l'incertezza sulla chiamata dell'arruolato,
 gia' ritardatario, debba durare un solo anno (quello successivo  alla
 cessazione  del titolo al ritardo) e non possa invece protrarsi anche
 negli anni successivi.
    Invero,  dato che la norma indica un termine, laddove questo debba
 interpretarsi  come  sollecitatorio  anziche'   perentorio   (c.g.a.,
 decisione  n.  110/1988  cit.),  nulla impedisce che la chiamata alle
 armi avvenga per gli arruolati in argomento,  anche  dopo  piu'  anni
 dalla cessazione del ritardo.
    Una  tale  inevitabile  conseguenza, mentre da un lato finisce con
 l'offrire all'amministrazione, relativamente al tempo della  chiamata
 alle  armi,  un  margine  di  discrezionalita'  che  non  trova alcun
 riscontro nel sistema della legge, dall'altro pone il cittadino  (che
 abbia chiesto il ritardo della ferma di leva) nelle condizioni di non
 poter adeguatamente programmare la propria vita ed i  propri  impegni
 di  lavoro (questi, infatti, non solo non puo' stabilire con certezza
 con quale scaglione o contingente sara' chiamato ai doveri  militari,
 ma,  addirittura,  nemmeno in quale anno), con gravissimo pregiudizio
 dei canoni costituzionali di cui agli artt. 3,  23,  52  e  97  della
 Costituzione, sia singolarmente che unitariamente considerati.
    Si  noti, per completezza, che anche gli artt. 650 e 655 del regio
 decreto 3 aprile 1942, n. 1133, non piu' vigenti, sancivano che  alla
 cessazione  del  ritardo  l'arruolato  dovesse  essere  precettato  a
 presentarsi alle armi con la prima classe che veniva chiamata dopo il
 periodo  di ritardo, senza alcuna comminatoria di decadenza: una tale
 disposizione,  pero',  poteva  giustificarsi  nel  diverso   contesto
 giuridico  e  costituzionale  allora  esistente,  in cui - come si e'
 ricordato - non vi era ne' una copertura costituzionale  della  sfera
 giuridica del cittadino comparabile a quella attuale, ne' una precisa
 collocazione temporale della chiamata alle armi da parte del Ministro
 della Guerra (cfr. art. 540 del r.d. 3 aprile 1942, n. 1133).
    E  d'altronde  il  carattere  storicamente  innovativo,  e o, piu'
 marcatamente garantista, della  attuale  disciplina  giuridica  della
 materia,  lo si coglie nel raffronto dell'art. 3 della legge n. 191/,
 con il previgente art. 78 del d.P.R.  n.  237/1964.  L'uno,  infatti,
 fissa  un preciso riferimento temporale per la chiamata alle armi (al
 19º anno d'eta') - delineando nel contempo le due  precise  eccesioni
 prima  ricordate  -,  l'altro invece ignorava un tale riferimento ed,
 anzi, disponeva testualmente che la chiamata alle  armi  aveva  luogo
 per ordine del Ministro della difesa "...normalmente nell'anno in cui
 i  giovani  compiono  il  ventunesimo   anno   di   eta'...",   cosi'
 riconoscendo  implicitamente all'amministrazione una discrezionalita'
 di scelta temporale di amplissima portata.
    4.  -  A  rafforzare, poi, il dubbio che la norma in questione non
 sia in armonia con i ricordati principi costituzionali,  soccorre  la
 ulteriore  considerazione  che,  una  volta  ritenuta l'assenza di un
 termine perentorio entro cui esercitare la  chiamata  alle  armi  nel
 periodo  post/ritardo,  l'amministrazione  della  Difesa diventa tout
 court destinataria della facolta' di esercitare  il  potere  medesimo
 anche  oltre l'anno successivo a quello in cui e' cessato il ritardo.
    Ancorche', nella specie, il provvedimento impugnato risulti essere
 stato adottato entro l'anno successivo alla cessazione  del  ritardo,
 tuttavia, in quanto l'art. 21, secondo comma, della legge n. 191/1975
 impedisce al cittadino soggetto alla ferma di  leva  nell'esercito  o
 nell'aeronautica  (non a quello della marina), di prefigurarsi quanto
 potra'  e  dovra'  assolvere  al  proprio  dovere  militare,  risulta
 ulteriormente  avvalorata  la  radicale inconciliabilita' della norma
 denunziata con i principi costituzionali di eguaglianza e di  riserva
 di   legge   in   materia,   avuto   riguardo  anche  alla  esigenza,
 costituzionalmente rilevante  ed  evidenziata  dalla  Corte  (con  la
 menzionata  sent.  n.  164/1985),  secondo  cui l'assoggettamento del
 cittadino alla ferma  di  leva  deve  attuarsi  con  il  minor  danno
 possibile, nonche' del buon andamento della p.a.
    5.   -   Ne'   puo'  parimenti  ipotizzarsi  che  la  norma  trovi
 giustificazione nelle difficolta' organizzative dell'amministrazione,
 connesse  alla  predisposizione della chiamata alle armi dei soggetti
 ritardatari,  giacche'  tale  assunto  collide   oggettivamente   col
 principio  del buon andamento della amministrazione sancito dall'art.
 97 della Costituzione.
    La  ratio  del  precetto  costituzionale,  contenuto nell'art. 97,
 infatti, appare inconciliabile con qualsiasi scelta legislativa  che,
 come  quella in argomento, risulti essere sostanzialmente ispirata al
 principio secondo cui  i  ritardi  ed  i  disguidi  cui  puo'  andare
 incontro  la  p.a. (nella specie quella della Difesa, nel programmare
 l'avviamento alle armi dei soggetti che abbiano fruito  del  ritardo)
 possono    legittimamente   ritorcersi,   senza   alcuna   plausibile
 giustificazione, in danno del cittadino. Deve  altresi'  considerarsi
 che  l'art.  656  del  regio  decreto n. 1133/1942, mai abrogato, ne'
 esplicitamente,    ne'    implicitamente,     sancisce,     l'obbligo
 dell'Amministrazione militare di tenere aggiornato un apposito elenco
 nominativo contenente le variazioni annuali dei  giovani  ammessi  al
 ritardo,  di  tal  che  e'  la stessa legge che toglie rilevanza alla
 sopra  ipotizzata  difficolta'  dell'amministrazione  di  avere   una
 tempestiva  informazione  sui  soggetti  che  cessano  dal ritardo e,
 quindi, di pianificare la chiamata  degli  arruolati  ritardatari  in
 tempi legislativamente pre-fissati.
    6.  -  Tanto meno puo' sostenersi, infine, ove la norma disponesse
 un preciso termine  a  carattere  perentorio,  che  i  soggetti  gia'
 ammessi  al  ritardo  verrebbero  ad avere un vantaggio rispetto agli
 arruolati non ritardatari, giacche' dal sistema delle  norme  vigenti
 non  si  ricava  affatto  che per questi ultimi la chiamata alle armi
 possa,   indiscriminatamente,   essere   disposta   in   base    alla
 incondizionata discrezionalita' dell'amministrazione e dunque in ogni
 tempo.
    Anzi,  in generale, l'istituto della chiamata alle armi, in quanto
 rivolto ad imporre in conreto all'arruolato la prestazione  personale
 del servizio di leva, deve costituire atto dell'amministrazione della
 Difesa, dovuto nei tempi e nelle forme  dettate  dalla  legge,  fatte
 salve  solamente le facolta' (di ritardo o di dispensa) espressamente
 e tassativamente stabilite dalla stessa.
    In  definitiva, sembra al collegio che ogni cittadino debba sapere
 con certezza almeno in quale anno sara' chiamato  alle  armi  e  cio'
 impone che la legge disponga in modo tale che l'amministrazione operi
 la effettuazione della  ferma  di  leva  secondo  procedure  e  tempi
 predeterminati.  Ogni indeterminatezza del relativo regime giuridico,
 che di fatto e di diritto faccia dipendere la chiamata alle  armi  da
 eventi incerti ed aleatori (sia nel caso di arruolati ordinari che in
 quello di arruolati ritardatari) e' tanto poco consono ai  richiamati
 precetti  costituzionali,  quanto  poco  omogeneo  rispetto al quadro
 generale delle norme attualmente vigenti in materia.
    7.   -   In  conclusione,  sulla  scorta  delle  fin  qui  esposte
 considerazioni, sembra necessario rimettere la  questione  al  vaglio
 del  giudice  delle  leggi,  al  fine  di  pervenire ad un definitivo
 autorevole chiarimento del problema.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevate  e  non  manifestamente infondata, in relazione
 agli artt. 3, 23, 52  e  97,  primo  comma,  della  Costituzione,  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, secondo comma,
 della legge 31 maggio 1975, n. 191, nella parte in  cui  non  prevede
 che  il  termine  per  la  ciamata  alle  armi, ivi disposto, per gli
 arruolati dell'esercito e dell'aeronautica, sia perentorio;
    Sospende il presente giudizio.
    Ordina   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale a cura della  segreteria  della  sezione,  nonche'  la
 notifica   della  presente  ordinanza  alle  parti  in  causa  ed  al
 Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  e  la  comunicazione  della
 medesima ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Cosi'  deciso  in  Palermo,  nella  camera  di  consiglio  del 6
 dicembre 1989.
                      Il presidente: GIALLOMBARDO
    Il referendario: VENEZIANO
   Il referendario-estensore: DI PAOLA
 90C0798