N. 412 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 dicembre 1989- 14 giugno 1990

                                 N. 412
 Ordinanza   emessa   l'11   dicembre   1989   (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  il  14  giugno  1990)  dal  pretore  di  Venezia  nel
 procedimento civile vertente tra Ceroni Adriana e l'I.N.P.S.
 Previdenza  e  assistenza  sociale  - Pensioni I.N.P.S. - Pensione di
 riversibilita' - Quota aggiuntiva in cifra fissa non  cumulabile  con
 la  retribuzione  percepita  in costanza di lavoro alle dipendenze di
 terzi - Ingiustificata riduzione della pensione,  relativamente  alle
 quote  aggiuntive  in  cifra fissa, solo nei confronti del pensionato
 lavoratore  dipendente  e  non  anche  del  lavoratore   autonomo   -
 Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni analoghe.
 (Legge  21  dicembre 1978, n. 843, art. 16, come modificato dal d.-l.
 30 dicembre 1979, n. 633, art. 14, convertito nella legge 29 febbraio
 1980, n. 33).
 (Cost., art. 3).
(GU n.26 del 27-6-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella controversia di lavoro
 - promossa con ricorso depositato in cancelleria in  data  19  luglio
 1988  -  da  Ceroni Adriana, assistita dal procuratore domiciliatario
 avv.  E.  Cornelio  per  mandato  al  ricorso,   ricorrente,   contro
 l'I.N.P.S.  - assistito dal procuratore domiciliatario avv. A. Mascia
 per mandato alla comparsa di costituzione - convenuto;
 OGGETTO: illegittimita' ritenuta pensione riversibilita'
                           PREMESSE IN FATTO
    Con  ricorso  depositato il 19 luglio 1988 Adriana Ceroni esponeva
 di essere titolare di  una  pensione  S.O.  a  carico  dell'I.N.P.S.,
 essendo rimasta vedova del marito, gia' assicurato presso il medesimo
 istituto;  di  essere  dipendente  del  Ministero   delle   poste   e
 telecomunicazionie   di   avere   di   propria  iniziativa  segnalato
 all'I.N.P.S. la mancata  trattenuta  sulla  pensione,  da  parte  del
 datore  di  lavoro  di  quanto previsto dalle norme vigenti; di avere
 successivamente  ricevuto   lettera   dell'I.N.P.S.   contenente   la
 richiesta  di pagamento di L. 33.688.012 per trattenute per attivita'
 lavorativa, non effettuate dal datore di lavoro dal  giugno  1980  al
 maggio  1988;  di  ritenere tale richiesta fondata sull'art. 16 della
 legge 21 dicembre 1978, n. 843,  come  modificata  dall'art.  14  del
 d.-l. 30 dicembre 1979, n. 633, convertito in legge 29 febbraio 1980,
 n. 33, e di ritenere altresi' la illegittimita' costituzionale  della
 norma indicata perche' non giustificata dalla ratio della pensione di
 reversibilita', e non collegata, come altre  norme  limitative  della
 misura   della   pensione,   al   reddito  percepito  dal  pensionato
 lavoratore, con la conseguenza che la ritenuta viene effettuata  solo
 a  carico  del  pensionato  che  percepisce  altri  redditi da lavoro
 dipendente, e non  a  carico  del  pensionato  che  percepisce  altri
 redditi da lavoro autonomo o da capitale.
    L'I.N.P.S.  costituitosi  in  giudizio  ribadiva che il fondamento
 normativo della richiesta dell'Istituto era rappresentato dalla legge
 n.  33/1980  e  rilevava  come  la pensione di reversibilita' venisse
 nella fattispecie regolarmente corrisposta al di  fuori  delle  quote
 fisse  aggiuntive,  per  la semplice considerazione che il lavoratore
 dipendente percepiva con  la  retribuzione  altre  voci  equivalenti,
 mentre  il  percettore  di  reddito  autonomo  non  godeva  di  forme
 automatiche di protezione del proprio guadagno.
                                DIRITTO
    La   norma   di   cui   la  ricorrente  rileva  la  illegittimita'
 costituzionale cosi' recita "La quota aggiuntiva in cifra  fissa  non
 e'  cumulabile  con  la  retribuzione percepita in costanza di lavoro
 alle dipendenze di terzi. La  trattenuta  deve  comunque  fare  salvo
 l'importo  corrispondente  al  trattamento  minimo  di  pensione.  Le
 disposizioni di cui ai  precedenti  terzo  e  quarto  comma,  non  si
 applicano alle pensioni ai superstiti con piu' titolari".
    Secondo la ricorrente e, tale assunto viene condiviso dal pretore,
 la disparita' di  trattamento  conseguente  alla  applicazione  della
 norma  e consistente nella diminuzione della pensione - ridotta delle
 quote aggiuntive in cifra fissa - solo nei confronti  del  pensionato
 lavoratore  dipendente e non dei lavoratori autonomi non trova alcuna
 razionale giustificazione e si pone in contrasto con l'art.  3  della
 Costituzione.
    A  fondamento  della  ritenuta  illegittimita'  costituzionale  si
 rileva che la funzione della pensione - secondo quanto  affermato  in
 diverse decisioni della Corte costituzionale - e' quella di garantire
 a cui se ne sia assicurato il diritto - o ai suoi familiari  in  caso
 di  morte  -  una  entrata  periodica  idonea  a  fronteggiare, avuto
 riguardo alla situazione personale e  familiare  dei  beneficiari,  i
 bisogni  della  vita  in  un  periodo  successivo alla cessazione del
 rapporto di lavoro cui essa eccede; in considerazione del  fatto  che
 in tale periodo viene a mancare (all'interessato e ai suoi familiari)
 quella importante fonte di reddito rappresentata dal  lavoro  di  cui
 trattasi;  che  tale  funzione  puo'  giustificare  -  sempre secondo
 precedenti decisioni della Corte  costituzionale  una  riduzione  del
 trattamento  pensionistico quando con lo stesso concorre il godimento
 di un altro trattamento di attivita' che viene a  ridurre  l'esigenza
 previdenziale  in  funzione  della  quale  e'  stata  predisposta  la
 provvidenza pensionistica.
    Da   tali  affermazioni  di  principio  ed  in  particolare  dalla
 destinazione  della  pensione,  consegue   che   la   riduzione   del
 trattamento  pensionistico  puo' essere ritenuta giustificata solo in
 presenza della percezione da parte del pensionato  di  altro  reddito
 che gli consenta di fronteggiare adeguatamente le proprie esigenze di
 vita e che avrebbe dovuto percio' essere utilizzato come criterio  di
 riferimento  il  reddito  percepito dal pensionato a qualunque titolo
 (sia a  seguito  di  lavoro  dipendente  come  a  seguito  di  lavoro
 autonomo)  ed  essere  quindi fissato un tetto, al di sopra del quale
 poteva ritenersi giustificata la riduzione della pensione.
    La  norma  in  esame  ha  portato  invece  ad  una  indiscriminata
 riduzione della pensione nei confronti di tutti i titolari che  siano
 contemporaneamente  lavoratori  dipendenti (al di fuori della ipotesi
 di una contitolarita') ancorche' il reddito da lavoro dipendente  sia
 -  come nella fattispecie - particolarmente modesto e dall'altro lato
 ha consentito di continuare a godere della intera  pensione,  a  quei
 titolari  che percepiscano da lavoro autonomo ad altro titolo redditi
 anche elevati, in presenza dei quali invece potrebbe essere piu'  che
 giustificata la riduzione della pensione stessa.
    Ne'  tali conseguenze possono trovare adeguata giustificazione sui
 rilievi fatti dall'I.N.P.S.,  in  quanto  la  considerazione  che  il
 reddito   da   lavoro  autonomo  non  gode  di  forme  di  protezione
 automatica, non esclude che si pervenga con il sistema in vigore alle
 ingiuste  conseguenze  sopradescritte,  evitabili  invece con il piu'
 giusto ed oggettivo criterio di riferimento rappresentato dal reddito
 del pensionato.
    Apparendo   per   tali   considerazioni   la  norma  in  questione
 ingiustificatamente discriminatoria in  quanto  la  sua  applicazione
 comporta  un  diverso  trattamento  pensionistico  nei  confronti  di
 lavoratori che si trovano in analoghe condizioni - godimento da altro
 reddito da lavoro per il solo fatto che tale reddito derivi da lavoro
 autonomo o da lavoro dipendente, circostanza questa  che,  e'  invece
 irrilevante in relazione alla funzione della pensione ed alle ragioni
 che  ne  giustificano  la  riduzione  si  ritiene  che  la  sollevata
 questione  di  illegittimita'  costituzionale risulti rilevante e non
 manifestamente infondata risultando la norma in contrasto con  l'art.
 3 della Costituzione.
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art.  16  della  legge  21  dicembre
 1978,  n.  843,  come  modificato  dall'art. 14 del d.-l. 30 dicembre
 1979, n. 633, convertito in  legge  29  febbraio  1980,  n.  33,  per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
    Visto   l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, l'art. 23 della legge 11  marzo
 1953, n. 87, e l'art. 295 del c.p.c.;
    Dispone   la   trasmissione   immediata   degli  atti  alla  Corte
 costituzionale sospendendo il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza venga
 notificata alle parti, al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Venezia, addi' 11 dicembre 1989
                    Il pretore: (firma illeggibile)
   Il cancelliere: (firma illeggibile)
 90C0805