N. 415 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1989- 14 giugno 1990
N. 415 Ordinanza emessa il 30 novembre 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 14 giugno 1990) dal tribunale amministrativo regionale per il Veneto su ricorsi riuniti proposti da Rossi Adriano contro il comune di Venezia Edilizia e urbanistica - Regione Veneto - Destinazione d'uso di immobili - Mutamento senza opere edilizie - Autorizzazione sindacale - Necessita' - Violazione dei principi stabiliti dalla legge dello Stato (art. 25, quarto comma, della legge n. 10/1985) - Illegittima compressione dell'autonomia comunale. (Legge regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61, art. 76, primo comma, secondo punto, modificato dalla legge regione Veneto 11 marzo 1986, n. 9, art. 12). (Cost., artt. 5 e 117; legge 12 febbraio 1985, n. 47, art. 25, ultimo comma).(GU n.26 del 27-6-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 1670/1989 e 1671/1989 di Rossi Adriano, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Bucci come da mandato a margine dei ricorsi, con domicilio legale presso la Segreteria generale del t.a.r. per il Veneto, contro il comune di Venezia, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Gidoni e M. Maddalena Morino, con elezione di domicilio presso la civica avvocatura nella sede municipale, coma da mandato a margine dei controricorsi, per l'annullamento dei provvedimenti del sindaco di Venezia n. 1044 e n. 1080, entrambi in data 11 maggio 1989, con cui si negano le autorizzazioni per mutamento di destinazione d'uso nel fabbricato sito a Malcontenta in via Eupili n. 2 e n. 3; Visti i ricorsi, notificati il 15 luglio 1989 e depositati presso la segreteria il 19 luglio 1989, con i relativi allegati; Visti i controricorsi del comune, depositati il 22 luglio 1989; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 30 novembre 1989 (relatore il consigliere Puchetti) l'avv. Curato, in sostituzione dell'avv. Bucci, per il ricorrente e l'avv. Gidoni per il comune resistente; Ritenuto e considerato quanto segue: F A T T O Con ricorsi n. 1670/1989 e n. 1671/1989 il ricorrente espone di essere proprietario di un piccolo complesso immobiliare sito in Malcontenta, via Eupili n. 2, costituito da un fabbricato a due piani e da un grande capannone, cella frigorifero per la refrigerazione del pesce, in cui svolge da anni l'attivita' all'ingrosso di importazione ed esportazione di pesce congelato, utilizzando il piano terra dell'edificio ad uffici, il piano primo ad abitazione propria e della sua famiglia. Tempo fa il ricorrente costitui' con i figli la soc. Metares S.r.l., per lo svolgimento dell'attivita' di import-export. Recentemente sorgevano dei contrasti all'interno della societa', per cui il ricorrente decideva di estraniarsi dalla stessa, riprendendo autonomamente l'attivita', ma in un altro suo fabbricato a due piani, sito al civico n. 3 della stessa via Eupili, nel quale, al piano terreno, trovavasi gia' una grande cella frigorifero (oltre al garage ed a magazzini) ed intendendo utilizzare ad uffici il piano primo gia' adibito ad abitazione. In data 19 ottobre 1988, con due distinte istanze, assunte al protocollo comunale coi nn. 41950 e 41951, il ricorrente richiese al Sindaco di Venezia l'autorizzazione per il cambio di destinazione d'uso senza opere ad uffici sia del piano primo dell' ex abitazione sita nel fabbricato rientrante nel complesso gestito alla soc. Metares (al civico n. 2) e sia del piano primo dell' ex abitazione della costruzione utilizzata direttamente dal ricorrente (al civico n. 3). Trascorso nel silenzio il periodo di 90 giorni previsti dall'art. 79, terzo comma, della legge regionale n. 61/1985 per il maturarsi della autorizzazione edilizia tacita per quel mutamento di destinazione d'uso, le due ditte, resesi autonome, trasferivano ognuna i propri uffici al piano primo dei due anzidetti fabbricati rispettivamente utilizzati. Successivamente venivano comunicate al ricorrente le risposte sindacali negative sulle istanze di mutamento di destinazione d'uso, con la motivazione che "nelle zone di ristrutturazione edilizia la destinazione d'uso ammessa e' quella residenziale, nella quale peraltro sono consentite attivita' al servizio della residenza di modestissime dimensioni". Avverso tali dinieghi sindacali entrambi portanti la data dell'11 maggio 1989 e rispettivamente il n. 10740 prot. e n. 1044 reg., e il n. 11419 prot. e n. 1080 reg., sono proposti i due ricorsi in epigrafe specificati, a sostegno dei quali vengono dedotti i seguenti motivi: 1) violazione di legge, eccesso di potere per falsita' del presupposto. Premesso che l'art. 25, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, prevede l'assoggettamento ad un previo provvedimento autorizzatorio del sindaco soltanto del cambio di destinazione d'uso c.d. strutturale, cioe' con opere edilizie, il ricorrente sostiene che l'art. 76, primo comma, punto 2) della l.r.v. n. 61 del 27 giugno 1985 ha invece generalizzato l'obbligo della previa autorizzazione edilizia non solo estendendolo al caso di mutamento di destinazione senza opere - cosi' creandosi anche una disparita' rispetto al resto del territorio nazionale -, bensi' pure imponendolo in ogni caso sugli interi territori dei comuni, e pertanto contro una eventuale diversa volonta' delle amministrazioni comunali manifestatasi attraverso le prescrizioni del p.r.g. e non soltanto quindi per gli ambiti determinati discrezionalmente dai comuni. Tale disposizione della legge urbanistica veneta sarebbe palesemente incostituzionale in relazione agli artt. 117 e 3 della Costituzione in quanto statuente in contrasto con il principio generale posto dalla legge quadro n. 47/1985 (art. 25) secondo cui non e' assoggettato ad alcun provvedimento sindacale il mero mutamento di destinazione senza opere, ed in ogni caso, anche nell'ipotesi di esecuzione di talune opere, tale autorizzazione puo' essere imposta per specifiche zone urbanistiche del territorio comunale, motivatamente individuate. Il ricorrente ricorda, poi, l'insegnamento giurisprudenziale secondo il quale il mutamento di destinazione d'uso prescinde da ogni previo provvedimento edilizio sindacale. Si ritengono quindi illegittimi i dinieghi impugnati sia per incostituzionalita' - anche in via derivata - dell'art. 76 l.r.v. n. 61/1985, sia perche' si fonderebbero su presupposti erronei; 2) violazione di legge; eccesso di potere per falsita' e carenza del presupposto. In via subordinata si sostiene che ove si ritenesse necessaria la autorizzazione sindacale anche per il semplice mutamento di destinazione funzionale, i dinieghi impugnati sarebbero illegittimi in quanto si pretenderebbe di poter negare tardivamente un provvedimento autorizzatorio gia' maturatosi ope legis per effetto del silenzio-assenso realizzatosi ex art. 79, terzo comma, della l.r.v. n. 61/1985. Il comune di Venezia si e' costituito in entrambi i ricorsi contestando sia l'esposizione di fatto che i motivi di diritto, e ne chiede il rigetto con vittoria di spese ed onorari di giudizio. D I R I T T O In via pregiudiziale va disposta la riunione dei ricorsi, sia perche' connessi soggettivamente, sia perche' prospettano identita' di questioni. Il ricorrente impugna i provvedimenti con i quali il sindaco di Venezia comunica di non poter rilasciare le concessioni richieste per cambio di destinazione d'uso, senza esecuzione di opere, da abitazione ad uffici del secondo piano nei due edifici siti in Malcontenta via Eupili nn. 2 e 3, adducendo il contrasto con la normativa del p.r.g. e precisamente dell'art. 16 comma secondo punto primo delle n.t.a. della variante per le zone rurali della terraferma, che, per la zona di ristrutturazione edilizia, nella quale rientrano gli immobili in questione, prevede la sola destinazione ad uso residenziale con possibilita' di assentire delle attivita' al servizio della residenza ma di modestissime dimensioni. Il ricorrente ha presentato la domanda di autorizzazione perche' essa e' imposta dall'art. 76, primo comma, n. 2, della l.r. del veneto n. 61 del 27 giugno 1985, che nel testo modificato dall'art. 12 della l.r. n. 9 dell'11 marzo 1986 subordina ad autorizzazione i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili senza opere a cio' preordinate. Il ricorrente sostiene che questa norma e' costituzionalmente illegittima; e la questione e' rilevante ai fini della decisione della presente controversia, perche' sulla norma stessa, di cui si denunzia la illegittimita' costituzionale, si fonda il potere esercitato dal sindaco col provvedimento impugnato. La questione di legittimita' costituzionale cosi' come dedotta non appare, d'altra parte, priva di fondamento. E' noto che la materia che qui rileva e' oggetto di legislazione concorrente, ripartita cioe' tra norme statali e norme regionali. L'art. 25, ultimo comma, della legge statale 28 febbraio 1985, n. 47, dispone testualmente: "La legge regionale stabilisce, altresi', criteri e modalita' cui dovranno attenersi i comuni, all'atto della predisposizione di strumenti urbanistici, per la eventuale regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, della destinazione d'uso degli immobili nonche' dei casi in cui per la variazione di essa sia richiesta la preventiva autorizzazione del sindaco. La mancanza di tale autorizzazione comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 10 ed il conguaglio del contributo di concessione se dovuto". Questa disposizione, come generalmente ritenuto, detta norme di principio (art. 117 della Costituzione) rimettendo alla legislazione regionale di disporre una disciplina urbanistica che determini i criteri (cioe' i contenuti previsionali) e le modalita' (cioe' i moduli procedimentali) in ordine sia alla destinazione d'uso degli immobili, sia alla indicazione dei casi in cui per la modificazione della destinazione medesima sia richiesta la preventiva autorizzazione del sindaco. Ai comuni compete poi, attraverso gli strumenti urbanistici, di dare concreta applicazione alle suddette previsioni se ed in quanto ritenute opportune e per determinate zone territoriali. Ad avviso del collegio tale norma ha inteso recepire e consacrare il ripetuto insegnamento giurisprudenziale, gia' formatosi in materia con riferimento alla legge 28 gennaio 1977, n. 10, e ribadito dopo l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Cons. St., IV, 28 luglio 1982 n. 525; Cons. St., V, 18 gennaio 1988 n. 8; Cons. St. V, 14 dicembre 1988 n. 824) secondo il quale la variazione di destinazione d'uso non accompagnata da interventi di adattamento o di ristrutturazione (c.d. mutamento d'uso funzionale, contrapposto a quello strutturale nel caso che il mutamento consegua all'esecuzione di opere) in linea di massima non ha rilievo urbanistico-edilizio, eppertanto non e' soggetta ne' a concessione ne' ad autorizzazione. A tale conclusione conduce anche l'esame di altre disposizioni contenute nella legge n. 47/1985 che tutte fanno riferimento alla variazione d'uso che presuppongono la realizzazione di opere: cosi' l'art. 7 primo comma in cui (tra l'altro) sono considerate opere eseguite in totale difformita' dalla concessione quelle che comportano una diversa utilizzazione dell'immobile realizzato; l'art. 8, primo comma, lett. a), che ai fini della determinazione delle variazioni essenziali prevede appunto l'ipotesi di mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standars previsti dal d.m. 20 aprile 1968 (disposizione che va collegata con l'art. 7, secondo comma); l'art. 15 che prevede una piu' favorevole normativa anche per il caso di variante in corso d'opera (non assentita) che non modifichi la destinazione d'uso; cosi' infine l'art. 26 che stabilisce che non sono soggette a concessione ne' ad autorizzazione le opere interne che non comportino modifiche di destinazione d'uso delle singole unita' immobiliari. Ora la l.r. veneta 27 giugno 1985, n. 61, entrata in vigore dopo la legge statale 28 febbraio 1985, n. 47, che ridisciplina in modo organico la materia urbanistica, all'art. 76, primo comma, come modificato dall'art. 12 della l.r.v. n. 9 dell'11 marzo 1986, stabilisce testualmente: "L'esecuzione degli interventi di trasformazione urbanistica e/o degli immobili e' soggetta al rilascio di: 1) omissis; 2) un'autorizzazione onerosa, quando, senza opere a cio' preordinate, vi sia un mutamento di destinazione d'uso degli immobili, che oltre ad esser compatibile con le caratteristiche della zona o comunque espressamente consentito dagli strumenti urbanistici, comporta la corresponsione di un contributo pari alla differenza fra la precedente e la nuova destinazione". Ad avviso del collegio questa statuizione contrasta con l'art. 25, quarto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, perche' anziche' disciplinare il potere dei comuni di regolamentare, se lo ritengono opportuno, in ambiti determinati del territorio comunale, le destinazioni d'uso degli immobili assoggettandone eventualmente i mutamenti ad autorizzazione del sindaco, si sostituisce ai comuni nell'assoggettare ad autorizzazione indiscriminatamente tutti i mutamenti di destinazione d'uso; e pertanto viola l'art. 117 della Costituzione, dato che nell'art. 25, quarto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, deve ravvisarsi un principio fondamentale cui la legislazione regionale deve attenersi, e l'art. 5 della Costituzione, in quanto comprime l'autonomia comunale in contrasto con quanto prescrive il predetto art. 25, quarto comma. Le sovraesposte considerazioni portano a ritenere non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 76 primo comma punto 2 della l.r. del Veneto n. 61/1985 come modificato dall'art. 12 della l.r. del Veneto n. 9/1986, per violazione degli artt. 117 e 5 della Costituzione.
P. Q. M. Dispone la riunione dei ricorsi di cui in premessa, e ritiene, per le ragioni esposte in motivazione, non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 76, primo comma, punto 2, della legge regionale del Veneto n. 61 del 27 giugno 1985 come modificato dall'art. 12 della legge regionale del Veneto n. 9 dell'11 marzo 1986, con riferimento agli artt. 117 e 5 della Costituzione, in quanto in contrasto con la norma di cui all'art. 25, ultimo comma, della legge statale n. 47 del 12 febbraio 1985; Sospende i giudizi in epigrafe; Rimette alla Corte costituzionale a norma dell'art. 134 della Costituzione e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dedotta questione di legittimita' costituzionale; Manda alla segreteria della sezione di provvedere alla notificazione della presente ordinanza alle parti in causa nonche' al presidente della giunta regionale del Veneto, ed alla comunicazione della medesima al presidente del consiglio regionale del Veneto. Cosi' deciso in Venezia, addi' 30 novembre 1989 Il presidente: (firma illeggibile) L'estensore: (firma illeggibile) Il segretario: (firma illeggibile) 90C0808