N. 314 SENTENZA 26 giugno - 5 luglio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Ricorsi delle regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria,
 Toscana e Lombardia- Previdenza- Contributi assicurativi per gli
 apprendisti artigiani- Imposizione alle regioni dell'obbligo di
 pagare i contributi dovuti per gli anni 1988 e precedenti-
 Accantonamento da parte del Ministero del tesoro, in assenza delle
 convenzioni da stipularsi ai sensi dell'art. 16, terzo comma, della
 legge 21 dicembre 1978, n. 845, di somme pari all'importo dovuto per
 gli anni precedenti dalle singole regioni da prelevarsi a favore
 degli istituti previdenziali da fondo di cui all'art. 8 della legge
 n. 291/1970- Stravolgimento del precedente sistema in base al quale
 l'obbligo contributivo delle regioni era subordinato alla stipula
 delle convenzioni- Incertezza riguardo alla copertura finanziaria
 degli oneri derivanti dal pagamento dei contributi - Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (D.-L. 9 ottobre 1989, n. 338, conv. in legge 7 dicembre 1989, n.
 389, art. 8, secondo, terzo e quarto comma).
 
 (Cost., artt. 81, quarto comma, 117, 118 e 119).
 
 Ricorsi delle regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria,
 Toscana e Lombardia - Previdenza - Contributi assicurativi per gli
 apprendisti artigiani - Obbligo per le regioni di comunicare  al
 Ministro del lavoro e previdenza sociale e al Ministro del tesoro
 l'avvenuta stipula delle convenzioni di cui all'art. 16, terzo comma,
 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 - Asserita estensione degli
 obblighi contributivi delle regioni tenute al pagamento delle sole
 assicurazioni obbligatorie eventualmente connesse alle attivita'
 svolte dagli apprendisti nell'ambito dei  progetti formativi di
 competenza regionale - Insussistenza Previsione di un mero obbligo di
 comunicazione di per se' non contrastante con l'autonomia delle
 regioni - Non fondatezza della questione.
 
 (D.-L. 9 ottobre 1989, n. 338, conv. in legge 7 dicembre 1989, n.
 389, art. 8, primo comma).
 
 (Cost., artt. 81, quarto comma, 117, 118 e 119).
 
 Ricorsi delle regioni, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria,
 Toscana e Lombardia - Previdenza - Contributi assicurativi per gli
 apprendisti artigiani - Imposizione alle regioni dell'obbligo di
 stipulare le convenzioni di cui all'art. 16, terzo comma, della legge
 21 dicembre 1978, n. 845 - Previsto accantonamento da parte del
 Ministero del tesoro, in assenza di tali convenzioni, di somme pari
 all'importo dovuto dalle singole regioni per gli anni precedenti, da
 prelevarsi dal fondo di cui all'art. 8 della legge n. 291/1970 -
 Lamentata reiterazione di un d.l. gia' emesso in assenza dei
 presupposti costituzionali che lo giustifichino - Impossibilita' di
 far valere, in sede di giudizio di legittimita' costituzionale in via
 principale, presunte violazioni di norme costituzionali regolanti il
 potere governativo di adozione dei decreti-legge - Difetto di
 interesse  a ricorrere - Inammissibilita' della questione.
 
 (D.-L. 9 ottobre 1989, n. 338, conv. in legge 7 dicembre 1989, n.
 389, art. 8).
 
 (Cost., art. 77, anche in connessione con l'art. 15, lett.  c, della
 legge 23 agosto 1988, n. 400).
 
 Conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Ricorso della regione Toscana - Previdenza - Contributi assicurativi
 per gli apprendisti artigiani - Oggetto del conflitto - Decreto-legge
 emanato dal Governo ai sensi dell'art.  77 della Costituzione -
 Inidoneita' dell'atto impugnato a dar luogo ad un conflitto di
 attribuzione tra Stato e regione Inammissibilita'.
 
 (D.-L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8).
(GU n.28 del 11-7-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 8 del decreto
 legge 9 ottobre 1989, n. 338  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
 evasione  contributiva,  di  fiscalizzazione degli oneri sociali e di
 sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati)
 promossi  con ricorsi delle Regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna,
 Umbria, Toscana e Lombardia notificati il 28 ottobre, 4 e 8  novembre
 1989,  depositati  in  cancelleria  il  3,  6  e  15 novembre 1989 ed
 iscritti rispettivamente ai nn. 91, 92, 93, 94, 95 e 98 del  registro
 ricorsi  1989;  nonche'  nei  giudizi  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 8 del decreto legge 9  ottobre  1989,  n.  338  convertito,
 senza modificazioni, nella legge 7 dicembre 1989, n. 389 promossi con
 ricorsi delle Regioni Abruzzo, Umbria, Toscana, Veneto  e  Lombardia,
 notificati  il 3, 5 e 8 gennaio 1990, depositati in cancelleria l'8 e
 12 successivi ed iscritti rispettivamente ai nn. 3, 4, 5, 6 e  7  del
 registro  ricorsi  1990;  e  nel  giudizio promosso con ricorso della
 Regione  Toscana  notificato  l'8  novembre   1989,   depositato   in
 cancelleria  il  15  novembre  successivo  ed  iscritto  al n. 19 del
 registro ricorsi 1989, per conflitto di attribuzione sorto a  seguito
 dell'art. 8 del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1990  il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avvocati  Valerio  Onida  per  le  Regioni  Piemonte e
 Lombardia, Giorgio Berti per la Regione Veneto, Alberto Predieri  per
 le Regioni Emilia-Romagna, Umbria e Toscana, Marco di Raimondo per la
 Regione Abruzzo  e  l'Avvocato  dello  Stato  Gaetano  Zotta  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Le Regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana,
 Lombardia e Abruzzo  hanno  proposto  ricorso  per  la  dichiarazione
 d'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8  del  decreto-legge  9
 ottobre 1989, n. 338 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  evasione
 contributiva,  di  fiscalizzazione  degli  oneri  sociali e di sgravi
 contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati).
    2.  - L'art. 8 del decreto-legge n. 338 del 1989 e' ritenuto dalla
 Regione Piemonte contrastante con l'art. 77  della  Costituzione,  in
 relazione all'art. 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonche' con
 gli artt. 16 e 22 della  legge  21  dicembre  1978,  n.  845,  e,  in
 subordine, con gli artt. 24, 101 e 113 della Costituzione.
    La  ricorrente premette che la disciplina impugnata segue la legge
 quadro in materia di  formazione  professionale  (legge  21  dicembre
 1978,  n.  845),  la  quale,  sul presupposto del trasferimento delle
 relative competenze alle regioni,  stabiliva  (art.  16)  che  queste
 ultime, ai fini del pagamento dei contributi attinenti all'assistenza
 sociale obbligatoria per gli apprendisti (art. 21 della legge  n.  25
 del   1955),   dovessero  stipulare  con  gli  istituti  assicuratori
 convenzioni   per   il   pagamento   delle   somme   occorrenti   per
 l'assicurazione  in  favore degli apprendisti artigiani, a valere sui
 fondi di cui all'art. 22, primo comma, della  medesima  legge  (fondo
 comune  previsto  dall'art.  8  della  legge  16 maggio 1970, n. 281,
 integrato con gli stanziamenti statali gia' attinenti alle  attivita'
 trasferite  e  con  le  disponibilita'  del Fondo per l'Addestramento
 Professionale dei Lavoratori (FAPL) per l'anno 1979.
    Questa  disciplina  -  la  quale,  secondo  la  ricorrente, faceva
 sorgere l'obbligo del pagamento dei contributi solo a  seguito  della
 stipulazione  delle apposite convenzioni (peraltro mai avvenuta) - e'
 stata sostituita dall'impugnato decreto legge n.  338  del  1989,  il
 quale,  all'art.  8,  ha  stabilito  una  piu'  articolata normativa,
 consistente  nei  seguenti  punti:  a)  le  regioni  sono  tenute   a
 comunicare  al Ministro del lavoro e a quello del tesoro, entro il 20
 ottobre 1989, le convenzioni con gli istituti  previdenziali  di  cui
 all'art.  16,  terzo  comma,  della  legge  21 dicembre 1978, n. 845,
 convenzioni che devono prevedere il pagamento dei contributi per  gli
 anni  1988  e  precedenti in dieci annualita' costanti e alla stregua
 dei criteri previsti nel secondo comma dello stesso articolo; b)  nel
 caso  che  le  convenzioni  non  fossero  stipulate  e comunicate nei
 termini previsti, il Ministro  del  tesoro  provvede  ad  accantonare
 importi  annuali  corrispondenti  a  quelli  dovuti,  a  valere sulle
 erogazioni spettanti alle regioni per gli anni 1990 e  successivi  ai
 sensi  dell'art.  8  della legge 12 maggio 1970, n. 281; c) in attesa
 della stipula delle convenzioni, le somme dovute da ogni regione  per
 gli  anni  1989  e  successivi vengono trattenute sulle quote ad esse
 spettanti  a  titolo  di  ripartizione  del  fondo  comune  afferente
 all'anno  successivo a quello di competenza dei contributi, assumendo
 a base di calcolo i crediti annualmente comunicati dal  Ministro  del
 lavoro  ai  fini  della successiva erogazione a favore degli istituti
 assicuratori.
    Secondo la ricorrente, le disposizioni ora ricordate violerebbero,
 innanzitutto, l'art. 77 della Costituzione, sia  perche'  l'impugnato
 decreto-legge  difetterebbe dei requisiti di necessita' e di urgenza,
 sia perche' l'art. 8 sarebbe inserito in  un  decreto-legge  che,  in
 contrasto  con  quanto  stabilito dall'art. 15 della legge n. 400 del
 1988,  sembrerebbe  privo  di  un  contenuto  specifico,  omogeneo  e
 corrispondente al titolo.
    In  secondo  luogo,  le stesse disposizioni violerebbero gli artt.
 117 e 119 della Costituzione in quanto, laddove impone  alle  regioni
 oneri   previdenziali   e  assicurativi  non  rispondenti  ad  alcuna
 competenza regionale (essendo affidata  al  Ministro  del  tesoro  la
 competenza  a  fissare  i  contributi),  realizzerebbe  una  sorta di
 fiscalizzazione  di  oneri  sociali  a  carico  delle  sole   finanze
 regionali, e non della collettivita' generale.
    In terzo luogo, la ricorrente ravvisa una violazione dell'art. 81,
 quarto comma, e 119 della  Costituzione  da  parte  dell'art.  8  del
 decreto-legge  impugnato,  in quanto gli oneri accollati alle regioni
 sarebbero privi della relativa copertura ed inciderebbero in  maniera
 dirompente sulla programmazione finanziaria regionale.
    In  altre parole, precisa la ricorrente, ad una situazione, in cui
 l'obbligo  del  versamento  dei  contributi  e  della   loro   misura
 dipendevano  dalla  stipula di convenzioni con gli enti assicuratori,
 ne  subentrerebbe  un'altra,  quella  delineata   dall'art.   8   del
 decreto-legge   impugnato,  la  quale  sarebbe  caratterizzata  dalla
 imposizione ex lege dell'obbligo contributivo  non  accompagnata  dal
 necessario adeguamento dello stanziamento dei fondi. Infatti, secondo
 la regione, non si  potrebbe  in  alcun  modo  rinvenire  un'adeguata
 copertura  nei  fondi  indicati  nell'art.  22 della legge n. 845 del
 1978, i quali si sarebbero rivelati assolutamente insufficienti  gia'
 nel  1979.  Quest'ultimo dato, del resto, potrebbe essere agevolmente
 accertato da  questa  Corte,  ove  si  decidesse  di  acquisirlo  con
 ordinanza   istruttoria.   Resterebbe   il  fatto,  ad  avviso  della
 ricorrente, che la quota del FAPL  confluita  nel  fondo  comune  non
 sarebbe  mai  stata  rivalutata  dopo il 1979, mentre gli importi dei
 contributi sarebbero aumentati di  circa  tre  volte  a  seguito  dei
 decreti  del  Ministro del lavoro. Sicche' sussisterebbe un ulteriore
 profilo di violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione,
 in  dipendenza  del  fatto  che  i  contributi  il cui onere e' stato
 addossato alle regioni risulterebbero indeterminati e, in ogni  caso,
 sarebbero  sicuramente  destinati  ad  aumentare  in  ragione  di due
 fattori - l'aumento degli apprendisti e l'aumento dei contributi  che
 non  sarebbero  controllabili  dalle  regioni,  le  quali  non  hanno
 competenze in materia.
    In  via  subordinata,  la  ricorrente denuncia la violazione degli
 artt. 24, 101 e 113 della Costituzione,  in  quanto  la  disposizione
 impugnata,  nel determinare autoritativamente l'esistenza e l'entita'
 del presunto obbligo, interferirebbe con le  funzioni  dell'autorita'
 giudiziaria  e  comprimerebbe  il  diritto  delle regioni alla tutela
 giudiziaria nei confronti delle pretese degli istituti  assicuratori.
    3.   -   La   Regione   Veneto   ha   contestato  la  legittimita'
 costituzionale dell'art. 8 del decreto-legge n. 338  del  1989  sotto
 tre distinti profili.
    A suo giudizio, risulterebbero innanzitutto violati gli artt. 117,
 118, 119 e 77 della Costituzione, in  relazione  all'art.  15,  terzo
 comma,  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400,  dal momento che si
 tratterebbe di un insieme di  norme  che,  essendo  contenuto  in  un
 decreto-legge   non  omogeneo  ed  essendo  stato  emanato  senza  la
 necessaria urgenza del provvedere, realizzerebbe una  violazione  dei
 requisiti di forma propri della decretazione di cui all'art. 77 della
 Costituzione.
    In  secondo  luogo,  l'art. 8 del decreto impugnato contrasterebbe
 con gli artt.  117,  118  e  119  della  Costituzione,  in  relazione
 all'art.  8  della  legge n. 281 del 1970 e 21 della legge n. 335 del
 1976,  in  quanto  dall'applicazione  delle  disposizioni   impugnate
 deriverebbe  un  vincolo  a scopi specifici di una porzione del fondo
 comune - il quale  ha  come  sua  esclusiva  destinazione  quella  di
 fronteggiare autonomamente le spese necessarie allo svolgimento delle
 funzioni normali delle regioni -, un vincolo che inciderebbe, dunque,
 sul  bilancio  regionale.  In  particolare, la ricorrente osserva che
 l'impugnato art. 8 innova radicalmente la disciplina posta  dall'art.
 16,  terzo  comma,  della  legge  n.  845  del  1978, con la quale si
 collegherebbe in modo affatto artificioso. Infatti, le convenzioni di
 cui   all'art.  16  erano  strettamente  correlate  all'esercizio  di
 funzioni  regionali  in  materia  di  formazione  professionale   che
 avessero  determinato  di  per  se',  per le particolari modalita' di
 esplicazione della formazione, il ricorso a  forme  assicurative.  Di
 qui derivava, a giudizio della ricorrente, che gli oneri assicurativi
 erano accollati dalle singole regioni solo nei limiti in  cui  queste
 avessero   esercitato,  direttamente  o  indirettamente,  compiti  di
 formazione professionale in senso stretto. La disposizione impugnata,
 invece,  prevedrebbe  un  onere  relativo  a  tutte  le assicurazioni
 obbligatorie dovute per gli  apprendisti  artigiani,  un  onere  che,
 pertanto,  sarebbe  molto  simile  a  un'imposta, come si desumerebbe
 anche dalla configurazione delle penalita' per  le  regioni  che  non
 stipulano le convenzioni con gli enti assicuratori.
    Infine,  l'art. 8 del decreto-legge n. 338 del 1989 violerebbe gli
 artt. 5, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione, in  connessione  con
 le  relative  norme  sul  trasferimento delle funzioni amministrative
 (d.P.R. n. 616 del 1977), a quelle della legge quadro in  materia  di
 formazione professionale (artt. 16 e 22, nonche' 3, 4 e 5 della legge
 n. 845 del 1978) e a quelle sulla disciplina dell'apprendistato (art.
 21  della  legge  n.  25  del 1955). Piu' precisamente, la ricorrente
 osserva  che,  in  base  alle  leggi  appena  citate,  le  competenze
 regionali  concernerebbero  solamente  le  attivita' pubblicistiche o
 costituenti  servizi  d'interesse   pubblico,   e   non   invece   la
 costituzione  del  rapporto  di  lavoro  o  gli  aspetti retributivi,
 contributivi e previdenziali ivi compresi. Sul  piano  finanziario  a
 questa divisione ne corrisponderebbe un'altra per la quale, mentre le
 prime attivita' dovrebbero essere finanziate  nell'ambito  del  fondo
 comune  di  cui  all'art.  8  della  legge n. 281 del 1970, le altre,
 invece, troverebbero la loro copertura in un apposito capitolo  dello
 stato  di  previsione  del bilancio del Ministero del lavoro (art. 18
 della legge n. 845 del 1978). In questo sistema le regioni dovrebbero
 provvedere soltanto alle spese relative alle attivita' nelle quali si
 concretizzano gli interventi regionali (e non gia' a quelle  inerenti
 al  rapporto  di  lavoro di apprendista), come sembrerebbe confermato
 dalla scelta dello strumento convenzionale per determinare  di  volta
 in   volta   l'obbligo  contributivo.  L'impugnato  art.  8,  invece,
 stravolgerebbe questo sistema estendendo l'obbligo  di  contribuzione
 delle   regioni  ad  aspetti  del  rapporto  di  lavoro  e  caricando
 retroattivamente sulle regioni stesse un onere finanziario  privo  di
 qualsiasi titolo, senza prevedere i relativi mezzi di copertura. Come
 effetto di tale stravolgimento,  l'art.  8  conferirebbe  inoltre  al
 Ministro  del  tesoro  una  posizione  di  supremazia  e il potere di
 appropriarsi di quote del fondo comune, in violazione  dell'art.  125
 della Costituzione.
    4.  -  Con tre distinti ricorsi dal contenuto identico, le Regioni
 Emilia-Romagna,  Umbria  e   Toscana   contestano   la   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  8  del  decreto-legge  n.  338 del 1989 in
 riferimento agli artt. 5, 77, 117, 118 e 119 della Costituzione.
    Nello  svolgere  argomentazioni  analoghe  a  quelle  dedotte  nei
 precedenti ricorsi, le ricorrenti  insistono  sulla  rilevanza  della
 reiterazione   del   decreto-legge   in  ordine  alla  lesione  delle
 competenze regionali da parte di un potere  statale  illegittimamente
 esercitato.
    In relazione al contenuto normativo dell'art. 8, esse lamentano in
 particolare   la   sostanziale   introduzione   di   un    meccanismo
 sanzionatorio  ai  danni  delle  regioni  alle cui finanze verrebbero
 sottratte  anche  le  somme  dovute  per  la  mancata  stipula  delle
 convenzioni  per  fatto  o  colpa  degli  enti  previdenziali. Di qui
 deriverebbe una lesione delle competenze  proprie  delle  regioni  in
 materia  di  formazione  professionale,  entro  la  quale  andrebbero
 ricomprese le  competenze  in  discussione  sull'apprendistato  degli
 artigiani.
    Infine,  l'art.  8, terzo comma, presenterebbe un ulteriore motivo
 d'illegittimita'  costituzionale  laddove  introduce   un   controllo
 sostitutivo  non  rispondente  ai requisiti di cui all'art. 125 della
 Costituzione,  come  enucleati  da  questa  Corte,   in   quanto   si
 tratterebbe  di  un  controllo  affidato  a  un Ministro, anziche' al
 Governo, ed effettuato inaudita altera parte.
    Le  ricorrenti  chiedono altresi' che questa Corte disponga in via
 cautelare la sospensione dell'efficacia delle disposizioni impugnate.
    5.  -  La  Regione Lombardia ha presentato un ricorso con il quale
 contesta la legittimita' costituzionale dell'art. 8 del decreto-legge
 n.  338  del  1989 con argomentazioni identiche a quelle svolte dalla
 Regione Piemonte nel ricorso precedentemente illustrato (v. punto 2).
    6.  -  La Regione Abruzzo ha presentato un ricorso di legittimita'
 costituzionale nei confronti dell'art. 8 del decreto-legge n. 338 del
 1989,  convertito,  senza modificazioni, nella legge 7 dicembre 1989,
 n. 389.
    Sul presupposto che la legge quadro sulla formazione professionale
 abbia trasferito  alle  regioni  anche  gli  oneri  previdenziali  ed
 assicurativi  inerenti alle posizioni degli apprendisti artigiani, la
 ricorrente ricorda che tale trasferimento sarebbe stato sottoposto  a
 due  condizioni,  che non si sono verificate: la copertura attraverso
 il fondo comune integrato e la stipulazione delle convenzioni con gli
 istituti  assicuratori.  La  causa  di  cio' sarebbe da ricondurre al
 fatto che non si e' mai registrato un equilibrio tra il finanziamento
 disposto  e  i  costi  presuntivi.  Di  qui  conseguirebbe  la palese
 incostituzionalita' della disposizione impugnata, perche'  imporrebbe
 alla  regione  oneri  che  non  le competono e lederebbe il principio
 dell'autonomia finanziaria. Ne', ad avviso della ricorrente, lo Stato
 potrebbe  lamentarsi ora della mancata stipula delle convenzioni, dal
 momento  che   avrebbe   dovuto   sollevare   allora   conflitto   di
 attribuzione.  In  luogo  di  questo,  lo  Stato,  a  giudizio  della
 ricorrente, ha invece introdotto il meccanismo di  cui  all'impugnato
 art. 8.
    Infine,  quest'ultimo  articolo  violerebbe  anche  gli  artt. 81,
 quarto  comma,  e  119  della  Costituzione  per   omessa   copertura
 finanziaria  degli  oneri  gravanti  sulle  regioni, dal momento che,
 mentre  lo  Stato  ha  aumentato  gli  importi  dei  contributi,  non
 risulterebbero corrispondentemente incrementate le entrate necessarie
 a farvi fronte.
    7.  -  Le  Regioni  Umbria,  Toscana,  Veneto  e  Lombardia  hanno
 presentato  ulteriori  ricorsi  nei   confronti   dell'art.   8   del
 decreto-legge  n.  338  del 1989 dopo che questo e' stato convertito,
 senza modificazioni, nella legge 7 dicembre 1989,  n.  389.  In  essi
 vengono  sostanzialmente  riformulate le stesse argomentazioni svolte
 nei ricorsi  precedentemente  presentati  dalle  medesime  ricorrenti
 salvo le osservazioni relative alla reiterazione dei decreti-legge.
    8. - Rispetto a tutti i ricorsi illustrati nei punti precedenti si
 e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
 eccependo,     innanzitutto,     l'inammissibilita'    dei    profili
 d'illegittimita'   costituzionale   relativi   all'art.   77    della
 Costituzione, in quanto sarebbero connessi a pretesi vizi procedurali
 non comportanti  lesioni  delle  competenze  regionali.  L'Avvocatura
 dello  Stato  nega  anche che possa essere accolta la richiesta delle
 Regioni Emilia-Romagna,  Umbria  e  Toscana  diretta  a  ottenere  la
 sospensione  dell'efficacia  delle  disposizioni impugnate, rilevando
 che il potere cautelare su cui si pretende di  fondare  la  richiesta
 non  potrebbe  esser  considerato  come  componente  essenziale della
 tutela giurisdizionale.
    A  proposito  delle pretese violazioni degli artt. 117 e 119 della
 Costituzione, il resistente osserva che la materia previdenziale  non
 rientrerebbe nelle competenze proprie delle regioni, ma sarebbe stata
 delegata a queste dall'art. 16, terzo comma, della legge n.  845  del
 1978.  Replicando,  in  particolare,  alle osservazioni della Regione
 Veneto, l'Avvocatura afferma  che,  a  suo  giudizio,  la  disciplina
 dell'impugnato  art. 8 non rientrerebbe nella "istruzione artigiana e
 professionale e assistenza scolastica", ne' nell'"artigianato".  Cio'
 si  desumerebbe chiaramente dall'art. 35 del d.P.R. n. 616 del 1977 e
 dagli artt. 2, 3 e 16 della legge n. 845 del 1978.
    Riguardo  alle  censure mosse in riferimento agli artt. 81, quarto
 comma, e 119 della Costituzione, l'Avvocatura  dello  Stato  contesta
 che l'impugnato art. 8 abbia addossato alle regioni nuovi oneri e non
 abbia garantito alle stesse la provvista  dei  mezzi  finanziari  per
 farvi   fronte.   Al   contrario,  secondo  l'Avvocatura,  l'articolo
 impugnato confermerebbe obblighi gia' contenuti nell'art.  16,  terzo
 comma,  della  legge n. 845 del 1978, ma rimasti a lungo inadempiuti;
 nello stesso tempo, prevedrebbe agevolazioni a favore delle  regioni,
 come  quelle  sugli  arretrati e sui pagamenti rateizzati. Del resto,
 continua l'Avvocatura dello Stato, la provvista dei mezzi  finanziari
 andrebbe ricercata nelle norme poste dall'art. 22, primo comma, della
 legge n. 845 del 1978, il quale fa riferimento al fondo comune di cui
 all'art.  8  della  legge  n.  281  del 1970, integrato con tutti gli
 stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato attinenti  ad
 attivita'  di  formazione  professionale  trasferite o da trasferire,
 nonche' con l'importo corrispondente alla disponibilita' del FAPL per
 il 1979.
    Quanto,  poi,  alla  prospettazione  delle  ricorrenti, secondo la
 quale  i  fondi  sarebbero  stati   in   ogni   caso   insufficienti,
 l'Avvocatura   dello   Stato,   dopo   aver   sottolineato  che  tale
 argomentazione sembra presupporre l'ammissione dell'obbligo,  replica
 con  quattro  ordini  di  ragioni. Innanzitutto, sostiene che non sia
 possibile dubitare oggi della legittimita'  costituzionale  dell'art.
 16  della  legge  n.  845  del  1978,  al  quale  va  fatta  risalire
 l'imposizione dell'obbligo  alle  regioni.  In  ogni  caso,  continua
 l'Avvocatura, non si dovrebbe porre un problema di copertura di nuove
 o  maggiori  spese,  dal  momento  che  si  tratterebbe  di  semplice
 trasferimento  dallo  Stato  alle  regioni  di oneri gia' esistenti e
 delle relative risorse finanziarie.  In  terzo  luogo,  non  andrebbe
 trascurato  che  l'impugnato  art.  8 porrebbe norme di favore per le
 regioni per  quanto  riguarda  le  funzioni  amministrative  delegate
 relative  alla sicurezza sociale degli apprendisti artigiani. Infine,
 osserva l'Avvocatura, non sarebbe rispondente al  vero  che  i  fondi
 trasferiti  nel  1979  non  siano  stati  rivalutati,  anche  se  non
 sembrerebbe  ammissibile  che  questa  Corte   produca   un'ordinanza
 istruttoria su dati che atterrebbero al merito della questione, e non
 alla sua legittimita' costituzionale.
    Il   resistente   contesta   anche  la  fondatezza  della  censura
 prospettata dalla Regione Veneto in riferimento  all'art.  125  della
 Costituzione,   dal   momento  che,  a  suo  giudizio,  il  controllo
 sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni sarebbe del tutto
 normale riguardo a funzioni delegate.
    Infine,  in  relazione alle censure mosse dalle Regioni Piemonte e
 Lombardia in via subordinata, l'Avvocatura dello Stato  ne  eccepisce
 l'inammissibilita'  e,  in  ogni caso, ne contesta la fondatezza, dal
 momento  che  le  regioni  potrebbero   sempre   ottenere   in   sede
 giurisdizionale   la  determinazione  del  corrispettivo  forfettario
 dovuto agli istituti assicuratori.
    9.  -  In  prossimita'  dell'udienza  hanno  depositato memorie le
 Regioni  Piemonte,  Lombardia,  Toscana,  Umbria,  Emilia-Romagna   e
 Veneto, le quali insistono nelle proprie richieste.
    Nel  ribadire  l'esigenza  di un'ordinanza istruttoria, le Regioni
 Piemonte e Lombardia sottolineano che -  in  assenza  di  convenzioni
 dirette a regolare il numero degli apprendisti, il flusso di denaro e
 altri aspetti rilevanti del rapporto  con  gli  enti  assicuratori  -
 l'obbligo  imposto  dall'art. 16, terzo comma, della legge n. 845 del
 1978 non poteva non esser limitato ai fondi cosi' come individuati  e
 trasferiti  al  fondo  comune dall'art. 22, primo comma, della stessa
 legge. L'impugnato art. 8, invece, accolla alle  regioni  spese  che,
 secondo i dati in possesso delle ricorrenti, sarebbero giunte ormai a
 livelli elevatissimi  senza  prevedere  alcun  coordinamento  con  lo
 Stato.   Di  qui  discenderebbe  l'illegittimita'  costituzionale  di
 disposizioni che imporrebbero alle regioni  l'obbligo  di  sopportare
 uno   sproporzionato   aumento   dei  costi  senza  alcun  intervento
 riequilibratore dello Stato.
    Le  Regioni  Emilia-Romagna,  Toscana  e  Umbria,  nel  contestare
 l'affermazione  dell'Avvocatura  dello  Stato  secondo  la  quale  le
 competenze   contestate   sarebbero   delegate  (e  non  trasferite),
 osservano che nell'ambito della previdenza  e  assistenza  sussistono
 funzioni  alcune  delle quali sono dello Stato e altre delle regioni.
 Nel caso oggetto dei ricorsi in discussione vi  sarebbe,  secondo  le
 ricorrenti,  un'esplicita  attribuzione  alle  regioni  di competenze
 concernenti il pagamento dei contributi assicurativi obbligatori  per
 gli  apprendisti artigiani, dal momento che tali competenze sarebbero
 sistematicamente collocate all'interno della materia della formazione
 professionale.  Questa  conclusione risulterebbe confermata, sempre a
 giudizio delle  ricorrenti,  dalla  previsione  della  stipula  delle
 convenzioni  tra  le  regioni e gli istituti assicuratori nonche' dal
 pagamento della somma "a valere" sui fondi di cui all'art. 22,  primo
 comma, della legge n. 845 del 1978, che porterebbero a individuare un
 adempimento funzionalmente collegato a  un  settore  attribuito  alla
 competenza concorrente delle regioni.
    Dopo  aver  insistito sull'opportunita' di un'indagine istruttoria
 vo'lta ad acquisire i dati relativi alle  richieste  complessivamente
 avanzate  dagli enti assicuratori per poterli utilmente comparare con
 i fondi messi a disposizione delle regioni per il relativo pagamento,
 le  stesse  ricorrenti sottolineano l'illegittimita' di un meccanismo
 sanzionatorio che renderebbe automatico e  necessario  il  blocco  di
 parte  dei  fondi  attribuiti alle regioni (allorche' li condizionano
 alla stipula delle convenzioni), sottraendo cosi' alle stesse regioni
 somme  che non sono quelle effettivamente dovute, ma quelle richieste
 dagli enti  assicuratori  (le  quali,  invece,  andrebbero  accertate
 all'interno del modulo convenzionale).
    La   Regione  Veneto,  nel  ribadire  le  proprie  argomentazioni,
 richiama a sostegno delle stesse il parere espresso dalla Commissione
 parlamentare per le questioni regionali.
    10.  -  Con  un  separato  ricorso la Regione Toscana ha sollevato
 conflitto di attribuzione nei  confronti  dello  Stato  in  relazione
 all'art.  8 del decreto-legge n. 338 del 1989, di cui chiede anche la
 sospensione. Ad avviso della ricorrente, il  Governo,  nel  reiterare
 per quattro volte disposizioni identiche gia' contenute in precedenti
 decreti-legge,  avrebbe  illegittimamente  operato   una   sorta   di
 conversione   surrettizia   di   norme  gia'  decadute  (perche'  non
 convertite) e, quindi, non piu' esistenti. Come  tali,  queste  norme
 non  potrebbero  essere  richiamate  in  vita da un atto, come quello
 impugnato, che  essendo  stato  posto  in  frode  alla  Costituzione,
 dovrebbe  essere  probabilmente  considerato come privo di forza o di
 valore di legge. In ogni caso, qualunque sia la sua  natura,  non  si
 dovrebbe  dubitare  della  esperibilita', in relazione ad esso, di un
 conflitto  di  attribuzione,  poiche',  sostiene  la  ricorrente,  e'
 insegnamento  di  questa  Corte  che  a  radicare  quel  giudizio sia
 sufficiente un qualsiasi atto, anche privo  di  regime  o  di  valore
 tipico, purche' espressivo di un'affermazione di competenza.
    Si  e'  costituito  in  giudizio  il  Presidente del Consiglio dei
 ministri, che ha eccepito  l'inammissibilita'  del  conflitto  ed  ha
 richiesto,   comunque,   il   suo  rigetto  senza  addurre  argomenti
 specifici.
    11.  -  Nel  corso  della  discussione  nella  pubblica udienza le
 regioni ricorrenti, oltre a ribadire i propri punti di  vista,  hanno
 addotto  nuovi  argomenti.  In  particolare  le  Regioni  Piemonte  e
 Lombardia hanno osservato che, a voler sostenere che le competenze in
 discussione   siano   delegate   e   non   trasferite  (come  afferma
 l'Avvocatura dello Stato), si  dovrebbe  concludere  che  i  relativi
 oneri  debbano  essere  addossati  allo  Stato. La Regione Abruzzo ha
 sottolineato che tutta la vicenda sarebbe stata condotta dallo  Stato
 in  assoluto  spregio  del  principio  di  cooperazione,  piu'  volte
 affermato da questa Corte.
    L'Avvocatura  dello  Stato,  nel  ribadire  che i giudizi hanno ad
 oggetto funzioni delegate alle regioni in base all'art.  118,  ultimo
 comma,  della  Costituzione e che il FAPL deve considerarsi assorbito
 nel Fondo comune a partire dalla legge finanziaria del 1982,  osserva
 che   la   situazione   disciplinata   dall'impugnato   art.   8   e'
 caratterizzata da una variegata rete  di  rapporti  di  debito  e  di
 credito   rispetto   ai  quali  lo  Stato  avrebbe  la  posizione  di
 fidejussore, di modo che esso sarebbe legittimato a  intervenire  nei
 casi in cui le regioni non adempissero.
                         Considerato in diritto
    1.  - I numerosi ricorsi di legittimita' costituzionale, di cui in
 epigrafe, presentati dalle Regioni Piemonte, Veneto,  Emilia-Romagna,
 Umbria,   Toscana,  Lombardia  e  Abruzzo,  nonche'  il  ricorso  per
 conflitto di attribuzione proposto dalla Regione  Toscana,  anch'esso
 indicato  in  epigrafe,  possono  essere  riuniti per essere discussi
 congiuntamente e per essere decisi con un'unica sentenza, dal momento
 che  hanno  un  medesimo  oggetto, costituito dall'art. 8 del decreto
 legge 9 ottobre 1989, n. 338  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
 evasione  contributiva,  di fiscalizzazione degli oneri sociali, e di
 sgravi  contributivi  nel  Mezzogiorno   e   di   finanziamento   dei
 patronati),  convertito,  senza modificazioni, nella legge 7 dicembre
 1989, n. 389.
    2.   -  La  fissazione  dell'udienza  per  il  dibattimento  delle
 questioni di costituzionalita' sollevate dai  ricorsi  delle  Regioni
 Emilia Romagna, Umbria e Toscana nonche' del conflitto proposto dalla
 Regione Toscana  induce  a  considerare  assorbita  la  richiesta  di
 sospensione  del  decreto-legge  impugnato, presentata dalle suddette
 regioni.
    3. - Va, innanzitutto, dichiarata l'inammissibilita' delle censure
 che le Regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna,  Umbria,  Toscana  e
 Lombardia   propongono,  con  varie  argomentazioni,  in  riferimento
 all'art. 77 della Costituzione, anche in connessione con  l'art.  15,
 lett. c), della legge 23 agosto 1988, n. 400.
    E'  giurisprudenza costante di questa Corte (v., da ultimo, sentt.
 nn. 243 del 1987, 302 e 1044 del 1988, 544 del 1989) che le  regioni,
 allorche'  agiscono nei giudizi di legittimita' costituzionale in via
 principale, non possono legittimamente far valere presunte violazioni
 delle   norme  costituzionali  regolanti  il  potere  governativo  di
 adozione dei decreti-legge, le quali non comportano di per se' alcuna
 lesione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita alle
 stesse. In tali casi, infatti, difetta  quell'interesse  a  ricorrere
 qualificato   dalla  finalita'  di  ripristinare  l'integrita'  delle
 competenze regionali, che e' proprio dei giudizi in questione.
    4.  -  Inammissibile  e',  altresi',  il  ricorso per conflitto di
 attribuzione proposto dalla Regione Toscana nei confronti dello Stato
 in  relazione  all'art.  8 del decreto-legge n. 338 del 1989, a causa
 dell'inidoneita' dell'atto impugnato a dar origine a un conflitto  di
 attribuzione tra Stato e regioni.
    Il  ricorso  in  questione ha ad oggetto un decreto-legge, che, ai
 sensi dell'art. 77 della Costituzione, e' stato adottato dal Governo,
 e'  stato  emanato  dal  Presidente  della  Repubblica  ed  e'  stato
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Si tratta, dunque,  di  un  atto
 che,  anche a voler dubitare della sua conformita' a Costituzione, ha
 nondimeno un indubbio valore  di  legge  ed  esiste  nell'ordinamento
 positivo  con  il  particolare  regime giuridico che lo caratterizza,
 fintantoche'  non  sia  eliminato  dallo  stesso  in  conseguenza  di
 abrogazione o non sia privato di efficacia a seguito di dichiarazione
 d'illegittimita' costituzionale nelle forme  e  nei  modi  prescritti
 dalla  Costituzione.   A  motivo  della  sua  natura  legislativa, in
 relazione a tale atto la regione  non  puo'  sollevare  conflitto  di
 attribuzione,  dal  momento che, al fine di ripristinare l'integrita'
 delle proprie competenze costituzionali eventualmente  lese  da  atti
 statali  di  carattere  legislativo,  la regione dispone del distinto
 strumento  del  ricorso  di  legittimita'   costituzionale   in   via
 principale,  ricorso  in  relazione al quale sono previsti termini di
 presentazione piu' brevi (v. art.  32, secondo comma, della legge  11
 marzo 1953, n. 87) e, soprattutto, un oggetto diverso e una decisione
 avente contenuto, natura ed efficacia differenti  (v.,  nello  stesso
 senso, sent. n. 358 del 1985).
    5.  -  Tutte  le  Regioni  ricorrenti  contestano  la legittimita'
 costituzionale dell'art. 8  del  decreto-  legge  n.  338  del  1989,
 convertito nella legge n. 389 del 1989, il quale contiene le seguenti
 disposizioni:
       a)  le  regioni  a  statuto ordinario sono tenute a comunicare,
 entro il 20 ottobre 1989, al Ministro del lavoro e  della  previdenza
 sociale  e al Ministro del tesoro la stipula delle convenzioni di cui
 all'art. 16, terzo comma, della legge 21 dicembre 1978, n.  845,  per
 il   pagamento   delle  assicurazioni  obbligatorie  a  favore  degli
 apprendisti artigiani (primo comma);
       b)  le  stesse  regioni sono tenute a pagare, di norma in dieci
 annualita'  costanti,  i  contributi  dovuti  per  gli  anni  1988  e
 precedenti (secondo comma);
       c)  nel  caso  che  le  convenzioni  non  fossero  stipulate  e
 comunicate nei termini previsti, "il Ministro del tesoro provvede  ad
 accantonare, a valere sulle erogazioni spettanti alle regioni per gli
 anni 1990 e successivi, ai sensi dell'art. 8 della  legge  16  maggio
 1970, n. 281, importi annuali corrispondenti a quelli dovuti in forza
 del comma secondo", importi che  vengono  calcolati  sulla  base  dei
 crediti  comunicati  (entro  il  15  novembre  1989) dal Ministro del
 lavoro e vengono corrisposti  agli  istituti  assicuratori  entro  il
 termine di ogni esercizio (terzo comma);
       d)  in  attesa  della  stipula  delle convenzioni, i contributi
 dovuti da ogni regione  per  gli  anni  1989  e  successivi  verranno
 trattenuti sulle quote ad esse spettanti a titolo di ripartizione del
 fondo comune afferente all'anno successivo a quello di competenza dei
 contributi,  assumendo  a  base  di  calcolo  i  crediti  annualmente
 comunicati al Ministro del lavoro ai fini della successiva erogazione
 a favore degli istituti assicuratori (quarto comma).
    Ad  avviso  delle  ricorrenti,  l'insieme  delle  disposizioni ora
 indicato contrasterebbe con la  Costituzione  innanzitutto  sotto  un
 duplice profilo:
       a)  per  violazione  dell'autonomia  finanziaria  goduta  dalle
 regioni nelle materie ad esse assegnate (artt. 117, 118 e  119  della
 Costituzione), dal momento che le disposizioni impugnate imporrebbero
 alle regioni stesse oneri  assicurativi  cui  non  corrisponderebbeun
 potere  regionale  di  determinazione  dei medesimi e per i quali non
 sarebbe garantita in modo certo la provvista dei fondi  necessari  al
 loro pagamento;
       b)  per  violazione  del combinato disposto formato dagli artt.
 81, quarto comma, e 119 della Costituzione, in quanto le disposizioni
 impugnate  porrebbero a carico delle regioni oneri assicurativi senza
 contestualmente  prevedere  i  mezzi  necessari  per  farvi   fronte,
 producendo cosi' un grave pregiudizio alla programmazione finanziaria
 regionale.
    6.  - Non fondate sono, innanzitutto, le questioni di legittimita'
 costituzionale relative all'art. 8, primo comma, del decreto-legge  9
 ottobre  1989,  n.  338,  convertito  nella legge n. 389 del 1989, il
 quale, come s'e' appena ricordato, impone alle regioni di comunicare,
 entro  il  20  ottobre  1989,  ai Ministri del lavoro e del tesoro la
 stipula delle convenzioni di cui  all'art.  16,  terzo  comma,  della
 legge 21 dicembre 1978, n. 845.
    Riguardo   a   tale   articolo  la  Regione  Veneto  prospetta  un
 particolare profilo d'illegittimita' costituzionale. A suo  giudizio,
 l'impugnato   art.   8   innoverebbe   profondamente   la  precedente
 disciplina, disposta dall'art. 16 della legge n. 845  del  1978,  nel
 senso   che,   mentre   quest'ultima  circoscriverebbe  gli  obblighi
 contributivi delle regioni  al  pagamento  delle  sole  assicurazioni
 obbligatorie  eventualmente  connesse  alle  attivita'  svolte  dagli
 apprendisti  nell'ambito  del  progetti   formativi   di   competenza
 regionale,  l'art.  8, invece, estenderebbe l'impegno delle regioni a
 tutti gli oneri relativi alle  assicurazioni  obbligatorie  garantite
 per  legge agli apprendisti artigiani. Da tale estensione, secondo la
 ricorrente, deriverebbe uno squilibrio notevole  tra  le  prestazioni
 obbligatorie  cui  le  regioni  sono tenute e i fondi che l'impugnato
 art. 8 destina a copertura  di  quelle  prestazioni,  squilibrio  che
 comporterebbe una lesione dell'art. 119 della Costituzione.
    L'interpretazione  formulata  dalla  ricorrente  non  puo'  essere
 condivisa tanto per quel che concerne il  significato  da  attribuire
 all'art.  8  del  decreto-legge  n. 338 del 1989, quanto per quel che
 riguarda il senso da riconoscere  all'art.  16,  terzo  comma,  della
 legge n. 845 del 1978.
    Sotto  il  primo  del  profili  indicati, occorre sottolineare che
 l'art. 8 non contiene alcuna norma relativa alla  pretesa  estensione
 dell'oggetto delle assicurazioni obbligatorie addossate alle regioni,
 dal  momento  che  esso  si  limita  a  stabilire   un   obbligo   di
 comunicazione   delle   convenzioni   riguardanti   le  assicurazioni
 obbligatorie indicate nell'art. 16, terzo comma, della legge  n.  845
 del  1978.  Per  i  restanti  commi,  l'art. 8 pone norme che, pur se
 indubbiamente incidono sulla natura degli obblighi contributivi delle
 regioni, non ne toccano, tuttavia, l'estensione.
    D'altra parte, non si puo' neppure affermare che il ricordato art.
 16 della legge n. 845 del 1978 circoscriva l'obbligo delle regioni al
 pagamento   delle  sole  assicurazioni  eventualmente  connesse  alle
 attivita' svolte dagli apprendisti artigiani nell'ambito dei corsi di
 formazione  professionale  organizzati dalle regioni stesse. Una tale
 delimitazione e', anzi, espressamente esclusa dallo stesso  art.  16,
 il  quale,  al  comma  terzo,  stabilisce  che  le convenzioni tra le
 regioni e gli istituti assicuratori sono stipulate "per i fini di cui
 all'art.  21  della  legge  19 gennaio 1955, n. 25", vale a dire allo
 scopo  di  soddisfare  gli  obblighi  previdenziali  e   assicurativi
 generalmente  previsti  a  favore di tutti gli apprendisti artigiani,
 indipendentemente dalla loro frequenza (o dal  periodo  di  frequenza
 relativo)   ai   corsi   professionali   organizzati  dalle  regioni.
 L'interpretazione ora  enunciata,  oltre  ad  essere  confortata  dai
 lavori  preparatori  relativi  alla  legge n. 845 del 1978, trova una
 conferma di ordine sistematico sia  nel  trasferimento  alle  regioni
 dell'onere   complessivo   relativo   al   pagamento  dei  contributi
 assicurativi che per l'innanzi era imputato al Fondo di Addestramento
 Professionale  dei  Lavoratori  (disposto dallo stesso art. 16, terzo
 comma),  sia  nella   norma   concernente   l'esclusione   di   oneri
 assicurativi  a  carico degli imprenditori artigiani (norma che, dopo
 l'abrogazione dell'art. 28, operata dall'art. 16, quarto comma, della
 legge n. 845 del 1978, e' tuttora deducibile dall'art. 26 della legge
 n. 25 del 1955, che esonera gli imprenditori artigiani dal  pagamento
 delle marche settimanali di cui all'art. 22 della stessa legge).
    In  definitiva,  poiche'  l'estensione dei contributi assicurativi
 dovuti dalle regioni in base all'art. 16, terzo comma, della legge n.
 845 del 1978 e' la medesima implicata dall'impugnato art. 8 (che anzi
 rinvia, per quel che concerne l'oggetto dell'onere  dovuto,  all'art.
 16),  viene meno la premessa sulla base della quale la Regione Veneto
 ha  ipotizzato  l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione
 impugnata.
    Parimenti  non  fondate  sono  le  censure  di incostituzionalita'
 formulate dalle  altre  ricorrenti  limitatamente  alla  disposizione
 contenuta  nell'art.  8,  primo  comma,  del decreto-legge n. 338 del
 1989. Di per se', questo articolo non pone alcun obbligo alle regioni
 a   statuto   ordinario   in   ordine  al  pagamento  dei  contributi
 assicurativi, ma le vincola,  piu'  semplicemente,  a  comunicare  ai
 Ministri  del  lavoro  e del tesoro la stipulazione delle convenzioni
 eventualmente  avvenuta  fra  le  stesse  regioni  e   gli   istituti
 assicuratori   in   relazione   al   pagamento   delle  assicurazioni
 obbligatorie a  favore  degli  apprendisti  artigiani.  Sebbene  tale
 obbligo  di  comunicazione  sia correlato, nell'ambito dell'impugnato
 art. 8, a un meccanismo sostitutivo operante come sanzione al mancato
 adempimento  degli  obblighi  assicurativi nel termine del 20 ottobre
 1989, esso gioca  altresi'  un  ruolo  autonomo,  nel  senso  che  e'
 strumentale  anche  rispetto  alla  conoscenza da parte dei ministeri
 indicati delle convenzioni stipulate  ai  sensi  dell'art.  16  della
 legge  n.  845 del 1989 e della quantificazione della spesa relativa,
 anche in vista della previsione degli oneri finanziari  da  stanziare
 con  legge  dello  Stato.  Considerato  sotto tale aspetto, l'art. 8,
 primo comma, non comporta alcuna  lesione  dell'autonomia  regionale,
 poiche',  come  questa  Corte  ha  costantemente  affermato  (v.,  ad
 esempio, sentt. nn. 359 del 1985; 730  del  1988  e  338  del  1989),
 nessuna  violazione  di  quell'autonomia  puo'  derivare da doveri di
 informazione  che  siano  eventualmente  imposti  alle  regioni   nei
 confronti dello Stato.
    Ne',  in  realta', possono trarsi argomenti contrari dalla pretesa
 irrazionalita' del termine breve imposto alle  regioni  stesse  dalla
 disposizione  impugnata, sia perche' l'obbligo regionale di stipulare
 le convenzioni preesisteva da oltre un decennio ( ex art. 16,  l.  n.
 845  del 1978), sia perche' l'obbligo di comunicazione dell'eventuale
 stipula delle predette convenzioni tendeva altresi' a fotografare  la
 situazione   esistente   al   momento   dell'adozione  dell'impugnato
 decreto-legge, una situazione che il legislatore  statale  presumeva,
 fondatamente, caratterizzata da una massiccia evasione da parte delle
 regioni nel pagamento dei  contributi  assicurativi  a  favore  degli
 apprendisti artigiani.
    7.  -  Vanno invece accolti i dubbi di legittimita' costituzionale
 relativi all'art. 8, terzo e quarto comma, del decreto-legge  n.  389
 del 1989.
    7.1.  -  A differenza delle disposizioni contenute nel primo comma
 dell'art.  8,  quelle   poste   dai   commi   successivi   modificano
 profondamente il significato della disciplina preesistente, contenuta
 nell'art. 16, terzo comma, della legge n. 845 del 1978.
    Quest'ultima, infatti, nello stabilire un obbligo delle regioni di
 pagare le  assicurazioni  obbligatorie  a  favore  degli  apprendisti
 artigiani, lo aveva subordinato, da un lato, alla utilizzazione delle
 risorse finanziarie confluite nel fondo comune indicato dall'art.  22
 della medesima legge, e, dall'altro, alla stipulazione di convenzioni
 tra le regioni e gli istituti assicuratori. Con tali  convenzioni  le
 regioni  a  statuto ordinario avevano la possibilita' di mantenere il
 pagamento degli oneri derivanti  dalle  assicurazioni  sociali  degli
 apprendisti  artigiani  all'interno  dei  limiti delle disponibilita'
 assicurate a ciascuna di esse ai sensi  dell'art.  22,  primo  comma,
 della  legge n. 845 del 1978. In ogni caso - e cio' va sottolineato -
 alla luce della precedente  disciplina  la  volonta'  della  regione,
 seppure  all'interno  di un modulo convenzionale, era determinante in
 ordine alla definizione e alla  quantificazione  dell'onere  gravante
 sulle  risorse  finanziarie  regionali  in  conseguenza del pagamento
 delle  assicurazioni  obbligatorie   a   favore   degli   apprendisti
 artigiani.  Sicche', qualunque fosse il giudizio di merito da dare al
 sistema prescelto, l'autonomia  regionale  ne  risultava  formalmente
 rispettata.
    L'impugnato  art.  8  ha  modificato  tale  sistema  attraverso la
 previsione di un meccanismo di accantonamento forzoso  degli  importi
 dovuti e di trattenuta delle quote spettanti a titolo di ripartizione
 del fondo comune per l'anno successivo, che lo Stato,  in  forza  dei
 commi  terzo e quarto del medesimo articolo, e' autorizzato a mettere
 in atto in caso di mancata stipula  delle  convenzioni  o  in  attesa
 della  stipulazione  delle  medesime. In virtu' di questo meccanismo,
 l'obbligo imposto alle regioni per il pagamento  delle  assicurazioni
 obbligatorie  a favore degli apprendisti artigiani si trasforma in un
 obbligo che, per un verso e' incondizionato, dal momento che, ai fini
 del  suo  adempimento  da parte delle regioni, diviene irrilevante la
 stipula, o meno, delle relative convenzioni; e, per altro  verso,  ha
 per   contenuto   l'erogazione   di   una  somma  di  denaro  la  cui
 determinazione sfugge alla volonta' della regione.
    7.2. - Allo scopo di valutare la legittimita' costituzionale di un
 obbligo come quello appena delineato, si rende necessario  verificare
 previamente se esso rientri tra le competenze trasferite alle regioni
 (come suppongono l'Emilia Romagna, l'Umbria e la Toscana)  ovvero  se
 sia  connesso  con  funzioni  delegate  alle  stesse  (come ritengono
 l'Abruzzo e l'Avvocatura dello Stato).
    Come  si e' affermato nel punto n. 6, non vi puo' esser dubbio che
 l'obbligo di pagare i contributi assicurativi indicati  dall'art.  16
 della  legge  n. 845 del 1978, cui l'impugnato art. 8 fa riferimento,
 rientri  nella  materia   della   previdenza   e   dell'assicurazione
 obbligatoria  (v.,  da  ultimo,  sent. n. 227 del 1990). Si tratta di
 materia che esula dalle competenze proprie delle  regioni  a  statuto
 ordinario,  finanche  in riferimento ai rapporti di lavoro che queste
 ultime stipulano  con  i  propri  dipendenti.  Del  resto,  tanto  in
 occasione   del  trasferimento  delle  funzioni  amministrative  alle
 regioni avvenuto nel 1972 quanto in occasione di quello del  1977,  i
 relativi  decreti  presidenziali hanno precisato, nel trasferire alle
 regioni la formazione professionale (anche  degli  apprendisti),  che
 restava  riservata allo Stato la disciplina del rapporto giuridico di
 apprendistato e, quindi, degli aspetti  retributivi,  contributivi  e
 previdenziali  connessi  a  quest'ultimo  (v. art. 7, lettera c), del
 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 10; art. 36 del d.P.R. 24 luglio 1977,  n.
 616).
    Questa  ripartizione  di  competenze  e'  stata  confermata  dalla
 legge-quadro in materia di  formazione  professionale  (v.  legge  21
 dicembre 1978, n. 845), la quale, tuttavia, all'art. 16, terzo comma,
 dispone  che,  ai  fini  della   prestazione   della   previdenza   e
 dell'assistenza sociale obbligatoria (art. 21, legge 19 gennaio 1955,
 n.  25),  le  regioni  "stipulano  con  gli   istituti   assicuratori
 convenzioni  per il pagamento, a valere sui fondi di cui all'art. 22,
 primo comma, della presente legge,  delle  somme  occorrenti  per  le
 assicurazioni  in  favore  degli apprendisti artigiani". Sebbene tale
 disposizione non contenga nella sua formulazione letterale una chiara
 affermazione  sulla  natura giuridica delle relative funzioni, queste
 debbono essere qualificate  come  funzioni  delegate  trattandosi  di
 attivita'  previdenziali  non  comprese  in  alcuna delle materie fra
 quelle indicate dall'art. 117  della  Costituzione  e,  pertanto,  da
 considerarsi  affidate  alle  regioni in forza dell'art. 118, secondo
 comma, della Costituzione.
    7.3. - Rispetto ai compiti connessi con l'esercizio delle funzioni
 delegate, i principi dell'autonomia  finanziaria  regionale  e  della
 copertura  finanziaria  delle  spese  comportate dall'espletamento di
 quei compiti sono stati attuati dall'art. 1, terzo comma, n. 4, della
 legge  22  luglio  1975,  n.  382 (oltreche' da altre disposizioni di
 legge statale che si muovono nello stesso ordine di idee),  il  quale
 stabilisce  che  lo  Stato deve assicurare i "mezzi necessari" per il
 migliore esercizio delle predette funzioni. Tali  principi  risultano
 violati  dalle  disposizioni  impugnate,  le  quali,  a  fronte di un
 obbligo di contribuzione non derogabile da parte delle regioni e  non
 determinabile   da   queste  tanto  in  relazione  all'ammontare  dei
 contributi quanto in relazione al numero dei beneficiari, prevede una
 provvista  di  mezzi  finanziari  incongrua  e, comunque, priva della
 dovuta certezza.
    Gli  artt.  16,  terzo  comma,  e  22  della legge n. 845 del 1978
 stabiliscono un meccanismo di finanziamento delle attivita'  delegate
 alle  regioni  in  ordine  al pagamento dei contributi assicurativi a
 favore degli apprendisti artigiani che non da' alcuna garanzia  circa
 la  sufficienza delle risorse necessarie per l'espletamento di quelle
 attivita'. Infatti, i nuovi  finanziamenti  passati  alle  regioni  a
 statuto  ordinario  a  fronte  del  nuovo  obbligo  di  pagamento dei
 contributi assicurativi  relativi  agli  apprendisti  artigiani  sono
 costituiti    dalle    "disponibilita'"   del   Fondo   Addestramento
 Professionale Lavoratori (FAPL), che l'art. 22,  primo  comma,  della
 legge   n.   845  del  1978  fa  confluire  nel  Fondo  comune.  Tali
 disponibilita', da un lato, non possono identificarsi  con  tutte  le
 entrate  del  Fondo  per l'Addestramento Professionale dei Lavoratori
 (FAPL),  perche'  con  tale  gestione  fuori  bilancio   il   Governo
 provvedeva  a  sostenere  altre  spese, rimaste a suo carico, oltre a
 quelle, delegate alle regioni,  relative  al  pagamento  degli  oneri
 assicurativi  per gli apprendisti artigiani; e, dall'altro, risultano
 determinate  nel  loro  importo  finale  a  seguito  della  deduzione
 dall'ammontare esistente di "tutti gli impegni di spesa e i pagamenti
 relativi ad attivita' svolte o in corso di svolgimento alla  data  di
 entrata  in  vigore  della  legge  n.  845 del 1978" (art. 4, D.M. 15
 gennaio 1979, relativo alla disciplina della  gestione  stralcio  del
 soppresso  FAPL). Dal sistema normativo ora delineato consegue che le
 entrate  regionali  previste  per  far  fronte  alle  nuove  funzioni
 delegate  dipendono  in  buona  parte  da criteri basati su variabili
 definibili soltanto a posteriori.
    Inoltre,   l'assenza  di  meccanismi  di  adeguamento,  contenenti
 correttivi vo'lti al proporzionamento delle  suddette  disponibilita'
 allo  scopo  del  pagamento  degli  oneri contributivi a favore degli
 apprendisti  artigiani,  induce  a  concludere  che,  a  causa  delle
 disposizioni  impugnate  -  vale  a  dire  una volta che gli obblighi
 contributivi per le assicurazioni sociali a favore degli  apprendisti
 artigiani  siano  svincolati  dalla  stipulazione  delle  convenzioni
 previste dall'art. 16, terzo comma, della legge n. 845  del  1978  -,
 viene  a  mancare  la  garanzia  della  proporzionalita'  delle spese
 rispetto  alle  risorse  disponibili  e  della  certezza  dei   mezzi
 finanziari   necessari   allo  svolgimento  delle  relative  funzioni
 delegate.
    Oltre  a  non  risultare garantita nel suo importo globale messo a
 disposizione di tutte le regioni a statuto  ordinario,  la  provvista
 dei  mezzi  di  finanziamento  necessari  per  lo  svolgimento  delle
 funzioni delegate in ordine al pagamento dei contributi  assicurativi
 a favore degli apprendisti artigiani non gode di una garanzia certa e
 adeguata neppure in relazione  all'onere  contributivo  addossato  su
 ciascuna  regione.  Sotto quest'ultimo profilo, infatti, la ricordata
 garanzia risulta frustrata dalla previsione  della  ripartizione  dei
 fondi  sulla base di parametri di carattere perequativo, quali quelli
 del Fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281 del  1970,  che
 prescindono  in  gran  parte dai costi effettivamente imputabili alle
 singole regioni per il pagamento delle assicurazioni obbligatorie per
 gli  apprendisti  artigiani. Tanto che - in base ai dati acquisiti da
 questa Corte e con riferimento alla spesa  storica,  aumentata  della
 stessa percentuale di incremento del fondo comune - appare chiaro che
 alcune regioni (come  quasi  tutte  quelle  ricorrenti)  hanno  avuto
 disponibilita'  di  fondi  assolutamente insufficienti per far fronte
 alle  effettive   necessita'   di   pagamento   delle   assicurazioni
 obbligatorie  per  gli  apprendisti  artigiani,  mentre altre si sono
 viste trasferire  mezzi  finanziari  di  gran  lunga  superiori  alle
 necessita' effettive connesse all'anzidetto obbligo contributivo.
    Il  quadro normativo offerto dalle disposizioni impugnate risulta,
 per  le  ragioni  ora  dette,  profondamente  irrazionale  ed  esige,
 pertanto, una revisione da parte del legislatore ispirata ai principi
 costituzionali che presiedono  tanto  alla  tutela  e  allo  sviluppo
 dell'artigianato   (art.  45,  secondo  comma,  della  Costituzione),
 quanto, ove si ritenga di mantenere la delega delle relative funzioni
 alle   regioni,   alla   garanzia   della  certezza  della  copertura
 finanziaria degli oneri derivanti dal pagamento  delle  assicurazioni
 obbligatorie  a  favore  degli  apprendisti artigiani, sia per quanto
 riguarda le risorse finanziare globalmente  assegnate  alle  regioni,
 sia per quelle messe a disposizione di ciascuna di esse.
    8.  -  Per  motivi  analoghi  a quelli ora enunciati va dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,  secondo  comma,  del
 decreto-legge n. 338 del 1989. Tale disposizione, nello stabilire che
 le convenzioni di cui all'art. 16, terzo comma, della  legge  n.  845
 del  1978  abbiano il contenuto da essa stessa determinato (pagamento
 in annualita' costanti dei  contributi  relativi  agli  anni  1988  e
 precedenti),  ha  svuotato di significato il riferimento dell'obbligo
 contributivo  regionale   alla   condizione   della   stipula   delle
 convenzioni.  Essa,  infatti,  ha  innanzitutto  dato per presupposta
 l'esistenza di una adeguatezza dei  fondi  disponibili  all'ammontare
 dei  contributi  da pagare, mentre, per i motivi gia' enunciati, cio'
 non corrisponde alla realta' di una notevole parte delle regioni, tra
 le  quali  quasi  tutte  le  ricorrenti. Con cio' stesso, la medesima
 disposizione ha escluso la possibilita' di garantire alle regioni una
 determinazione   degli  oneri  contributivi  sicuramente  all'interno
 dell'ammontare  dei  mezzi  finanziari  posti  a  disposizione  delle
 medesime  regioni  anche  singolarmente  considerate.  Di  qui deriva
 l'indubbia lesione, da  parte  della  disposizione  impugnata,  degli
 artt.  119  e  81, quarto comma, della Costituzione, che garantiscono
 alle regioni l'autonomia  finanziaria  e  la  copertura  delle  spese
 necessarie allo svolgimento delle funzioni delegate.
    9.   -   Resta   assorbito  ogni  altro  profilo  di  legittimita'
 costituzionale sollevato dalle ricorrenti.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara  la  inammissibilita'  della  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 8 del decreto-legge 9 ottobre 1989,  n.  338
 (Disposizioni   urgenti  in  materia  di  evasione  contributiva,  di
 fiscalizzazione degli oneri sociali  e  di  sgravi  contributivi  nel
 Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati), convertito nella legge
 7 dicembre 1989, n. 389, sollevata, in riferimento all'art. 77  della
 Costituzione anche in connessione con l'art. 15, lett. c) della legge
 23  agosto  1988,   n.   400,   dalle   Regioni   Piemonte,   Veneto,
 Emilia-Romagna,  Umbria,  Toscana e Lombardia, con i ricorsi indicati
 in epigrafe;
      dichiara  inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione
 proposto, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione  Toscana
 nei confronti dello Stato in relazione all'art. 8 del decreto-legge 9
 ottobre 1989, n. 338;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 8, primo comma, del decreto-legge 9 ottobre 1989,  n.  338,
 convertito  nella  legge  7  dicembre  1989,  n.  389, sollevata, con
 riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, nonche'  al
 combinato  disposto  degli  artt.  81,  quarto  comma,  e  119  della
 Costituzione, dalle Regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria,
 Toscana e Lombardia, con i ricorsi indicati in epigrafe;
      dichiara  la illegittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo,
 terzo e quarto comma, del  decreto-legge  9  ottobre  1989,  n.  338,
 convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria l'8 luglio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0854