N. 451 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 1990

                                 N. 451
 Ordinanza  emessa  il  23  maggio  1990  dal  tribunale  di Siena nel
 procedimento civile vertente tra l'I.N.A.I.L. e Simonetti Giuseppe
 Infortuni  sul  lavoro e malattie professionali - Rendita da malattia
 professionale - Prescrizione triennale dell'azione giudiziale diretta
 al   conseguimento   di   detta  rendita  -  Decorrenza  del  termine
 prescrizionale,  secondo  la  giurisprudenza  della  Cassazione,  dal
 momento  in  cui  la malattia professionale abbia raggiunto la soglia
 indennizzabile - Mancata previsione della decorrenza del termine, per
 gli  eredi,  dal  momento  in  cui la malattia professionale di grado
 indennizzabile preesistente alla scadenza del termine si riveli, dopo
 la  scadenza  del  termine stesso, soltanto all'esame autoptico, che,
 risultato unico possibile mezzo di accertamento, accerti pero'  (come
 nella  specie)  che  la  data  di insorgenza della malattia risale ad
 oltre tre anni prima -  Ingiustificato  deteriore  trattamento  degli
 eredi   rispetto   al   lavoratore  vivente  che  invece  puo'  agire
 tempestivamente in giudizio.
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, primo comma).
 (Cost. art. 3).
(GU n.29 del 18-7-1990 )
                              IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile avente il
 n. 1 ruolo gen.le aff. cont. lavoro dell'anno  1990  e  vertente  tra
 l'Istituto  nazionale  per  l'assicurazne  contro  gli  infortuni sul
 lavoro - I.N.A.I.L. Siena e Simonetti Giuseppe;
                                IN FATTO
    Con  ricorso  depositato  il  1º  aprile 1983, Giuseppe Simonetti,
 quale erede del lavoratore Michele Simonetti, deceduto  il  12  marzo
 1982,  per  insufficienza  cardiorespiratoria  cagionata  da silicosi
 polmonare, adiva il pretore di Montepulciano  per  sentire  accertare
 che  il  defunto  genitore,  il  quale aveva in vita ripetutamente ma
 inutilmente richiesto la rendita in relazione alla predetta  malattia
 professionale  (poi riconosciuta a favore della superstite vedova - a
 sua volta deceduta il 21 giugno 1983 - in misura pari alla  meta'  di
 quella  del  100%  che  sarebbe  spettata  al  defunto marito), aveva
 diritto alla rendita con decorrenza  dall'insorgenza  della  malattia
 professionale fino alla data della morte, con la conseguente condanna
 dell'I.N.A.I.L. al pagamento di quanto dovuto al genitore a favore di
 esso erede.
    L'I.N.A.I.L.,  dopo  aver  precisato che la rendita liquidata alla
 vedova a norma dell'art. 4, ultimo comma,  della  legge  27  dicembre
 1975  era  stata  calcolata sul danno complessivo, in cui la silicosi
 aveva agito come semplice concausa, che la percentuale di  inabilita'
 del  defunto  era comunque da dimostrare, eccepiva la prescrizione ex
 art. 112 del d.P.R. n. 1124/1965 e rilevava inoltre che il ricorrente
 avrebbe potuto agire solo per la quota di sua spettanza.
    All'esito di una consulenza tecnica il pretore, con sentenza del 9
 marzo 1984, accertava il diritto alla rendita in  misura  progressiva
 (dal  25  al  50 per cento) dal 1º gennaio 1976 al 12 marzo 1982, con
 gli interessi legali "dal giorno del dovuto" fino al 12 marzo 1982  e
 con  la  rivalutazione monetaria della somma complessiva risultante a
 decorrere dal 13 marzo 1982 - nella "percentuale  equitativa  del  10
 per  cento"  -  oltre  gli  ulteriori  interessi  legali  sulla somma
 rivalutata sempre dal  13  marzo  1982;  poneva  le  spese  a  carico
 dell'istituto.
    Sull'appello  proposto  dall'I.N.A.I.L.  e  su  quello incidentale
 proposto  dal  Simonetti,  il  tribunale  della  stessa  citta',  con
 sentenza  del  1º  ottobre  1985,  provvedeva rigettandoli entrambi e
 compensando tra le parti le spese processuali.
    Nell'esame   dei  motivi  dell'appello  principale,  il  tribunale
 osservava in primo luogo, quanto alla eccezione di prescrizione  che,
 avendo  il credito perduto la sua natura assistenziale o alimentare a
 seguito della morte dell'assicurato,  non  era  piu'  applicabile  la
 speciale  prescrizione  triennale  di  cui all'art. 112 del d.P.R. 30
 giugno 1965, n. 1124, bensi' quella ordinaria, non ancora maturata; a
 parte  cio',  l'avvenuto  rigetto  delle  istanze proposte in vita da
 Michele Simonetti a causa della  mancata  evidenziazione  radiologica
 della  malattia  aveva  prodotto  l'impossibilita'  di  far valere il
 diritto, sicche' la prescrizione  non  decorreva  giusta  il  dettato
 dell'art. 2935 del c.c.
    Avverso  la sentenza del ribunale, l'I.N.A.I.L., proponeva ricorso
 per cassazione affidato a tre motivi  di  annullamento  e  successiva
 memoria. Il Simonetti resisteva e proponeva ricorso incidentale in un
 unico motivo.
    La  suprema  Corte,  con  sentenza  in  data  25 febbraio 1988, 16
 febbraio 1989, n. 925, riteneva assorbente il primo motivo e  fissava
 i  seguenti  principi,  ai  quali  questo  tribunale, designato quale
 giudice del rinvio,  doveva  attenersi:  "La  prescrizione  triennale
 dell'azione  per  il  conseguimento  delle  prestazioni  assicurative
 stabilite dal primo comma dell'art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n.
 1124, si applica non solo nei confronti dell'assicurato, ma anche nei
 confronti dell'erede di quest'ultimo, che  ne  pretenda  il  relativo
 importo,  non  comportando  la  morte dell'assicurato alcun mutamento
 della natura del credito, che resta assoggettato  alla  sua  speciale
 disciplina di prescrizione".
    "La  erroneita' o insufficienza delle indagini mediche eseguite in
 vita  dell'assicurato,  escludenti  la  ricorrenza  della   silicosi,
 accertata   invece   post  mortem  attraverso  esame  autoptico,  non
 costituisce ostacolo  alla  decorrenza  della  prescrizione  a  norma
 dell'art. 2935 del c.c.".
    La  causa  e' stata riassunta con ricorso depositato il 12 gennaio
 1990 dall'I.N.A.I.L., il quale chiede la riforma della  sentenza  del
 pretore  di Montepulciano alla stregua dei principi enunciati in sede
 di legittimita'.
    Il Simonetti Giuseppe resiste con memoria, con la quale chiede, in
 linea principale, il rigetto dell'appello, e, in  linea  di  ipotesi,
 deduce  testualmente:  "Ove per inciso, quindi, come nel nostro caso,
 il tardivo accertamento della  malattia  professionale  (accertamento
 effettuato  solo mediante l'autopsia) dovesse portare alla perdita di
 diritti che  sicuramente  si  erano  perfezionati,  non  si  potrebbe
 escludere  una incostituzionalita' della normativa per violazione del
 principio di uguaglianza sancito dalla Corte costituzionale".
                               IN DIRITTO
    La denuncia di incostituzionalita' dell'art. 112, primo comma, del
 d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124  -  norma  questa  implicitamente
 richiamata dal Simonetti, in relazione al contesto della sua comparsa
 - non appare al tribunale manifestamente infondata.
    E'  pacifico  in  causa  -  perche',  a  tanto  anche l'I.N.A.I.L.
 aderisce incondizionatamente -  che,  come  valutato  dal  consulente
 tecnico di ufficio, nominato dal giudice di primo grado, il Simonetti
 Michele era  "affetto  da  una  forma  silicotica  non  evidenziabile
 radiologicamente,  ma  tuttavia presente all'epoca della morte, e che
 tale silicosi,  concorrente  con  disturbi  di  carattere  funzionale
 cardiaco   e   con   altri   disturbi  di  carattere  circolatorio  e
 respiratorio nel determinismo dell'exitus, era certamente presente da
 alcuni anni in forma progressivamente ingravescente e tale da potersi
 considerare, all'epoca del decesso, valutabile nella misura del  50%.
    Pertanto,  soltanto l'esame eutoptico, disposto in precedenza alla
 causa  del  pretore   di   Montepulciano   in   sede   di   inchiesta
 infortunistica  su  istanza  del  20 aprile 1982 di Mambrini Santina,
 vedova del lavoratore assicurato, eseguito il 14 maggio successivo  e
 rifinito  con relazione del 15 novembre 1982 del perito settore, mise
 in evidenza per la prima volta  la  tecnopatia  silicotica  di  grado
 indennizzabile,  grazie agli esami istologici e chimico-tossicologici
 (dosaggio della silice) realizzabili, ovviamente, soltanto,  a  morte
 avvenuta.
    Ora  e'  che  non  puo' sfuggire la difformita' di trattamento che
 deriva ai fini  del  diritto  alla  rendita  conseguente  a  malattia
 professionale,  tra  il  caso  del lavoratore che venga riconoscisuto
 affetto da tale stato morboso durante la sua vita, attraverso l'esame
 radiografico   o  a  qualsiasi  altra  indagine  svincolata  da  ogni
 automatismo o paradigma diagnostico ai sensi della legge 27  dicembre
 1975, n. 780, ed il caso del lavoratore la cui malattia professionale
 possa essere accertata esclusivamente in sede autoptica  se,  nell'un
 caso   e  nell'altro,  in  applicazione  della  attuale  formulazione
 dell'art. 112 del d.P.R. n. 1124/1965 cosi' come  interpretata  dalla
 Corte di cassazione, la prescrizione dell'azione per il conseguimento
 della rendita debba ritenersi ugualmente decorrente  dal  momento  in
 cui   la   malattia   professionale   abbia   raggiunto   la   soglia
 indennizzabile. Infatti, il lavoratore vivente sara' sempre posto  in
 grado,  con  situazione di privilegio, di fare valere tempestivamente
 il proprio diritto al primo manifestarsi della malattia, laddove  gli
 eredi  del  lavoratore  deceduto  potranno  incontrare la preclusione
 prescrizionale  alla  domanda  giudiziale  ogni  volta  che   l'esame
 autoptico  -  rivelatosi  a  posteriori unico mezzo di verifica della
 malattia nella sua  entita'  indennizzabile  -  accerti  la  data  di
 insorgenza risalente ad oltre tre anni prima, come nella specie.
    La  disparita' di trattamento dei due casi sopra evidenziati puo',
 senza  fondamento,  rivelarsi  in  contrasto  con  il  principio   di
 uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.
    Pertanato,  il  tribunale  ritiene di dover sollevare questione di
 costituzionalita' dell'art. 114, primo comma, del  d.P.R.  30  giugno
 1965,  n.  1124,  nella  parte  in  cui,  nel sancire la prescrizione
 triennale  dell'azione  giudiziale  diretta  al  conseguimento  della
 rendita  da  malattia professionale, non ne prevede la decorrenza per
 gli eredi del lavoratore assicurato deceduto, non  iure  proprio,  ma
 iure  hereditatis,  dal  momento  in cui la malattia professionale di
 grado  indennizzabile  si  riveli   soltanto   all'esame   autoptico,
 risultato unico mezzo possibile di verifica.
    Circa  la  rilevanza  in  causa  della  eventuale  statuizione  di
 incostituzionalita', il  tribunale  ricorda,  che  l'esame  autoptico
 risale  al 15 novembre 1982 (data della relazione peritale) ed anche,
 se si vuole, al 14 maggio 1982  (data  della  sua  esecuzione)  e  la
 domanda  giudiziale  proposta,  dal  Simonetti  Giuseppe al 1º aprile
 1983, e quindi meno di un anno dopo, laddove, se si dovesse  ritenere
 risalente  al  1º  gennaio 1976 la malattia professionale, il termine
 prescrizionale sarebbe maturato, come ha dedotto l'I.N.A.I.L.  il  31
 maggio  1979  (tre  anni  ex art. 112 del t.u. citato + 150 giorni ex
 art. 11 dello stesso T.U.).
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Ritenutene  la  rilevanza  ai fini del giudizio e la non manifesta
 infondatezza in relazione all'art. 3 primo comma della Costituzione;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 112,
 primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nei termini  di  cui
 in premessa;
    Sospende  il  presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti della Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del
 Parlamento.
      Siena, addi' 23 maggio 1990
              Il presidente estensore: (firma illeggibile)

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