N. 453 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 1990

                                 N. 453
 Ordinanza  emessa  il  10  aprile  1990  dal  pretore  di  Milano nel
 procedimento penale a carico di Vishaj Fadil
 Processo  penale  -  Nuovo codice - Giudizio direttissimo - Richiesta
 per il rito abbreviato - Dissenso immotivato e vincolante del p.m.  -
 Insindacabilita'  da parte del giudice - Conseguente inapplicabilita'
 della diminuente ex art. 442, secondo comma, del cod. proc. pen. 1988
 - Violazione del principio della subordinazione del giudice alla sola
 legge - Disparita' di trattamento tra imputati e rispetto all'analogo
 rito dell'applicazione della pena su richiesta delle parti.
 (C.P.P. 1988, artt. 438, 452, secondo comma, e 566, ottavo comma).
 (Cost., artt. 3 e 101, secondo comma).
(GU n.29 del 18-7-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza:
                              PREMESSO CHE
      l'imputato,  dopo la convalida del suo arresto per tentato furto
 aggravato, ha formulato nei termini e ai sensi dell'art. 566,  ottavo
 comma, del c.p.p., rituale richiesta di giudizio abbreviato;
      il  pubblico  ministero  ha  pero' al riguardo negato il proprio
 assenso, senza peraltro motivare le ragioni di questo rifiuto, stante
 la mancanza di un obbligo di legge in tal senso;
      la  difesa  ha allora sollevato eccezione di incostituzionalita'
 per contrasto con gli artt. 3 e 101 della Costituzione, dell'art. 438
 del c.p.p., nella parte in cui consente al p.m. di paralizzare, senza
 alcun  dovere  di  motivazione  del   proprio   dissenso,   l'istanza
 dell'imputato  di  essere  giudicato nelle forme del rito abbreviato,
 privandolo cosi' arbitrariamente della possibilita'  di  beneficiare,
 in  caso  di  condanna,  della  riduzione di un terzo della pena come
 previsto dall'art. 442, secondo comma, del c.p.p.
                           OSSERVA IN DIRITTO
    L'eccezione   di   incostituzionalita',   cosi'   come   e'  stata
 prospettata  dalla  difesa,  si  appalesa  irrilevante  nel  presente
 giudizio,  poiche'  investe  l'art.  438  del  c.p.p.  riguardante la
 richiesta di rito abbreviato "tipico", mentre nella specie  l'istanza
 dell'imputato  e'  rivolta ad ottenere l'applicazione di quella forma
 "atipica"  di  giudizio  abbreviato  che  si  svolge  con   modalita'
 particolari  davanti  allo stesso giudice del dibattimento in seguito
 alla trasformazione del rito  per  direttissima,  secondo  lo  schema
 procedurale delineato dall'art. 452 del c.p.p.
    Detto  cio',  ritiene il giudicante con riferimento a quest'ultima
 norma di poter far  propria  e  sollevare  d'ufficio  l'eccezione  di
 incostituzionalita'  di  essa, per contrasto con l'art. 3 e 101 della
 Costituzione, attesa l'indubbia rilevanza  della  questione  ai  fini
 della  decisione  del presente giudizio e stante la sua non manifesta
 infondatezza.
    Ma  prima di illustrare le ragioni di questo convincimento, appare
 opportuno ricordare che  recentemente  la  Corte  costituzionale  con
 sentenza  n.  66/1990  ha  avuto  modo di dichiarare l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo
 approvato  con  decreto-legge  28 luglio 1989, n. 271, sulle norme di
 attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
 penale  del  1988,  nella  parte  in  cui non prevede che il pubblico
 ministero sia tenuto, qualora l'imputato, in un  processo  definibile
 in base alle norme del c.p.p. abrogato, abbia fatto richiesta di rito
 abbreviato, ad enunciare le ragioni dell'eventuale dissenso  e  nella
 parte  in  cui  non  prevede  che  il  giudice, quando a dibattimento
 concluso ritenga ingiustificato il dissenso espresso dal p.m.,  possa
 applicare  all'imputato  la  riduzione  di pena contemplata dall'art.
 442, secondo comma, del c.p.p. del 1988.
    In  tale  pronuncia i giudici della consulta hanno sostanzialmente
 sviluppato con ampiezza di argomentazioni un ragionamento  che  cosi'
 si  puo' schematicamente sintetizzare: nei procedimenti in corso alla
 data di entrata in vigore del nuovo  codice  di  procedura  penale  e
 definibili  secondo  le  disposizioni  della  disciplina  processuale
 abrogata, la prevista possibilita'  per  l'imputato  di  chiedere  di
 essere  giudicato  con le forme del rito abbreviato, dovendosi queste
 adattare ad una situazione processuale diversa da quella  tipicizzata
 dagli  artt.   438  e  segg.  del  nuovo c.p.p. e contenuti nel libro
 sesto, titolo primo, comporta necessariamente una serie di  rilevanti
 modifiche  per  quanto  riguarda  sia  la  fase  in  cui  puo' essere
 legittimamente formulata tale richiesta, sia il  giudice  chiamato  a
 provvedervi   in  merito,  sia,  infine,  le  condizioni  diverse  di
 conoscenza da parte di quest'ultimo  e  di  rilevanza  del  materiale
 probatorio  raccolto  e  sottoposto  alla verifica dibattimentale. Di
 conseguenza,  attenuandosi  notevolmente  le  differenze  sul   piano
 processuale  della richiesta di giudizio abbreviato rispetto a quella
 dell'applicazione della pena su istanza di parte ai  sensi  dell'art.
 444  del  c.p.p.,  risulta  evidente,  nella  disciplina transitoria,
 l'irragionevolezza (e, quindi, il contrasto con  il  principio  della
 parita'  di  trattamento  dei cittadini di fronte alla legge, sancito
 dall'art. 3 della Costituzione),  del  diverso  regime  stabilito  in
 merito all'obbligo della motivazione dell'eventuale dissenso del p.m.
 all'accoglimento  della  richiesta  dell'imputato   di   applicazione
 dell'uno  o  dell'altro rito speciale, dal momento che il giudice nel
 caso di istanza dell'imputato di "patteggiamento sulla pena" puo'  in
 esito   al  dibattimento  accoglierla,  irrogando  al  pervenuto  una
 sanzione ridotta fino ad un terzo, qualora ritenga ingiustificato  il
 dissenso  del p.m., e non puo', invece, farlo nell'ipotesi, per molti
 aspetti analoga, in cui sia stato immotivatamente rifiutato l'assenso
 alla richiesta di giudizio abbreviato.
    Ora,  tenendo  ferme  le  valutazioni  e la conseguente censura di
 incostituzionalita' espresse dalla Corte nella  richiamata  sentenza,
 rileva  il  giudicante  che  anche  nel caso di richiesta di giudizio
 abbreviato formulata, ai sensi e nei termini di cui all'ottavo  comma
 dell'art.  566 del c.p.p. 1988, nell'ambito del giudizio direttissimo
 pretorile si e' in presenza di un'applicazione "atipica" del predetto
 procedimento   speciale   che   differisce  profondamente  da  quello
 "ordinario" regolato dal titolo primo del libro sesto del c.p.p.  per
 quanto  riguarda  il  momento  e  la  sede  in  cui  la  richiesta va
 formulata, il giudice cui la stessa va rivolta e i poteri  attribuiti
 al    medesimo   nella   delibazione   dell'accoglibilita'   o   meno
 dell'istanza.
    Diversamente,  infatti, che nella richiesta di giudizio abbreviato
 ordinario, quella formulata ai sensi dell'art. 566, ottavo comma, del
 c.p.p.  che  richiama  esplicitamente  l'art.  452, secondo comma, va
 proposta  nella  fase  immediatamente   successiva   alla   convalida
 dell'arresto  e  prima  di dare avvio al giudizio direttissimo, e non
 invece nei cinque giorni precedenti la  data  fissata  per  l'udienza
 preliminare  o  nel  corso  di essa fino a che non siano formulate le
 richieste delle parti. Va indirizzata non al giudice  delle  indagini
 preliminari  ma  allo stesso giudice del dibattimento che fra l'altro
 non ha alcuna possibilita' di rigettarla, non potendo preventivamente
 stabilire  se  e' in grado di decidere allo stato degli atti, perche'
 non li conosce, ma puo' nel corso del  giudizio  abbreviato  indicare
 alle   parti   temi   nuovi   od  incompleti  di  prova,  provvedendo
 all'assunzione degli elementi necessari ai fini della decisione.
    Tutte   queste   caratteristiche   particolari  dell'istituto  non
 soltanto  lo  fanno  divergere  notevolmente  da   quello   ordinario
 prefigurato  dal  codice  negli artt. 438 e 443, ma lo avvicinano per
 molti aspetti, ed in particolare per quanto riguarda il  momento,  la
 sede  e  il giudice, cui va rivolta la richiesta, a quell'altra forma
 "anomala" di giudicio abbreviato che puo' innestarsi, in forza  della
 disciplina  transitoria, in un processo altrimenti definibile secondo
 le regole dettate dal c.p.p. abrogato e  che,  per  effetto  di  tale
 adattamento, subisce un'alterazione rimarchevole della sua originaria
 fisionomia, al punto, come ha rilevato la  Corte  costituzionale,  da
 rendere   irragionevole  la  diversita'  di  trattamento  per  quanto
 riguarda  la  motivazione  del  dissenso   del   p.m.   rispetto   al
 procedimento  "speciale"  dell'applicazione  della  pena su richiesta
 dell'imputato.
    Orbene, ritiene questo pretore che anche nel caso di specie appaia
 costituzionalmente ingiustificabile, per contrasto con  il  principio
 consacrato dall'art. 3 della Costituzione, l'art. 452, secondo comma,
 del nuovo c.p.p., nella parte in cui non  prevede  che  il  p.m.,  di
 fronte ad una richiesta dell'imputato di essere giudicato con il rito
 abbreviato, debba motivare il suo dissenso, esponendo le ragioni  del
 suo  rifiuto,  onde consentire al giudice di valutare la fondatezza e
 legittimita' delle stesse e,  al  pari  di  quanto  e'  previsto  per
 l'ipotesi  del  c.d.  "patteggiamento  sulla  pena", di accogliere in
 esito al dibattimento la richiesta dell'imputato, operando in caso di
 condanna  la  prevista  riduzione  di  un terzo della pena, quando il
 dissenso del p.m. risulti pretestuoso o collegato a  motivi  estranei
 ad esigenze effettivamente processuali.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata l'eccezione di
 legittimita' costituzionale, per contrasto con gli  artt.  3  e  101,
 secondo  comma,  della Costituzione, degli artt. 566, ottavo comma, e
 452, secondo comma, in relazione all'art. 438 del  c.p.p.  del  1988,
 nella  parte  in  cui non e' previsto che il p.m., esponga le ragioni
 del suo dissenso di fronte alla  richiesta  dell'imputato  di  essere
 giudicato con il rito abbreviato e nella parte in cui non e' previsto
 che il giudice, qualora ritenga ingiustificato il dissenso del  p.m.,
 disponga in caso di condanna la riduzione di pena stabilita dall'art.
 442, secondo comma, del c.p.p.;
    Dispone la sospensione del presente giudizio ed ordina l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  la  notifica,  a  cura  della cancelleria, della presente
 ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione
 della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Milano, addi' 10 aprile 1990
                    Il pretore: (firma illeggibile)
                                     L'ausiliario: (firma illeggibile)
 90C0877