N. 357 ORDINANZA 11 - 20 luglio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati contro la famiglia - Maltrattamenti - Successiva
 riconciliazione tra i coniugi e ripristino del normale svolgersi
 della vita coniugale - Causa di estinzione del reato - Omessa
 previsione - Questione implicante scelte rimesse alla
 discrezionalita' del legislatore - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P., art. 572, primo comma).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 22, 30 e 31).
 
(GU n.32 del 8-8-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
    nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 572, parte
 prima, del  codice  penale,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  14
 dicembre  1989 dal Pretore di Nardo' nel procedimento penale a carico
 di Murciano Umberto, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 16, prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 26 giugno 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto che, con ordinanza 14 dicembre 1989, il Pretore di Nardo'
 sollevava questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  572,
 primo  comma,  codice  penale,  perche' ritenuto in contrasto con gli
 artt. 29, 30, 31, 2 e 3 della Costituzione, nella parte  in  cui  non
 prevede  come  causa di estinzione del reato la seria riconciliazione
 dei  coniugi  ed  il  normale  svolgimento  della   vita   coniugale,
 giudizialmente accertati;
      che  l'occasione  per  la  rimessione  della  questione e' stata
 offerta al Pretore da una penosa vicenda famigliare di cui si e' reso
 protagonista un giovane marito tossicodipendente, che ha usato per un
 certo periodo  reiterati  maltratti  alla  moglie  fino  all'episodio
 ultimo,  per  il  quale  fu tratto in arresto, durante il quale aveva
 anche minacciato la moglie con un coltello procurandole  poi  lesioni
 personali lievissime, guarite in due giorni;
      che successivamente, pero', ottenuta la liberta' provvisoria, il
 giovane  si   era   allontanato   dalla   droga,   tenendo   condotta
 irreprensibile  e  riconciliandosi  con  la moglie al punto da ridare
 ordine ed armonia alla vita famigliare, mettendo anche  al  mondo  un
 bambino d'intesa con la moglie stessa;
      che  una  perizia psichiatrica, disposta dal giudice, ha escluso
 che al momento dei fatti  incriminati  il  giovane  non  fosse  stato
 capace  d'intendere  e  di volere a causa dell'uso degli stupefacenti
 (in particolare, eroina per via iniettiva);
      che, tutto questo precisato, rilevava il Pretore come i principi
 affermati  dalla  Costituzione  e   dalla   successiva   legislazione
 civilistica  nella  materia  comportano  una  nuova  concezione della
 famiglia, diversa  da  quella  imperante  nel  corso  della  stagione
 politica  che ebbe ad esprimere il codice penale vigente, secondo cui
 la tutela dei diritti della  famiglia  quale  societa'  naturale,  la
 salvaguardia  della  sua  unita'  e dei diritti dei figli, dovrebbero
 dare  rilievo  alla  riconciliazione  e  alla   ricostituita   unita'
 famigliare;
      che,  pur  confermandosi l'attuale validita' dell'incriminazione
 dei  fatti  dissolutori  descritti  nell'articolo  impugnato,  e   la
 procedibilita'  d'ufficio, ritiene tuttavia il Pretore che l'esigenza
 di tutela espressa dai parametri  costituzionali  invocati,  e  dalla
 nuova   legislazione,   denunzi   altresi'   la  necessita'  di  dare
 consistenza di fatti estintivi  del  reato  alle  condotte  di  seria
 riconciliazione dei coniugi, giudizialmente accertate, che comportino
 la ripresa del normale svolgimento della vita famigliare;
      che,  pertanto,  la carenza nella norma penale di una tale causa
 estintiva   si   tradurrebbe   nella   denunziata    incompatibilita'
 costituzionale;
      che   e'  intervenuto  innanzi  alla  Corte  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale  dello
 Stato,  la  quale  ha  chiesto  che sia dichiarata l'inammissibilita'
 della questione;
    Considerato  che  l'ordinanza  riconosce  la persistente validita'
 della denunziata incriminazione di fatti tendenti a  violare  proprio
 quell'unita'   e   quell'etica   della  famiglia,  che  il  mutamento
 ordinamentale e costituzionale ha,  anzi,  rafforzato  e  sviluppato,
 accrescendo l'esigenza di tutela;
      che,  pur  apprezzandosi  lo  scrupolo  del giudice rimettente e
 l'ampiezza della  motivazione  con  cui  lo  sostiene,  egli  stesso,
 tuttavia,  propone  il quesito in forma perplessa in quanto si mostra
 dubbioso se rientri nel potere della  Corte  provvedere  ad  inserire
 nella norma l'auspicata causa estintiva;
      che,  in  effetti, una volta riconosciuta e confermata l'attuale
 validita' della rilevanza penale di fatti che violano i  principi  su
 cui  si  fonda  l'unita'  della  famiglia e l'etica della coesistenza
 pacifica dei suoi membri (anche nell'interesse dei figli minori), non
 puo' spettare che allo stesso legislatore stabilire se esistano fatti
 successivi in grado di estinguere, sotto condizioni  che  ancora  una
 volta  solo  il legislatore puo' disciplinare, il carattere criminale
 di quelle violazioni e le relative conseguenze sanzionatorie;
      che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Visti  ed  applicati  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11
 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per  i
 giudizi  davanti  alla  Corte  Costituzionale,  dichiara la manifesta
 inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'art. 572, primo comma, codice penale, con riferimento agli artt.
 2, 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Nardo'
 con ordinanza 14 dicembre 1989.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0947