N. 388 ORDINANZA 12 - 31 luglio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Corte dei conti - Giudizi pensionistici - Intervento obbligatorio e
 prevista attivita' istruttoria del p.m. Disparita' di trattamento di
 tali giudizi rispetto ai procedimenti civilistici - Lesione del
 principio di terzieta' del giudice e del giudice naturale -
 Conseguente ritardo nei giudizi - Violazione del diritto di difesa
 delle parti - Lesione  del principio del contraddittorio - Esclusione
 - Manifesta infondatezza.
 
 (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 72; r.d. 13 agosto 1933, n.
 1038, artt. 72, 75 e 81).
 
 (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, e 25, secondo comma).
(GU n.36 del 12-9-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 72 del regio
 decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo  unico  delle
 leggi  sulla  Corte  dei  conti),  degli  artt. 72, 75 e 81 del regio
 decreto 13 agosto 1933, n.  1038  (Approvazione  del  regolamento  di
 procedura  per  i giudizi innanzi alla Corte dei conti), promosso con
 ordinanza emessa il 5 gennaio 1990 dalla Corte dei Conti sul  ricorso
 proposto  da Di Giacomo Bice ved. Di Gregorio contro il ministero del
 Tesoro, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1990  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  18,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1990.
    Visto l'atto di costituzione di Di Giacomo Bice;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 26 giugno 1990 il Giudice
 relatore Francesco Greco.
    Ritenuto  che  la  Corte  dei  Conti,  nel giudizio promosso da Di
 Giacomo Bice per ottenere la pensione privilegiata di riversibilita',
 per  essere  la  morte del marito avvenuta per causa di servizio, con
 ordinanza del 5 gennaio 1990 ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale:
       a)  dell'art.  72  del  testo unico delle leggi sulla Corte dei
 conti, approvato con regio  decreto  12  luglio  1934,  n.  1214,  in
 relazione  al  codice  di  procedura  civile  (art. 81, 91, 96, 174 e
 segg.), al codice civile (art. 2909),  al  regio  decreto  26  giugno
 1924,  n.  1054  e  alla  legge  6 dicembre 1971, n. 1034, in quanto,
 prevedendo, nei  giudizi  pensionistici,  l'intervento  obbligatorio,
 anziche'  facoltativo, del P.M. presso la Corte dei conti, determina,
 in  violazione  dell'art.  3  della   Costituzione,   disparita'   di
 trattamento  delle parti private di tali giudizi rispetto a quelle di
 consimili procedimenti svolgentisi dinanzi al giudice ordinario  o  a
 quello amministrativo (T.A.R. o Consiglio di Stato);
       b)  dell'art.  75 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, in
 relazione agli artt. 168- bis e 174 del codice di procedura civile in
 quanto  attribuisce  poteri istruttori al P.M. anziche' ad un giudice
 istruttore, con lesione dei principi della terzieta'  del  giudice  e
 del  giudice naturale e con conseguenti ritardi nell'espletamento dei
 giudizi, onde la violazione degli artt. 24, secondo comma, e 25 della
 Costituzione;
       c)  degli  artt.  72  e 81 del regio decreto 13 agosto 1933, n.
 1038, in relazione all'art. 101 del codice di procedura civile, nella
 parte  in  cui  non  prevedono l'obbligatoria notificazione dell'atto
 introduttivo del giudizio per il riconoscimento di pensioni a  totale
 carico  dello Stato alla competente amministrazione che, nel giudizio
 stesso e' parte sostanziale, onde la violazione degli artt. 3  e  24,
 secondo  comma,  della Costituzione, per la irrazionale disparita' di
 trattamento  che  essa  amministrazione  riceve  in  detto   giudizio
 rispetto ad altri egualmente vertenti in materia pensionistica, per i
 quali e', invece, previsto l'onere della  notificazione  dei  ricorsi
 introduttivi;  nonche' per la conseguente compressione del diritto di
 difesa dell'amministrazione stessa e per la violazione del  principio
 del contraddittorio;
      che  la  parte  privata, costituitasi nel giudizio, ha insistito
 sulla irrazionale discriminazione a danno dei richiedenti la pensione
 a  totale  carico dello Stato per effetto della obbligatoria presenza
 del P.M. con poteri istruttori nonostante la sua qualita'  di  organo
 requirente,   la  sua  funzione  di  tutela  dell'amministrazione  in
 conflitto con la parte privata e l'assenza di un qualsiasi  controllo
 sullo svolgimento di detta attivita' istruttoria.
    Considerato  che  le situazioni poste a raffronto non sono affatto
 omogenee, avendo ogni regime pensionistico le proprie peculiarita'  e
 caratteristiche, derivanti dalla specialita' delle norme regolatrici,
 in  relazione  all'ente  che  eroga  la  prestazione  ed  al   regime
 contributivo che la determina;
      che   dette   peculiarita',   in  caso  di  contestazione  e  di
 controversie sul diritto detta prestazione,  si  riflette  anche  sui
 giudizi ed in ispecie sui giudici competenti a decidere e sulle norme
 processuali applicabili;
      che per quanto riguarda le pensioni a totale carico dello Stato,
 la loro  liquidazione  e'  demandata  alle  singole  amministrazioni,
 mentre  la  funzione  giurisdizionale esclusiva appartiene alla Corte
 dei conti che e', quindi, il giudice naturale  in  materia  (legge  8
 aprile 1933, n. 255);
      che la prevista presenza nel giudizio del P.M. con taluni poteri
 di indagini ed istruttori non lede affatto il diritto di difesa delle
 parti  che  sono  l'amministrazione,  la  quale  eroga il trattamento
 pensionistico  ed  alla  quale,   peraltro,   viene   tempestivamente
 comunicato  il  ricorso  e che, quindi, puo' anche chiedere di essere
 rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, ed il privato che
 puo' farsi rappresentare e difendere da un avvocato del foro libero;
      che  il P.M., agendo per l'osservanza della legge, ne garantisce
 obiettivamente l'applicazione ed  integra  eventualmente  l'attivita'
 delle parti colmando le possibili lacune difensive, portando elementi
 utili per la  decisione  e  risolvendo  l'eventuale  difficolta'  che
 potrebbe incontrare il privato;
      che l'attivita' istruttoria e' precipuamente affidata alla Corte
 (artt. 14 e 15 del regio decreto 13 agosto 1933, n.  1038)  la  quale
 eventualmente   puo'   demandare   al  P.M.  il  compimento  di  atti
 istruttori;
      che   le  norme  processuali  garantiscono  la  regolarita'  del
 contraddittorio  tra  le  parti  prevedendo  limiti,  forme  di  atti
 processuali, termini, poteri e facolta';
      che  la  decisione,  dopo  l'acquisizione  di tutti gli elementi
 utili e necessari, si matura dal contrasto delle ragioni delle  parti
 e dal gioco dialettico delle loro opinioni;
      che,  pertanto,  non sussiste la dedotta violazione dei precetti
 costituzionali (artt. 3, 24 secondo comma,  25,  primo  comma,  della
 Costituzione;
      che la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 72 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214
 (Approvazione  del  testo  unico  delle leggi sulla Corte dei conti),
 degli artt. 72, 75 e 81 del regio decreto 13  agosto  1933,  n.  1038
 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla
 Corte dei conti), in riferimento agli artt. 3, 24, secondo  comma,  e
 25,  secondo  comma,  della  Costituzione,  sollevata dalla Corte dei
 conti con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 31 luglio 1990.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
 90C0998