N. 543 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 1990

                                 N. 543
     Ordinanza emessa il 23 maggio 1990 dal giudice per le indagini
   preliminari presso il tribunale di Torino nei procedimenti penali
                   riuniti a carico di Meiohas Moreno
 Imposte  -  Infedele  dichiarazione  dei  redditi  - Estensione della
 punibilita',   secondo   il   "diritto   vivente"   (conforme    alla
 giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione), alla mera omissione di
 componenti positivi del reddito  e  alla  simulazione  di  componenti
 negativi  dello  stesso  -  Difformita'  dall'interpretazione accolta
 dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247/1989 (necessita'  di
 un'attivita'  preparatoria  fraudolenta) - Pericolo di difformita' di
 giudicati  in  parte  qua  -  Conseguente  possibile  disparita'   di
 trattamento tra cittadini.
 (Legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4, n. 7).
 (Cost., artt. 3 e 25).
(GU n.38 del 26-9-1990 )
                 IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   sull'eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma primo,  n.  7  della
 legge 516/1982, in relazione agli artt. 25, secondo comma, e 3, primo
 comma,  della  Costituzione  sollevata  dal  p.m.   nell'ambito   del
 procedimento a carico di Meiohas Moreno, imputato di reati in materia
 di violazione alla legge fiscale;
    Sentita la difesa che si e' rimessa;
                             O S S E R V A
    All'imputato  e' contestata la violazione dell'art. 4, n. 7, della
 legge n. 516/1982 sotto il profilo della dissimulazione di componenti
 positive  di  reddito  rappresentate  da corrispettivi di cessioni di
 beni o  servizi  presunti  conseguiti  nell'esercizio  dell'attivita'
 commerciale  da lui gestita e non annotati nelle scritture contabili.
    A  seguito  della pronuncia della Corte costituzionale (n. 247 del
 15  e  16  maggio  1989)  che  nel   respingere   la   questione   di
 costituzionalita'   della   norma  sotto  il  profilo  della  mancata
 determinatezza  della  condotta  criminosa,  ha  offerto  una  chiave
 interpretativa  nel senso che ai fini dell'integrazione del reato non
 sarebbe sufficiente il solo simulare o dissimulare,  ma  si  dovrebbe
 esigere  un'attivita'  ulteriore  e  cioe'  un'attivita' preparatoria
 (fraudolenta)  alla   dichiarazione   dei   redditi   finale,   volta
 all'alterazione  del risultato della dichiarazione stessa, in ipotesi
 quale quella di specie, ove non e' elevata  alcuna  contestazione  di
 condotta  fraudolenta  in  senso  stretto, non sarebbe ravvisabile il
 reato di frode fiscale  addebitato  all'imputato.  In  altre  parole,
 secondo  la  Corte  costituzionale  la  norma  in  parola non sarebbe
 indeterminata in quanto per configurare la condotta criminosa sarebbe
 necessario  non  la  semplice  omissione  di  indicazione di fonti di
 reddito, ma che la condotta "si esprima  in  forme  corrispondenti  a
 quelle necessarie per integrare le diverse ipotesi di frode fiscale".
 Cio' che e' vietato dal precetto sarebbe per la Corte  costituzionale
 il   compimento   per  un  particolare  scopo  illecito,  degli  atti
 fraudolenti di cui all'art. 4, n.  7,  della  legge  citata,  con  la
 consapevolezza  che  gli stessi siano idonei ad alterare il risultato
 della dichiarazione  ed  anche  con  l'intenzione  di  effettivamente
 alterare il risultato della dichiarazione stessa.
    Successivamente  a questa pronuncia, con sentenza del 20 settembre
 1989 la Corte di cassazione, tornando sullo stesso argomento,  si  e'
 espressa in senso diametralmente opposto, conformemente al prevalente
 orientamento giurisprudenziale, ritenendo sufficiente ad integrare la
 fattispecie   dell'art.   4,   n.  7,  della  legge  n.  516/1982  un
 comportamento semplicemente mendace, senza la necessita' di  condotte
 artificiose.  Le  argomentazioni  su cui si incardina detta pronuncia
 muovono dalla constatazione che altre figure criminose, in  relazione
 alle   quali   e'   richiesto   un  comportamento  di  simulazione  e
 dissimulazione, non richiedono alcuna connotazione di fraudolenza per
 ritenersi  integrate  ed  inoltre affrontano il problema del rapporto
 tra le due figure criminose previste dalla legge n. 516/1982  (quella
 di  cui  all'art. 1 e quella di cui all'art. 4 n. 7), escludendo - in
 sede  di  confronto  tra  le  due  fattispeci  -   motivatamente   la
 sovrapponibilita'     delle    stesse    e    quindi    profili    di
 incostituzionalita' per disparita' di trattamento.
    E'  piu'  che  immediato rilevare che l'argomentazione della Corte
 costituzionale  sull'essenzialita'   del   quid   pluris   che   deve
 accompagnare  la  condotta  dissimulatoria (o simulatoria) non e' una
 mera speculazione teorica, e pur essendo inserita nel contesto di una
 pronuncia  interpretativa  di  rigetto  (non  vincolante  il  giudice
 ordinario), venendo  ad  incidere  sugli  aspetti  strutturali  della
 fattispecie  delittuosa, non puo' non essere presa in considerazione.
 Delle due infatti l'una: o si riconosce che mendacio  e  frode  siano
 condotte perfettamente fungibili, conclusione alla quale l'autorevole
 intervento della Corte costituzionale non consente di addivenire  sic
 et  simpliciter,  tenuto  conto  che  resterebbe  comunque  aperto il
 problema dell'indeterminatezza della fattispecie  in  riferimento  al
 requisito  della  rilevanza, ovvero si recepisce l'insegnamento della
 Corte costituzionale, e si giunge alla conclusione che in casi  quali
 quello di specie non e' integrata l'ipotesi delittuosa contestata. Ma
 il netto contrasto tra le due  Corti  ha  riflessi  non  indifferenti
 sull'operato  della  giurisprudenza  di  merito  che  aderendo  ora a
 questo, ora all'altro indirizzo, puo'  sicuramente  porre  in  essere
 un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra i cittadini. Tale
 stato di cose giustifica, secondo gli stessi insegnamenti della Corte
 costituzionale,  un suo intervento di modifica del quadro legislativo
 sul rilievo che il giudizio di costituzionalita'  di  una  norma  non
 puo'  prescindere  dal  significato che in concreto la norma viene ad
 assumere nella realta' dell'esperienza applicativa giudiziaria.
    A  fronte  di  queste  osservazioni, ritiene questo giudice che la
 questione di costituzionalita' della norma in  parola  sollevata  dal
 p.m.  sia  fondata,  oltre che rilevante nel caso di specie. Quanto a
 quest'ultimo requisito e' di solare evidenza che - come gia' detto se
 dovesse  ritenersi  la  necessita'  del  quid pluris e cioe' l'uso di
 particolari tecniche positive  fraudolente  l'imputato  non  dovrebbe
 essere rinviato al giudizio del tribunale. Quanto invece al requisito
 della non manifesta fondatezza della  questione  si  ripete  che  sul
 punto  la Corte costituzionale ha gia' espresso il suo giudizio senza
 possibilita'   di   equivoco,   laddove   ha   statuito   che    solo
 l'interpretazione  offerta avrebbe potuto evitare un patente vizio di
 costituzionalita' della fattispecie in questione,  sotto  il  profilo
 della  sua  indeterminatezza.  Per l'autorevolezza dell'Organo che ha
 assunto detta posizione non resta che adeguarvisi.  Peraltro  occorre
 osservare  che  la  contrapposta  interpretazione  che  la  Corte  di
 cassazione  ha  offerto  rende  difficoltosa  la  risoluzione   della
 questione  ai  giudici  di  merito,  con  pericolo  di difformita' di
 giudicati sul punto.
    Il  p.m.  ha  chiesto che una volta appurata la rilevanza e la non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 il  processo  in  relazione  alla violazione dell'art. 4, n. 7, della
 legge in discorso venga sospeso con inoltro  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale,   previa   separazione   degli   atti  relativi  alle
 imputazioni contravvenzionali, per  le  quali  e'  stato  chiesto  il
 rinvio al giudizio del tribunale.
    La  richiesta  deve  essere accolta, tenuto conto che l'art. 2 del
 c.p.p. statuisce che il giudice penale risolve ogni questione da  cui
 dipenda  la  decisione  salvo  che  sia  diversamente  stabilito;  la
 risoluzione di questioni di legittimita'  costituzionale  involge  un
 giudizio  sulla  validita'  della  norma  su  cui  deve  fondarsi  la
 decisione del giudice, di qui l'impossibilita'  per  il  Giudice  che
 ravvisi  una  pregiudiziale di carattere costituzionale di risolverla
 ai sensi dell'art. 2 del c.p.p. poiche' cosi' facendo oltrepasserebbe
 le  attribuzioni che gli sono riconosciute. Ne consegue che una volta
 ravvisata la rilevanza e non manifesta infondatezza  della  questione
 corre  l'obbligo  per  l'organo giurisdizionale di investire la Corte
 costituzionale  con  trasmissione  degli  atti  alla  stessa   e   di
 sospendere  il giudizio in corso ai sensi dell'art. 23 della legge n.
 87/1953.
    Poiche'  pero',  in ordine alle altre violazioni diverse da quella
 all'art. 4, n. 7, della legge n. 516/1982, ascritte  al  Meiohas,  e'
 possibile  pervenire prontamente alla decisione, deve essere disposta
 la separazione dei processi, giusto il disposto dell'art.  18,  lett.
 a), del c.p.p.;
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  n.  7,  della  legge  n.
 516/1982,   in   relazione   all'art.   25,   comma   secondo,  della
 Costituzione, e 3, secondo comma della Costituzione  nella  parte  in
 cui  permette nell'applicazione concrete interpretazioni in contrasto
 e tali da creare disparita' di trattamento;
    Visto l'art. 2 del c.p.p.;
    Sospende il processo in corso a carico di Meiohas Moreno;
    Visto l'art. 18 del c.p.p.;
    Ordina  la separazione degli atti relativi alle imputazioni di cui
 all'art. 1 della legge  n.  516/1982  e  manda  alla  cancelleria  di
 formare autonomo fascicolo processuale;
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti  relativi  al  reato  di cui
 all'art. 4, n. 7, della legge n. 516/1982 alla Corte costituzionale;
    Ordina la notifica di copia della presente ordinanza al Presidente
 del Consiglio  dei  Ministri  e  la  comunicazione  della  stessa  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Torino, addi' 23 maggio 1990
      Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile)

 90C1072