N. 550 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 1989- 4 settembre 1990
N. 550 Ordinanza emessa il 16 novembre 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 4 settembre 1990) dal tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, sui ricorsi riuniti proposti da Cuffiani Verter ed altri contro la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ravenna ed altri. Industria e commercio - Panificazione - Autorizzazione della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, per i panifici di nuovo impianto in base a valutazioni di opportunita' in relazione alla densita' dei panifici esistenti e al volume della produzione nella localita' ove e' richiesta l'autorizzazione Illogicita' della norma impugnata nel sistema attuale di economia dinamica in contrasto con i principi di liberta' di iniziativa economica e di buon andamento della p.a., attesa anche l'insufficienza di strumenti operativi e conoscitivi di cui dispone la C.C.I.A.A. (Legge 31 luglio 1956, n. 1002, art. 2). (Cost., artt. 3, 41 e 97).(GU n.38 del 26-9-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi: N. 1370/86 proposto da Cuffiani Verter, Arniani Rino, Plazzi Giancarlo, Guardigli Onorio, Casadio Mirta, rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo Fanzini e Maurizio Salari, e domiciliati nello sstudio del primo, in Bologna, via S. Stefano n. 43, N. 1762/86 proposto da Fucci Marzia, Spada Rita, Lotti Valerio, Montanari Guerrino, rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo Fanzini e Maurizio Salari e domiciliati nello studio del primo, in Bologna, via S. Stefano n. 43, N. 1763/86 proposto da Cuffiani Verter, Arniani Rino, Plazzi Giancarlo, Guardigli Onorio, Casadio Mirta, rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo Fanzini e Maurizio Salari, e domiciliati nello studio del primo in Bologna, via S. Stefano n. 43, N. 640/87 proposto da Cuffiani Verter, Arniani Rino, Plazzi Giancarlo Guardigli Onorio, Casadio Mirta, Fucci Marzia, Spada Rita, Lotti Valerio, Montanari Guerrino, Illero Casadio, Collina Otello, Silvi Anna Maria, Bonaga Romano, Guido Guidi, Castaldi Bruno, Fellini Giorgio, Sbrighi Gilberto, rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo Fanzini e Maurizio Salari e domiciliati nello studio del primo, in Bologna, via S. Stefano n. 43, N. 1004/88 proposto da Cuffiani Verter, Fucci Marzia, Spada Rita, Casadio Illero, rappresentati e difesi dagli avvocati Maurizio Salari e Paola Marzocchi e domiciliati presso quest'ultima in via S. Stefano n. 43, Bologna; contro la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ravenna, in persona del legale rappresentante avvocato Pietro Beccarini, rappresentata e difesa dall'avvocato Goffredo Tosi e domiciliata in Bologna, piazza S. Francesco n. 2 presso l'avvocato Alberti; e nei confronti delle societa' Cofar e Pineta S.p.a. Agritech, in persona dei legali rappresentanti, rappresentate e difese dagli avvocati Giuliano Bindi di Ravenna e Arrigo Allegri di Parma; e nei confronti (ricorso n. 1004/88) del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, in persona del Ministro in carica pro-tempore, non costituitosi; per l'annullamento ricorso n. 1370/86 della deliberazione della giunta camerale n. 229 del 26 maggio 1986 con la quale si e' disposto di autorizzare la ditta Cofar e Pineta S.p.a. ad installare un nuovo impianto per l'esercizio della pianificazione in Ravenna, via Rotta, 114, nonche' per l'annullamento di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale. Ricorsi n. 1762/86 e n. 1763/86 della deliberazione n. 359 del 22 settembre 1986 con la quale si e' disposto: 1) di dare atto che l'autorizzazione di cui alla delibera n. 229 del 26 maggio 1986 fa capo alla ditta Agritech S.p.a anziche' alla ditta Cofar e Pineta S.p.a.; 2) di modificare la precedente deliberazione cambiando l'ubicazione dell'impianto dalla localita' di Ravenna, via Rotta, 114, alla localita' S. Michele di Ravenna, via Braccesca n. 54, nonche' di ogni altro atto ad essa delibera presupposto, connesso o conseguenziale in particolare della delibera n. 229 del 26 maggio 1986. Ricorso n. 640/87 del provvedimento in data 2 febbraio 1987 con il quale la c.c.i.a.a. di Ravenna ha rilasciato alla ditta Agritech S.p.a la richiesta di esercizio per eseguire la panificazione nei locali situati al n. 54 di via Braccesca del comune di Ravenna, frazione S. Michele, il cui impianto ha una potenzialita' di q 120 nelle 24 h (licenza limitata alla produzione di prodotti atti alla distribuzione con la linea del freddo), nonche' per quanto possa occorrere della deliberazione della giunta camerale della c.c.i.a.a. di Ravenna n. 359 del 22 settembre 1986. Ricorso n. 1004/88 della deliberazione n. 132 del 21 marzo 1988 adottata dalla giunta camerale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ravenna portante autorizzazione per un impianto di produzione di pane surgelato alla S.p.a. Agritech, nonche' per l'eventuale annullamento del d. m. del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 13 aprile 1987 (Gazzetta Ufficiale n. 101 del 4 maggio 1987, all. 2). Visti i ricorsi con i relativi allegati e richiamata la sentenza in pari dati con la quale tra l'altro i ricorsi sono stati riuniti; Visto l'atto di costruzione in giudizio della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ravenna nonche' della societa' per azioni Cofar e Pineta e della societa' per azioni Agritech; Viste le memorie ed i documenti prodotti da tutte le parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 16 novembre 1989 la relazione del dottor Roberto Capuzzi e uditi, altresi', gli avvocati Fanzini, Salari, Tosi e Allegri in rappresentanza di tutte le parti costituite; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O I ricorrenti che esercitano attivita' di panificatori in Ravenna o in altre citta' emiliane hanno impugnato con cinque separati ricorsi n. 1370/86, n. 1762/86, n. 1763/86, n. 640/87, n. 1004/88, quattro distinti provvedimenti adottati dalla Camera di commercio di Ravenna nonche' il decreto del Ministro dell'industria del 13 aprile 1987. Nel ricorso 1370/86 e' stata impugnata la delibera adottata dalla Camera di commercio di Ravenna n. 229 del 26 maggio 1986 con la quale la ditta Cofar-Pineta veniva autorizzata alla apertura di un nuovo impianto di panificazione in Ravenna deducendosi la violazione dell'articolo 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002, nonche' eccesso di potere per carenze di motivazione, illogicita' manifesta, contraddittorieta', difetto del presupposto. Nei ricorsi 1763/86 e 1762/86 e' stata impugnata la delibera adottata dalla Camera di Ravenna n. 359 del 22 settembre 1986 con la quale si dava atto che la precedente autorizzazione n. 229 del 26 maggio 1986 faceva capo alla ditta Agritech S.p.a. anziche' alla Cofar e Pineta S.p.a. nonche' si modificava la precedente autorizzazione cambiando l'ubicazione dell'impianto dalla localita' di Ravenna, via Rotta n. 114, alla localita' S. Michele di Ravenna, via Braccesca n. 54. Si deducevano i medesimi profili di violazione di legge (art. 2 della legge n. 1002/56) e di eccesso di potere gia' denunziati a proposito del ricorso n. 1370/86. Nel ricorso n. 640/87 e' stato impugnato il provvedimento adottato dalla camera di commercio di Ravenna in data 2 febbraio 1987 con il quale si e' rilasciata alla ditta Agritech S.p.a. la licenzia di esercizio per eseguire la panificazione nei locali situati al n. 54 di via Braccesca in Ravenna, frazione S. Michele, per un impianto con potenzialita' di quintali 120 nelle 24 ore. La licenza veniva limitata alla produzione di prodotti atti alla distribuzione con la linea del freddo. Si deduceva illegittimita' derivata e difetto del presupposto. Nel ricorso n. 1004/88 e' stato impugnato il provvedimento adottato dalla Camera di commercio di Ravenna n. 132 del 21 marzo 1988, di autorizzazione alla apertura di un impianto di produzione di pane surgelato ai sensi del d.m. del Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato del 13 aprile 1987 (su Gazzetta Ufficiale n. 101 del 4 maggio 1987). E' stato impugnato, sia pure in via subordinata, anche il suddetto decreto ministeriale. Avverso i suddetti provvedimenti si deduceva illegittimita' derivata, difetto del presupposto nonche' violazione dell'art. 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002. Si e' costituito la Camera di commercio di Ravenna in difesa dei provvedimenti assunti nonche' la controinteressata Agritech S.p.a. Tutte le parti costituite producevano memorie a sostegno delle proprie argomentazioni. La Agritech, in subordine al rigetto del ricorso chiedeva che venisse sollevata davanti alla Corte costituzionale la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge n. 1002/1956. Dopo l'udienza di trattazione del 16 novembre 1989, la causa veniva assunta dal Colleggio per la decisione. Con separata sentenza in pari data, il collegio, riuniti i ricorsi di cui sopra e risolte alcune questioni inerenti la legittimazione dei ricorrenti ha deciso di rimettere all'esame della Corte costituzionale con la presente ordinanza la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002, ritenuta rilevante e pregiudiziale ai fini del decidere e non manifestatamente infondata. Ha cosi' sospeso il giudizio per quanto attiene ai due fondamentali profili di violazione della suddetta legge nonche' di eccesso di potere sotto vari profili. D I R I T T O Come esposto nella sentenza emessa in pari data nonche' nella esposizione in fatto della presente ordinanza il contenzioso all'esame del collegio prende le mosse dalla deliberazione n. 229 del 26 maggio 1986 con la quale la societa' Cofar-Pineta veniva autorizzata dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ravenna alla apertura di un nuovo impianto di panificazione in Ravenna, via Rotta n. 114. L'autorizzazione di che trattasi, che richiamava il disposto di cui all'art. 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002, veniva rilasciata sulla base di due ordini di considerazioni, la prima delle quali deve considerarsi determinante ai fini del rilascio della autorizzazione rispetto alla seconda. La prina considerazione, e' che la produzione dell'opificio da autorizzare era destinata in assoluta prevalenza al mercato nazionale ed internazionale il che giustificava di per se' l'opportunita' del nuovo impianto. La seconda e' che la modesta parte residua di produzione, ovvero quella che per non essere destinata al mercato nazionale ed internazionale era diretta a soddisfare esigenze del mercato locale, non sarebbe stata di turbamento all'equilibrio esistente in relazione alla densita' dei panifici esistenti ed al volume della produzione nella localita' di apertura del nuovo esercizio. C'e' da aggiungere, che la deliberazione in questione richiamava il parere della commissione istituita ex art. 2 della ripetuta legge n. 1002/1956 che pure sottolineava che la nuova attivita' travalicava i confini della localita' ove essa si svolgeva e che la circostanza che in Ravenna era commercializzato pane avente particolari caratteristiche non di tipo tradizionale (quale il pane surgelato) faceva presupporre una carenza produttiva. Le censure dedotte avverso la deliberazione camerale 229/86 nonche' avverso gli altri provvedimenti impugnati, ai quali peraltro non puo' essere riconosciuto un valore decisorio autonomo ed ulteriore in ordine alla localizzazione ed opportunita' del nuovo impianto, attengono sostanzialmente alla violazione dell'art. 2 della legge n. 1002/1956. Tale articolo tuttavia fa sorgere perplessita' in relazione alla sua compatibilita' con norme di livello costituzionale tali da indurre il collegio a chiedere una verifica di costituzionalita' al giudice delle leggi. Il collegio ritiene necessaria una premessa necessariamente non breve sulla interpretazione del ripetuto art. 2. Questo stabilisce: "I panifici di nuovo impianto, su domanda degli interessati, sono soggetti ad autorizzazione della Camera di commercio, industria ed agricoltura della provincia, sentita una commissione" (presieduta dal presidente della Camera di commercio la quale "accerta l'opportunita' del nuovo impianto in relazione alla densita' dei panifici esistenti e del volume della produzione nella localita' ove e' stata chiesta l'autorizzazione". L'art. 3 della ripetuta legge prevede il rilascio della licenza di panificazione "previo accertamento della efficienza degli impianti e della loro rispondenza ai requisiti tecnici ed igienico-sanitari..... .". E' stato sottolineato che alla base della valutazione di cui all'art. 2 della legge, vi e' la duplice finalita' perseguita dal legislatore, di controllare il rilascio di nuove licenze di panificazione in relazione alla funzione della panificazione alla funzione sociale della panificazione il cui prodotto ha, ed ancor piu' aveva, una rilevanza centrale nella alimentazione degli italiani, e nel contempo di valorizzare il lavoro dei panettieri ai quali la legge ha voluto garantire la piena occupazione cercando di evitare concentrazioni o frammentazioni della offerta con effetti deleteri sulla concorrenza (cosi' c.d.s., sezione VI, 12 giugno 1985, n. 306). Tali finalita' sono state assicurate attraverso un equilibrio tra domanda ed offerta di pane o piu' precisamente tra fabbisogno di pane della popolazione residente in una determinata localita' e la capacita' produttiva degli impianti. Ne segue che non sarebbe possibile autorizzare nuovi impianti di panificazione ogni qualvolta il fabbisogno venga assicurato dai panifici esistenti sulla base del suddetto indice statistico dato dal rapporto pane-popolazione in una determinata localita' e che solo nella ipotesi in cui si accerti che tale rapporto e' alterato e nei limiti di tale alterazione, potrebbe venire rilasciata una nuova autorizzazione. Quanto alla localita' ove la camera di commercio deve operare gli accertamenti volti ad assicurare il disposto equilibrio tra domanda ed offerta, la teminologia utilizzata dal legislatore presenta oggettivamente alcuni margini di ambiguita'. In proposito, tuttavia, si e' formato un ampio orientamento giurisprudenziale che il collegio condivide, che tende ad identificare nel comune l'ambito territoriale cui rapportare il giudizio sulla opportunita' del nuovo impianto considerato come un ambito di mercato in se' autosufficiente ed omogeneo (cosi' c.d.s. sezione VI, 12 giugno 1985, n. 306 cit.), mentre solo eccezionalmente viene fatto riferimento ad un ambito meno vasto la' dove la frazione o borgata costituisca un agglomerato autonomo rispetto al comune distaccato da altri nuclei abitati (c.d.s. sezione VI, 6 novembre 1970, n. 756). Non sono mancate decisioni giurisprudenziali di diverso avviso che facendo leva soprattutto sul disposto di cui all'art. 11 della legge del 1956, secondo cui e' consentito il libero trasporto del pane da un comune ad un altro, sia pure limitatamente a quei panifici che abbiano attuato tutte le prescrizioni di impianti e di attrezzature previste dalla legge, forniscono una interpretazione evolutiva dell'art. 2 della legge (cosi' t.a.r. Lombardia - Milano 10 novembre 1983, n. 138; t.a.r. Basilicata 26 settembre 1985, n. 291; t.a.r. lombardia, Milano, 2a sezione, 139, 5 maggio 1987). Tale giurisprudenza perviene ad una trasformazione del concetto di localita' posto dall'art. 2, in quello di "zona di mercato" ove rapportare l'indagine sui possibili effetti distorsivi del nuovo panificio da autorizzare con l'effetto di poter autorizzare anche impianti di panifici che destinano il pane alla esportazione in ambito regionale, nazionale o internazionale. Tale interpretazione non puo' essere condivisa perche' il concetto di localita' "ove e' stata richiesta l'autorizzazione" e' inequivocabilmente ristretto cosi' come ristretta e' la indagine sul fabbisogno locale demandata ad un organismo la Camera di commercio avente ambito territoriale limitato. Ne' c'e' contrasto, a parere del collegio, tra l'art. 2 e l'art. 11 come ha ritenuto un tribunale argomentando sul fatto che una produzione di pane tenuta costantemente in equilibrio in una localita', non potrebbe essere trasportata in altro comune perche' cio' altererebbe quella miriade di equilibri locali (quasi microeconomici) perseguita dal legislatore (ordinanza di rinvio alla Corte costituzionale del t.a.r. Sicilia, Catania, del 24 febbraio 1987 nella Gazzetta Ufficiale 11 novembre 1987 dichiarata inammissibile con sentenza del 26 settembre - 6 ottobre 1988, n. 960). Ritiene al contrario il collegio che l'art. 11, secondo comma, anziche' superare, confermi il carattere localistico della autorizzazione come puo' desumersi dal fatto che l'impianto complessivo del secondo comma ha carattere eccezionale e derogatorio consentendo e' vero il libero trasporto del pane, ma con cautele ed oneri ulteriori rispetto a quelli richiesti in via ordinaria e prevenendo che il trasporto "avvenga da un comune all'altro", confermando quindi irrimediabilmente la tesi che circoscrive nel comune l'indagine sulla opportunita' del nuovo panificio. C'e' da aggiungere che se l'equilibrio tra domanda ed offerta viene raggiunto in tutto il Paese, sia pure prendendo a riferimento la situazione locale, non potra' verificarsi un eccesso di concorrenza. Infatti la possibilita' di commercializzare al di fuori della area di produzione riconosciuta dall'art. 11, solo apparentemente andrebbe a pregiudicare gli equilibri esistenti in altre localita', perche' a fronte di un eccesso di commercializzazione di una zona corrisponderebbe squilibrio negativo in altre, sicche' il sistema, nel medio termine, si riporterebbe naturalmente in equilibrio, il che e' appunto il fine evidente perseguito dal legislatore del 1956 nel porre l'art. 2 della legge. Si spiega quindi la portata dell'art. 11 che se consente in via eccezionale l'esportazione di pane, non porta a superare l'ambito ristretto nel quale deve nascere la valutazione per la autorizzazione del nuovo panificio. Si aggiunga ancora che la contrastata interpretazione che porta a superare il concetto localistico dell'art. 2, renderebbe di fatto impossibile poter procedere alla individuazione della densita' dei panifici e del volume della produzione data la indeterminatezza e genericita' di un mercato quale quello nazionale e la complessita' della indagine che verrebbe demandata alla Camera di commercio. Quanto ai problemi specifici connessi alla produzione del pane surgelato autorizzata sulla base di alcuni dei provvedimenti impugnati, e' da ritenere che questo ultimo sia soggetto alla stessa disciplina unitaria dettata per il pane ordinario potendo essere prodotto solo da chi e' munito della autorizzazione e della licenza di cui alla legge 1022/1956. Infatti il pane e' un prodotto a denominazione c.d. legale cosicche' tale si deve considerare ogni impasto portato a cottura, contenente gli ingredienti indicati all'art. 14 della legge 4 luglio 1967, n. 580, mentre gli aspetti relativi alla surgelazione, attinendo ad un momento successivo a quello della produzione cioe' al momento della conservazione, sono soggetti a regole proprie, come tali discipinate dalla legge 27 gennaio 1968, n. 32. Ne' innovazione alla disciplina unitaria alla quale deve ritenersi assoggettato sia il pane tradizionale che quello surgelato poteva essere introdotta dal decreto ministeriale del 13 aprile 1987 (nella Gazzetta Ufficiale 4 maggio 1987, n. 101) concernente "norme sulla produzione di pane surgelato" il quale, anzi, all'art. 1 ha confermato (ne avrebbe potuto fare altrimenti trattandosi di provvedimento amministrativo) che i panifici destinati alla produzione di pane surgelato sono soggetti alla autorizzazione prevista dall'art. 2. Fissata dunque nei termini sopraindicati la interpretazione dell'art. 2 della legge n. 1002/1956, il collegio ritiene che lo stesso violi il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione in se' ed in relazione al principio della liberta' di impresa di cui all'art. 41 della Costituzione ed il principio del buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Il sistema della legge del 1956, come visto, ha ricondotto ad un ambito strettamente locale il giudizio sulla opportunita' del nuovo impianto. Tuttavia l'applicazione della norma rende pressoche' impossibile la realizzazione di un panificio industriale, sia esso diretto alla produzione di pane di tipo tradizionale, sia esso diretto alla produzione di pane surgelato da commercializzare con la c.d. "linea del freddo". L'autorizzazione di cui all'art. 2 e' stata concepita avendo come punto di riferimento un tipo di economia ed un tipo di consumatori diversi dagli attuali, quando il mercato era assai meno ricco, dinamico ed articolato rispetto ad oggi mentre le abitudini alimentari delle classi meno abbienti, di gran lunga prevalenti, vedevano nel pane l'alimento principale ed insostituibile. Da qui la ritenuta esigenza di una regolamentazione rigida della produzione finalizzata anche alla riduzione, per quanto possibile, degli sprechi di un prodotto che allora si considerava giustamente deperibile, attraverso una equilibrata distribuzione dei singoli esercizi sul territorio, evitando concentrazioni dell'offerta da un lato e frammentazioni dall'altro. Ma se tale pianificazione, propria di una economia statica, poteva forse giustificarsi in relazione alla situazone economica del paese a stento uscito dalle ristrettezza del dopoguerra ed indirizzato solo da poco, e con grandi incertezze, alla crescita del benessere economico, la stessa pianificazione non si giustifica in una economia dinamica come quella odierna che si sviluppa proprio perche' viene data la possibilita' di affermazione a nuove imprese tecnologicamente avanzate e vede nella liberta' di iniziativa economica in tutti i settori dell'attivita' imprenditoriale, e quindi non ultimo quello alimentare, riconosciuta dall'art. 41 della Costituzione, i motivi di crescita e di successso. La norma del 1956, nel suo esasperato protezionismo localistico, appare quindi contrastare con il principio di equaglianza e ragionevolezza normativa di cui all'art. 3 della Costituzione discriminando tra produttori e finendo attraverso un controllo amministrativo sulla opportunita' dell'insediamento produttivo che ricorda sistemi politici (autorizzazione ministeriale ai nuovi impianti industriali di cui alla legge 12 gennaio 1933, n. 141) pe proteggere le imprese esistenti, conservando lo status quo, impedendo non solo l'affermarsi ma la stessa nascita di nuove imprese. E cio' e' tanto piu' illogico e discriminante considerato che l'autorizzazione puo' essere negata, pur a parita' di tutte le altre condizioni, semplicimente sulla base della circostanza meramente casuale della potenzialita' produttiva degli impianti esistenti nell'area ristretta ove si richiedere la ubicazione dell'impianto. La norma cosi' impedisce la produzione di pane su scala industriale e l'affermarsi di nuovi prodotti quale il pane surgelato che pur equiparabile, in base alla vigente normativa, al pane tradizionale, per la sua minore deperibilita' ha prospettive di produzione, commercializzazione e trasporto, affatto peculiari, imprevedibili e sconosciute al legislatore del 1956. Tutto cio' avviene in un momento di liberalizzazione degli scambi commerciali che vede le imprese di Paesi stranieri, ove la produzione ed il consumo di pane prodotto industrialmente ed in particolare di pane surgelato e' notoriamente molto piu' sviluppata che in Italia, non sottoposte ad alcuna limitazione sia sul mercato interno che sul mercato italiano. Ne' puo' ritenersi che la giustidficazione dell'art. 2 della legge del 1956 risieda nel secondo e terzo comma dell'art. 41 della Costituzione. Infatti se e' vero che la iniziativa economica privata non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale e che quindi sono consentiti a livello legislativo programmi e controlli opportuni sull'attivita' economica, non puo' essere ragionevolmente negato che l'interesse protetto dal legislatore del 1956 si sia drasticamente ridimensionato all'epoca attuale, non potendosi piu' riconoscere al pane una importanza e quindi una utilita' sociale superiore a quella di altri prodotti non protetti. E cio', per il rilevato profondo mutamente del quadro di riferimento sociale, di costume, di abitudini non solo alimentari della popolazione, che non potevano essere tenute presenti dal legislatore del 1956. In ogni caso la ragione dell'utilita' sociale non puo' essere presa a base pe negare autorizzazioni a produttori che intendano superare i confini del mercato locale per misurarsi in una dimensione piu' ampia, nazionale o internazionale. Risulta infine contrastare con l'art. 97 della Costituzione demandare la valutazione sulla opportunita' di un impianto di uno stabilimento avente lo scopo di realizzare un prodotto industriale come il pane surgelato rivolto all'intero mercato nazionale ed internazionale, da una autorizzazione emessa da un organo avente strumenti operativi e conoscitivi limitati quale la Camera di commercio la cui competenza e' ristretta a livello provinciale. Per le suesposte ragioni, il collegio ritiene giustificato il dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge piu' volte ripetuta del 1956, per violazione dell'art. 3 della Costituzione in se' ed in relazione all'art. 41, nonche' per violazione dell'art. 97 della Costituzione. Appare inoltre evidente la rilevanza e la pregiudizialita' della questione in esame ai fini della definizione del giudizio.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza della questione ai fini della pronunzia relativa ai cinque ricorsi riuniti, dichiara non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002, per contrasto con gli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione in conformita' alla analoga eccezione sollevata dalla societa' controinteressata; Sospende il giudizio sui cinque ricorsi riuniti nei termini di cui in narrativa ed in conformita' alla sentenza emanata in pari data; Ordina la trasmissione alla Corte costituzionale degli atti relativi ai cinque ricorsi, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina alla segreteria della sezione di questo t.a.r. di provvedere alla notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicare la stessa alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Bologna nella camera di consiglio del 16 novembre 1989. Il presidente: SINAGRA 90C1079