N. 551 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 1990
N. 551 Ordinanza emessa il 30 maggio 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura di Vercelli nel procedimento penale relativo alla gara di appalto indetta per l'aggiudicazione di lavori per l'ampliamento del cimitero di Borgo Vercelli. Processo penale - Nuovo codice o, in alternativa, norme transitorie - Reato di competenza pretorile - Richiesta di archiviazione del p.m. - Mancata condivisione da parte del g.i.p. - Ritenuta preclusione a chiedere ulteriori indagini anche in caso di carenza di quelle gia' effettuate - Ingiustificata discriminazione rispetto all'analogo rito presso il tribunale - Violazione del principio di obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale Lamentata impossibilita' di esercitare un controllo sull'operato del p.m. (C.P.P. 1988, art. 554, secondo comma; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 157). (Cost., artt. 3, 76 e 112).(GU n.38 del 26-9-1990 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento penale n. 600/89 r.n.c.r. 889/90 g.i.p.; Vista la richiesta di archiviazione formulata dal p.m. in data 20 aprile 1990; O S S E R V A L'art. 554, secondo comma, del c.p.p. prevede per il procedimento pretorile, in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione, che il giudice debba restituire con ordinanza gli atti al p.m. disponendo che questi formuli entro dieci giorni l'imputazione; questa e' l'unica possibilita' prevista, a differenza di quanto e' disciplinato in via generale dall'art. 409, secondo comma, del c.p.p. in base al quale il giudice, nel disattendere la richiesta di archiviazione puo', ove riscontri lacune investigative, indicare al p.m. le necessarie ulteriori indagini, fissando anche il termine per il loro compimento; tale norma, evidentemente, in assenza del disposto di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p. sarebbe stata applicabile anche al procedimento pretorile ex art. 549 del c.p.p. In effetti, stando al tenore dei lavori preparatori alle norme di attuazione del c.p.p. sarebbe possibile nel procedimento pretorile una ulteriore soluzione, quella prevista dall'art. 157 delle att. del c.p.p.: tale disposizione si e' resa necessaria, puo' leggersi nelle osservazioni del Governo "non essendo previsto nel procedimento davanti al pretore che il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di archiviazione, possa invitare il p.m. a svolgere ulteriori indagini che si ritengano dal giudice necessarie (come invece e' stabilito per il procedimento ordinario dall'art. 409/4)...". In realta' non sembra che la norma citata possa essere interpretata nel senso secondo cui il g.i.p., di fronte ad una richiesta di archiviazione, ove rilevi la necessita' di ulteriori indagini, dispone l'archiviazione e ne informa il procuratore generale: tale soluzione ermeneutica, pur confortata dai lavori preparatori, concreterebbe infatti un vero e proprio "rovesciamento" della struttura logica e sintattica della norma e sarebbe del tutto incompatibile col suo dato letterale: presupposto perche' trovi applicazione la disciplina prevista dall'art. 157 delle att. del c.p.p. e' infatti "che il giudice ritenga di emettere decreto di archiviazione" (ritenga cioe' infondata la notizia di reato), e non, al contrario, "che ravvisi l'esigenza di ulteriori indagini"; (recita la norma: "Quando emette decreto di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari, se rileva l'esigenza di ulteriori indagini..." il che e' ben diverso da "quando rileva l'esigenza di ulteriori indagini, il g.i.p. emette decreto di archiviazione..."). Non puo', inoltre non sottolinearsi la illogicita' di una disciplina che imporrebbe al g.i.p. di archiviare ove rilevi l'esigenza di ulteriori indagini stimolando contemporaneamente il p.g. a chiedere la riapertura delle indagini: il g.i.p., insomma, chiederebbe al p.g. di fargli delle richieste su cui poi lui stesso dovrebbe pronunziarsi senza peraltro avere alcun potere in caso di inerzia del p.g. stesso (contraddizioni queste gia' rilevate, senza effetto, in sede di lavori preparatori, cfr. parere del C.s.m. sul punto). Deve infine sottolinearsi come, se si adottasse l'interpretazione dell'art. 157 delle att. del c.p.p. nel senso che la stessa imporrebbe al g.i.p. l'archiviazione e la contemporanea informativa al p.g. ove la richiesta di archiviazione fosse connotata da una non esaustivita' delle indagini, si verrebbe a ipotizzare un modulo di archiviazione ben diverso, meglio: in contrasto, rispetto all'unico modulo di archiviazione previsto nella legge delega (art. 2, primo comma, n. 50, della legge 16 febbraio 1987, n. 81) quello secondo cui l'archiviazione puo' essere disposta "per manifesta infondatezza della notizia di reato, per improcedibilita' dell'azione penale o per essere ignoti gli autori del reato"; a tale constatazione, che pare doverosa, conseguirebbe evidentemente un dubbio non manifestamente infondato di costituzionalita' dell'art. 157 delle att. del c.p.p. per eccesso di delega. Dunque: per i tre distinti ordini di argomentazioni ora accennati (significato della norma come palesato dal dato letterale e dalla struttura logica e sintattica della stessa; necessita' di evitare interpretazioni che portino a risultati contraddittori e illogici; necessita' di evitare interpretazioni che assegnino alla norma una valenza di dubbia conformita' ai principi costituzionali), pare a questo giudice che l'unica via percorribile nel caso in cui nel procedimento pretorile il g.i.p. ritenga di non accogliere la richiesta di archiviazione formulata dal p.m. sia quella descritta nel secondo comma dell'art. 544 del c.p.p. non potendo soccorrere, per quanto finora detto, la disciplina di cui all'art. 157 delle att. del c.p.p. Peraltro, la mancanza di referenti giurisprudenziali sul punto e la "novita'" dell'intero sistema delineato dal codice di rito in vigore dal 24 ottobre 1989, suggerisce, nonostante tutto, una maggiore "cautela interpretativa": la conseguenza, pero', dell'interpretare l'art. 157 delle att. del c.p.p. nel senso che in caso di richiesta di archiviazione in cui il g.i.p. ravvisi carenze investigative debba essere comunque emesso decreto di archiviazione e innescato il meccanismo dell'informativa al p.g., sembra essere obbligata: dubbio non manifestamente infondato di costituzionalita' della norma in esame in relazione all'art. 76 della Costituzione per eccesso rispetto alla delega di cui al n. 50 dell'art. 2, primo comma, della legge 16 febbraio 1987, n. 81. Dubbio di costituzionalita' anche riguardo all'art. 112 della Costituzione in quanto resterebbe affidata alla piena ed incontrollata discrezionalita' dell'ufficio della procura (sia pure generale) il chiedere o meno la riapertura delle indagini, ove invece, come meglio si argomentera' piu' oltre, il principio di obbligatorieta' dell'azione penale pare postulare l'esistenza di efficaci meccanismi di controllo giurisdizionale sull'operato del p.m. soprattutto nel momento in cui questi opti per il non esercizio dell'azione penale. Dubbio di costituzionalita' anche in relazione all'art. 3 della Costituzione rilevata la ben diversa disciplina normativa dell'archiviazione prevista in via generale dall'art. 409 del c.p.p. Tornando, pero', alla soluzione interpretativa che sembra a questo giudice preferibile, quella secondo cui in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione nel procedimento pretorile, l'unica via percorribile (anche ove il mancato accoglimento si fondi sulla carenza delle indagini svolte) e' quella tracciata dall'art. 554/2 del c.p.p., deve rilevarsi, anche in questo caso, la sussistenza di dubbi non manifestamente infondati di costituzionalita'. Dal confronto tra la normativa prevista in via generale dall'art. 409/2 e 4 del c.p.p. e quella, diversa, stabilita per il procedimento pretorile, sembra che possa emergere un contrasto tra la norma di cui all'art. 554/2 del c.p.p. e l'art. 3, primo comma, della Costituzione. Inoltre, tenendo anche a mente che la richiesta di archiviazione puo' essere proposta, ex art. 125 delle att. del c.p.p., quando "... gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio" sembra ancora a questo giudice che il disposto dell'art. 554/2 del c.p.p. nel non consentire un efficace controllo sulla attivita' di indagine svolta e sulla stessa scelta del p.m. in merito alla archiviazione, possa elidere il principio di cui all'art. 112 della Costituzione. I canoni di "coerenza dell'ordinamento giuridico", di "necessaria razionalita' che deve informare le convergenze o le divergenze di trattamento normativo", il "divieto di discriminazioni irragionevoli", principi tutti cristallizati nell'art. 3, primo comma, della Costituzione (si confronti, tra le molte, Corte costituzionale 29 maggio 1960, n. 15; 16 gennaio 1975, n. 3; 20 marzo 1978, n. 20; 25 giugno 1980, n. 96; 30 novembre 1982, n. 204...), sembrano essere violati dalla normativa di cui all'art. 554/2 del c.p.p.: il sistema da questa norma delineato e' infatti tale che si puo' pervenire a richieste di archiviazione anche sulla base di indagini lacunose, incomplete, o, addirittura, assenti, potendo la richiesta fondarsi sul mero giudizio prognostico ex art. 125 delle att. del c.p.p.; e a fronte di cio' al giudice non e' lasciata altra alternativa, ove ritenga di non emettere decreto di archiviazione, che di ordinare al p.m. di formulare entro dieci giorni l'imputazione ai fini dell'emissione del decreto di citazione a giudizio: si tenga presente la ristrettezza di tale termine, la sua "impermeabilita'" al concreto atteggiarsi della situazione probatoria sottostante, la effettiva possibilita' che, per l'insufficienza degli elementi raccolti, si addivenga ad un'imputazione monca o comunque, incompleta; si pensi, ancora, all'esito che puo' avere un dibattimento, o un eventuale procedimento alternativo, se mancano o non sono esaurienti le fonti di prova raccolte. Di fronte a tale situazione, alla ben diversa normativa prevista dall'art. 409/2 e 4 del c.p.p., il ritenere giustificato e ragionevole il disposto di cui all'art. 554/2 del c.p.p. considerando che "la maggiore snellezza del procedimento pretorile ha consigliato di lasciare il p.m. libero di autodeterminarsi senza essere vincolato dalle indicazioni del giudice in ordine alle indagini da compiere" (cosi' la relazione ministeriale), pare basarsi sull'assunto apodittico secondo il quale per i reati di competenza pretorile le indagini sono scarsamente complesse e, comunque, sempre necessariamente esaustive. E' quasi superfluo ricordare che sono di competenza del pretore le materie riguardanti l'igiene e la sicurezza del lavoro, gli infortuni anche mortali conseguenti, l'inquinamento, l'assetto del territorio, la disciplina degli alimenti, le truffe, anche aggravate. Non puo' non sottolinearsi come le indagini in tali ambiti si presentino spesso complesse ed articolate. E non puo' non affermarsi come, in conseguenza del disposto di cui all'art. 554/2 del c.p.p., beni giuridici individuali e collettivi di fondamentale e primaria importanza (e per i quali e' davvero inutile citare le norme costituzionali di riferimento) soffrano, rispetto ai beni giuridici la cui aggressione e' di competenza del tribunale, di una significativa e, sembra, difficilmente giustificabile, differenza di trattamento normativo che si traduce in una rilevante carenza di protezione. Ne', pare, si possa fondatamente ritenere che approfondimenti di indagine possano essere recuperati in sede dibattimentale: pur prescindendo dal fatto che una tale argomentazione lascia inalterata la plasticita' della differenza di trattamento normativo tra i reati di competenza pretorile e gli altri, va appena detto come, sovente, le indagini per essere fruttuose debbano essere "tempestive". (E lo stesso meccanismo dell'avocazione sembra, sotto il profilo cui si e' finora accennato, insoddisfacente: l'art. 158 delle att. del c.p.p. infatti, nel dettare una disciplina speciale per i reati di competenza pretorile, stabilisce anche per il p.g. termini ristrettissimi sia per l'esercizio dell'avocazione che per la formulazione dell'imputazione). Ne', ancora, sembra che il disposto di cui all'art. 554/2 del c.p.p. soddisfi realmente le esigenze di semplificazione che informano il rito innanzi al pretore: fermo restando che tali esigenze non dovrebbero comunque prevalere su quella di offrire una tutela adeguata ai beni giuridici penalmente protetti, va perlatro notato come, ex art. 554/2 del c.p.p., di fronte ad una richiesta di archiviazione contrassegnata da carenza di indagini, ove il giudice ritenga di non accoglierla, deve essere innescato il meccanismo del decreto di citazione a giudizio piuttosto che, piu' semplicemente, darsi, luogo all'indicazione di nuove indagini il cui espletamento potrebbe anche preludere ad una archiviazione. Insomma: l'impossibilita' prevista dall'art. 554/2 del c.p.p. per i soli reati di competenza del pretore, di imporre al p.m. che abbia proposto richiesta di archivizione, nuove ed ulteriori indagini risultando carenti o incomplete quelle svolte, e la sola alternativa offerta: o archiviazione o ordine di formulare l'imputazione entro giorni dieci ai fini dell'emissione del decreto di citazione a giudizio, sembrano tradursi in una ingiustificata discriminazione rispetto al regime normativo previsto dall'art. 409/2 e 4 del c.p.p., discriminazione che ovviamente riverbera sia sugli indagati/imputati, sia sulle parti offese, sia, in generale sui beni protetti dalle fattispecie penali. Considerando che l'archiviazione puo' essere richiesta dal p.m. anche quando "gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio" (art. 125 delle att. del c.p.p.), sembra evidente che il rispetto del principio della obbligatorieta' della azione penale imponga l'effettivo svolgimento di tutte le opportune e necessarie indagini prima di poter proporre la richiesta di archiviazione; e prima che la stessa possa essere accolta. E sembra ancora evidente come il rispetto di tale fondamentale principio costituzionale esiga la presenza di un penetrante strumento di controllo volto a garantire che la richiesta di archiviazione sia stata preceduta, sia supportata, da un adeguato svolgimento di indagini. L'obbligo sancito dall'art. 112 della Costituzione mira infatti a garantire la possibilita' di controllare, ed eventualmente constrastare, l'inerzia del p.m.: considerando il margine "fisiologico" di discrezionalita' insito nell'esercizio dell'azione penale e nel suo concreto atteggiarsi, il problema della effettivita' della obbligatorieta' dell'azione penale pare incentrarsi sulla adeguatezza dei controlli volti ad impedire che l'art. 112 della Costituzione rimanga sostanzialmente svuotato del suo significato di garanzia di legalita' ed uguaglianza per i destinatari della legge penale: ed e' la disciplina del controllo giurisdizionale sulla archiviazione che va a svolgere dunque in tale ambito un ruolo ed una funzione essenziale. Ora: lo strumento di controllo sulla richiesta di archiviazione offerto, per il procedimento pretorile, dall'art. 554/2 del c.p.p., appare del tutto indadeguato: tale sistema consente infatti che, ove di fronte ad una notizia di reato siano state svolte indagini carenti, possa essere formulata, sulla base di tali indagini, richiesta di archiviazione ex art. 125 delle att. del c.p.p.; che rispetto a tale richiesta il giudice non possa valutare il grado di completezza delle indagini svolte, ma soltanto, ove ritenga di non emettere decreto di archiviazione (ove cioe' non ritenga l'infondatezza della notizia di reato), imporre la formulazione entro dieci giorni dell'imputazione ai fini della emissione del decreto di citazione a giudizio; imputazione che, divendo essere formulata prescindendo dalla esaustivita' degli elementi probatori raccolti potra' ben configurarsi come sfocata e sterile; giudizio che, evidentemente, non potra' che svolgersi attingendo alle fonti di prova raccolte, per incomplete che siano, e con un esito, quindi, compromesso o comunque condizionato da una tale situazione. Tutto cio' pare concretare una violazione dell'art. 112 della Costituzione in quanto, lo si vuol ripetere, e' proprio la possibilita' di chiedere l'archiviazione basandosi su un giudizio prognostico di idoneita' degli elementi acquisiti nelle indagini al sostenimento dell'accusa in giudizio, a scolpire l'elusione e la violazione della norma costituzionale ove non vi sia un efficace controllo volto a garantire il previo espletamento di indagini esaurienti. La rilevanza delle questioni di costituzionalita' degli artt. 157 delle att. del c.p.p. e 554/2 del c.p.p. (proposte in via eventualmente alternativa) pare evidente: questo giudice e' stato infatti investito da una richiesta di archiviazione formulata dal p.m., richiesta che si ritiene di non accogliere non risultando l'infondatezza della notizia di reato ma anzi emergendo l'esigenza di nuove indagini (sia detto in questa sede per estrema sistesi: licitazione privata per l'assegnazione di un appalto; un soggetto escluso dalla gara riferisce in piu' occasioni, anche per iscritto, di sospette illiceita' e accordi tra le imprese presecelte tendenti a favorire una delle stesse; piu' precisamente tale soggetto, alcuni giorni prima dell'effettuazione della gara scriveva al sindaco del comune appaltante segnalando tra l'altro il nome della ditta che sarebbe risultata vincitrice; tale ditta e' risultata poi effettivamente vincitrice della gara d'appalto; ancora viene riferito che il titolare della ditta risultata vincitrice avrebbe posto in essere pressioni sull'esponente al fine di farlo desistere dal continuare ad insistere per essere ammesso alla licitazione privata, pressioni esplicatesi, fra l'altro, con la promessa di restituire il favore; tale complessiva situazione, appena tracciata, non consente, allo stato, a parere di questo giudice, l'emissione di decreto di archiviazione, ma impone piuttosto piu' approfondite indagini per focalizzare eventuali responsabilita' penali in relazione all'art. 353 del c.p.). Il giudicante e' quindi chiamato a dare applicazione proprio all'art. 554/2 del c.p.p., oppure, ove si adotti l'interpretazione dell'art. 157 delle att. del c.p.p. indotta dai lavori preparatori, a tale ultima disposizione; evidentemente non esiste altra possibilita' al di fuori delle due richiamate. La ricordata mancanza di solidi referenti interpretativi suggerisce di ritenere applicabili nel presente giudizio, in via di necessaria alternativita', entrambe le norme ricordate, ove pure non si voglia ritenere che la scelta tra i due mecanismi non sia cogente ma lasciata alla scelta del giudice che potrebbe nel caso concreto optare o per l'archiviazione e l'informativa al p.g. oppure per il rigetto della richiesta di archiviazione. Secondo le linee ora tracciate, dunque, le questioni di costituzionalita' degli artt. 157 delle att. del c.p.p. e 554/2 del c.p.p. paiono essere entrambe rilevanti e, per quanto si e' fin'ora argomentato, non manifestamente infondate (e quanto piu' ampiamente argomentato in relazione all'art. 554/2 del c.p.p., e' quasi superfluo notarlo, vale pienamente, in modo del tutto analogo, anche per l'art. 157 delle att. del c.p.p.).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 57; Dichiara rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del c.p.p. in relazione agli artt. 3, primo comma, e 112, della Costituzione; Dichiara rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' dell'art. 157 del d.-l. 28 luglio 1989, n. 271, in relazione all'art. 76 della Costituzione per eccesso rispetto alla delega di cui al n. 50 dell'art. 2, primo comma, della legge 16 febbraio 1987, m. 181, nonche' in relazione agli artt. 3, primo comma, e 112, della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, al p.m. in sede e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Vercelli, addi' 30 giugno 1990 Il giudice per le indagini preliminari: MONTI 90C1080