N. 557 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno 1989- 6 settembre 1990

                                 N. 557
        Ordinanza emessa il 6 giugno 1989 (pervenuta alla Corte
   costituzionale il 6 settembre 1990) dalla Corte di cassazione sul
 ricorso della parte civile Colacioppo Antonio nel procedimento penale
                a carico di Giacomini Giovanni ed altro
 Processo  penale  -  Codice  previgente  -  Impugnazione  per  i soli
 interessi civili -  Notificazione  alle  altre  parti  -  Termine  di
 decadenza  di giorni tre - Perfezionamento della notifica coincidente
 con la ricezione della raccomandata - Sostanziale difficolta', se non
 impossibilita'  ad  esercitare il diritto di agire in giudizio per la
 tutela dei propri diritti - Conseguente compressione del  diritto  di
 difesa  - Lamentata diversita' del termine rispetto al corrispondente
 regime previsto dal codice di procedura civile.
 (C.P.P., combinato disposto artt. 169, ultimo comma, 175 e 202 cpv.).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.38 del 26-9-1990 )
                         LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Sul  ricorso proposto dalla parte civile Antonio Colacioppo contro
 gli imputati Giacomini Giovanni e Cangini Franco avverso  l'ordinanza
 del   tribunale  di  Bologna  del  25  gennaio  1989  che  dichiarava
 inammissibile per notifica fuori termine ex art. 202, secondo  comma,
 del  c.p.p.  il  ricorso  della  parte  civile  Colacioppo avverso la
 sentenza dello stesso giudice del 26 maggio 1988;
    Sentita la relazione fatta dal consigliere;
    Lette  le  conclusioni  del p.m. con le quali chiede rigettarsi il
 ricorso,  previa  declaratoria  di   manifesta   infondatezza   della
 questione di legittimita' costituzionale.
    Risulta  in  fatto  che,  all'esito  del  giudizio  di primo grado
 svoltosi presso  il  tribunale  di  Bologna  a  carico  di  Giacomini
 Giovanni  e  Cangini  Franco  per il reato di diffamazione (art. 595,
 terzo comma, del c.p.) in danno di Colacioppo  Antonio  e  conclusosi
 con  sentenza  del  26  maggio  1988  con  l'assoluzione dei predetti
 imputati perche' il fatto non  costituisce  reato,  la  parte  civile
 presento'  il giorno successivo e cioe' il 27 maggio dichiarazione di
 ricorso per Cassazione e provvide a richiedere le copie di rito  e  a
 consegnarle  all'ufficiale giudiziario competente per la notifica che
 nella  stessa  mattinata  del  27  maggio   l'ufficiale   giudiziario
 notifico'  il ricorso a mezzo del servizio postale, con reaccomandata
 n. 1641 r.n. 1642 spedite dall'ufficio di  Ascoli  Piceno  a  Cangini
 Franco presso l'avvocato Villa di Bologna e al p.m. presso la procura
 della Repubblica di Bologna; che tali  raccomandate  furono  entrambe
 recapitate  il  31 successivo e cioe' il quarto giorno dalla consegna
 all'ufficiale giudiziario e da questo a quello  postale  delle  copie
 della  dichiarazione  di  impugnazione;  che, al giacomini, invece il
 ricorso fu notificato ai sensi dell'art. 169 del c.p.p. essendo  egli
 risultato  assente  nella sua casa di abitazione e non avendo trovato
 l'ufficiale giudiziario altre persone addette alla casa o il portiere
 o  un  vicino  di  casa; che la notificazione fu intrapresa lo stesso
 giorno 27 maggio ma che la raccomandata con l'avviso  di  ricevimento
 spedita  al  Giacomini  non fu da questo ritirata entro il periodo di
 giacenza scaduto il 9  giugno.  Orbene,  da  tali  elementi  dovrebbe
 dedursi  che  la  notifica della dichiarazione di ricorso e' avvenuta
 oltre il termine di legge  previsto  in  tre  giorni  dall'art.  202,
 secondo   comma,   del  c.p.p.,  volta  che,  secondo  la  prevalente
 giurisprudenza di questa Corte la notificazione puo'  dirsi  eseguita
 soltanto  con  la  consegna  del plico al destinatario (s.u. 24 marzo
 1984 ricorso Perla; s.u. 19 aprile 1986 n. 3963 ecc.) e la tardivita'
 riguarderebbe  anche  il  Giacomini - contrariamente all'opinione del
 ricorrente - perche' la notifica ai sensi dell'art. 169  del  c.p.p.,
 qualora l'imputato non venga rinvenuto neppure dall'ufficiale postale
 in sede di consegna dell'avviso di ricevimento, si  intende  eseguita
 non  gia' dalla data della raccomandata o dell'accesso dell'ufficiale
 suddetto, ma dalla data della compiuta  giacenza  per  il  prescritto
 periodo  di  dieci  giorni,  se  l'interessato non ne abbia curato il
 ritiro (Cass. sez. terza 19 maggio 1986 ric. Grassi; Cass. sez. I  24
 giugno  1985 ric. Cellomare, ecc.) a questo punto va rilevato che non
 sono mancate decisioni anche di questa  Corte  con  le  quali  si  e'
 ritenuto  che  il  termine  di  tre  giorni deve ritenersi rispettato
 alloche' entro lo stesso l'interessato abbia  richiesto  la  notifica
 all'ufficiale  giudiziario  (Cass.  sez.  IV 26 gennaio 1975 in Cass.
 pen. 1980, 812; Cass. 27 gennaio  1971,  ivi  1972,  908)  e  che  la
 decadenza  non  si  verifica  allorche'  l'inosservanza derivi non da
 inerzia della parte ma per la negligenza o trascuratezza dell'ufficio
 o  del servizio postale (Cass. 24 maggio 1978 in Cass. pen. 1980, 138
 ecc.)  alla  prima  delle  tesi  esposte  si   oppone   tuttavia   la
 formulazione   dell'ultimo  comma  dell'art.  169  del  c.p.p.,  come
 modificato dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, per  il  quale  "gli
 effetti   della   notificazione   decorrono   dal  ricevimento  della
 raccomandata".
    E'   ben   vero   che   l'uso  del  verbo  "decorrere"  meglio  si
 attaglierebbe ai termini iniziali, piuttosto che ai  termini  finali,
 ma  il  piu'  generale  riferimento agli effetti impone di attribuire
 all'espressione un significato piu' ampio nel senso che  la  notifica
 si  deve  ritenere  perfezionata  e  produce  i suoi effetti solo col
 ricevimento della raccomandta da  parte  del  destinatario.  (Fra  le
 altre  Cass.  s.u.  24 marzo 1984, ric. Perla). La secondo delle tesi
 riassunte,  pur  dettata  dalla  necessita'  di  non   far   ricadere
 sull'interessato  le  conseguenze  dell'inattivita'  di  terzi  o  di
 pubblici uffici, non sembra possa trovare alcun  fondamento  testuale
 nelle  norme  sopra  citate.  Cosi'  interpretata  l'ultima parte del
 quinto  comma  dell'art.   169   del   c.p.p.,   sorgono   dubbi   di
 costituzionalita'  in  ordine alla disciplina derivante dal combinato
 disposto degli artt. 202 cpv e  169,  ultimo  comma,  del  c.p.p.  in
 ordine  ai quali deve essere ritenuta la non manifesta infondatezza e
 il cui giudizio  va  demandato  alla  Corte  costituzionale.  Non  si
 ripropone  qui  ovviamente  il  problema  relativo  alla legittimita'
 costituzionale dell'art. 202 cpv. del c.p.p. gia'  sollevato  per  il
 contrasto  con  gli  artt.  3  e  24 della Costituzione, sia sotto il
 profilo della sua incongruita' per rendere concretamente esercitabile
 il  diritto  di  difesa  che  sotto  il  profilo della ingiustificata
 disparita' di trattamento rispetto al diverso termine previsto per la
 notificazione  dell'impugnazione del p.m. dall'art. 199- bis c.p.p. e
 per  le  impugnazioni  civili.  Tale  problematica  e'   gia'   stata
 affrontata  dalla  Corte  costituzionale  con  le sentenze 5 febbraio
 1986, n. 33; 29 ottobre 1987, n. 350, e con le piu' recenti ordinanze
 nn.  930  e  1135  del  1988.  I dubbi di costituzionalita' investono
 piuttosto il sistema derivante dal combinato disposto degli artt. 202
 cpv.  e  169,  ultimo  comma,  del  c.p.p.  e  175  del  c.p.p., solo
 parzialmente e sotto  diversi  aspetti  gia'  esaminati  dalla  Corte
 costituzionale  con  la prima delle citate decisioni. Se la parte che
 impugna una decisione penale per i soli interessi civili e' tenuta  a
 far  notificare  l'impugnazione  alle altre parti entro il termine di
 tre giorni, appare evidente che lo stesso deve servirsi  dei  normali
 organi  preposti  alla  notifica,  i  quali  a  loro  volta, dovranno
 eseguirla nelle forme previste dagli artt. 169 e segg. del c.p.p.  In
 particolare allorche' le persone indicate nella prima parte dell'art.
 169 del c.p.p. manchino, non siano idonee o si rifiutino di  ricevere
 l'atto,  come  spesso  avviene  e come si e' verificato nella specie,
 l'ufficiale  giudiziario  deve  eseguire  la  notifica  nelle   forme
 indicate  nell'ultimo  comma  di  tale  articolo, onde gli effetti si
 verificano solo conil ricevimento della raccomandata con la quale  e'
 stata  data comunicazione del deposito dell'atto nella casa comunale.
 La brevita' del termine di cui all'art. 202 cpv. rende quindi in  tal
 caso  di  difficile se non di impossibile realizzazione il diritto di
 agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e piu' in generale
 il  diritto  di  difesa  garantito  dall'art.  24 della Costituzione.
 L'art. 169 ultimo comma fa inoltre dipendere l'esercizio del  diritto
 da  una attivita' del tutto indipendente dal titolare e persino dallo
 stesso pubblico ufficiale preposto  alle  notifiche,  dall'attivita',
 cioe',  dell'ufficio postale, cui rimangono ignote le esigenze di cui
 all'art.  202  cpv.  del  c.p.p.  Anche  senza  far  riferimento   al
 funzionamento del servizio postale, sembra evidente l'incongruita' di
 un  sistema  che  faccia  dipendere  l'esercizio  di  un  diritto  da
 un'attivita'  altrui,  prevedendo per di piu' la grave sanzione della
 decadenza a seguito del mancato rispetto del termine  e  rendendo  in
 tal  modo addirittura spesso impossibile il diritto di difesa. Se del
 resto la disposizione dell'art. 169, ultimo comma, del c.p.p. ha  una
 sua  ratio  allorche' dalla notifica inizi a decorrere un determinato
 termine, sia collegato cioe' un dies a quo (dacche' in  tal  caso  e'
 opportuno assicurare al destinatario della notifica tutti i possibili
 mezzi di conoscenza), non  altrettanto  puo'  dirsi  allorche'  dallo
 stesso  sia  collegato  un termine di decadenza. La distinzione porta
 alla conseguenza che il dubbio di  costituzionalita'  investe  l'art.
 169,  ultimo  comma,  del  c.p.p.  nei limiti in cui fa coincidere il
 perfezionamento  della  notifica   con   la   ricezione   dell'avviso
 raccomandato.  Tanto  allorche'  allo stesso sia collegato un termine
 iniziale, quanto allorche' vi sia collegato  un  termine  finale,  da
 osservarsi  a  pena  di  decadenza, e non soltanto nel primo dei casi
 enunciati. La  costituzione  di  parte  civile  nel  giudizio  penale
 introduce  in  questo  una vera e propria azione civile tendente alle
 restituzioni e al risarcimento del danno, a norma dell'art.  185  del
 c.p.  L'affermazione,  se non il carattere di novita' e' pero' idonea
 ad evidenziare illogicita' di regolamentazioni diverse ed opposte che
 non  siano  giustificate  dalla  particolare  natura del procedimento
 (penale) nell'ambito del quale viene esercitata l'azione civile.  Ora
 e'  noto che, per l'analoga norma dell'art. 140 del c.p.c. in caso di
 irreperibilita'  o  rifiuto  di  ricevere  la  copia,   la   notifica
 effettuata  mediante  deposito  presso  la casa comunale, avviso alla
 porta di abitazione e comunicazione mediante raccomandata con  avviso
 di  ricevimento, si perfeziona con la spedizione di tale raccomandata
 e non con la sua ricezione (Cass.  n.  4068/1978,  n.  6528/1980,  n.
 6000/1981  ecc.).  La  legittimita'  costituzionale  di tale norma e'
 stata, invero, ribadita piu' volte dalla Corte costituzionale con  le
 sentenze  nn.  213/1975,  121/1984,  250/1986. Tenuto conto che anche
 l'impugnazione per gli  interessi  civili  attiene  all'esercizio  di
 un'azione civile, sia pure nell'ambito del processo penale, non trova
 alcuna razionale giustificazione il diverso  regime  delle  notifiche
 previsto dall'art. 169, ultimo comma, del c.p.p. rispetto a quello di
 cui all'art. 140 del c.p.c.  Lo  stesso,  del  resto,  non  ha  alcun
 fondamento nelle diverse esigenze dei due procedimenti, come avviene,
 viceversa, per i diversi termini previsti per l'uno e per l'altro,  e
 persino  per  il  piu'  breve  termine  di  cui all'art. 202 cpv. del
 c.p.p., rispetto a quelli previsti per le impugnazioni civili.
   Appare   quindi   non   manifestamente   infondato   il  dubbio  di
 costituzionalita' della disciplina  derivante  dall'indicato  sistema
 degli  artt.  202  cpv.  e  169, u.c., del c.p.p., anche in relazione
 all'art. 3 della Costituzione. Non si afferma qui che ad una reductio
 ad  legitimitatem si perverrebbe ritenendo applicabile l'art. 140 del
 c.p.c. anziche' l'art. 169 del c.p.p. laddove il  medesimo  risultato
 ben  potrebbe  essere  conseguito,  a  giudizio  di questa Corte, con
 l'esclusione del principio enunciato dall'ultima parte dell'art.  169
 quinto  comma,  allorche'  le notifiche attengano esclusivamente agli
 interessi civili e piu'  specificatamente,  si  tratti  di  notifiche
 imposte  dall'art.  202  del  c.p.p. Va sottolineato in proposito che
 impugnazioni per interessi civili  possono  sussistere,  addirittura,
 allorche'  non  si sia piu' imputati essendo cessata tale qualita' in
 colui cui sia stato attribuito un reato  a  norma  dell'art.  79  del
 c.p.p.  per l'intervenuta irrevocabilita' del capo della sentenza che
 abbia giudicato sulla imputazione.
    Anche  in  tal  caso,  peraltro,  le  notificazioni debbono essere
 eseguite a norma dell'art. 169 del c.p.p., ai sensi dell'art. 175 del
 c.p.p.    La    questione,   quindi,   relativa   alla   legittimita'
 costituzionale del sistema derivante  dal  combinato  disposto  degli
 artt. 202 cpv. e 169, ultimo periodo, del c.p.p. (e dell'art. 175 del
 c.p.p.), in relazione agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  che
 influisce  sulla  decisione  del  presente giudizio nei limiti in cui
 attiene  all'ammissibilita'  dell'impugnazione  della  parte   civile
 Colacioppo  Antonio  per  i  soli  interessi  civili, quanto meno nei
 confronti del  Giacomini  (che  pertanto  non  puo'  essere  definita
 indipendentemente   dalla   sua   risoluzione)   deve  ritenersi  non
 manifestamente infondata.
    Gli  atti  vanno quindi trasmessi alla Corte costituzionale con la
 sospensione del giudizio.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale  perche'  si  pronunci  in  ordine  alla  legittimita'
 costituzionale  della  disciplina  derivante  dal  combinato disposto
 degli artt. 202 cpv., 169, ultimo  comma,  e  175,  del  c.p.p.,  nei
 limiti   di  cui  infra,  in  relazione  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa e al  pubblico  ministero  nonche'  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Cosi' deciso in Roma il 6 giugno 1989.
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                         Il consigliere estensore: (firma illeggibile)
 90C1086