N. 563 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 1987- 7 settembre 1990

                                 N. 563
       Ordinanza emessa il 12 novembre 1987 (pervenuta alla Corte
  costituzionale il 7 settembre 1990) dalla Corte d'appello di Genova
   nel procedimento civile vertente tra il fallimento della Edilizia
                           C.M.C. e I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Omesso versamento dei contributi da
 parte dei datori di lavoro - Condono delle sanzioni  civili  -  Onere
 del  datore  di  lavoro  moroso,  per  i  contributi  anteriori al 20
 novembre 1985, di versare i contributi stessi entro  il  20  febbraio
 1986  onde  evitare  il  pagamento delle somme aggiuntive a titolo di
 sanzione civile - Mancata distinzione tra debitori morosi in bonis  e
 debitori  morosi  falliti, attesa la difficolta' per questi ultimi di
 assolvere all'onere in questione per l'eccessiva brevita' del termine
 ed attesa anche la diversa piu' favorevole disciplina prevista per le
 aziende in amministrazione controllata che possono assolvere a  detto
 onere  entro  trenta  giorni dalla data di chiusura della procedura -
 Incidenza sul diritto di difesa in giudizio dei debitori falliti.
 (D.L.  2  dicembre  1985,  n.  688,  art.  1,  terzo  e  sesto comma,
 convertito con modificazioni, nella legge 31 gennaio 1986, n. 11).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.38 del 26-9-1990 )
                           LA CORTE D'APPELLO
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile promossa
 dal fallimento della  Edilizia  C.M.C.  S.r.l.  in  persona  del  suo
 curatore,  dott.  Arduino  Pellerano,  elettivamente  domiciliato  in
 Genova, piazza  Corvetto,  2/4,  presso  l'avv.  Carlo  Loi,  che  lo
 rappresenta  e  difende  per  mandato a margine dell'atto di appello,
 convenuto appellante, contro l'Istituto  nazionale  della  previdenza
 sociale  (I.N.P.S.)  con  sede  centrale  in  Roma  ed  elettivamente
 domiciliato in Genova, via XX Settembre, 8/21, presso  l'avv.  Bianca
 Aimi,  che  lo rappresenta e difende per mandato generale alle liti a
 rogito notar D'Alessandro di Roma, attore appellato.
                             I N F A T T O
    Con  atto  depositato in cancelleria il 26 ottobre 1983 l'I.N.P.S.
 ha chiesto di essere ammesso al passivo del fallimento della Edilizia
 C.M.C. S.r.l. per un credito complessivo di L. 275.989.841, di cui L.
 42.052.138  col  privilegio  ex  art.  2753  del  codice  civile,  L.
 137.968.217  col  privilegio  ex  art.  2754  del  codice civile e L.
 95.969.486 in via chirografaria, per  contributi  omessi  e  sanzioni
 civili relativi al periodo dal 1º febbraio al 9 agosto 1983.
    Il  giudice  delegato in sede di verificazione dello stato passivo
 ha ammesso il credito nei limiti di L. 82.050.870, oltre interessi in
 via  chirografaria  ex art. 55, legge fall., contestata la differenza
 in privilegio ed in chirografo perche' non dovuta.
    A  seguito  di  opposizione ex art. 98 della legge fall., proposta
 dal'I.N.P.S., il tribunale di Genova, con sentenza non definitiva  in
 data  27  marzo-28  maggio 1986, ha dichiarato il fallimento Edilizia
 C.M.C. tenuto a corrispondere all'I.N.P.S., per il mancato versamento
 dei contributi de quibus, le somme aggiuntive di cui all'art. 1 della
 legge 31 gennaio 1986, n. 11, graduate secondo i periodi di omissione
 da  calcolarsi  fino  alla data della dichiarazione di fallimento del
 debitore, dando atto che l'I.N.P.S., fermo l'importo di L. 82.050.870
 gia'  ammesso  al  passivo  in via privilegiata, aveva ridotto la sua
 ulteriore pretesa all'ammissione al passivo  di  L.  131.471.672  per
 sanzioni civili. Con separata ordinanza collegiale rimetteva le parti
 davanti al giudice istruttore per i relativi conteggi.
    Avverso  tale  sentenza  ha  proposto  appello  a  questa corte il
 curatore del fallimento, chiedendo con  due  motivi  di  appello,  in
 riforma  della  sentenza  impugnata, il rigetto dell'opposizione allo
 stato passivo per l'insussitenza dell'obbligo di pagare le  richieste
 somme  aggiuntive.  L'I.N.P.S.,  costituitosi,  ha chiesto invece, il
 rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.
    Con  separata  sentenza  non  definitiva  in  data odierna, questa
 Corte, in accoglimento del secondo motivo di appello, ha ritenuto non
 dovute  ed  escluse  dallo  stato  passivo  del  fallimento  le somme
 aggiuntive  pretese  dall'I.N.P.S.  per  il  mancato  versamento  dei
 contributi previdenziali ed assistenziali maturati nel mese di luglio
 e nei primi nove giorni dell'agosto 1983, restringendo la materia del
 contendere  alle sanzioni civili pretese per il mancato pagamento dei
 contributi maturati nei periodi 1º febbraio-30 giugno 1983.
    Per  quanto  riguarda  le  sanzioni  civili  relative  al  mancato
 pagamento  dei  contributi  maturati   nel   suddetto   periodo,   in
 applicazione  del  terzo  e  sesto  comma  dell'art.  1  del d.-l. n.
 688/1985,  convertito  nella  legge  n.  11/1986,  ha  ritenuto   che
 incombesse  al  curatore  del  fallimento  l'onere del versamento dei
 contributi omessi, entro il 20 febbraio 1986, al fine di ottenere  il
 condono delle sanzioni civili oggetto della controversia.
    Con  questa  ordinanza  si  dispone,  pero',  la sospensione della
 decisione sull'ammissione al passivo delle sanzioni civili diverse da
 quelle  su  cui  e'  stato  deciso  con  la  sentenza non definitiva,
 ritenendo rilevante e non manifestamente infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  terzo  e sesto comma del
 d.-l. 2 dicembre 1985, n. 688;  convertito  nella  legge  31  gennaio
 1986, n. 11, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
                           I N  D I R I T T O
    L'ipotizzata  questione  di  legittimita'  costituzionale non pare
 manifestamente infondata, ravvisandosi contrasto  delle  norme  sopra
 specificate con piu' principi garantiti dalla Costituzione.
    Il  terzo  e  sesto comma del citato art. 1 del d.-l. n. 688/1985,
 con disposizione retroattiva, hanno  esteso  le  "somme  aggiuntive",
 previste  dal  primo  comma  dello  stesso  articolo per le omissioni
 contributive future, ai casi  di  mancato  pagamento  dei  contributi
 maturati anteriormente al 20 novembre 1985, disponendo, pero', che il
 debitore  moroso  potesse  evitare  il  pagamento   di   tali   somme
 aggiuntive,  assolvendo,  entro  il  20  febbraio  1986,  l'onere del
 versamento dei contributi omessi.
    Tale  facolta'  ed  onere hanno avuto come destinatari, non solo i
 debitori morosi in bonis, ma anche quelli  assoggettati  a  procedura
 concorsuale,  nulla  lasciando  pensare  che  la  legge  abbia voluto
 escludere dal beneficio questi ultimi.
    E   che   il  beneficio  sia  stato  concesso  anche  ai  debitori
 assoggettati a procedura  concorsuale  risulta  implicitamente  anche
 dalla  disposizione del comma 8- ter dello stesso art. 1 in esame, la
 quale tra i soggetti sottoposti a procedura concorsuale distingue "le
 aziende che si trovino in amministrazione controllata o straordinaria
 alla data del 31 dicembre 1985" per consentire loro  di  ottenere  il
 condono  delle  sanzioni  civili  de  quibus,  assolvendo l'onere del
 pagamento dei contributi omessi, non entro il 20 febbraio 1986,  come
 gli altri, ma nel piu' comodo termine di "trenta giorni dalla data di
 chiusura della procedura". La distinzione, infatti, non avrebbe avuto
 alcun senso se non sottointendesse che i debitori sottoposti ad altre
 procedure potessero godere del beneficio, sia pure nel  rispetto  del
 termine  del  20  febbraio  1986,  previsto  per  la  generalita' dei
 soggetti.
    Ma   tanto   premesso   e   ritenuto,  appare  agevole  ipotizzare
 l'illegittimita' delle disposizioni del terzo e sesto comma in  esame
 per il loro contrasto col principio di eguaglianza, di cui all'art. 3
 della Costituzione, a causa del trattamento irrazionalmente deteriore
 apprestato   ai  debitori  morosi,  assoggettati  a  fallimento,  sia
 rispetto ai debitori in  bonis,  sia  rispetto  ai  debitori  che  si
 trovino in amministrazione controllata o straordinaria.
    Non e' stata, infatti, una scelta ragionevole quella di accomunare
 nello stesso trattamento - subordinazione del condono delle  sanzioni
 civili  all'assolvimento  dell'onere  di  versare i contributi omessi
 entro il breve termine del 20 febbraio 1986 - i debitori in  bonis  e
 quelli  sottoposti  a  fallimento;  essendo  noto  che mentre i primi
 godono della piena  disponibilita'  del  loro  patrimonio  e  possono
 adempiere quell'onere con la massima sollecitudine senza preoccuparsi
 della par condicio  creditorum,  i  secondi,  invece,  privati  della
 disponibilita'  dei loro beni per lo status di falliti, e, quindi, in
 una situazione incomparabilmente  deteriore  rispetto  a  quella  dei
 primi,  non  hanno  alcuna  possibilita'  di  adempiere  l'onere  che
 condiziona il condono in modo tempestivo, con la conseguenza  che  ai
 debitori  falliti doveva essere assegnato un termine piu' appropriato
 alla loro situazione.
    L'irrazionalita'  della  scelta  appare  ancor  piu'  evidente dal
 confronto del trattamento riservato  ai  falliti  rispetto  a  quello
 estremamente   favorevole  ideato  per  i  debitori  assoggettati  ad
 amministrazione controllata o straordinaria, cui e' stato concesso di
 assolvere  l'onere  del pagamento dei contributi emessi "entro trenta
 giorni  dalla  chiusura  della  procedura"  (comma  8-  ter).  Se  si
 considera  che  l'amministrazione  straordinaria  e'  in  gran  parte
 regolata dalle stesse norme che disciplinano la  liquidazione  coatta
 amministrativa  e  che questa e' retta da molte regole recepite dalla
 normativa sul fallimento, e' agevole concludere  che  un  trattamento
 differenziato  rispetto  a  quello dei debitori in bonis, analogo, se
 non uguale, a quello predisposto per i  debitori  in  amministrazione
 controllata  o  straordinaria,  sarebbe  stato necessario anche per i
 debitori falliti. Cio' per il principio secondo cui non e'  razionale
 ne'   l'accomunamento   sotto  la  stessa  disciplina  di  situazioni
 differenziate, quali quelle dei debitori  in  bonis  e  dei  debitori
 falliti,  ne'  il trattamento radicalmente diverso di posizioni molto
 somiglianti, quali quelle dei debitori  falliti  e  dei  debitori  in
 amministrazione   controllata  e,  specialmente,  in  amministrazione
 straordinaria.
    Non e' manifestamente infondata anche la questione di legittimita'
 costituzionale delle due disposizioni  con  riferimento  all'art.  24
 della  Costituzione,  posto  che  il  termine  del  20 febbraio 1986,
 assegnato ai debitori falliti per il versamento dei contributi omessi
 e per l'ottenimento del condono, essendo della durata di appena venti
 giorni, e' talmente breve, in relazione alla necessita' dei  curatori
 fallimentari  di  effettuare i pagamenti nel rispetto della legge del
 concorso, da sopprimere praticamente la possibilita' dei  falliti  di
 beneficiare del condono. Basta considerare che i pagamenti dei debiti
 anteriori al fallimento non possono  in  ogni  caso  essere  comunque
 effettuati  prima  del  deposito  in  cancelleria dello stato passivo
 esecutivo - e, cioe', prima di almeno cinquanta giorni - e  che  dopo
 detto  deposito i pagamenti possono essere effettuati solo in sede di
 esecuzione di piani di riparto e  solo  per  i  creditori  in  questi
 utilmente  collocati  nel  rispetto rigoroso delle cause legittime di
 prelazione.
    Conclusivamente, non pare manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita' delle norme  denunciate  nella  parte  in  cui  non
 prevedono   per   i   debitori   morosi   assoggettati   a  procedura
 fallimentare, in luogo del termine fisso del  20  febbraio  1986,  un
 termine  variabile  tale  da  consentire  ai  curatori  di  versare i
 contributi omessi,  e  cosi'  beneficiare  del  condono  delle  somme
 aggiuntive,   in   sede  di  esecuzione  del  piano  di  ripartizione
 dell'attivo  in  cui  i  contributi  omessi  siano  stati   utilmente
 collocati.
    Sulla   rilevanza  delle  prospettate  questioni  di  legittimita'
 costituzionale   non   puo'   esservi   alcun   dubbio,   posto   che
 l'accoglimento  di  esse  consentirebbe al fallito di beneficiare del
 condono  delle  sanzioni  civili  de  quibus   condizionatamente   al
 pagamento  dei  contributi  omessi  nel  corso  della procedura e nel
 rispetto delle sue regole,  mentre  con  l'applicazione  delle  norme
 nella  formulazione  attuale il fallito non ha alcuna possibilita' di
 fruirne.
                                P. Q. M.
    Visto  l'art.  134  della  Costituzione e l'art. 23 della legge 11
 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1,  terzo  e  sesto  comma  del
 d.-l.  2  dicembre  1985,  n. 688, convertito con modificazioni nella
 legge 31 gennaio 1986, n. 11, con riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione per i motivi di cui in motivazione;
    Sospende  il  giudizio definitivo sull'appello avverso la sentenza
 del tribunale di Genova in data 27 marzo-28 maggio 1986, emessa inter
 partes;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina  che  la  presente ordinanza venga notificata al Presidente
 del Consiglio dei Ministri e comunicata ai  Presidenti  della  Camera
 dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in  Genova nella camera di consiglio il 12 novembre
 1987.
                   Il presidente: (firma illeggibile)

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