N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 settembre 1990

                                 N. 62
   Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 17 settembre 1990 (della provincia autonoma di Trento)
 Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Piano  nazionale  di
 assegnazione delle radiofrequenze per la  radiodiffusione  -  Obbligo
 della   provincia  autonoma  di  adeguare  i  piani  territoriali  di
 coordinamento al piano di assegnazione che prevede la  localizzazione
 e   l'insediamento   degli   impianti  -  Asserita  violazione  della
 competenza della provincia autonoma in materia di urbanistica e piani
 regolatori di opere pubbliche, di tutela del patrimonio storico e del
 paesaggio  -  Illegittima  previsione  di  un  potere  di   controllo
 sostitutivo  dello Stato sulle regioni e province autonome in caso di
 inerzia dello stesso.
 (Legge 6 agosto 1990, n. 223, artt. 3 e 4).
 (Statuto T.-A.A., artt. 8, 9 e 16).
(GU n.38 del 26-9-1990 )
    Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente pro-tempore della giunta provinciale, Mario  Malossini,  a
 cio'  autorizzato con delibera di giunta n. 10377 del 31 agosto 1990,
 rappresentato e difeso, giusta mandato sottoscritto dal notaio  dott.
 Pier  Luigi  Mott,  n.  rep. 55515 in data 3 settembre 1990, all'avv.
 prof.  Umberto  Pototschnig  e  dall'avv.  Vitaliano  Lorenzoni,   ed
 elettivamente  domiciliato presso il secondo in Roma, via Alessandria
 n. 130, contro il Presidente del Consiglio dei  Ministri  pro-tempore
 per  la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
 quattordicesimo, quindicesimo,  sedicesimo  e  diciannovesimo  comma,
 nonche'  dell'art.  4,  secondo  comma, della legge 6 agosto 1990, n.
 223,  avente  ad  oggetto  "Disciplina  del  sistema  radiotelevisivo
 pubblico  e privato" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9
 agosto 1990 in relazione agli artt. 8, 9 e 16 dello statuto  speciale
 per  la  regione  Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto
 1972, n. 670.
                               F A T T O
    La  legge  6  agosto  1990,  n.  223,  nel disciplinare ex novo il
 sistema  radiotelevisivo  pubblico  e   privato,   prevede   che   la
 pianificazione  delle radiofrequenze sia effettuata mediante un piano
 nazionale di ripartizione e un piano nazionale  di  assegnazione.  Il
 primo  indica  le bande di frequenza utilizzabili dai vari servizi di
 telecomunicazioni.  Il  secondo  -  nel  rispetto  delle  indicazioni
 contenute  nel primo - "determina le aree di servizio degli impianti,
 e, per ciascuna area, la localizzazione  possibilmente  comune  degli
 impianti  ed  i  parametri  radioelettrici  egli  stessi,  nonche' la
 frequenza assegnata a ciascun impianto". La determinazione delle aree
 di servizio deve essere effettuata in modo da consentire la ricezione
 senza  disturbi  in  dette  aree  del  maggior  numero  possibile  di
 programmi  di  radiodiffusione  sonora  e televisiva (art. 3, settimo
 comma).
    Il  piano  di  assegnazione  suddivide  il territorio nazionale in
 bacini  di  utenza,  i  quali  risultano  dall'aggregazione  di   una
 pluralita'  di  aree  di servizio e vengono determinati tenendo conto
 della entita' numerica della popolazione servita, della distribuzione
 della   popolazione   residente   e   delle  condizioni  geografiche,
 urbanistiche, socio-economiche e culturali della zona (ottavo comma).
 Segue,  nel  nono,  decimo  e  undicesimo  comma, l'indicazione degli
 obiettivi cui deve indirizzarsi il piano di assegnazione. Vengono poi
 le  norme  riguardanti  la competenza e la procedura del piano, norme
 che  meritano  di  essere  riportate  qui  per  esteso  e  che  cosi'
 dispongono:
      (quattordicesimo  comma): "Nel rispetto degli obiettivi indicati
 nei commi dal settimo all'undicesimo,  il  Ministero  delle  poste  e
 delle  telecomunicazioni,  sentita  la  concessionaria  pubblica e le
 associazioni a carattere nazionale dei titolari di emittenti  o  reti
 private,  redige lo schema di piano di assegnazione con l'indicazione
 del numero e  delle  caratteristiche  dei  bacini  di  utenza,  e  lo
 sottopone al parere delle regioni e delle province autonome di Trento
 e Bolzano";
      (quindicesimo   comma):  "Le  regioni  e  le  province  autonome
 nell'esprimere il parere  sullo  schema  di  piano  di  assegnazione,
 possono proporre ipotesi diverse di bacini, in relazione alle proprie
 caratteristiche naturali, socio-economiche e culturali. Esse  possono
 altresi',  d'intesa  tra loro, proporre bacini di utenza comprendenti
 territori confinanti.
    Decorsi  sessanta  giorni  dalla ricessione dello schema di piano,
 senza che sia pervenuto il parere, esso  si  intende  reso  in  senso
 favorevole";
      (sedicesimo   comma):   "Il   Ministero   delle  poste  e  delle
 telecomunicazioni, acquisiti i pareri delle regioni, redige un  nuovo
 schema  di  piano  di  assegnazione  che  e' sottoposto al parere del
 consiglio superiore tecnico delle poste,  delle  telecomunicazioni  e
 dell'automazione.  Decorsi  sessanta giorni dal ricevimento dell'atto
 senza che sia pervenuto il parere, esso  si  intende  reso  in  senso
 favorevole".
    Vengono  poi  il  diciassettesimo  e  diciottesimo  comma, dove si
 stabilisce che il piano venga approvato con  decreto  del  Presidente
 della Repubblica e possa essere periodicamente aggiornato.
    Segue  il  diciannovesimo  comma,  il  quale  cosi'  dispone:  "Le
 regioni, anche a statuto speciale, nonche' le  province  autonome  di
 Trento  e  Bolzano  adeguano  i  piani  territoriali di coordinamento
 ovvero adottano piani territoriali di  coordinamento  specifici,  per
 conformarsi  alle  indicazioni  concernenti  la  localizzazione degli
 impianti previste dal piano di assegnazione. Qualora le regioni e  le
 province  autonome  di Trento e Bolzano non provvedano entro sessanta
 giorni dalla approvazione del piano, il Presidente del Consiglio  dei
 Ministri,   su   proposta   del   Ministro   delle   poste   e  delle
 telecomunicazioni nomina commissari ad acta per l'adeguamento  ovvero
 per l'adozione degli specifici piani territoriali di coordinamento.
    I  comuni adeguano gli strumenti urbanistici ai piani territoriali
 di  coordinamento  entro  sessanta  giorni  dalla  loro  adozione   o
 adeguamento.  Qualora i comuni entro detto termine non provvedano, le
 indicazioni  contenute  nei  piani  territoriali   di   coordinamento
 costituiscono  adozione di variante degli strumenti urbanistici e non
 necessitano di autorizzazione regionale preventiva".
    A  sua  volta  l'art. 4 della legge n. 223/1990, intitolato "Norme
 urbanistiche", dopo aver disposto che "il rilascio della  concessione
 di cui all'art. 16 o della concessione per servizio pubblico equivale
 a dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza per
 le  opere  connesse  e  da'  titolo  per  richiedere  alle  autorita'
 competenti  le  necessarie  concessioni  ed  autorizzazioni  per   la
 installazione  degli  impianti  nelle localita' indicate dal piano di
 assegnazione  e,   conseguentemente   nei   piani   territoriali   di
 coordinamento" cosi' dispone al secondo comma: "I comuni, ricevuta la
 domanda di concessione edilizia dai  concessionari  privati  o  dalla
 concessionaria  pubblica,  provvedono ad acquisire o, se del caso, ad
 occupare d'urgenza e ad espropriare, ai sensi della legge 22  ottobre
 1971,  n.  865, e successive modificazioni, l'area indicata dal piano
 di  assegnazione  e  dal  piano  territoriale  di  coordinamento  per
 l'installazione  degli  impianti,  anche  se gia' di proprieta' degli
 stessi  richiedenti,  che  viene   a   far   parte   del   patrimonio
 indisponibile   dei  comuni;  provvedono  altresi'  a  rilasciare  la
 concessione edilizia, anche nelle more della procedura di  esproprio,
 ed   a   concedere  contestualmente  ai  richiedenti  il  diritto  di
 superficie sulle aree acquisite od  espropriate  per  l'installazione
 degli impianti (...). La domanda si intende accolta qualora il comune
 non deliberi entro novanta giorni dalla ricezione.
    La concessione del diritto di superficie ha durata pari al periodo
 di tempo nel quale il soggetto resta titolare della  concessione  per
 radiodiffusione  sonora  o  televisiva ovvero delle concessioni per i
 servizi di telecomunicazione.
    La   delibera   di   concessione  del  diritto  di  superficie  e'
 accompagnata da una convenzione tra il comune e il concessionario, da
 stipularsi  per atto pubblico, che e' trascritto presso il competente
 ufficio dei registri immobiliari. La convenzione prevede un canone di
 concessione  secondo  parametri  (...) nonche' il corrispettivo delle
 opere di urbanizzazione, i termini di inizio e ultimazione dei lavori
 connessi  agli  edifici  ed  agli  impianti,  le  sanzioni in caso di
 inosservanza degli obblighi posti con l'atto di concessione".
    Tutte  queste  disposizioni,  nella  parte  in  cui  pretendono di
 trovare   applicazione   anche   in   provincia   di   Trento,   sono
 costituzionalmente  illegittime, in quanto chiaramente invasive delle
 attribuzioni riservate alla competenza della provincia autonoma dallo
 statuto  speciale  per  il  Tentino-Alto Adige. Pertanto col presente
 atto la provincia le impugna davanti a questa ecc.ma Corte  e  chiede
 che esse siano dichiarate illegittime per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    Violazione  e  falsa  applicazione dell'art. 8, nn. 5 e 6, nonche'
 dell'art. 9, n. 10,  dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
 Adige,  anche  in  relazione all'art. 21 del d.P.R. 22 marzo 1974, n.
 381 e all'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
    In  base  allo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige la
 provincia di Trento ha competenza primaria in materia di  urbanistica
 e  di  tutela  del  paesaggio.  Si tratta cioe' di una competenza che
 incontra  i  soli  limiti  derivanti  dai  principi  dell'ordinamento
 giuridico  dello  Stato,  dal rispetto degli obblighi internazionali,
 degli interessi nazionali e delle norme  fondamentali  delle  riforme
 economico-sociali della Repubblica.
    Cio'  nonostante,  la  nuova  legge sull'emittenza radiotelevisiva
 riconduce una serie di  competenze  concernenti  dette  materie  alla
 titolarita'  dello  Stato,  declassando  le regioni e le due province
 autonome a organismi meramente consultivi del  Ministro  delle  poste
 ovvero  coinvolgendole soltanto come uffici dipendenti, preposte alla
 mera esecuzione di scelte  effettuate  al  centro.  Il  pretesto  per
 arrivare  a questo risultato e' che nella legge n. 223/1990 i profili
 urbanistici  sono  -  per  cosi'  dire  -  accessori  rispetto   alla
 disciplina  del sistema radiotelevisivo, che e' invece materia a se',
 di esclusiva competenza dello Stato.
    Ma  si  tratta  di un'argomentazione che va subito rifiutata. Gia'
 sulla  base  della  legge  precedente  e  in  particolare  a  seguito
 dell'art.  185  del  testo  unico  29  marzo 1973, n. 156, infatti il
 Consiglio di Stato l'ha espressamente respinta perche'  "se  e'  vero
 che la disciplina della materia radiotelevisiva spetta esclusivamente
 all'autorita' centrale (...) e' peraltro altrettanto  vero  che  cio'
 non  esclude  la competenza per diversi fini di altri organi pubblici
 nella  cui  funzione  l'attivita'  di  telecomunicazione  possa,   in
 ipotesi,  interferire". Cio' sia perche' l'art. 185 citato stabilisce
 esplicitamente che rimangono ferme "le autorizzazioni  amministrative
 e le prescrizioni previste da leggi speciali" (nel quale ambito vanno
 ricomprese anche le leggi  urbanistiche),  sia  perche'  "in  via  di
 principio  ogni  pubblica  autorita'  e'  preposta  alla  cura di ben
 individuati interessi generali  ed  allorche'  un'iniziativa  privata
 coinvolga  piu' settori di intervento amministrativo e smuova diversi
 profili di pubblica ragione e' giocoforza - e meno  che  non  si  sia
 diversamente  disposto  -  che  essa  si  sottoponga alla potesta' di
 ciascuno organo competente per materia, in modo  tale  che  ogni  suo
 specifico  aspetto soddisfi pienamente le esigenze della normativa di
 volta in volta da applicare. Conseguentemente non puo' ritenersi  che
 l'approvazione  di  un impianto trasmittente eventualmente rilasciata
 dal  Ministero  delle  poste  in  ossequio  alla   disciplina   delle
 telecomunicazioni   e   in  appagamento  degli  interessi  di  questa
 perseguiti possa valere anche ai  fini  urbanistici,  e'  cioe'  come
 provvedimento  di  tutela  del  corretto  uso  del  territorio" (sez.
 quinta, 15 dicembre 1986, n. 642).
    Questo  diverso  criterio,  fatto  proprio dal Consiglio di Stato,
 deve trovare applicazione a maggior ragione in  vigenza  della  nuova
 legge  n.  223/1990. Quest'ultima infatti mette in opportuna evidenza
 anche la fase (o il momento)  della  localizzazione  degli  impianti,
 facendone uno dei contenuti necessari, per ciascuna area di servizio,
 del piano nazionale di  assegnazione  (art.  3,  settimo  comma).  Un
 riconoscimento   esplicito  di  questo  coinvolgimento  di  interessi
 pubblici diversi nella pianificazione  delle  radiofrequenze  (e  tra
 questi  in  particolare  di  quello  urbanistico)  affiora  del resto
 dall'ottavo  comma  dell'art.  3,  secondo  il  quale  il  piano   di
 assegnazione  suddivide  il territorio nazionale in bacini di utenza,
 da determinarsi tenendo conto di una serie di elementi,  fra  cui  le
 "condizioni urbanistiche" della zona (ottavo comma).
    Ancora  piu'  esplicita  in questa caratterizzazione sono le norme
 del diciannovesimo comma,,  le  quali  vogliono  che  le  indicazioni
 concernenti  la  localizzazione  degli impianti previste dal piano di
 assegnazione vengano recepite dal piano territoriale di coordinamento
 gia'  in  vigore, ovvero, nel caso che quest'ultimo non ci sia, da un
 piano territoriale di coordinamento  "specifico",  adottato  cioe'  a
 questo specifico fine e al quale i comuni hanno l'obbligo di adeguare
 i propri strumenti urbanistici.
    La  nuova legge, dunque, superando i limiti e le incertezze dovute
 alla legge precedente, lascia intendere chiaramente che ai fini della
 piu'  soddisfacente  localizzazione degli impianti radiotelevisivi si
 impongono scelte che hanno anche valore urbanistico,  che  comportano
 cioe' anche responsabilita' specifiche inerenti a tale settore.
    Sorprende pertanto, e lascia delusi, il fatto che, pur accogliendo
 e sottolineando questi suoi aspetti tipici  e  molto  importanti,  la
 legge  n.  223/1990  non  tragga  le  conclusioni  dovute  per quanto
 concerne la distribuzione delle competenze.
    Affidi  cioe'  sempre  al  Ministero  delle  poste  il  compito di
 redigere  e  poi  di  approvare  il  piano  di   assegnazione   della
 radiofrequenza, chiamando le regioni e le stesse province autonome ad
 esprimere soltanto un parere e a formulare proposte, ma riservando al
 tempo  stesso  al  Ministro  la competenza all'approvazione del piano
 nella forma del decreto presidenziale.
    Ebbene  un  assetto di questo genere viola manifestamente l'ordine
 costituzionale delle competenze.
     A)  In  primo  luogo perche' non rispetta l'art. 21 del d.P.R. 22
 marzo 1974, n. 381, contenente  norme  di  attuazione  dello  Statuto
 speciale  per il Trentino-Alto Adige, il quale ha previsto un diverso
 sistema per ottenere l'armonizzazione tra i vigenti piani urbanistici
 provinciali e gli interessi di competenza statale. Vi si dice infatti
 che a Trento i piani urbanistici provinciali ed i piani  territoriali
 di  coordinamento  sono  approvati  con  legge  provinciale  e  che i
 progetti di piano  devono  ssere  inviati  al  Ministero  dei  lavori
 pubblici,   il  quale  formula  entro  termini  stabiliti  con  legge
 provinciale eventuali osservazioni a scopo di coordinamento,  sentito
 il  Consiglio superiore dei lavori pubblici. S'intende che un sistema
 siffatto, ribadido poi dalla provincia autonoma con l'art.  11  della
 legge provinciale 2 marzo 1964, n. 2, consente al Governo di rinviare
 a un nuovo esame da parte della provincia  la  legge  che  non  abbia
 tenuto   conto   delle  osservazioni  del  Ministero  (salvo  poi  la
 posibilita' di un ricorso alla Corte). Merita di considerare  inoltre
 in  linea  di  fatto  che,  in  occasione del nuovo piano urbanistico
 provinciale  approvato  con  legge,  la  provincia  ha   puntualmente
 trasmsso  al  Ministero  dei  lavori  pubblici il progetto del piano,
 senza ottenere nessuna risposta sul punto che qui interessa, e  senza
 neppure  ricevere  alcuna  richiesta a proposito della localizzazione
 degli impianti radiotelevisivi.
     B)  Le norme qui impugnate contrastano altresi' con l'art. 81 del
 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
    Esso  prescrive  infatti  che  "la  progettazione  di  massima  ed
 esecutiva delle opere pubbliche di interesse statale,  da  realizzare
 dagli  enti istituzionalmente competenti, per quanto concerne la loro
 localizzazione  e  le  scelte  del  tracciato,  se   difforme   dalle
 prescrizioni  e  dai  vincoli  delle norme o dai piani urbanistici ed
 edilizi, e' fatta dall'amministrazione  statale  competente  d'intesa
 con le regioni interessate".
    Il principio cosi' affermato e' che qualora le opere di competenza
 statale  non  rispettino  le  prescrizioni  urbanistiche,   si   deve
 procedere  alla  ricerca  dell'intesa tra lo Stato e la regione (o la
 provincia), in modo da salvaguardare anche in questo caso  tutti  gli
 interessi  pubblici coinvolti e rendere partecipe delle scelte finali
 le diverse  amministrazioni  competenti  su  di  esse.  Viceversa  il
 quattordicesimo,  quindicesimo,  sedicesimo  e  diciassettesimo comma
 dell'art. 3  della  legge  n.  223/1990  tradiscono  questo  disegno,
 riservando  alla  sola amministrazione statale ogni deciione sul c.d.
 piano di assegnazione  e  quindi  anche  sulla  localizzazione  degli
 impianti,  mentre  alle  regioni  e'  affidata l'unica pssibilita' di
 esprimere  pareri  o  avanzare  proposte,  che  lasciano  arbitri  le
 amministrazioni dello Stato di qualunque decisione.
    Nelle norme qui considerate, e' presente dunque una palese e grave
 violazione  della  competenza  provinciale  in  materia  urbanistica.
 Infatti  se  le  amministrazioni  statali  lo  vogliono, gli impianti
 necessari per la diffusione di  programmi  radiofonici  e  televisivi
 potrebbero  venire localizzati dovunque, anche a costo di sconvolgere
 cosi' in  modo  irrimediabile  tutto  l'ambiente  circostante  e  gli
 effetti della restante disciplina urbanistica.
    Ne'  varrebbe obiettare che ogni qualvolta' viene pevista l'intesa
 tra Stato  e  regione  c'e'  il  rischio  di  non  raggiungerla,  col
 risultato di paralizzare di conseguenza ogni iniziativa.
    Infatti  l'art.  81  del  d.P.R. n. 616/1977 prevede anche come si
 possa superare il blocco dovuto alla mancata inesa, arrivando  a  una
 soluzione  che puo' ritenersi equa e insieme rispettosa delle diverse
 competenze.
    E  neppure  varrebbe  eccepire  che  il  d.P.R.  n.  616/1977 (ivi
 compreso  il  suo  art.  81)  riguarda  le  sole  regioni  a  statuto
 ordinario.
    Un'apposita  norma  di  attuazione  dello  statuto speciale per il
 Trentino-Alto Adige ha  esteso  infatti  alla  regione  Trentino-Alto
 Adige  ed  alle  due  province  di Trento e Bolzano "in quanto non ne
 siano gia' investite, ogni facolta' o potere attribuiti alle  regioni
 a  statuto  ordinario  con decreto del Presidente della Repubblica 24
 luglio 1977, n. 616, alle condizioni, con le  modalita'  ed  entro  i
 limiti  per  esse  previsti" (art. 12 del d.P.R. 19 novembre 1987, n.
 526). Il che vale sicuramente anche per quanto stabilisce l'art.  81,
 posto che esso conferisce in effetti alla provincia un potere sino ad
 allora sconosciuto, ma essenziale per il conseguimento dell'intesa.
     C)  Altra  violazione  riguarda  direttamente  gli articoli dello
 statuto speciale citato poc'anzi, nella parte  in  cui,  coinvolgendo
 nella  procedura del piano di assegnazione anche le regioni a statuto
 speciale e le province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  non  hanno
 differenziato  la  loro  posizione, dovuta al carattere di competenza
 primaria loro riconosciuto, rispetto  a  quella  di  tutte  le  altre
 regioni. Il rilievo vale sia per l'urbanistica, che per la tutela del
 paesaggio, tenuto conto che anche su quest'ultima la  competenza  nel
 Trentino-Alto Adige e' ormai provinciale ed e' di primo livello, come
 quella in tema urbanistica.
     D) Una alterazione ulteriore del disegno istituzionale ricavabile
 per Trento dalle norme statutarie si ha nel fatto che alle regioni ed
 alle  due  province autonome la legge 226 ha dato si' la possibilita'
 di sprimere il proprio parere sulla localizzazione degli impianti, ma
 questo  e'  possibile  solo  nella prima fase del procedimento, e non
 anche  nella  fase  successiva  e  di  fatto  decisiva  prevista  dal
 sedicesimo  e  diciassettesimo comma dell'art. 3. Infatti e' previsto
 che, una volta' acquisiti i pareri delle regioni (e,  verosimilmente,
 anche delle due province autonome, che tuttavia qui la legge non
 nomina;  ma l'omissione, se voluta, sarebbe sicuramente illegittima),
 il Ministro rediga un nuovo schema di piano di assegnazione, per  poi
 sottoporlo  al  parere  del  consiglio superiore tecnico delle poste,
 delle telecomunicazioni e dell'automazione, prima  di  portarlo  alla
 approvazione  efinitiva  del Consiglio dei Ministri. Ebbene in questo
 modo puo' accadere non soltanto che il  nuovo  schema  preparato  dal
 Ministro venga ad essere molto diverso da quello originario su cui le
 regioni si sono pronunciate, senza che esse possono esprimersi  anche
 su   di   esso;  ma  c'e'  soprattutto  il  rischio  che  al  momento
 dell'approvazione definitiva  il  Consiglio  dei  Ministri  posto  di
 fronte  ed  un  testo  diverso da quello gia' portato all'esame delle
 regioni, non sia nelle condizioni di avvertire dove stia  esattamente
 il  contrasto  tra  ministero  e  regioni  e di decidere congruamente
 armonizzando i diversi interessi.
     E)  Una  ulteriore  illegittimita'  delle norme impugnate risulta
 dalla loro contraddittorieta'  nel  rapporto  Stato-regioni.  Per  un
 verso   infatti  esse  riconoscono  che  e'  necessario  definire  la
 localizzazione degli impianti radiotelevisivi tenendo conto di  molte
 altre esigenze, ivi comprese le condizioni urbanistiche delle diverse
 zone (ottavo comma dell'art. 3)  e  conseguentemente  richiedono  che
 tale   localizzazione  venga  stabilita  per  mezzo  di  un  adeguato
 strumento   urbanistico.   Per   altro   verso   esse   affidano   la
 localizzazione  al  Ministro  delle  poste  e delle telecomunicazioni
 (cioe' ad un'autorita' statale), lasciando alle regioni (che  ratione
 materiae   sarebbero   quelle   competenti)   solo   il   compito  di
 "conformarsi" alle scelte del Ministro, adeguando ad esse il  proprio
 piano  territoriale  di coordinamento o adottandone uno "specifico" a
 questo scopo. Ma la contraddizione rende ancor piu' evidente che  per
 effetto  di  questa  legge il Ministro si appropria di una competenza
 che   e'   sicuramente   regionale   e   che   le   regioni   vengono
 contemporaneamente  amputate  nella  misura corrispondente delle loro
 attribuzioni.
    Ebbene  questa ecc.ma Corte, respingendo la tesi di talune regioni
 secondo cui gli oggetti regolati dalla nuova legge a difesa del  mare
 rientrerebbero  nella  materia  dell'urbanistica  e  di altre materie
 anch'esse di competenza regionale, ha tuttavia  riconosciuto  che  la
 disciplina  dei parchi e delle rierve naturali "comporta interferenze
 e intrecci con la disciplina relativa  all'urbanistica"  e  ad  altre
 materie di competenza regionale; onde "si rende pur sempre necessario
 - dice la Corte - procedere alla  ulteriore  verifica  che  i  poteri
 esercitati   dallo  Stato  con  la  legge  impugnata  non  producano,
 attraverso  un'eccessiva  estensione  degli  elastici  confini  della
 materia della 'protezione della natura', una sostanziale compressione
 delle attribuzioni regionali nelle predette materie, tale da  portare
 ad  una  effettiva  degradazione  delle competenze primarie garantite
 alla (regione) ricorrente" del suo statuto d'autonomia  (sentenza  n.
 2031/1988).
    Una argomentazione siffatta, formulata a proposito di una legge in
 tema di protezione della natura, vale perfettamente anche a proposito
 del  sistema  radiotelevisivo,  nella parte in cui anch'esso richiede
 l'installazione  di  impianti  in  grado  di  incidere   sull'assetto
 urbanistico.  Ma se e' cosi', la logica avrebbe voluto o che la legge
 n. 223/1990 avesse richiesto l'intesa tra lo Stato e la regione (o la
 provincia),  come  gia'  si  e'  accennato;  ovvero  che  il piano di
 assegnazione  delle  radiofrequenze  non  comprendesse  la   puntuale
 localizzazione  degli impianti dettando in sua vece la determinazione
 di criteri e riconducendo cosi' la legge dello  Stato  alla  funzione
 che le e' propria di indirizzo e coordinamento.
     F) Un motivo a se' stante di illegittimita' della legge impugnata
 riguarda la seconda parte del diciannovesimo  comma  del  piu'  volte
 citato  art. 3, dove e' previsto un potere dello Stato di sostituirsi
 alle regioni e alle province autonome in caso di inerzia.
    Questa  ecc.ma  Corte ha infatti riconosciuto che siffatto potere,
 pur essendo presente in svariati settori  del  diritto  pubblico,  se
 applicato ai rapporti Stato-regioni "assume connotazioni particolari,
 legate al fatto  che  nel  caso  tale  potere  ha  di  fronte  a  se'
 un'autonomia  politica e amministrativa costituzionalmente definita e
 garantita" (sentenza n.  177/1988).  Secondo  la  Corte,  dunque,  il
 potere sostitutivo dello Stato esige:
      1) che lo Stato disponga di un potere di vigilanza nei confronti
 di attivita' regionali prive di discrezionalita' nell' an, o  perche'
 sottoposte  a  termini  perentori,  o perche' l'inerzia delle regioni
 metterebbe in serio pericolo  l'esercizio  di  funzioni  fondamentali
 dello Stato;
      2)  che  il  potere  sostitutivo  sia  strettamente  strumentale
 all'adempimento di obblighi o al perseguimento di interessi  tutelati
 costituzionalmente come limiti all'autonomia regionale;
      3)  che  il  potere  sia  esercitato da un'autorita' di Governo,
 nello specifico senso definito dall'art. 92 della Costituzione;
      4)  che  l'esercizio  del controllo sostitutivo sia assistito da
 garanzie,  sostanziali   e   procedurali,   rispondenti   ai   valori
 fondamentali  cui  la Costituzione informa i rapporti Stato-regioni e
 specialmente al principio della  "leale  cooperazione"  (sentenza  n.
 177/1988 citata).
    Ebbene le norme impugnate non rispettano tali prescrizioni.
    In  particolare non vengono osservate le modalita' previste in via
 generale  dall'art.  2  della  legge  n.   382/1975   (e   riprodotte
 sostanzialmente  nell'art. 2 della legge n. 400/1988) per l'esercizio
 del controllo sostitutivo nelle funzioni delegate (deliberazione  del
 Consiglio dei Ministri, presupposto della "persistente inattivita'" e
 quindi  previa  intimazione  ad  adempiere);   a   maggior   ragione,
 trattandosi qui di funzioni proprie, anziche' delegate, le suddette -
 se non piu' ampie - garanzie avrebbero dovuto essere introdotte nelle
 disposizioni in esame.
     G)  Le  medesime  censure  indicate  sin qui valgono anche per le
 connessioni che la legge 223/1990 presenta con altre materie (diverse
 dall'urbanistica)  ugualmente  di competenza regionale, quali sono la
 "tutela del paesaggio", la protezione della natura, la  tutela  dagli
 inquinamenti,  la protezione igienico-sanitaria della popolazione. Di
 questa pluralita' di interessi pubblici la  regione  o  la  provincia
 autonoma  puo'  farsi  carico agevolmente in sede di elaborazione del
 piano territoriale di coordinamento, proprio  perche'  si  tratta  di
 interessi che attengono a materie tutte riconducibili alla competenza
 regionale (o provinciale).
    Non  altrettanto  e'  possibile  per  il  Ministro delle poste che
 rischia di localizzare gli  impianti  radiotelevisivi  in  aree  gia'
 vincolate o comunque destinate ad altri fini.
    Ragioni solo parzialmente diverse fanno ritenere illegittime anche
 le norme dell'art. 4, secondo comma, qui riportate nelle premesse  di
 fatto del presente ricorso. In effetti tali norme attengono anch'esse
 all'urbanistica o  a  materie  connesse,  come  l'espropriazione  per
 pubblica  utilita'.  Cosi'  e'  ad  esempio  per  quanto  riguarda le
 modalita' di  rilascio  della  concessione  edilizia,  ovvero  per  i
 contenuti  urbanistici della convenzione tra comune e concessionario,
 oltre che - ovviamente - per i procedimenti di  espropriazione  e  di
 occupazione d'urgenza.
    Trattandosi  di norme poste a supporto di una disciplina che viene
 a configurare la proprieta' dei suoli diversamente che in passato, si
 puo' capire che esse vengono stabilite per la prima volta dalla legge
 statale. Ma non v'e' ragione di ritenere  che  queste  norme  debbano
 necessariamente  rimanere  quali norme di fonte statale. Si vuol dire
 che norme di dettaglio quali sono quelle dell'art. 4, secondo  comma,
 per  essere rispettose dell'autonomia regionale, debbono avere quanto
 meno nelle regioni a statuto speciale e nelle due  province  autonome
 che   hanno  competenza  primaria  sull'urbanistica  -  carattere  di
 "cedevolezza" rispetto alla  successiva  legislazione  regionale,  la
 quale  dovra'  dunque  armonizzare  le  discipline locali con i nuovi
 principi della legislazione statale.
                                P. Q. M.
    La  provincia  autonoma  di  Trento,  come  sopra  rappresentata e
 difesa, chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del
 presente  ricorso,  dichiari  l'illegittimita'  costituzionale  delle
 norme indicate in epigrafe.
      Milano-Roma, addi' 6 settembre 1990
       Avv. prof. Umberto POTOTSCHNIG - Avv. Vitaliano LORENZONI

 90C1099