N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 settembre 1990
N. 62 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 settembre 1990 (della provincia autonoma di Trento) Radiotelevisione e servizi radioelettrici - Piano nazionale di assegnazione delle radiofrequenze per la radiodiffusione - Obbligo della provincia autonoma di adeguare i piani territoriali di coordinamento al piano di assegnazione che prevede la localizzazione e l'insediamento degli impianti - Asserita violazione della competenza della provincia autonoma in materia di urbanistica e piani regolatori di opere pubbliche, di tutela del patrimonio storico e del paesaggio - Illegittima previsione di un potere di controllo sostitutivo dello Stato sulle regioni e province autonome in caso di inerzia dello stesso. (Legge 6 agosto 1990, n. 223, artt. 3 e 4). (Statuto T.-A.A., artt. 8, 9 e 16).(GU n.38 del 26-9-1990 )
Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente pro-tempore della giunta provinciale, Mario Malossini, a cio' autorizzato con delibera di giunta n. 10377 del 31 agosto 1990, rappresentato e difeso, giusta mandato sottoscritto dal notaio dott. Pier Luigi Mott, n. rep. 55515 in data 3 settembre 1990, all'avv. prof. Umberto Pototschnig e dall'avv. Vitaliano Lorenzoni, ed elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, via Alessandria n. 130, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo e diciannovesimo comma, nonche' dell'art. 4, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, avente ad oggetto "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1990 in relazione agli artt. 8, 9 e 16 dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. F A T T O La legge 6 agosto 1990, n. 223, nel disciplinare ex novo il sistema radiotelevisivo pubblico e privato, prevede che la pianificazione delle radiofrequenze sia effettuata mediante un piano nazionale di ripartizione e un piano nazionale di assegnazione. Il primo indica le bande di frequenza utilizzabili dai vari servizi di telecomunicazioni. Il secondo - nel rispetto delle indicazioni contenute nel primo - "determina le aree di servizio degli impianti, e, per ciascuna area, la localizzazione possibilmente comune degli impianti ed i parametri radioelettrici egli stessi, nonche' la frequenza assegnata a ciascun impianto". La determinazione delle aree di servizio deve essere effettuata in modo da consentire la ricezione senza disturbi in dette aree del maggior numero possibile di programmi di radiodiffusione sonora e televisiva (art. 3, settimo comma). Il piano di assegnazione suddivide il territorio nazionale in bacini di utenza, i quali risultano dall'aggregazione di una pluralita' di aree di servizio e vengono determinati tenendo conto della entita' numerica della popolazione servita, della distribuzione della popolazione residente e delle condizioni geografiche, urbanistiche, socio-economiche e culturali della zona (ottavo comma). Segue, nel nono, decimo e undicesimo comma, l'indicazione degli obiettivi cui deve indirizzarsi il piano di assegnazione. Vengono poi le norme riguardanti la competenza e la procedura del piano, norme che meritano di essere riportate qui per esteso e che cosi' dispongono: (quattordicesimo comma): "Nel rispetto degli obiettivi indicati nei commi dal settimo all'undicesimo, il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, sentita la concessionaria pubblica e le associazioni a carattere nazionale dei titolari di emittenti o reti private, redige lo schema di piano di assegnazione con l'indicazione del numero e delle caratteristiche dei bacini di utenza, e lo sottopone al parere delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano"; (quindicesimo comma): "Le regioni e le province autonome nell'esprimere il parere sullo schema di piano di assegnazione, possono proporre ipotesi diverse di bacini, in relazione alle proprie caratteristiche naturali, socio-economiche e culturali. Esse possono altresi', d'intesa tra loro, proporre bacini di utenza comprendenti territori confinanti. Decorsi sessanta giorni dalla ricessione dello schema di piano, senza che sia pervenuto il parere, esso si intende reso in senso favorevole"; (sedicesimo comma): "Il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, acquisiti i pareri delle regioni, redige un nuovo schema di piano di assegnazione che e' sottoposto al parere del consiglio superiore tecnico delle poste, delle telecomunicazioni e dell'automazione. Decorsi sessanta giorni dal ricevimento dell'atto senza che sia pervenuto il parere, esso si intende reso in senso favorevole". Vengono poi il diciassettesimo e diciottesimo comma, dove si stabilisce che il piano venga approvato con decreto del Presidente della Repubblica e possa essere periodicamente aggiornato. Segue il diciannovesimo comma, il quale cosi' dispone: "Le regioni, anche a statuto speciale, nonche' le province autonome di Trento e Bolzano adeguano i piani territoriali di coordinamento ovvero adottano piani territoriali di coordinamento specifici, per conformarsi alle indicazioni concernenti la localizzazione degli impianti previste dal piano di assegnazione. Qualora le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano non provvedano entro sessanta giorni dalla approvazione del piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni nomina commissari ad acta per l'adeguamento ovvero per l'adozione degli specifici piani territoriali di coordinamento. I comuni adeguano gli strumenti urbanistici ai piani territoriali di coordinamento entro sessanta giorni dalla loro adozione o adeguamento. Qualora i comuni entro detto termine non provvedano, le indicazioni contenute nei piani territoriali di coordinamento costituiscono adozione di variante degli strumenti urbanistici e non necessitano di autorizzazione regionale preventiva". A sua volta l'art. 4 della legge n. 223/1990, intitolato "Norme urbanistiche", dopo aver disposto che "il rilascio della concessione di cui all'art. 16 o della concessione per servizio pubblico equivale a dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza per le opere connesse e da' titolo per richiedere alle autorita' competenti le necessarie concessioni ed autorizzazioni per la installazione degli impianti nelle localita' indicate dal piano di assegnazione e, conseguentemente nei piani territoriali di coordinamento" cosi' dispone al secondo comma: "I comuni, ricevuta la domanda di concessione edilizia dai concessionari privati o dalla concessionaria pubblica, provvedono ad acquisire o, se del caso, ad occupare d'urgenza e ad espropriare, ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, l'area indicata dal piano di assegnazione e dal piano territoriale di coordinamento per l'installazione degli impianti, anche se gia' di proprieta' degli stessi richiedenti, che viene a far parte del patrimonio indisponibile dei comuni; provvedono altresi' a rilasciare la concessione edilizia, anche nelle more della procedura di esproprio, ed a concedere contestualmente ai richiedenti il diritto di superficie sulle aree acquisite od espropriate per l'installazione degli impianti (...). La domanda si intende accolta qualora il comune non deliberi entro novanta giorni dalla ricezione. La concessione del diritto di superficie ha durata pari al periodo di tempo nel quale il soggetto resta titolare della concessione per radiodiffusione sonora o televisiva ovvero delle concessioni per i servizi di telecomunicazione. La delibera di concessione del diritto di superficie e' accompagnata da una convenzione tra il comune e il concessionario, da stipularsi per atto pubblico, che e' trascritto presso il competente ufficio dei registri immobiliari. La convenzione prevede un canone di concessione secondo parametri (...) nonche' il corrispettivo delle opere di urbanizzazione, i termini di inizio e ultimazione dei lavori connessi agli edifici ed agli impianti, le sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi posti con l'atto di concessione". Tutte queste disposizioni, nella parte in cui pretendono di trovare applicazione anche in provincia di Trento, sono costituzionalmente illegittime, in quanto chiaramente invasive delle attribuzioni riservate alla competenza della provincia autonoma dallo statuto speciale per il Tentino-Alto Adige. Pertanto col presente atto la provincia le impugna davanti a questa ecc.ma Corte e chiede che esse siano dichiarate illegittime per i seguenti motivi di D I R I T T O Violazione e falsa applicazione dell'art. 8, nn. 5 e 6, nonche' dell'art. 9, n. 10, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, anche in relazione all'art. 21 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 e all'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. In base allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige la provincia di Trento ha competenza primaria in materia di urbanistica e di tutela del paesaggio. Si tratta cioe' di una competenza che incontra i soli limiti derivanti dai principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, dal rispetto degli obblighi internazionali, degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Cio' nonostante, la nuova legge sull'emittenza radiotelevisiva riconduce una serie di competenze concernenti dette materie alla titolarita' dello Stato, declassando le regioni e le due province autonome a organismi meramente consultivi del Ministro delle poste ovvero coinvolgendole soltanto come uffici dipendenti, preposte alla mera esecuzione di scelte effettuate al centro. Il pretesto per arrivare a questo risultato e' che nella legge n. 223/1990 i profili urbanistici sono - per cosi' dire - accessori rispetto alla disciplina del sistema radiotelevisivo, che e' invece materia a se', di esclusiva competenza dello Stato. Ma si tratta di un'argomentazione che va subito rifiutata. Gia' sulla base della legge precedente e in particolare a seguito dell'art. 185 del testo unico 29 marzo 1973, n. 156, infatti il Consiglio di Stato l'ha espressamente respinta perche' "se e' vero che la disciplina della materia radiotelevisiva spetta esclusivamente all'autorita' centrale (...) e' peraltro altrettanto vero che cio' non esclude la competenza per diversi fini di altri organi pubblici nella cui funzione l'attivita' di telecomunicazione possa, in ipotesi, interferire". Cio' sia perche' l'art. 185 citato stabilisce esplicitamente che rimangono ferme "le autorizzazioni amministrative e le prescrizioni previste da leggi speciali" (nel quale ambito vanno ricomprese anche le leggi urbanistiche), sia perche' "in via di principio ogni pubblica autorita' e' preposta alla cura di ben individuati interessi generali ed allorche' un'iniziativa privata coinvolga piu' settori di intervento amministrativo e smuova diversi profili di pubblica ragione e' giocoforza - e meno che non si sia diversamente disposto - che essa si sottoponga alla potesta' di ciascuno organo competente per materia, in modo tale che ogni suo specifico aspetto soddisfi pienamente le esigenze della normativa di volta in volta da applicare. Conseguentemente non puo' ritenersi che l'approvazione di un impianto trasmittente eventualmente rilasciata dal Ministero delle poste in ossequio alla disciplina delle telecomunicazioni e in appagamento degli interessi di questa perseguiti possa valere anche ai fini urbanistici, e' cioe' come provvedimento di tutela del corretto uso del territorio" (sez. quinta, 15 dicembre 1986, n. 642). Questo diverso criterio, fatto proprio dal Consiglio di Stato, deve trovare applicazione a maggior ragione in vigenza della nuova legge n. 223/1990. Quest'ultima infatti mette in opportuna evidenza anche la fase (o il momento) della localizzazione degli impianti, facendone uno dei contenuti necessari, per ciascuna area di servizio, del piano nazionale di assegnazione (art. 3, settimo comma). Un riconoscimento esplicito di questo coinvolgimento di interessi pubblici diversi nella pianificazione delle radiofrequenze (e tra questi in particolare di quello urbanistico) affiora del resto dall'ottavo comma dell'art. 3, secondo il quale il piano di assegnazione suddivide il territorio nazionale in bacini di utenza, da determinarsi tenendo conto di una serie di elementi, fra cui le "condizioni urbanistiche" della zona (ottavo comma). Ancora piu' esplicita in questa caratterizzazione sono le norme del diciannovesimo comma,, le quali vogliono che le indicazioni concernenti la localizzazione degli impianti previste dal piano di assegnazione vengano recepite dal piano territoriale di coordinamento gia' in vigore, ovvero, nel caso che quest'ultimo non ci sia, da un piano territoriale di coordinamento "specifico", adottato cioe' a questo specifico fine e al quale i comuni hanno l'obbligo di adeguare i propri strumenti urbanistici. La nuova legge, dunque, superando i limiti e le incertezze dovute alla legge precedente, lascia intendere chiaramente che ai fini della piu' soddisfacente localizzazione degli impianti radiotelevisivi si impongono scelte che hanno anche valore urbanistico, che comportano cioe' anche responsabilita' specifiche inerenti a tale settore. Sorprende pertanto, e lascia delusi, il fatto che, pur accogliendo e sottolineando questi suoi aspetti tipici e molto importanti, la legge n. 223/1990 non tragga le conclusioni dovute per quanto concerne la distribuzione delle competenze. Affidi cioe' sempre al Ministero delle poste il compito di redigere e poi di approvare il piano di assegnazione della radiofrequenza, chiamando le regioni e le stesse province autonome ad esprimere soltanto un parere e a formulare proposte, ma riservando al tempo stesso al Ministro la competenza all'approvazione del piano nella forma del decreto presidenziale. Ebbene un assetto di questo genere viola manifestamente l'ordine costituzionale delle competenze. A) In primo luogo perche' non rispetta l'art. 21 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, contenente norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, il quale ha previsto un diverso sistema per ottenere l'armonizzazione tra i vigenti piani urbanistici provinciali e gli interessi di competenza statale. Vi si dice infatti che a Trento i piani urbanistici provinciali ed i piani territoriali di coordinamento sono approvati con legge provinciale e che i progetti di piano devono ssere inviati al Ministero dei lavori pubblici, il quale formula entro termini stabiliti con legge provinciale eventuali osservazioni a scopo di coordinamento, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. S'intende che un sistema siffatto, ribadido poi dalla provincia autonoma con l'art. 11 della legge provinciale 2 marzo 1964, n. 2, consente al Governo di rinviare a un nuovo esame da parte della provincia la legge che non abbia tenuto conto delle osservazioni del Ministero (salvo poi la posibilita' di un ricorso alla Corte). Merita di considerare inoltre in linea di fatto che, in occasione del nuovo piano urbanistico provinciale approvato con legge, la provincia ha puntualmente trasmsso al Ministero dei lavori pubblici il progetto del piano, senza ottenere nessuna risposta sul punto che qui interessa, e senza neppure ricevere alcuna richiesta a proposito della localizzazione degli impianti radiotelevisivi. B) Le norme qui impugnate contrastano altresi' con l'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Esso prescrive infatti che "la progettazione di massima ed esecutiva delle opere pubbliche di interesse statale, da realizzare dagli enti istituzionalmente competenti, per quanto concerne la loro localizzazione e le scelte del tracciato, se difforme dalle prescrizioni e dai vincoli delle norme o dai piani urbanistici ed edilizi, e' fatta dall'amministrazione statale competente d'intesa con le regioni interessate". Il principio cosi' affermato e' che qualora le opere di competenza statale non rispettino le prescrizioni urbanistiche, si deve procedere alla ricerca dell'intesa tra lo Stato e la regione (o la provincia), in modo da salvaguardare anche in questo caso tutti gli interessi pubblici coinvolti e rendere partecipe delle scelte finali le diverse amministrazioni competenti su di esse. Viceversa il quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo e diciassettesimo comma dell'art. 3 della legge n. 223/1990 tradiscono questo disegno, riservando alla sola amministrazione statale ogni deciione sul c.d. piano di assegnazione e quindi anche sulla localizzazione degli impianti, mentre alle regioni e' affidata l'unica pssibilita' di esprimere pareri o avanzare proposte, che lasciano arbitri le amministrazioni dello Stato di qualunque decisione. Nelle norme qui considerate, e' presente dunque una palese e grave violazione della competenza provinciale in materia urbanistica. Infatti se le amministrazioni statali lo vogliono, gli impianti necessari per la diffusione di programmi radiofonici e televisivi potrebbero venire localizzati dovunque, anche a costo di sconvolgere cosi' in modo irrimediabile tutto l'ambiente circostante e gli effetti della restante disciplina urbanistica. Ne' varrebbe obiettare che ogni qualvolta' viene pevista l'intesa tra Stato e regione c'e' il rischio di non raggiungerla, col risultato di paralizzare di conseguenza ogni iniziativa. Infatti l'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977 prevede anche come si possa superare il blocco dovuto alla mancata inesa, arrivando a una soluzione che puo' ritenersi equa e insieme rispettosa delle diverse competenze. E neppure varrebbe eccepire che il d.P.R. n. 616/1977 (ivi compreso il suo art. 81) riguarda le sole regioni a statuto ordinario. Un'apposita norma di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige ha esteso infatti alla regione Trentino-Alto Adige ed alle due province di Trento e Bolzano "in quanto non ne siano gia' investite, ogni facolta' o potere attribuiti alle regioni a statuto ordinario con decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, alle condizioni, con le modalita' ed entro i limiti per esse previsti" (art. 12 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526). Il che vale sicuramente anche per quanto stabilisce l'art. 81, posto che esso conferisce in effetti alla provincia un potere sino ad allora sconosciuto, ma essenziale per il conseguimento dell'intesa. C) Altra violazione riguarda direttamente gli articoli dello statuto speciale citato poc'anzi, nella parte in cui, coinvolgendo nella procedura del piano di assegnazione anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, non hanno differenziato la loro posizione, dovuta al carattere di competenza primaria loro riconosciuto, rispetto a quella di tutte le altre regioni. Il rilievo vale sia per l'urbanistica, che per la tutela del paesaggio, tenuto conto che anche su quest'ultima la competenza nel Trentino-Alto Adige e' ormai provinciale ed e' di primo livello, come quella in tema urbanistica. D) Una alterazione ulteriore del disegno istituzionale ricavabile per Trento dalle norme statutarie si ha nel fatto che alle regioni ed alle due province autonome la legge 226 ha dato si' la possibilita' di sprimere il proprio parere sulla localizzazione degli impianti, ma questo e' possibile solo nella prima fase del procedimento, e non anche nella fase successiva e di fatto decisiva prevista dal sedicesimo e diciassettesimo comma dell'art. 3. Infatti e' previsto che, una volta' acquisiti i pareri delle regioni (e, verosimilmente, anche delle due province autonome, che tuttavia qui la legge non nomina; ma l'omissione, se voluta, sarebbe sicuramente illegittima), il Ministro rediga un nuovo schema di piano di assegnazione, per poi sottoporlo al parere del consiglio superiore tecnico delle poste, delle telecomunicazioni e dell'automazione, prima di portarlo alla approvazione efinitiva del Consiglio dei Ministri. Ebbene in questo modo puo' accadere non soltanto che il nuovo schema preparato dal Ministro venga ad essere molto diverso da quello originario su cui le regioni si sono pronunciate, senza che esse possono esprimersi anche su di esso; ma c'e' soprattutto il rischio che al momento dell'approvazione definitiva il Consiglio dei Ministri posto di fronte ed un testo diverso da quello gia' portato all'esame delle regioni, non sia nelle condizioni di avvertire dove stia esattamente il contrasto tra ministero e regioni e di decidere congruamente armonizzando i diversi interessi. E) Una ulteriore illegittimita' delle norme impugnate risulta dalla loro contraddittorieta' nel rapporto Stato-regioni. Per un verso infatti esse riconoscono che e' necessario definire la localizzazione degli impianti radiotelevisivi tenendo conto di molte altre esigenze, ivi comprese le condizioni urbanistiche delle diverse zone (ottavo comma dell'art. 3) e conseguentemente richiedono che tale localizzazione venga stabilita per mezzo di un adeguato strumento urbanistico. Per altro verso esse affidano la localizzazione al Ministro delle poste e delle telecomunicazioni (cioe' ad un'autorita' statale), lasciando alle regioni (che ratione materiae sarebbero quelle competenti) solo il compito di "conformarsi" alle scelte del Ministro, adeguando ad esse il proprio piano territoriale di coordinamento o adottandone uno "specifico" a questo scopo. Ma la contraddizione rende ancor piu' evidente che per effetto di questa legge il Ministro si appropria di una competenza che e' sicuramente regionale e che le regioni vengono contemporaneamente amputate nella misura corrispondente delle loro attribuzioni. Ebbene questa ecc.ma Corte, respingendo la tesi di talune regioni secondo cui gli oggetti regolati dalla nuova legge a difesa del mare rientrerebbero nella materia dell'urbanistica e di altre materie anch'esse di competenza regionale, ha tuttavia riconosciuto che la disciplina dei parchi e delle rierve naturali "comporta interferenze e intrecci con la disciplina relativa all'urbanistica" e ad altre materie di competenza regionale; onde "si rende pur sempre necessario - dice la Corte - procedere alla ulteriore verifica che i poteri esercitati dallo Stato con la legge impugnata non producano, attraverso un'eccessiva estensione degli elastici confini della materia della 'protezione della natura', una sostanziale compressione delle attribuzioni regionali nelle predette materie, tale da portare ad una effettiva degradazione delle competenze primarie garantite alla (regione) ricorrente" del suo statuto d'autonomia (sentenza n. 2031/1988). Una argomentazione siffatta, formulata a proposito di una legge in tema di protezione della natura, vale perfettamente anche a proposito del sistema radiotelevisivo, nella parte in cui anch'esso richiede l'installazione di impianti in grado di incidere sull'assetto urbanistico. Ma se e' cosi', la logica avrebbe voluto o che la legge n. 223/1990 avesse richiesto l'intesa tra lo Stato e la regione (o la provincia), come gia' si e' accennato; ovvero che il piano di assegnazione delle radiofrequenze non comprendesse la puntuale localizzazione degli impianti dettando in sua vece la determinazione di criteri e riconducendo cosi' la legge dello Stato alla funzione che le e' propria di indirizzo e coordinamento. F) Un motivo a se' stante di illegittimita' della legge impugnata riguarda la seconda parte del diciannovesimo comma del piu' volte citato art. 3, dove e' previsto un potere dello Stato di sostituirsi alle regioni e alle province autonome in caso di inerzia. Questa ecc.ma Corte ha infatti riconosciuto che siffatto potere, pur essendo presente in svariati settori del diritto pubblico, se applicato ai rapporti Stato-regioni "assume connotazioni particolari, legate al fatto che nel caso tale potere ha di fronte a se' un'autonomia politica e amministrativa costituzionalmente definita e garantita" (sentenza n. 177/1988). Secondo la Corte, dunque, il potere sostitutivo dello Stato esige: 1) che lo Stato disponga di un potere di vigilanza nei confronti di attivita' regionali prive di discrezionalita' nell' an, o perche' sottoposte a termini perentori, o perche' l'inerzia delle regioni metterebbe in serio pericolo l'esercizio di funzioni fondamentali dello Stato; 2) che il potere sostitutivo sia strettamente strumentale all'adempimento di obblighi o al perseguimento di interessi tutelati costituzionalmente come limiti all'autonomia regionale; 3) che il potere sia esercitato da un'autorita' di Governo, nello specifico senso definito dall'art. 92 della Costituzione; 4) che l'esercizio del controllo sostitutivo sia assistito da garanzie, sostanziali e procedurali, rispondenti ai valori fondamentali cui la Costituzione informa i rapporti Stato-regioni e specialmente al principio della "leale cooperazione" (sentenza n. 177/1988 citata). Ebbene le norme impugnate non rispettano tali prescrizioni. In particolare non vengono osservate le modalita' previste in via generale dall'art. 2 della legge n. 382/1975 (e riprodotte sostanzialmente nell'art. 2 della legge n. 400/1988) per l'esercizio del controllo sostitutivo nelle funzioni delegate (deliberazione del Consiglio dei Ministri, presupposto della "persistente inattivita'" e quindi previa intimazione ad adempiere); a maggior ragione, trattandosi qui di funzioni proprie, anziche' delegate, le suddette - se non piu' ampie - garanzie avrebbero dovuto essere introdotte nelle disposizioni in esame. G) Le medesime censure indicate sin qui valgono anche per le connessioni che la legge 223/1990 presenta con altre materie (diverse dall'urbanistica) ugualmente di competenza regionale, quali sono la "tutela del paesaggio", la protezione della natura, la tutela dagli inquinamenti, la protezione igienico-sanitaria della popolazione. Di questa pluralita' di interessi pubblici la regione o la provincia autonoma puo' farsi carico agevolmente in sede di elaborazione del piano territoriale di coordinamento, proprio perche' si tratta di interessi che attengono a materie tutte riconducibili alla competenza regionale (o provinciale). Non altrettanto e' possibile per il Ministro delle poste che rischia di localizzare gli impianti radiotelevisivi in aree gia' vincolate o comunque destinate ad altri fini. Ragioni solo parzialmente diverse fanno ritenere illegittime anche le norme dell'art. 4, secondo comma, qui riportate nelle premesse di fatto del presente ricorso. In effetti tali norme attengono anch'esse all'urbanistica o a materie connesse, come l'espropriazione per pubblica utilita'. Cosi' e' ad esempio per quanto riguarda le modalita' di rilascio della concessione edilizia, ovvero per i contenuti urbanistici della convenzione tra comune e concessionario, oltre che - ovviamente - per i procedimenti di espropriazione e di occupazione d'urgenza. Trattandosi di norme poste a supporto di una disciplina che viene a configurare la proprieta' dei suoli diversamente che in passato, si puo' capire che esse vengono stabilite per la prima volta dalla legge statale. Ma non v'e' ragione di ritenere che queste norme debbano necessariamente rimanere quali norme di fonte statale. Si vuol dire che norme di dettaglio quali sono quelle dell'art. 4, secondo comma, per essere rispettose dell'autonomia regionale, debbono avere quanto meno nelle regioni a statuto speciale e nelle due province autonome che hanno competenza primaria sull'urbanistica - carattere di "cedevolezza" rispetto alla successiva legislazione regionale, la quale dovra' dunque armonizzare le discipline locali con i nuovi principi della legislazione statale.
P. Q. M. La provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale delle norme indicate in epigrafe. Milano-Roma, addi' 6 settembre 1990 Avv. prof. Umberto POTOTSCHNIG - Avv. Vitaliano LORENZONI 90C1099