N. 437 SENTENZA 26 settembre - 10 ottobre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Istruzione pubblica - Regione Emilia-Romagna - Costituzione di
 speciali aziende di diritto pubblico funzionalmente autonome per  gli
 interventi relativi al diritto allo studio universitario Lesione di
 competenze del legislatore statale - Non assimilabilita' alle aziende
 municipalizzate e agli enti strumentali comunali - Non fondatezza.
 
 (Legge regione Emilia-Romagna approvata il 19 marzo 1990, artt.  22,
 24, 25, 26 e 27).
 
 (Cost., art. 117).
(GU n.41 del 17-10-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 22, 24, 25,
 26 e 27 della legge della Regione Emilia-Romagna  riapprovata  il  19
 marzo  1990  dal  Consiglio regionale avente per oggetto "Nuove norme
 sul diritto allo  studio  universitario"  promosso  con  ricorso  del
 Presidente  del Consiglio dei ministri, notificato il 10 aprile 1990,
 depositato in cancelleria il 20 aprile 1990 ed iscritto al n. 37  del
 registro ricorsi 1990;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
    Udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1990 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Gaetano Zotta, per il ricorrente, e
 l'avv. Giandomenico Falcon per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso notificato il 10 aprile 1990 il Presidente del
 Consiglio dei ministri ha sollevato, in  relazione  all'articolo  117
 Cost.,  questione  di legittimita' costituzionale nei confronti degli
 articoli  22,  24,  25,  26  e   27   della   legge   della   Regione
 Emilia-Romagna,  riapprovata  il  19 marzo 1990, recante "Nuove norme
 per il diritto allo studio universitario". Con tale legge la  Regione
 ha  inteso  disciplinare  organicamente  la  materia del diritto allo
 studio universitario di cui all'art. 44 del d.P.R. 24 luglio 1977  n.
 616,  gia'  regolata  con  la  legge  regionale 31 gennaio 1983 n. 8,
 successivamente modificata con la legge regionale 4  agosto  1983  n.
 27.
    Nella  legge  in  questione  si  dispone  la delega delle funzioni
 amministrative ai  Comuni  sede  di  universita'  o  di  istituti  di
 istruzione  superiore  e si stabilisce che i Comuni stessi esercitino
 le funzioni delegate  avvalendosi  di  apposite  aziende,  dotate  di
 personalita'  giuridica  di  diritto  pubblico  nonche'  di autonomia
 funzionale ed organizzativa (art. 22, secondo comma). La stessa legge
 regola  inoltre  sia  gli  organi  (artt. 24 e 25) che i vari tipi di
 controllo (artt. 26 e 27) relativi a tali aziende.
    Queste  disposizioni  -  ad avviso del ricorrente - violerebbero i
 limiti della competenza legislativa regionale  di  cui  all'art.  117
 della  Costituzione,  ponendosi in contrasto con la normativa statale
 che disciplina le aziende speciali comunali  stabilita  dal  T.U.  15
 ottobre  1925  n. 2578, concernente l'assunzione diretta dei pubblici
 servizi da parte dei Comuni e delle Province. Secondo  il  Presidente
 del  Consiglio, la legge regionale non potrebbe istituire aziende per
 la gestione di servizi per i quali il citato testo unico n. 2578  del
 1925  non  contempla  tale  possibilita'  o,  comunque, la rinvia, in
 alternativa alla gestione  in  economia,  alla  scelta  discrezionale
 degli  stessi  Comuni.  In ogni caso, la legge regionale non potrebbe
 disciplinare la struttura ed i controlli  di  tali  aziende  in  modo
 difforme da quanto previsto nel richiamato testo unico.
    Secondo  il  Presidente del Consiglio, la legge in oggetto avrebbe
 altresi' confuso regole tipiche delle  aziende  comunali  con  quelle
 proprie  degli  enti strumentali regionali, creando un ente di dubbia
 natura giuridica, con  conseguente  lesione  del  principio  generale
 della certezza del diritto.
    2.  -  Si e' costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna, che
 nelle proprie deduzioni obbietta che la legge impugnata non  riguarda
 i  servizi  che i Comuni, nell'esercizio di funzioni proprie, possono
 gestire in forma  municipalizzata  secondo  la  normativa  del  1925,
 bensi'  le  modalita'  di  svolgimento di una funzione amministrativa
 regionale delegata ai Comuni. Il ricorso del Presidente del Consiglio
 si  fonderebbe,  pertanto,  sull'erroneo convincimento che le deleghe
 regionali  in  materia  di  diritto  allo   studio   possano   essere
 assoggettate  alla  normativa  del  1925  sui  pubblici  servizi.  In
 realta', la disciplina regionale  delle  funzioni  di  assistenza  in
 materia  universitaria  non avrebbe nulla a che vedere con i problemi
 della gestione dei servizi municipalizzati, proprio perche'  concerne
 una  funzione  che e' e rimane regionale. Spetterebbe, pertanto, alla
 Regione di individuare non solo  quali  competenze  inerenti  a  tale
 funzione  debbano  essere specificamente delegate ai Comuni, ma anche
 le  relative  modalita'  di  esercizio  della  delega,  eventualmente
 prevedendo  -  come in questo caso - l'utilizzazione di appositi enti
 pubblici, distinti  dall'organizzazione  comunale,  pur  essendo  con
 questa collegati.
    Tali enti, ad avviso della resistente, non sono, pertanto, aziende
 municipalizzate,  ma   enti   pubblici   locali   non   territoriali,
 riconducibili  alla  previsione  dell'art.  13  del d.P.R. n. 616 del
 1977. La legge regionale  avrebbe,  dunque,  legittimamente  regolato
 l'istituzione di enti di tale natura, destinati ad operare in materia
 trasferita alla Regione e  da  questa  delegata  ai  Comuni,  con  la
 previsione  di  un  raccordo tra tali enti di nuova istituzione e gli
 stessi Comuni.
                         Considerato in diritto
    1. - Formano oggetto d'impugnativa le disposizioni contenute negli
 artt. 22, 24, 25, 26 e 27 della legge  della  Regione  Emilia-Romagna
 riapprovata  il 19 marzo 1990 e recante "Nuove norme sul diritto allo
 studio universitario".
 Con  tali  disposizioni la Regione, dopo aver delegato ai Comuni sede
 di universita' o di istituti  di  istruzione  superiore  le  funzioni
 amministrative  concernenti gli interventi per il diritto allo studio
 universitario (art.  22,  primo  comma),  ha  stabilito  che  per  la
 gestione di tali interventi gli stessi Comuni si debbano avvalere "di
 un'apposita azienda, ente pubblico non  economico,  retta  da  propri
 organi  e  dotata  di  personalita' giuridica di diritto pubblico, di
 autonomia funzionale ed  organizzativa"  (art.  22,  secondo  comma),
 azienda  rispetto  alla quale la legge stessa formula le norme comuni
 relative agli organi (art. 24), alla loro formazione (art. 25) ed  ai
 controlli,  nella  duplice tipologia del controllo sugli organi (art.
 26) e del controllo sugli atti (art. 27).
    Ad   avviso   della   Presidenza  del  Consiglio  tale  disciplina
 risulterebbe lesiva delle competenze spettanti al legislatore statale
 ai  sensi  dell'art.  117  Cost. in relazione a tre diversi profili e
 cioe': a) per aver imposto ai  Comuni  la  costituzione  di  speciali
 aziende  comunali  fuori  delle  ipotesi  contemplate dal testo unico
 sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte  dei  Comuni  e
 delle  Province  (R.D.15 ottobre 1925 n. 2578); b) per aver sottratto
 agli stessi Comuni la possibilita' di scelta (consentita dall'art. 15
 del richiamato testo unico) tra una gestione in economia del servizio
 ed una gestione attuata attraverso aziende  speciali;  c)  per  avere
 comunque compromesso il principio generale della certezza del diritto
 attraverso la previsione di  un  ente  (azienda)  di  dubbia  natura,
 caratterizzato  dalla  confusione  tra  le  regole tipiche degli enti
 strumentali comunali e  le  regole  tipiche  degli  enti  strumentali
 regionali.
    2.  -  La  questione,  nei  termini  proposti  dal ricorso, non e'
 fondata.
    L'impugnativa  trova  il  suo  presupposto  principale  nella tesi
 secondo cui la Regione, attraverso la previsione di apposite  aziende
 per  la  gestione  degli  interventi  relativi al diritto allo studio
 universitario,  avrebbe  inteso  istituire  delle  aziende   comunali
 speciali  riconducibili  alla categoria delle aziende municipalizzate
 regolate dal R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578. Tale tesi non puo'  essere
 condivisa  dal momento che ne' la struttura ne' le competenze proprie
 delle aziende per la gestione degli interventi per  il  diritto  allo
 studio  previste  nella  legge  impugnata  - ma gia' istituite con la
 precedente legge regionale 31 gennaio 1983  n.  8  -  si  presentano,
 sotto   alcun   profilo,   assimilabili   a   quelle  che  vengono  a
 caratterizzare, ai sensi del regio  decreto  n.  2578  del  1925,  le
 aziende  municipalizzate  (e  ora le aziende speciali di cui all'art.
 22, terzo comma, lett. c) della legge 8 giugno, 1990 n.  142).  Basti
 solo  considerare  che  le  aziende  in  questione  al dila' del nome
 impiegato nella  legge  regionale  -  non  sono  chiamate  a  gestire
 attivita'  comunali  di carattere economico ed imprenditoriale, quali
 quelle esercitate  attraverso  le  aziende  municipalizzate  (secondo
 l'elencazione  contenuta  nell'art.  1  del  regio  decreto n. 2578),
 bensi' funzioni amministrative spettanti alla Regione in  materia  di
 assistenza  scolastica e destinate ad attuare il diritto allo studio,
 funzioni che la legge ha ritenuto di dover affidare alla gestione  di
 un  ente  pubblico  non  economico, dotato di personalita' di diritto
 pubblico   e   non   inquadrabile   -   a   differenza   dell'azienda
 municipalizzata  - nella struttura organizzativa propria del soggetto
 comunale.
    Il  richiamo,  espresso  nel  ricorso,  alla  disciplina posta dal
 reggio decreto n. 2578 del 1925 in tema  di  aziende  municipalizzate
 non risulta, pertanto, appropriato.
    3.  -  In  realta',  con la disciplina in esame, la Regione non ha
 inteso  istituire  ne'  un'azienda  municipalizzata   ne'   un   ente
 strumentale   comunale,   bensi'   un   ente   pubblico   locale  non
 territoriale, destinato ad operare - ai sensi dell'art. 13 del d.P.R.
 n.  616  del  1977  (e  dell'art.  62  dello  Statuto  della  Regione
 Emilia-Romagna)  -  in  una  delle  materie  (assistenza  scolastica)
 trasferite  dallo  stesso  d.P.R.  n.  616  alla sfera regionale. Una
 conferma indiretta, ma sicura, del carattere non  comunale  dell'ente
 cosi'  istituito  puo'  essere,  d'altro  canto, reperita - oltre che
 nella stessa definizione adottata nel secondo comma  dell'art.  22  -
 nelle norme espresse dalla legge impugnata sia in ordine al personale
 (cui viene applicata la disciplina sullo stato giuridico ed economico
 del  personale  degli  enti  pubblici  non economici dipendenti dalle
 Regioni: artt. 29, 30 e 39), sia in ordine  alle  risorse  economiche
 (che   vengono  a  derivare  in  assoluta  prevalenza  da  erogazioni
 regionali: artt. 33, 35 e 36).
    Si  potrebbe, d'altro canto, rilevare l'anomalia di una disciplina
 che, nel  mentre  dispone  la  delega  ai  Comuni  dell'esercizio  di
 funzioni  amministrative  regionali,  provvede  anche  a  regolare le
 modalita' di esercizio di tali funzioni mediante l'istituzione di  un
 ente strumentale di derivazione regionale. Tale anomalia sussiste, ma
 non e' in grado di determinare una lesione dell'art. 117 Cost., quale
 quella  denunciata,  ove  si  consideri  che  la  delega  di funzioni
 regionali  non  esclude  la  possibilita'   per   il   delegante   di
 disciplinare  con legge l'esercizio delle funzioni delegate anche nei
 loro aspetti organizzativi, ove non risulti  intaccata  la  sfera  di
 autonomia  costituzionalmente garantita all'ente delegato (cfr. sent.
 n. 319 del 1983). La soluzione adottata con la legge  impugnata,  pur
 nella  sua  atipicita',  puo'  dunque trovare una giustificazione sul
 piano  della  naturale  flessibilita'  delle  forme   proprie   della
 delegazione  amministrativa,  flessibilita'  che,  nella  specie,  ha
 consentito alla legge regionale di esprimere in uno  stesso  contesto
 normativo,  senza  incidere  nella  struttura organizzativa dell'ente
 delegato, sia la volonta' di delegare al Comune determinate  funzioni
 regionali,   sia  l'esigenza  di  attuare  l'esercizio  della  delega
 attraverso il tramite necessario  di  un  particolare  ente  pubblico
 locale  predeterminato  nei  suoi elementi costitutivi fondamentali e
 raccordato con lo stesso Comune tanto in sede di  costituzione  degli
 organi che di esercizio dei controlli.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, in relazione all'art. 117 Cost., la questione
 di legittimita' costituzionale sollevata, con il ricorso  di  cui  in
 epigrafe,  nei  confronti degli artt. 22, 24, 25, 26 e 27 della legge
 della Regione Emilia-Romagna riapprovata il 19  marzo  1990,  recante
 "Nuove norme sul diritto allo studio universitario".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 settembre 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CHELI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 10 ottobre 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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