N. 448 SENTENZA 26 settembre - 12 ottobre 1990

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Agricoltura - Regione Toscana - Attuazione di atti normativi
 comunitari - Violazione di competenze regionali - Regolamenti
 finalizzati ad interventi strutturali e non di mercato -
 Inammissibilita'.
 
 Agricoltura - Regione Toscana - Attuazione di atti normativi
 comunitari - Violazione di competenze regionali - Impugnazione di
 norme di natura precedurale - Non fondatezza - Spettanza allo  Stato
 
 
 (DD.MM.- Ministro dell'agricoltura e foreste dell'8 febbraio 1990,
 nn. 34 e 35)
 
 (Cost., artt. 117 e 118).
(GU n.41 del 17-10-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi promossi con ricorsi della Regione Toscana notificati il
 27 aprile 1990, depositati in  Cancelleria  il  5  maggio  1990,  per
 conflitti  di  attribuzione  sorti a seguito degli artt. 1, 7 e 8 del
 decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990
 n.  34  (Regolamento recante disposizioni di adattamento alla realta'
 nazionale  del  regime  di  aiuto   per   l'estensivizzazione   della
 produzione  di  cui  al regolamento CEE del Consiglio delle Comunita'
 europee n. 797/85) e degli artt. 1, 8 e 9 del  decreto  del  Ministro
 dell'agricoltura  e  delle foreste 8 febbraio 1990 n. 35 (Regolamento
 recante disposizioni di adattamento alla realta' nazionale del regime
 di  aiuti  per  il  ritiro  dei seminativi dalla produzione di cui al
 regolamento CEE del Consiglio delle Comunita' europee n. 797/85),  ed
 iscritti ai nn. 14 e 15 del registro conflitti 1990;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore
 Mauro Ferri;
    Uditi   l'avvocato  Mario  P.  Chiti  per  la  Regione  Toscana  e
 l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso notificato il 27 aprile 1990, la Regione Toscana
 ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello  Stato  in
 ordine  agli artt. 1, 7 e 8 del decreto del Ministro dell'agricoltura
 e delle foreste  8  febbraio  1990  n.  34,  intitolato  "Regolamento
 recante disposizioni di adattamento alla realta' nazionale del regime
 di  aiuto  per  l'estensivizzazione  della  produzione  di   cui   al
 regolamento CEE del Consiglio delle Comunita' europee n. 797/85".
    La  ricorrente  premette  che  il  decreto  ministeriale impugnato
 interviene nel contesto della disciplina, essenzialmente comunitaria,
 rivolta  al  miglioramento  dell'efficienza delle strutture agricole,
 dettata, oltre che dal citato regolamento n. 797/85,  dai  successivi
 n.  1094/88 del Consiglio e nn. 1272 e 1273/88 della Commissione. Dal
 quadro normativo vigente  in  materia,  costituito  dall'art.  6  del
 d.P.R.  n.  616 del 1977, dall'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n.
 752 ("Legge pluriennale per l'attuazione degli interventi programmati
 in agricoltura"), nonche' dalle piu' recenti leggi 16 aprile 1987, n.
 183 (art. 11) e 9 marzo 1989, n.  86  (artt.  4  e  9),  in  tema  di
 attuazione  degli  atti  normativi  comunitari,  risulta, prosegue la
 ricorrente, la competenza regionale in  ordine  all'applicazione  dei
 regolamenti   comunitari   (nel   caso   di  specie,  in  materia  di
 agricoltura); la specifica responsabilita' regionale per l'attuazione
 del   regolamento   CEE   n.  797/85,  ivi  compresi  gli  interventi
 finanziari; le modalita' dei trasferimenti  finanziari  alle  regioni
 attraverso il Fondo di rotazione istituito con la citata legge n. 183
 del  1987;  l'insussistenza,  infine,  di  alcuna  delle   situazioni
 previste  dall'art.  71 del d.P.R. n. 616/77 che possono giustificare
 la permanenza delle competenze  statali,  in  particolare  di  quella
 relativa ad "interventi di interesse nazionale per la regolazione del
 mercato agricolo".
    Inoltre,  il regolamento CEE in esame e' finalizzato ad interventi
 strutturali, che  non  possono  in  alcun  modo  essere  confusi  con
 interventi  relativi  a  prezzi  e termini del mercato agricolo (cfr.
 sentenza di questa Corte n. 433 del 1987).
    Infine,  le  deliberazioni del CIPE del 12 settembre 1989 e del 15
 marzo 1990 confermano il ruolo primario  delle  regioni  im  materia,
 riconoscendo ad esse per l'anno 1990 661,800 miliardi, di cui 403 per
 l'attuazione del solo regolamento  n.  797/85,  mentre  al  Ministero
 dell'agricoltura  e  all'AIMA  spettano  -  per  la  realizzazione di
 particolari  interventi  orizzontali  o  interregionali  -  solo   83
 miliardi complessivi e 10 per il citato regolamento.
    Tutto  cio' premesso, la ricorrente rileva che l'impugnato decreto
 ministeriale n. 34 dell'8 febbraio 1990 modifica il delineato  quadro
 delle    competenze,   relativamente   al   regime   di   aiuto   per
 l'estensivizzazione della produzione, e viola, negli artt. 1, 7, e 8,
 gli  artt.  117 e 118 della Costituzione, in relazione alla normativa
 sopra citata.
    In particolare, la regione osserva quanto segue.
     A)   L'art.  1,  terzo  comma,  rompe  l'ordine  legittimo  delle
 competenze prevedendo che  "l'intervento  e'  attuato  dal  Ministero
 dell'agricoltura  e  delle  foreste,  dal Ministero del tesoro, dalle
 regioni a statuto ordinario, dalle regioni a statuto speciale e dalle
 province autonome di Trento e Bolzano".
    Rispetto al sistema precedente, affidato alla esclusiva competenza
 delle regioni e delle  province  autonome  (cfr.  in  particolare  il
 decreto  ministeriale  16  gennaio 1989, n. 34, ora sostituito con il
 decreto ministeriale 8 febbraio 1990, n. 35, impugnato  con  separato
 ricorso),  viene  introdotto un nuovo ruolo di intervento diretto del
 Ministero dell'agricoltura e del Ministero del tesoro,  in  contrasto
 evidente con la richiamata normativa.
    Il   sistema  dei  finanziamenti  e  degli  aiuti  finalizzati  al
 miglioramento della efficienza delle strutture agrarie, ed alle altre
 finalita'  di  politica agricola strutturale, si e' sempre incentrato
 sul ruolo regionale, rispetto  al  quale  il  Ministero  e,  piu'  di
 recente,  il  Fondo  regionale  ex  legge  n.  183/1987  hanno svolto
 attivita' meramente integrative. Basti  pensare  all'ammontare  degli
 interventi  finanziari  per  l'attuazione  del  regolamento n. 797/85
 affidati dalla delibera CIPE del 15 marzo 1990 alle regioni e quelli,
 ben  piu'  modesti  globalmente e finalizzati a problemi particolari,
 riconosciuti al Ministero ed al Fondo di rotazione.
    E'  allora  evidente  che il decreto ministeriale impugnato altera
 del tutto illegittimamente il sistema delle  competenze  in  materia,
 attribuendo  uno  specifico ruolo al Ministero dell'agricoltura ed al
 Ministero del tesoro, non giustificato ne' giustificabile.
     B)   Il   disegno  istituzionale  sotteso  all'impugnato  decreto
 ministeriale  n.  34/1990  ulteriormente  si  chiarisce   nella   sua
 incostituzionalita'  in riferimento anche al disposto degli artt. 7 e
 8, rispettivamente riguardanti le  domande  di  aiuto,  l'istruttoria
 delle domande ed i controlli.
    Sviluppando  il principio generale di cui all'art. 1, terzo comma,
 che affida  anche  allo  Stato  la  responsabilita'  dell'intervento,
 l'art.  7  prevede  che  le  domande  per ottenere la concessione dei
 contributi siano indirizzate dagli interessati sia al  Ministero  che
 alle regioni.
    Anche   per   quanto   riguarda   l'istruttoria   delle   domande,
 l'erogazione dei contributi ed i  controlli,  l'art.  8  del  decreto
 ministeriale  impugnato  modifica  il  precedente sistema, mantenendo
 alle  regioni  solo  il  ruolo  di  ente  responsabile  per  la  fase
 istruttoria.  Per  di  piu'  sotto  un'inedita forma di controllo del
 Ministero  (art.  8,  secondo  comma),  che  la   esercitera'   anche
 avvalendosi del Corpo forestale dello Stato.
    Per  apprezzare  appieno l'illegittimita' delle nuove disposizioni
 e' opportuno ricordare che analoghe norme precedenti  (contenute  nel
 gia'  citato decreto ministeriale 16 gennaio 1989, n. 34) prevedevano
 che le domande di contributo fossero presentate  esclusivamente  alle
 regioni,   le   quali   provvedevano   poi  anche  all'istruttoria  e
 all'emissione dell'atto di  liquidazione  dell'importo  degli  aiuti.
 Ancora  le regioni, in modo esclusivo, avevano il potere di controllo
 sulle aziende beneficiarie. Allo Stato veniva unicamente riconosciuto
 di  essere  tenuto informato sull'attivita' svolta dalle regioni, sui
 problemi da loro incontrati e  sugli  eventuali  casi  di  accertate,
 gravi irregolarita' per gli adempimenti previsti in sede comunitaria.
    Contrariamente   a  questo  corretto  modello,  il  nuovo  decreto
 ministeriale n. 34 del 1990 vanifica completamente il  principio  che
 le  regioni  sono  i  soggetti  responsabili  per  l'attuazione delle
 politiche comunitarie, ed in particolare del regolamento CEE  n.  797
 del  1985.  Il  ruolo  principale  viene adesso assunto dal Ministero
 dell'agricoltura - con l'apporto del Corpo forestale  dello  Stato  -
 rispetto al quale le regioni risultano solo gli enti cui e' demandato
 un mero potere  istruttorio,  per  di  piu'  controllato  annualmente
 ancora dagli organi dello Stato.
    Il  carattere  assorbente  dei  sopraesposti  rilievi, conclude la
 ricorrente,  rende  superfluo  approfondire  altri  motivi   connessi
 all'improprio  avvalimento del Corpo forestale da parte del Ministero
 dell'agricoltura, in spregio al  principio  che  il  Corpo  forestale
 dello Stato e' alle dipendenze funzionali delle regioni.
    2.  -  Con  ricorso  notificato  anch'esso  il  27 aprile 1990, la
 Regione Toscana ha altresi' sollevato conflitto di  attribuzione  nei
 confronti  dello  Stato in ordine agli artt. 1, 8 e 9 del decreto del
 Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8  febbraio  1990,  n.  35,
 intitolato  "Regolamento  recante  disposizioni  di  adattamento alla
 realta' nazionale del regime di aiuti per il  ritiro  dei  seminativi
 dalla  produzione  di  cui  al  regolamento  CEE  del Consiglio delle
 Comunita' europee n. 797/85".
   La  ricorrente,  precisato  che  il  decreto ministeriale impugnato
 sostituisce espressamente (peraltro con una  motivazione  generica  e
 comunque   tale   da   non   alterare  l'ordine  istituzionale  delle
 competenze) il precedente gia' citato decreto 16 gennaio 1989, n. 34,
 nel  quale  era  invece  riconosciuta  la competenza delle regioni in
 materia, svolge, avverso gli artt.  1,  secondo  comma,  8  e  9  del
 decreto  stesso  (di  contenuto analogo a quello degli artt. 1, terzo
 comma, 7 e 8 del coevo decreto ministeriale n.  34  sopra  esaminato)
 argomentazioni  sostanzialmente  identiche a quelle di cui al ricorso
 sub 1.
    3.  -  Si  e'  costituito  in entrambi i giudizi il Presidente del
 Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza dei ricorsi.
    L'Avvocatura  Generale  osserva, quanto agli artt. 1, terzo comma,
 del decreto ministeriale n.  34  e  1,  secondo  comma,  del  decreto
 ministeriale  n.  35, che trattasi di disposizioni piu' descrittive e
 di sintesi che direttamente operative,  limitandosi  esse  a  rendere
 esplicito il ruolo gia' svolto in materia dagli organi dello Stato.
    Per  quanto  concerne le altre censure, l'Avvocatura, rilevato che
 esse appaiono rivolte piu' precisamente a quelle  parti  delle  norme
 denunciate  che  prevedono  che la domanda di aiuto sia presentata in
 doppio originale, uno al Ministero e l'altro alla regione, e  che  il
 Ministero  effettua  controlli  in  loco, avvalendosi anche del Corpo
 forestale dello Stato, osserva che sussistono  responsabilita'  dello
 Stato  verso  la  Comunita' per la leale applicazione della normativa
 CEE e per la corretta attribuzione  degli  aiuti.  Doveroso,  quindi,
 prima  che legittimo e' il duplice "monitoraggio", in fase di domanda
 e in fase di controllo in loco; del resto, la redazione degli elenchi
 degli aventi diritto, attivita' centrale della procedura, e' affidata
 alle regioni.
    L'Avvocatura  conclude  rilevando  che  entrambi  i regolamenti in
 esame perseguono interessi nazionali,  con  inevitabile  adozione  di
 metodi e standards uniformi sull'intero territorio nazionale.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con i ricorsi in esame la Regione Toscana solleva conflitto
 di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine ad  alcune  norme
 dei decreti del Ministro dell'agricoltura e delle foreste nn. 34 e 35
 dell'8  febbraio  1990,  recanti  disposizioni  di  adattamento  alla
 realta'   nazionale   rispettivamente   del   regime   di  aiuto  per
 l'estensivizzazione della produzione e del regime  di  aiuto  per  il
 ritiro  di  seminativi  dalla  produzione:  tali  regimi  sono  stati
 istituiti  dal  regolamento  CEE  del  Consiglio  n.   797/85,   come
 modificato  dal  regolamento  n.  1094/88, e le relative modalita' di
 applicazione sono state dettate dai regolamenti della Commissione nn.
 1272/88 e 4115/88.
    Per  la  sostanziale  identita'  delle  norme  impugnate  e  delle
 relative  censure,  i  giudizi  vanno  riuniti  e  decisi  con  unica
 sentenza.
    2.  -  Deve, innanzitutto, rilevarsi che la ricorrente non censura
 in radice gli indicati decreti ministeriali, non contesta, cioe',  in
 linea   generale,   la   legittimita',   nei  casi  in  esame,  della
 interposizione di una normativa statale recante modalita' applicative
 uniformi  dei regolamenti comunitari in questione, bensi' si limita a
 denunciare soltanto  alcune  ben  precise  disposizioni  dei  decreti
 stessi:  cio' e' ulteriormente dimostrato dal fatto che la ricorrente
 opera un continuo  confronto  tra  le  norme  impugnate  ed  analoghe
 disposizioni  di  un precedente provvedimento ritenuto da essa stessa
 corretto (d.m. 16 gennaio 1989, n. 34).
    Tanto precisato, vanno in primo luogo esaminate le censure avverso
 le norme di cui agli artt. 1, terzo comma, del decreto  n.  34  e  1,
 secondo   comma,  del  decreto  n.  35,  i  quali,  con  formulazione
 pressoche' identica, stabiliscono che "l'intervento  e'  attuato  dal
 Ministero  dell'agricoltura  e  delle foreste (in appresso denominato
 Ministero),  dal  Ministero  del  tesoro,  dalle  regioni  a  statuto
 ordinario, dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome
 di Trento e Bolzano"; (nel decreto n. 35 non e' compresa la provincia
 di  Trento, in quanto esentata dall'applicazione del regime di ritiro
 dei seminativi dalla produzione  ai  sensi  dell'ultimo  comma  dello
 stesso art. 1, mentre e' aggiunta l'AIMA).
    Lamenta la ricorrente che tali disposizioni, introducendo un ruolo
 diretto, prima non previsto, dei  Ministeri  dell'agricoltura  e  del
 tesoro  nell'attuazione  dei  regimi  di  aiuto  in esame, violano le
 competenze  regionali  in  tema  di   applicazione   di   regolamenti
 comunitari,  nella  specie in materia agricola (artt. 117 e 118 della
 Costituzione, 6 del d.P.R. n. 616 del 1977).
    In ordine alle anzidette censure i conflitti sono inammissibili.
    Le   norme   impugnate  contengono  una  mera  elencazione,  senza
 ulteriori  specificazioni,  dei  soggetti  ai  quali   e'   demandata
 l'attuazione degli interventi previsti dai regolamenti comunitari cui
 si riferiscono i decreti ministeriali in discussione. Poiche', da  un
 lato,   la   ricorrente   non  contesta  in  radice  la  presenza  di
 qualsivoglia attivita' degli organi statali nell'iter procedurale  di
 detti  interventi  (com'e'  anche dimostrato dal rilievo che essa non
 impugna altre norme che prevedono una tale presenza ed anzi riconosce
 la legittimita' di un intervento statale, sia pure "integrativo"), e,
 dall'altro, le norme in esame non precisano quale sia il ruolo  e  la
 funzione  attribuiti  ai  singoli  soggetti  elencati  (ne'  puo'  al
 riguardo  avere  alcun  rilievo  l'ordine  in  cui  gli  stessi  sono
 menzionati),  deve  concludersi  che  avverso  le  norme  stesse,  di
 contenuto di per se' generico e meramente descrittivo, vi e'  carenza
 di interesse a ricorrere da parte della Regione Toscana.
    3.  -  La  ricorrente  impugna,  in secondo luogo, le disposizioni
 contenute negli artt. 7 del  decreto  ministeriale  n.  34  e  8  del
 decreto ministeriale n. 35, relativi alle "domande di aiuto".
    Va  premesso che le censure vanno circoscritte al solo primo comma
 delle  citate  norme,  che  stabilisce,  in  maniera  sostanzialmente
 identica  per entrambi gli articoli, che il richiedente, per ottenere
 la concessione dell'aiuto,  deve  compilare  la  domanda  in  duplice
 copia, da indirizzare una al Ministero e l'altra ai competenti uffici
 delle  regioni;  solo  di  cio',  infatti,  la  Regione  si  lamenta,
 sostenendo  che  l'invio  di  una  copia  della  domanda al Ministero
 (mentre nel precedente decreto ministeriale 16 gennaio  1989,  n.  34
 era  previsto  che  la  domanda  fosse  presentata solo alle regioni)
 lederebbe  le  proprie  competenze  in  materia  di   attuazione   di
 regolamenti comunitari, riconosciute dalle norme sopra indicate.
    I ricorsi non sono fondati.
    Le  norme  impugnate,  di  natura  procedurale,  sono  dirette  ai
 soggetti  richiedenti,  ai  quali  fanno  obbligo,  come  detto,   di
 compilare la domanda in duplice copia e di inviarne una al Ministero:
 tale obbligo e' evidentemente imposto a fini  meramente  conoscitivi,
 in  quanto ne' le norme stesse, ne' altre successive attribuiscono al
 Ministero alcun potere di decisione sulle domande medesime.
    Anzi, il primo comma dell'art. 8 del decreto ministeriale n. 34, e
 l'analogo primo comma dell'art. 9 del  decreto  ministeriale  n.  35,
 dispongono  che  spetta  alle  regioni  accertare la rispondenza alla
 normativa vigente dal  punto  di  vista  amministrativo  dell'impegno
 sottoscritto  dal  richiedente  e  della relativa domanda di aiuto, e
 quindi inviare al Ministero gli elenchi delle aziende aventi  diritto
 al pagamento degli aiuti.
    Cio' posto, va escluso che le norme censurate ledano le competenze
 della ricorrente.
    4.  -  La  ricorrente  impugna,  infine,  gli  artt. 8 del decreto
 ministeriale n. 34 e 9 del decreto ministeriale n. 35,  i  quali,  al
 primo  comma,  come  detto  al  numero precedente, attribuiscono alle
 regioni il potere di istruire le domande e  di  inviare  gli  elenchi
 degli aventi diritto al Ministero, e, al secondo comma, identicamente
 dispongono che "il Ministero, avvalendosi anche del  Corpo  forestale
 dello  Stato  e  in  collaborazione  con  le  regioni  e  le province
 autonome, fatta salva ogni altra disposizione di piu'  ampia  portata
 in  materia  di  controlli,  effettua  ogni  anno controlli in loco",
 secondo le modalita' prescritte dai regolamenti comunitari.
    Ad  avviso  della ricorrente, le indicate norme violano le proprie
 competenze in materia di attuazione  di  regolamenti  comunitari,  in
 quanto   riconoscono  ad  essa  una  mera  funzione  istruttoria,  ed
 attribuiscono al Ministero un inedito potere  di  controllo,  per  di
 piu'  con  l'"avvalimento"  del  Corpo  forestale dello Stato, che e'
 invece alle dipendenze funzionali delle regioni: il tutto,  anche  in
 questo  caso,  a differenza di quanto previsto nel precedente decreto
 n. 34 del 1989, in base al quale le regioni,  oltre  all'istruttoria,
 provvedevano    anche   all'emissione   dell'atto   di   liquidazione
 dell'importo  degli  aiuti  ed  esercitavano  in  via  esclusiva   il
 controllo  sulle  aziende  beneficiarie,  salvo  a tener informato il
 Ministero dell'attivita' svolta.
    I ricorsi non sono fondati.
    Premesso che, in ordine a queste censure come alle precedenti, non
 ha evidentemente di per se' alcun rilievo ai fini della decisione  la
 differenza  di  formulazione  delle norme impugnate rispetto a quelle
 adottate in altro provvedimento ritenuto dalla ricorrente  legittimo,
 va  rilevato, quanto al primo comma, che, posto anche che il silenzio
 delle norme effettivamente comporti che la liquidazione  degli  aiuti
 sia  effettuata  per entrambi i regimi dagli organi statali, cio' non
 e'  sufficiente  a  concretizzare  una   lesione   delle   competenze
 regionali.  Trattasi,  invero, di una modalita' procedurale attinente
 ad una fase meramente esecutiva dell'iter di concessione dei benefici
 in  questione,  mentre  cio'  che  conta e' che, come detto al numero
 precedente, l'attivita' fondamentale della  procedura,  cioe'  quella
 decisionale in ordine alla individuazione dei soggetti aventi diritto
 agli aiuti, e' espressamente attribuita alle regioni: tanto  basta  a
 far salve le competenze regionali.
    Deve,  peraltro,  osservarsi che, quanto meno in ordine al decreto
 ministeriale n. 35 - relativo al regime di aiuti  per  il  ritiro  di
 seminativi dalla produzione -, il fatto che il pagamento dei benefici
 sia effettuato dallo  Stato  risponde  pienamente  alle  prescrizioni
 comunitarie.   Si  legge,  infatti,  nell'ultimo  "considerando"  del
 regolamento n. 1094/88 che, poiche' il regime di ritiro  delle  terre
 dalla  produzione,  oltre  a  inserirsi  nell'azione  comune intesa a
 migliorare l'efficienza delle strutture agrarie,  si  prefigge  anche
 l'obiettivo   di  contribuire  a  ripristinare  l'equilibrio  tra  la
 produzione e la capacita' del mercato,  e'  opportuno  che  esso  sia
 considerato  anche  quale  intervento  destinato  a  regolarizzare  i
 mercati agricoli, ai sensi del regolamento  CEE  n.  729/70,  e  sia,
 pertanto, finanziato in parti uguali dalla sezione "garanzia" e dalla
 sezione "orientamento" del FEOGA, ma con applicazione  in  ogni  caso
 delle modalita' finanziarie della sezione garanzia; cosi' poi dispone
 il citato regolamento n. 1094/88 all'art.  1, paragrafo 1, lettera b,
 e cio' e' confermato dal telex 12 giugno 1989 della Commissione delle
 Comunita' europee citato  nelle  premesse  del  decreto  impugnato  e
 depositato dall'Avvocatura dello Stato.
    In  conformita',  pertanto,  a  tali  modalita'  finanziarie della
 sezione  garanzia  dettate  in  sede  comunitaria,   l'attivita'   di
 erogazione  degli  aiuti  e'  correttamente svolta dallo Stato, ed in
 particolare  dall'AIMA,  quale  organismo  d'intervento  dello  Stato
 italiano  nella  materia  della  organizzazione  comune  dei  mercati
 agricoli (art. 3, primo comma, lettere a ed e, della legge 14  agosto
 1982, n. 610).
    Passando  alla  censura  concernente  il secondo comma delle norme
 impugnate, in materia di controlli in loco (successivi all'erogazione
 degli   aiuti)   sulle   aziende  beneficiarie,  va  rilevato  che  i
 regolamenti comunitari (v. artt. 14,  15  e  16  del  regolamento  n.
 1272/88; 15, 16 e 17 del regolamento n. 4115/88) impongono agli Stati
 membri di adottare rigorose forme di controllo "per garantire che gli
 impegni siano rispettati dai beneficiari", prevedendo che, in caso di
 irregolarita'  importanti,  ne  sia   immediatamente   informata   la
 Commissione,  e che, in base ai controlli effettuati, venga elaborato
 un rapporto  particolareggiato  sull'adempimento  degli  impegni.  Il
 mancato  rispetto  di  questi  comporta,  poi, salvo il caso di forza
 maggiore, l'applicazione di sanzioni finanziarie che, nei casi gravi,
 devono almeno prevedere il recupero dell'aiuto indebitamente versato,
 maggiorato degli interessi.  E',  infine,  stabilito  che  gli  Stati
 membri  trasmettano  annualmente  alla  Commissione  una  dettagliata
 relazione sull'applicazione dei regimi in questione.
    Dal   complesso   di   tali   disposizioni   emerge  che  sussiste
 evidentemente una responsabilita' dello Stato verso la  Comunita'  in
 ordine  alla  attuazione  dei  regimi  stessi e, in particolare, alla
 corretta utilizzazione degli  aiuti,  anche  perche'  le  conseguenze
 finanziarie  derivanti  dall'impossibilita'  di  recuperare  le somme
 versate sono a carico della Comunita' (cfr.  artt.  15  del  reg.  n.
 1272/88 e 16 del reg. n. 4115/88).
    Cio'  e'  sufficiente a far ritenere legittime le norme impugnate,
 le quali, d'altra parte, da un lato non escludono -  come  si  evince
 dall'inciso  "fatta  salva  ogni  altra  disposizione  di  piu' ampia
 portata prescritta in materia di controlli" e come ritiene la  stessa
 Avvocatura  dello  Stato  -  che  le  regioni esercitino in materia i
 poteri di controllo  ad  esse  in  linea  generale  riconosciuti,  e,
 dall'altro,  si  limitano  ad  affiancare  il  Ministero alle regioni
 stesse  nell'attivita'  di  controllo  in  loco:  questa  e'  infatti
 effettuata  "in  collaborazione"  con  le regioni, vale a dire con la
 loro diretta e paritaria partecipazione. Del resto, questa  Corte  ha
 varie  volte avuto modo di sottolineare l'importanza che il principio
 di cooperazione riveste, tanto piu' nella sua forma piu' autentica  e
 originaria  (quella,  appunto, paritaria), al fine di instaurare piu'
 efficienti  raccordi  tra  l'amministrazione  dello  Stato  e  quella
 regionale (cfr. sentt. nn. 1029 e 1031 del 1988, 242 e 407 del 1989).
    Quanto,  infine,  all'asserito illegittimo avvalersi, da parte del
 Ministero, per l'effettuazione dei  controlli,  del  Corpo  forestale
 dello Stato, la censura e' chiaramente infondata.
    Va,  innanzitutto,  rilevato che questa Corte ha ritenuto in linea
 generale legittima la facolta' dello Stato  di  avvalersi  di  uffici
 regionali  (nell'ambito della necessaria cooperazione che presiede ai
 rapporti tra apparati statali e regionali), con la sola  precisazione
 che,     qualora     cio'    comporti    alterazioni    significative
 nell'organizzazione  degli  uffici  o  turbamenti  sostanziali  nello
 svolgimento   della  normale  attivita'  degli  uffici  stessi,  tale
 facolta' puo' essere esercitata dallo Stato non con atto unilaterale,
 ma  previa intesa con la regione interessata (cfr. sentt. nn. 216 del
 1987 e 996 del 1988).
    Ora,  a  prescindere  dal  rilievo  che  nel caso di specie e' ben
 difficile sostenere che si verifichino tali condizioni, vi  e'  anche
 la  garanzia  consistente  nel  fatto che i controlli in questione, e
 quindi anche l'utilizzazione del  Corpo  forestale,  avvengono,  come
 detto, "in collaborazione" tra Stato e regioni.
    E',  d'altro  canto,  evidente che non si puo' parlare nel caso in
 esame di una ipotesi di utilizzazione di uffici  regionali  da  parte
 dello  Stato,  dal  momento  che il suddetto Corpo forestale non puo'
 essere considerato un "ufficio regionale".
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi:
       a) dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione proposti,
 in ordine agli  artt.  1,  terzo  comma,  del  decreto  del  Ministro
 dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990, n. 34, e 1, secondo
 comma, del decreto del Ministro dell'agricoltura e  delle  foreste  8
 febbraio  1990,  n.  35,  dalla  Regione  Toscana  con  i  ricorsi in
 epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
       b) dichiara che spetta allo Stato:
        1)  richiedere  ai  soggetti  interessati, a fini conoscitivi,
 copia della domanda per  la  concessione  dei  benefici  relativi  ai
 regimi  di  aiuto  per  l'estensivizzazione della produzione e per il
 ritiro di seminativi dalla produzione, previsti dal  regolamento  CEE
 n.  797/85 del Consiglio - come modificato dal regolamento n. 1094/88
 - e dai regolamenti CEE nn. 1272/88 e 4115/88 della Commissione;
        2)  provvedere,  sulla base degli elenchi delle aziende aventi
 diritto inviati  dalle  regioni,  alla  erogazione  dell'importo  dei
 benefici medesimi;
        3)   effettuare   annualmente,  avvalendosi  anche  del  Corpo
 forestale dello Stato e in collaborazione con le  regioni,  controlli
 in  loco  sulle  aziende  beneficiarie  degli  aiuti per garantire il
 rispetto della richiamata normativa comunitaria.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 settembre 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in Cancelleria il 12 ottobre 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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