N. 482 ORDINANZA 9 - 22 ottobre 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Pena - Ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale del condannato anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione della pena o per presofferta custodia cautelare Richiamo alla giurisprudenza della Corte (sentenza n. 303/1990) - Inammissibile sindacato nel merito delle statuizioni della Corte adottate con la sentenza n. 569/1989 - Arbitrario esercizio del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale - Elusione della forza cogente della pronunciata declaratoria d'illegittimita' costituzionale - Manifesta inammissibilita'. (Legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 47, terzo e quarto comma, come risultante a seguito della sentenza n. 569/1989 della Corte costituzionale) (Cost. art. 27).(GU n.43 del 31-10-1990 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Giovanni CONSO; Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), che ha modificato la legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 569 del 1989, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 23 marzo 1990 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nei procedimenti di sorveglianza relativi a Piromalli Domenica e Bresciani Mariuccia, iscritte ai nn. 403 e 404 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo; Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, con due ordinanze emesse il 23 marzo 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663, a seguito delle modifiche apportate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 569 del 1989, nella parte in cui ammette all'affidamento in prova al servizio sociale il condannato anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione della pena o per presofferta custodia cautelare; che secondo il Tribunale, in base alla normativa denunziata, il condannato in stato di liberta' che non abbia nemmeno sofferto custodia cautelare puo' formulare (sussistendo le altre condizioni) istanza di affidamento in prova senza necessita' di osservazione in un istituto carcerario, laddove il condannato alla stessa pena che si trovi in un istituto carcerario potra' proporre la stessa istanza solo a seguito del periodo di osservazione carceraria, con disparita' di trattamento del tutto irragionevole ed in contrasto col principio d'eguaglianza; che per lo stesso Tribunale nell'ordinamento non v'e' norma che preveda un'osservazione della personalita' del condannato durante la liberta' (a parte l'art. 47- bis della legge n. 663 relativo ai soli tossicodipendenti o alcooldipendenti per i quali peraltro sia in atto un programma terapeutico di recupero), di modo che l'affidamento in prova si tradurrebbe in una vera e propria rinunzia dello Stato a svolgere un ruolo attivo nella funzione rieducativa della pena; che tanto la discriminazione quanto la violazione dell'art. 27 Cost. deriverebbero dalla sentenza n. 569 del 1989, con la quale la Corte Costituzionale ha ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale il condannato, anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione di pena o per presofferta custodia cautelare. Considerato che, secondo quanto questa Corte ha ritenuto con l'ordinanza n. 303 del 1990, non sussiste la lamentata lesione del principio d'eguaglianza, in quanto la previsione di diversi presupposti per la concessione dell'affidamento in prova (valutazione del comportamento tenuto in liberta', da un lato, osservazione in istituto, dall'altro) assolve all'esigenza di disciplinare in modo differenziato le diverse situazioni (stato di liberta' o stato di detenzione) in cui puo' versare il condannato al momento della presentazione della domanda di affidamento in prova; che non e' irrazionale che il comportamento del condannato ancora in stato di liberta' sia valutato sulla base dei comportamenti tenuti in liberta'; che non risulta violato neppure l'art. 27 della Costituzione, in quanto questa Corte recentemente ha sottolineato: a) "la finalita' rieducativa della pena potrebbe... essere ostacolata proprio da una sottoposizione a regime carcerario del condannato gia' in custodia cautelare" (ordinanza n. 411 del 1989); b) "in una misura di trattamento extra carcerario la pur imprescindibile valutazione della personalita' puo' essere piu' opportunamente condotta in liberta', sia per i condizionamenti indotti dalla detenzione, che spesso generano psicosi erroneamente interpretabili come segno di ravvedimento, sia per evitare al condannato, che abbia possibilita' di recupero, di subire la nefasta influenza criminogena dell'ambiente carcerario" (sentenza n. 569 del 1989); che comunque le censure formulate nelle ordinanze di rimessione sono, all'evidenza, rivolte a sindacare le statuizioni adottate dalla Corte con la menzionata sentenza n. 569 del 1989; che, pertanto, il meccanismo del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale risulta, nella specie, arbitrariamente attivato per esercitare, in forma surrettizia, un sindacato del merito di una decisione costituzionale di accoglimento; che siffatto sindacato e' assolutamente precluso dal sistema risultante dagli artt. 136, primo comma e 137, terzo comma, della Costituzione e 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, i quali pongono il principio della non impugnabilita' delle declaratorie di illegittimita' della Corte Costituzionale; che, invero, il fine cui mira la proposta impugnativa e' soltanto quello di una sostanziale elusione della forza cogente ( ex art. 136 Cost.) della pronunciata declaratoria d'illegittimita' costituzionale; che, di conseguenza, la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Torino va dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663, come risultante a seguito della sentenza n. 569 del 1989 della Corte Costituzionale, promossa dal Tribunale di sorveglianza di Torino, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 ottobre 1990. Il Presidente: CONSO Il redattore: GALLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI 90C1249