N. 686 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 1989- 23 ottobre 1990

                                 N. 686
       Ordinanza emessa il 23 ottobre 1989 (pervenuta alla Corte
   costituzionale il 23 ottobre 1990) dalla Corte dei conti, sezione
    terza giurisdizionale, sul ricorso proposto da Lussana Fabrizia
 Pensioni  - Ricorsi in materia di riscatto di servizi - Termine di 90
 giorni dalla data di comunicazione del decreto per la presentazione -
 Ingiustificata  diversa disciplina (imprescrittibilita') prevista per
 il diritto a pensione Ritenuta superabilita' dei  principi  affermati
 con  l'ordinanza della Corte costituzionale n. 852/1988 (di manifesta
 infondatezza di questione sostanzialmente analoga), sotto il  profilo
 della  disparita'  di  trattamento  dei  riscatti trattati in sede di
 liquidazione di pensione (regime di imprescrittibilita') e i riscatti
 trattati   disgiuntamente   (soggetti  al  termine  di  decadenza)  -
 Incidenza sul diritto alla tutela giurisdizionale e  alla  difesa  in
 giudizio.
 (Legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 6, ultimo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 113).
(GU n.45 del 14-11-1990 )
                           LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso prodotto dalla
 signora Lussana Fabrizia, nata a S. Bonifacio (Verona) il  1º  giugno
 1949, ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell'avv.
 Rossi in via P.L.  da  Palestrina,  48,  gia'  insegnante  di  scuola
 artistica   nella   scuola  media  di  Negrar  (Verona),  avverso  il
 provvedimento, nota n. 21/151150/CI/82/R del 31 marzo  1983,  con  il
 quale il provveditore agli studi di Verona ha respinto la sua domanda
 di riscatto del periodo di studi di quattro anni  presso  l'Accademia
 di  belle  arti  di  Venezia  per  il  conseguimento  del  diploma di
 scultura;
                           RITENUTO IN FATTO
    Il  richiesto riscatto e' stato denegato perche' il corso di studi
 presso l'Accademia di  belle  arti,  non  sfocerebbe  in  un  diploma
 equiparabile  a diploma di laurea, riscattabile ai sensi dell'art. 13
 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.
    Il  ricorso  si  fonda  principalmente  sul fatto che il titolo in
 questione e' stato richiesto all'interessata, insieme al  diploma  di
 maturita'   artistica,   per  l'ammissione  all'insegnamento,  e  che
 l'interessata e' stata inquadrata in ruolo nel par. 280 dal 1º luglio
 1976 in base alla tab. C, quadro secondo, annessa al d.-l. 30 gennaio
 1976, n. 13; quadro che comprende i docenti in istituti secondari  di
 primo grado per il cui insegnamento e' richiesto il diploma di laurea
 o quello d'istituto superiore.
    In  udienza,  peraltro,  la discussione si e' quasi esclusivamente
 incentrata sulla questione pregiudiziale sollevata dal  p.m.  con  le
 conclusioni  scritte e cioe' dell'irrecivibilita' del ricorso perche'
 intempestivo  (prodotto  il  1º  agosto   1986,   con   provvedimento
 notificato  il  7  aprile  1983), ai sensi dell'art. 6 della legge 15
 febbraio 1958, n. 46, che prescrive  il  termine  di  novanta  giorni
 dalla  notifica  per  l'impugnativa  dei  provvedimenti in materia di
 riscatto.
    Sulla relativa questione di legittimita' costituzionale, sollevata
 dalla Sezione con due distinte ordinanze nn.  56423  del  7  novembre
 1984 (caso Endrizzi Tito), e 57259 (caso Rouzi Maria Luisa), la Corte
 costituzionale si e' pronunciata negativamente - sia pure con diretto
 riguardo  all'analogo  art.  71,  secondo  comma, del r.d.-l. 3 marzo
 1938, n. 680 - con ordinanza 852/1988; ma all'odierna udienza, difesa
 attrice  e  p.m.  si  sono  trovati  concordi  nel chiedere una nuova
 rimessione della questione al giudice delle leggi, sotto il  profilo,
 dei provvedimenti di riscatto adottati prima del decreto di pensione,
 che resterebbero soggetti  al  termine,  e  di  coloro  per  i  quali
 dovrebbe  invece aver vigore il regime d'imprescrittibilita', proprio
 delle  pensioni  (ved.  sentenza  n.  8/1976   della   stessa   Corte
 costituzionale).
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    La  questione,  puo'  in  effetti, essere riproposta al vaglio del
 giudice  costituzionale,  sotto  profili  parzialmente  nuovi  e  che
 sembrano, comunque, piu' pregnanti.
    Si   sgombra,   anzitutto,  il  campo  dalla  considerazione,  pur
 adombrata sia dall'avvocato di parte che dal  p.m.,  secondo  cui  la
 Corte  non avrebbe pronunciato sull'art. 6 della legge n. 46/1958: se
 non esplicita, tale pronuncia e' da ritenersi  ovviamente  implicita,
 infatti,  in  quella  sull'art.  71,  secondo  comma,  del  r.d.l. n.
 680/1938, a nulla rilevando di fronte alla prefissione  del  medesimo
 termine  di  novanta  giorni  per  l'impugnativa dei provvedimenti di
 riscatto, la differenza che l'art.  71  si  riferisca  ai  pensionati
 delle  casse  amministrate  dagli istituti di previdenza, e l'art. 6,
 che qui viene propriamente in rilievo, ai pensionati statali.
    Si   prende   atto,  naturalmente,  delle  affermazioni  contenute
 nell'ordinanza n. 852 del giudice costituzionale,  e  cioe'  che  non
 contrasta  con  l'imprescrittibilita' del diritto a pensione il fatto
 che alcune vicende volte ad accertare i  presupposti  di  consistenza
 quantitativa  o  perfino  di  esistenza  del  diritto  a  pensione si
 svolgano  entro  limiti  temporali  determinati,  per  volonta'   del
 legislatore,   purche'   non   tali,  siffatti  limiti,  da  impedire
 addirittura l'esercizio del  diritto  (come,  appunto,  il  riscatto)
 riflesso  in  siffatte vicende; e che sussiste differenza di natura e
 struttura fra diritto di riscatto e diritto a pensione.
    E'  su  quest'ultimo punto che corre l'obbligo di porre in maggior
 risalto che la differenza - se c'e'  -  non  e'  tale,  comunque,  da
 determinare un diverso regime di azionamento dei due diritti.
    Infatti,  con il riscatto, altro non si fa' che "riconoscere", non
 "determinare", la pensionabilita' di determinati periodi  (tipico  il
 diploma  di laurea) in sostanza assimilabili a servizi propedeutici a
 parte ovvie differenze, non tanto nell'esistenza di un  "contributo",
 che  c'e' anche per i servizi veri e propri, quanto nelle modalita' e
 nei tempi oltre che nell'entita' del prelievo relativo.
    Negli  effetti,  i due istituti sembrano addirittura identificarsi
 (a parte il fatto che problemi di  pensionabilita'  sussistono  anche
 per  i  servizi  veri  e  propri,  o  assunti come tali); il riscatto
 apparendo   strettissimamente   finalizzato,   anche    in    maniera
 determinante, alla pensione, la quale, del resto presuppone anch'essa
 un riconoscimento di pensionabilita'.
    In  quest'ordine  di  idee  sembra riproponibile l'argomentazione,
 seppur subordinata, relativa al fatto che, nella normativa precedente
 alla   legge  n.  46/1958,  il  provvedimento  di  riscatto  non  era
 impugnabile autonomamente (il che era segno quasi d'una  riconosciuta
 fusione  fra  i  due  istituti),  e  che l'art. 6 della legge citata,
 nell'introdurre un termine specifico e autonomo d'impugnativa per  il
 riscatto,  non  sembra  averlo fatto nel riconoscimento quasi cogente
 d'una differenza di  natura  "essenziale",  appunto  fra  riscatto  e
 pensione.
    Viene  qui  particolarmente  in  risalto l'argomento del possibile
 diverso  trattamento  fra   titolari   di   riscatti   trattati   con
 provvedimento  autonomo  ed altri di riscatti trattati congiuntamente
 con la liquidazione della pensione, sembrando oltretutto  scarsamente
 pragmatico,  oltre  che poco logico, in quest'ultimo caso, far valere
 per l'uno (riscatto) il regime del termine di decadenza e per l'altra
 (pensione) quello dell'imprescrittibilita', nella contestualita' d'un
 provvedimento significativamente unico.
    Va  rilevato  che  tale  caso  e'  quello  che si presenta piu' di
 frequente, essendo invalsa la prassi di considerare  i  problemi  del
 riscatto  (si  consideri  fra tutti quello del c.d. minimo influente)
 insieme a quelli della pensione, e al momento di questa,  il  che  e'
 fra l'altro, indice non di differenza, ma di estrema connessione.
    Il  contrasto  della  norma  in  questione,  come  di tutte quelle
 d'identico contenuto (e cioe', oltre il gia' citatto art. 71, secondo
 comma,  del  r.d.-l.  n.  680/1938;  l'art. 79 della legge 6 febbraio
 1941, n. 176, l'art. 65 della legge 6 luglio 1935, n. 1035, l'art. 20
 della  legge  11 aprile 1955, n. 380), oltre che, come gia' rilevato,
 con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, si  pone  soprattutto  con
 l'art. 3 della stessa.
    La  manifesta  rilevanza  della  questione  sul  ricorso in esame,
 induce a sospendere il relativo giudizio.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione, 1 della legge 9 febbraio
 1948, n. 1 e 23 della legge 11 febbraio 1953, n. 87;
    Ordina  che,  sospeso il giudizio in corso, gli atti siano rimessi
 alla Corte costituzionale, perche' si  pronunci  sulla  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, della legge 15
 febbraio 1958, n. 46, in relazione agli  artt.  3,  24  e  113  della
 Costituzione,  laddove prescrive che i ricorsi in materia di riscatto
 dei servizi (o  assimilati),  debbano  essere  proposti  nel  termine
 perentorio di giorni novanta dalla data di comunicazione del decreto;
    Dispone  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alla ricorrente, al  procuratore  generale  presso  questa
 Corte,  al  Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata
 ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica.
    Cosi'  disposto  in Roma, nella camera di consiglio del 23 ottobre
 1989.
                        Il presidente: SARACENO

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