N. 539 SENTENZA 10 - 14 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Elezioni - Regione Sicilia - Consigli comunali e provinciali -
 Personale con funzioni direttive presso gli uffici o sezioni
 circoscrizioniali di collocamento - Candidatura - Esclusione -
 Competenza primaria della regione - Giustificata peculiarita' della
 scelta legislativa regionale - Non fondatezza nei sensi di cui in
 motivazione.
 
 (Dis. legge, art. 18, secondo comma, approvato il 28 luglio 1990).
 
 (Cost., artt. 3 e 51; legge 23 aprile 1981, n. 154).
(GU n.50 del 19-12-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 18, secondo
 comma, del  disegno  di  legge  approvato  in  data  28  luglio  1990
 dall'Assemblea   regionale  siciliana,  avente  per  oggetto:  "Norme
 modificative ed integrative della legge 28 febbraio  1987,  n.  56  e
 delle  leggi regionali 23 gennaio 1957, n. 2; 27 dicembre 1969, n. 52
 e 5 marzo 1979 n. 18, in materia di disciplina del collocamento o  di
 organizzazione del mercato del lavoro. Norme integrative dell'art. 23
 della legge 11 marzo 1988, n. 67, concernente attivita'  di  utilita'
 collettiva   in   favore  dei  giovani",  promosso  con  ricorso  del
 Commissario dello Stato per  la  Regione  Sicilia,  notificato  il  3
 agosto  1990,  depositato  in  cancelleria il 10 agosto successivo ed
 iscritto al n. 58 del registro ricorsi 1990;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  novembre  1990  il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Sergio La Porta, per il ricorrente, e
 l'avv. Enzo Silvestri per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso,  notificato  il 3 agosto 1990, il Commissario
 dello Stato per la Regione siciliana  impugnava  l'art.  18,  secondo
 comma,   del   disegno   di  legge  recante  "Norme  modificative  ed
 integrative della legge  28  febbraio  1987,  n.  56  e  delle  leggi
 regionali  23  gennaio  1957, n. 2, 27 dicembre 1969, n. 52 e 5 marzo
 1979,  n.  18,  in  materia  di  disciplina  del  collocamento  e  di
 organizzazione  del  mercato  del lavoro, (nonche') Norme integrative
 dell'art. 23 della legge 11 marzo 1988 n. 67,  concernente  attivita'
 di  utilita'  collettiva  in  favore  dei giovani" (disegno approvato
 dall'Assemblea Regionale il 28 luglio 1990) per violazione  dell'art.
 51 della Costituzione (correlato all'art. 48) e della legge 23 aprile
 1981, n. 154, nonche' dell'art. 3 della Costituzione.
    Osserva il ricorrente che il legislatore regionale, nell'esercizio
 della potesta' legislativa concorrente, riconosciutagli dall'art. 17,
 lett. f) dello Statuto Speciale, pur recependo quasi integralmente la
 recente riforma relativa all'organizzazione del mercato  del  lavoro,
 di  cui  alla  legge  28  febbraio 1987, n. 56, introduce, pero', una
 norma in materia di ineleggibilita' alle cariche elettive nei  Comuni
 e   nelle  Province  regionali  dell'Isola,  sconosciuta  alla  legge
 statale.
    Il  secondo  comma dell'art. 18 recita, infatti, testualmente: "Il
 personale che riveste funzioni direttive negli Uffici o nelle sezioni
 circoscrizionali  di  collocamento  non  puo' essere candidato per le
 elezioni dei consigli comunali e provinciali della Sicilia". Verrebbe
 cosi'  introdotta  -  sostiene  il  ricorrente  -  una limitazione al
 godimento del diritto politico all'elettorato passivo.
   Senonche'   i  limiti  della  potesta'  legislativa  della  Regione
 siciliana sul  punto  (art.  14  lett.  c  dello  Statuto  speciale),
 sarebbero  stati  precisati  dalla  Corte  con sentenza n. 108 del 16
 giugno 1969.  Secondo  tale  decisione,  la  Regione  siciliana  deve
 rispettare il principio di eguaglianza in tema di accesso ai pubblici
 uffici e alle cariche elettive, sancito dall'art.  51,  primo  comma,
 della Costituzione e percio' "non e' in condizioni di prevedere nuove
 e diverse cause  d'ineleggibilita'  a  Consigliere  Provinciale  e  a
 Consigliere  Comunale  se  non  in presenza di situazioni concernenti
 categorie di  soggetti  esclusive  per  la  Sicilia  ovvero  diverse,
 rispetto  alle  stesse  categorie di soggetti nel restante territorio
 nazionale; e, in  ogni  caso,  per  motivi  adeguati  o  ragionevoli,
 finalizzati alla tutela di interessi generali".
    Al   contrario   -   secondo   il   ricorrente   -   la  causa  di
 ineleggibilita',  introdotta  dalla  Regione,  non  risponderebbe  ad
 alcuno  dei  detti  requisiti.  Intanto,  essa  riguarda  determinate
 funzioni direttive impiegatizie che, per  la  loro  caratterizzazione
 intrinseca,  non  si  differenziano  rispetto  a  quelle del restante
 territorio nazionale; e la legge 28 febbraio 1987, n. 56, che prevede
 le   corrispondenti   figure,   non   contempla   alcuna   causa   di
 incompatibilita', e tanto meno di ineleggibilita'. Ne'  la  causa  di
 ineleggibilita'  in  parola  puo'  ricondursi  ad  alcuna  di  quelle
 esplicitamente e tassativamente enumerate  dalla  legge  n.  154  del
 1981.
    D'altra  parte,  sia  la  Relazione  che  i lavori preparatori del
 Disegno, non contengono alcuna giustificazione alla  compressione  di
 un   diritto   costituzionalmente  riconosciuto,  quale  l'elettorato
 passivo, che e' tra i fondamentali di uno Stato democratico.
    Non  si  comprende,  percio',  in  che  modo  quelle  categorie si
 atteggerebbero  autonomamente  o  diversamente,   nell'ambito   della
 Regione  siciliana, rispetto a quelle delle altre regioni dell'Italia
 meridionale (alto tasso di disoccupazione, interferenze nella P.A. di
 associazioni di tipo mafioso ecc.).
    In conclusione, l'eventuale e non esplicitata esigenza di pubblico
 interesse, posta a base della norma, non potendo  essere  considerata
 ne'  esclusiva  ne' specifica della Regione siciliana, non e' tale da
 legittimare il legislatore regionale nella  previsione  di  cause  di
 ineleggibilita'. Semmai essa potrebbe essere valutata dal legislatore
 statuale nella prospettiva di una disciplina univoca ed omogenea  sul
 piano nazionale.
    Sotto  altro  aspetto,  poi,  la detta ineleggibilita' sarebbe del
 tutto ingiustificata anche per  l'ampiezza  e  la  genericita'  della
 previsione  normativa  che  non  fissa  alcun limite di operativita',
 almeno  in  relazione  al   rapporto   intercorrente   fra   l'ambito
 territoriale  in cui e' svolta l'attivita' istituzionale e quello del
 consiglio comunale o provinciale eligendo.
    2.  -  Si e' costituito innanzi a questa Corte il Presidente della
 Regione  siciliana,  rappresentato  e  difeso  dal  prof.  avv.  Enzo
 Silvestri, che ha chiesto la reiezione del ricorso.
    Secondo  la Regione non vi sarebbe dubbio che la questione oggetto
 del giudizio e' sostanzialmente identica  a  quella  risolta  con  le
 sentenze di questa Corte nn.171 del 1984, 127 e 130 del 1987.
    Sono  ben  noti,  infatti, i problemi del mercato del lavoro e del
 collocamento  nella  Regione  Siciliana,  che  si  propongono   sulla
 crescente  disoccupazione  e sullo stato di prostrazione e di disagio
 di quanti aspirano a un posto di lavoro.
    In  siffatta situazione e' agevole rendersi conto che i funzionari
 che operano nel  settore  del  collocamento,  esercitando  poteri  di
 accertamento,  di controllo e di natura decisionale, non privi spesso
 di un ambito di ampia discrezionalita', sono  in  grado  di  influire
 notevolmente sulle determinazioni degli elettori.
    Tanto  piu'  che spesso i detti poteri, gia' di per se' rilevanti,
 nel contesto di una distorta ma purtroppo diffusa mentalita',  specie
 nelle  piccole comunita', vengono considerati quali fonti di benefici
 e di rapporti vassallatici. Sicche'  gli  elettori  aspiranti  ad  un
 lavoro,  e  i  loro  familiari, sono indotti ad esaltare i poteri del
 collocatore, quasi fosse un esclusivo  dispensatore  di  posti  e  di
 altri vantaggi inerenti.
    Le  cause  di  ineleggibilita', del resto, trovano la loro ragione
 proprio nell'intento di evitare indebite pressioni che i titolari  di
 alcuni uffici potrebbero esercitare sull'elettorato.
    Ne'  si vede, poi, in qual modo potrebbe da cio' restare offeso il
 principio di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Per costante giurisprudenza di questa Corte - rileva la Regione il
 principio  di  eguaglianza  non  postula  uniformita'  assoluta   nel
 trattamento  dei  cittadini;  ma  soltanto  che  quel trattamento sia
 eguale a parita' di  condizioni,  quando  cioe'  manchi  un  supporto
 logico-politico  a  giustificazione  della  disparita'.  Nella specie
 nessuno potrebbe negare  che  ben  diversa  e'  la  posizione  di  un
 collocatore  di  una  regione  nella  quale  non esistono problemi di
 disoccupazione rispetto a quella  di  un  collocatore  della  Regione
 siciliana  in  cui dilaga quella disoccupazione, e quella conseguente
 alta tensione sociale, che ha indotto anche il legislatore  nazionale
 ad  adottare  misure  eccezionali.  Mentre  il  primo  e'  un modesto
 impiegato del quale nessuno si accorge, il secondo gode certamente di
 ben altro ascendente e in astratto puo' utilizzare strumentalmente la
 carica per la formazione di  clientele  elettorali.  Come  recita  la
 sentenza  n. 127 del 1987, si tratta di una di quelle "cariche che si
 prestano di per se' - e nella esperienza concreta si sono prestate  a
 divenire centri di potere e, quindi, di raccolta di voti".
    Quanto  infine  ai  limiti  di operativita' della norma impugnata,
 osserva la Regione che nella specie si e' in presenza di una causa di
 ineleggibilita' relativa.
    Sarebbe  infatti  di  tutta  evidenza  che l'ineleggibilita' opera
 soltanto nei confronti di quel personale direttivo  che  esercita  le
 funzioni di collocamento nell'ambito della circoscrizione nella quale
 aspira ad essere eletto.
                         Considerato in diritto
    1.1.  -  La  doglianza  del Commissario dello Stato per la Regione
 siciliana e' rivolta al secondo comma dell'art. 18 di un  Disegno  di
 legge  concernente  la disciplina del collocamento e l'organizzazione
 del mercato del lavoro,  approvato  dall'Assemblea  Regionale  il  28
 luglio  1990. Il detto comma, infatti, escludendo la candidatura alle
 elezioni dei  Consigli  comunali  e  provinciali  del  personale  che
 riveste   funzioni   direttive   negli   uffici   o   nelle   Sezioni
 circoscrizionali di collocamento, si porrebbe in  contrasto  con  gli
 artt.  51  e  3  della Costituzione, oltre che della legge statale 23
 aprile 1981, n. 154 che ignora siffatta ineleggibilita'.
    Secondo  il  ricorrente  Commissario,  questa  Corte  avrebbe  ben
 precisato, con la sentenza 16 giugno 1969  n.  108,  i  limiti  della
 concorrente   potesta'   legislativa  della  Regione,  che  non  puo'
 prevedere, in forza dell'art. 51 della Costituzione, nuove e  diverse
 cause  d'ineleggibilita',  se  non  in  presenza  di  situazioni  che
 rivestano carattere di esclusivita'  ovvero  di  diversita'  rispetto
 alle  stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale:
 ferma la loro finalizzazione alla tutela d'interessi generali.
    Altrimenti  e'  lo  stesso  principio  di  eguaglianza  che  resta
 vulnerato, oltre a quello di cui all'art. 51 della Costituzione,  che
 sancisce  il  diritto  di  tutti  i cittadini all'elettorato attivo e
 passivo.
    Nella  specie,  ne' il Disegno di legge ne' i lavori preparatori o
 la Relazione spendono parola per spiegare l'eventuale esclusivita'  o
 diversita'  delle situazioni concernenti i dirigenti del collocamento
 in Sicilia, ne' la disposta causa d'ineleggibilita' e'  riconducibile
 ad  alcuna  di  quelle tassativamente enumerate dalla citata legge n.
 154 del 1981.  Peraltro,  esclusivita'  o  diversita'  non  sarebbero
 comunque rilevabili sul piano oggettivo.
    Sotto  altro  aspetto, la disposta causa d'ineleggibilita' sarebbe
 anche inaccettabile per l'ampiezza e la genericita' della  previsione
 normativa, che non tiene nemmeno conto del rapporto intercorrente fra
 l'ambito territoriale in cui si svolge  l'attivita'  istituzionale  e
 quello cui si riferisce il Consiglio comunale o provinciale eligendo.
    1.2.   -   Anche   la  Regione,  pero',  faceva  riferimento  alla
 giurisprudenza  di  questa  Corte,  per  rilevare   che   sicuramente
 esclusive, e comunque diverse da quelle nelle quali operano le stesse
 categorie di soggetti nel  restante  territorio  nazionale,  sono  le
 situazioni  nelle  quali  svolgono  le  loro funzioni i dirigenti del
 collocamento del lavoro della Regione Sicilia.
    Secondo  la  Regione  si  tratta  di  problemi  ben  noti  che  si
 propongono su di una crescente disoccupazione e su di  uno  stato  di
 prostrazione  e  di disagio di quanti aspirano ad un posto di lavoro:
 cui corrisponde una funzione del collocamento, che si  svolge  in  un
 ambito  di  notevole discrezionalita', nell'esercizio di un potere di
 accertamento, di controllo e anche decisionale.
    D'altra  parte,  insiste  la  Regione  nel  sottolineare  che tali
 condizioni  non  si  verificano  per  i  collocatori   del   restante
 territorio nazionale, dove non esisterebbe una tensione sociale cosi'
 alta  da  indurre  il  legislatore  nazionale  ad   adottare   misure
 eccezionali.
    Quanto,  infine,  ai limiti di operativita' della norma impugnata,
 osserva  la  Regione  che  ovviamente  si  tratta  di  una  causa  di
 ineleggibilita'  relativa, chiaramente inapplicabile per il personale
 direttivo del collocamento che opera fuori della circoscrizione nella
 quale aspira ad essere eletto.
    2.  - Va chiarito innanzitutto che, contrariamente a quanto sembra
 ritenere il ricorrente, la  competenza  normativa  della  Regione  in
 subiecta  materia  non  e' concorrente ma primaria, come si evince ex
 art. 15 dello Statuto.
    Ciononostante  la  giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente
 messo in luce che la disciplina  regionale  sui  requisiti  d'accesso
 alle  cariche  elettive  dev'essere strettamente conforme ai principi
 della legislazione statale, a causa dell'esigenza di  uniformita'  in
 tutto il territorio nazionale discendente dall'identita' di interessi
 che  Comuni  e  Province  rappresentano  riguardo   alle   rispettive
 comunita'  locali, quale che sia la regione di appartenenza (sentenze
 n. 105 del 1957, 26 del 1965, 171 del 1984, 20 del  1985  e  235  del
 1988).  In  realta', e' proprio il principio di cui all'art. 51 della
 Costituzione a svolgere il ruolo di garenzia generale di  un  diritto
 politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri
 dell'inviolabilita' ( ex  art.  2  della  Costituzione):  sicche'  il
 principio  si propone come riserva di legge rinforzata che obbliga il
 legislatore statale ad assicurarne il  godimento  "in  condizioni  di
 eguaglianza".  Come  poi  la  giurisprudenza  della  Corte ha piu' di
 recente precisato (cfr. in particolare sentenza n. 235 del 1988), "e'
 proprio   dei   diritti   inviolabili   di   essere   automaticamente
 incorporati, quantomeno nel loro contenuto  essenziale,  anche  negli
 ordinamenti  giuridici  autonomi,  speciali,  o  comunque  diversi da
 quello statale". Il che non degrada la competenza regionale esclusiva
 a  competenza  concorrente, ma la limita, proprio a causa dell'ideale
 incorporazione,    nella    disciplina    dell'elettorato    passivo,
 impegnandola  al  rispetto  del  principio  costituzionale  che esige
 l'uniforme garanzia a tutti i cittadini, in ogni parte del territorio
 nazionale, del diritto fondamentale di elettorato attivo e passivo.
    Tutto  cio'  precisato  e  ribadito,  e'  esatto, tuttavia, che la
 stessa giurisprudenza  ha  riconosciuto  alla  Regione  siciliana  il
 potere  di stabilire anche cause d'ineleggibilita' non previste dalla
 legislazione  statale,  quando  esse   trovino   giustificazione   in
 condizioni locali del tutto peculiari o eccezionali.
    Dall'analisi  delle  sentenze pronunziate dalla Corte sul punto si
 evince  che  la  caratterizzazione  dominante  delle  condizioni  che
 possono giustificare la deroga da parte del legislatore della Regione
 speciale  e'  rappresentata  dalla   loro   assoluta   particolarita'
 riferibile  esclusivamente  alla Regione che se ne avvale: e cio' per
 l'ovvia  considerazione  che,  se  quella   stessa   peculiarita'   o
 eccezionalita'  fosse  generalizzata  in  modo  da  estendersi a piu'
 regioni, non potrebbe negarsi la competenza a provvedere da parte del
 legislatore statale.
    3.  -  Tutto  questo, pero', non va inteso "nel senso che comporti
 tale  limitazione  al  legislatore  siciliano  da  interdirgli   ogni
 discrezionalita'   per   quanto   attiene   all'apprezzamento   delle
 condizioni ambientali" (sentenza 8 aprile 1987 n. 127).
    E'  vero  che  nei  lavori  dell'Assemblea  non  si ritrova alcuna
 spiegazione dell'emendamento, proposto come secondo  comma  dell'art.
 18  del  Disegno  di  legge,  ma  deve  considerarsi  che ai deputati
 regionali quelle condizioni erano purtroppo cosi' presenti e  notorie
 da  averle per pacifiche quale ovvio presupposto dell'emendamento. Ed
 infatti nessuno dei deputati regionali votanti chiede chiarimenti,  e
 l'emendamento,  benche'  con il piu' rigoroso sistema dello scrutinio
 segreto, espressamente richiesto, viene approvato a larga maggioranza
 (Seduta  pubblica  n.  300  del 27 luglio 1990); e successivamente il
 Disegno di legge  nel  suo  complesso,  nella  votazione  finale  per
 scrutinio nominale, viene approvato all'unanimita' salvo tre astenuti
 (Seduta pubblica n. 301 del 28 luglio 1990).
    Le  ragioni trovano poi la via dell'esternazione quando, a seguito
 della contestazione  del  Commissario  dello  Stato,  la  Regione  e'
 indotta a renderle note fuor dell'ambito assembleare.
    Nella  memoria difensiva, mediante cui la Regione si e' costituita
 innanzi a questa Corte, vengono richiamati problemi del  mercato  del
 lavoro  e  del  collocamento  nella  regione  siciliana, la crescente
 disoccupazione e il grave stato di tensione sociale  determinato  dal
 modo   particolare   come   disoccupazione   e  problemi  del  lavoro
 interagiscono nel  contesto  dell'ambiente  locale.  Ed  e'  in  tale
 ambiente  che  i  dirigenti  del  collocamento  esercitano  poteri di
 accertamento, di controllo e di ampia  discrezionalita'  decisionale,
 gia'  di  per  se'  rilevanti.  A cio' s'aggiunge che, a causa di una
 distorta  ma  purtroppo  diffusa  mentalita',  specie  nelle  piccole
 comunita', quei poteri vengono riguardati come fonti di benefici e di
 rapporti di dipendenza,  per  i  quali  il  collocatore  appare  come
 dispensatore  di  posti  di  lavoro,  e  degli  inerenti vantaggi, in
 posizione di assoluta discrezionalita'. Non e'  difficile  immaginare
 come,   sulla   base   di  tali  premesse,  quelle  funzioni  possano
 agevolmente degenerare "in una  vera  e  propria  fabbrica  di  voti"
 (pagg. 10 e 11 della memoria).
    Ora,  a  tale  proposito,  questa  Corte  aveva  gia' rilevato che
 allorquando "l'ineleggibilita' e' disposta al  fine  di  impedire  la
 formazione di clientele elettorali attraverso l'uso strumentale delle
 suddette cariche", in quanto "tali cariche si prestino di per  se'...
 a  divenire  centri  di  potere  e,  quindi,  di raccolta di voti", e
 ponendo mente "per altro verso, alle particolari misure adottate  dal
 legislatore  statale  in  vari campi nel territorio della regione, la
 disposta ineleggibilita' appare amalgamarsi  con  queste  e,  quindi,
 appare  sorretta da adeguata giustificazione" (sent. 8 aprile 1987 n.
 127).
    D'altra  parte  (come  bene  soggiunge  la  Regione  interpetrando
 precedenti interventi di questa Corte) la peculiare situazione  della
 Sicilia  ha richiesto eccezionali misure legislative e amministrative
 da parte del legislatore statale, a dimostrazione della gravita'  del
 fenomeno  di  abusi  di potere da parte di pubblici amministratori, a
 causa anche delle  rilevate  connessioni  fra  criminalita'  di  tipo
 mafioso  e  ambiente politico, sicche' indispensabile appare l'uso di
 un maggior rigore nella disciplina del diritto di elettorato passivo,
 a prevenire il rischio di indebite pressioni sul corpo elettorale.
    Certo,  non  soltanto  in  Sicilia  il  fenomeno  di  tipo mafioso
 esercita  la  sua  perniciosa   influenza   mediante   intimidazioni,
 estorsioni  e  corruzioni  spesso,  addirittura, tramite le adombrate
 connessioni e infiltrazioni nella pubblica amministrazione.  Ma  cio'
 che rende esclusivo il fenomeno allo specifico ambiente della Sicilia
 sono i  tratti  peculiari  con  i  quali,  per  ragioni  storiche  ed
 economiche, si e' sviluppato in quell'ambiente il mercato del lavoro;
 in guisa da doversi considerare  rischioso,  per  la  liberta'  e  la
 genuinita'   delle   elezioni,  permettere  che  i  responsabili  del
 collocamento  possano  assicurarsi  il  favore  degli  elettori   per
 conseguire  un  seggio nei Consigli comunali o provinciali della zona
 in cui esercitano le loro funzioni.
    Quest'ultima  notazione  risponde  anche  alla  preoccupazione del
 ricorrente  in   ordine   all'ampiezza   territoriale   della   causa
 d'ineleggibilita',  che effettivamente la norma non precisa nella sua
 effettiva dimensione.
    Ma,  come  la  Regione  stessa ha riconosciuto, si tratta di causa
 d'ineleggibilita', che si riferisce esclusivamente a  quei  dirigenti
 del  collocamento  che  esercitano  le  loro funzioni nell'ambito del
 Comune o della Provincia, al cui Consiglio aspirano ad essere eletti:
 e come tale, in effetti, dev'essere interpretata.
    La  violazione  dei  parametri  invocati  e' percio' esclusa anche
 sotto questo riflesso.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita'  costituzionale  dell'art.  18,  secondo  comma,  del
 Disegno  di  legge  recante  "Norme modificative ed integrative della
 legge 28 febbraio 1987, n. 56 e  delle  leggi  regionali  23  gennaio
 1957,  n.  2,  27  dicembre  1969,  n.  52, e 5 marzo 1979, n. 18, in
 materia di  disciplina  del  collocamento  e  di  organizzazione  del
 mercato  del lavoro", approvato dall'Assemblea regionale siciliana il
 28 luglio 1990, in riferimento agli artt. 51 e 3 della  Costituzione,
 nonche' della legge statale 23 aprile 1981, n. 154.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 14 dicembre 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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