N. 544 SENTENZA 12 - 19 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Rendita da malattia
 professionale - Azione giudiziale diretta al conseguimento di tale
 rendita - Prescrizione triennale - Decorrenza dal momento
 dell'effettivo raggiungimento del grado di indennizzabilita' -
 Mancata previsione, per gli eredi, di termine diverso nell'ipotesi
 che la malattia, nella sua risalenza, sia accertabile solo con esame
 autoptico - Deteriore trattamento rispetto al lavoratore vivente -
 Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, primo comma).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.51 del 27-12-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 112, comma
 primo, del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124  (Testo  unico  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e  le  malattie  professionali),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  23  maggio  1990  dal Tribunale di Siena nel procedimento
 civile vertente tra INAIL e Simonetti Giuseppe, iscritta  al  n.  451
 del  registro  ordinanze  1990  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 29, prima serie speciale dell'anno 1990;
    Visti gli atti di costituzione dell'INAIL e di Simonetti Giuseppe,
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  novembre  1990  il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi  l'avv.  Giuseppe  De  Ferra' per l'INAIL e l'Avvocato dello
 Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione vertente tra
 Simonetti Giuseppe, erede del lavoratore Simonetti Michele,  deceduto
 il  12  marzo  1982 per insufficienza cardiorespiratoria cagionata da
 silicosi   polmonare,   e   l'INAIL,   e   concernente   il   diritto
 all'attribuzione  della  rendita  in relazione alla predetta malattia
 professionale, invano reclamato in vita dal lavoratore,  a  decorrere
 dal  suo  insorgere  fino  alla  data della morte - diritto del quale
 l'INAIL aveva eccepito la prescrizione ex art. 112, primo comma,  del
 d.P.R.   30  giugno  1965,  n.  1124  (T.U.  delle  disposizioni  per
 l'assicurazione obbligatoria  contro  gli  infortuni  e  le  malattie
 professionali)  -,  il Tribunale di Siena, con ordinanza emessa il 23
 maggio 1990, ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale,
 in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  della  suindicata
 disposizione.
    Osserva  il  giudice  a  quo  che  solo  l'accertamento  autoptico
 effettuato il 14 maggio 1982 aveva consentito  di  diagnosticare  una
 forma silicotica non evidenziabile radiologicamente, presente sin dal
 1976  in  forma  progressivamente  ingravescente,  e  valutabile,  al
 momento della morte, nella misura del 50%. E poiche', in applicazione
 dell'art. 112, primo  comma,  del  d.P.R.  n.  1124  del  1965,  come
 interpretato dalla Cassazione nel formulare il princi'pio di diritto,
 la  prescrizione  dell'azione  per  il  conseguimento  della  rendita
 decorre,  nonostante  l'erroneita'  o  l'insufficienza delle indagini
 mediche eseguite in vita  dall'assicurato,  dal  momento  in  cui  la
 malattia  professionale abbia raggiunto la soglia indennizzabile, nel
 caso in esame, risalendo al 1976 la malattia e risultando proposta la
 domanda  giudiziale  da  parte  dell'erede  il  1Π aprile  1983,  la
 prescrizione sarebbe maturata.
    Si evidenzia peraltro, ad avviso del Tribunale, una difformita' di
 trattamento tra il caso del lavoratore che venga riconosciuto affetto
 da malattia professionale durante la sua vita, attraverso le indagini
 a tale riconoscimento funzionali, ed il caso del  lavoratore  la  cui
 malattia  professionale possa essere accertata esclusivamente dopo la
 morte, mediante autopsia. Il lavoratore vivente sara' infatti  sempre
 in grado, con situazione di privilegio, di far valere tempestivamente
 il proprio diritto al primo manifestarsi della malattia, laddove  gli
 eredi  del  lavoratore  deceduto incorreranno nella prescrizione ogni
 volta che l'esame autoptico, rivelatosi a posteriori l'unico mezzo di
 verifica della malattia nella sua entita' indennizzabile, accerti che
 la malattia e' insorta oltre tre anni prima.
    L'art.  112,  primo  comma,  del  d.P.R.  n.  1124 del 1965 sembra
 pertanto contrastare, ad avviso del giudice a quo, con l'art. 3 della
 Costituzione,  nella  parte  in  cui,  nel  sancire  la  prescrizione
 triennale dell'azione  diretta  al  conseguimento  della  rendita  da
 malattia  professionale,  non ne prevede la decorrenza, per gli eredi
 del lavoratore assicurato  deceduto,  non  iure  proprio  ,  ma  iure
 hereditatis,  dal  momento  in cui la malattia professionale di grado
 indennizzabile si riveli all'esame autoptico, risultato  unico  mezzo
 possibile di verifica.
    2.  -  Avanti  a  questa  Corte  si  sono costituiti sia Simonetti
 Giuseppe  che  l'INAIL:  il  primo  per  sollecitare   l'accoglimento
 dell'eccezione,  il  secondo  per  contestarne  l'ammissibilita' e la
 rilevanza.
    3.  -  E'  altresi'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura   dello   Stato,   che   ha
 contestato la fondatezza della questione. Cio' in base al rilievo che
 la prescrizione decorre dalla manifestazione del danno  (Corte  cost.
 n.  129/1986),  e cioe' da un fatto la cui sussistenza va individuata
 in concreto dal giudice della singola controversia, nell'ambito della
 formula generale adottata dal legislatore.
                         Considerato in diritto
    1. - E' sollevata in via incidentale questione di legittimita', in
 riferimento all'art.  3  della  Costituzione,  dell'art.  112,  primo
 comma,  del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124  (Testo  unico delle
 disposizioni per l'assicurazione obbligatoria  contro  gli  infortuni
 sul  lavoro  e  le  malattie  professionali),  nella  parte  in  cui,
 prevedendo la prescrizione triennale dell'azione giudiziaria  diretta
 al   conseguimento   della  rendita  da  malattia  professionale,  ne
 stabilisce la decorrenza, per gli eredi  del  lavoratore  assicurato,
 dal    momento    dell'effettivo    raggiungimento   del   grado   di
 indennizzabilita'  della  malattia  anche  quando  questo   non   sia
 accertabile,  nella  sua  risalenza, se non mediante, o previo, esame
 autoptico.
    La   norma,   cosi'   interpretata   dalla  Corte  di  cassazione,
 implicherebbe infatti - secondo il giudice a quo - una ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  della  situazione  dell'erede rispetto a
 quella del lavoratore vivente.
   2. - L'interpretazione cui il giudice a quo si riferisce, enunciata
 piu' volte da quel supremo consesso dopo la sentenza di questa  Corte
 n.  116  del  1969,  e  ribadita con la sentenza di rinvio con cui il
 giudice a quo era stato investito della causa, e' nel  senso  che  la
 prescrizione   in   argomento   decorre   dalla  data  dell'effettivo
 raggiungimento, quale obbiettivamente accertata -  mediante  prova  a
 carico  peraltro  dell'Istituto  assicuratore  (INAIL) - del grado di
 indennizzabilita' della  malattia  professionale,  anche  quando,  al
 momento    della    manifestazione   della   malattia,   il   termine
 prescrizionale cosi' decorrente sia gia' maturato.
    Ora  in  realta' tale indirizzo non e' giustificato dalla sentenza
 di questa Corte n. 116 del 1969, la quale si e' limitata a dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  (67,  primo  comma,  del
 regio-decreto 17 agosto 1935, n. 1765, e, ex art. 27 della  legge  11
 marzo  1953,  n.  87, dell'art.) 112, primo comma, del d.P.R. n. 1124
 del  1965,  ora  impugnato,  in  quanto  fa  decorrere   il   termine
 prescrizionale   dal   giorno  della  manifestazione  della  malattia
 professionale,  anche  quando   quest'ultima   -   considerata   come
 situazione  patologica  ingravescente  -  abbia raggiunto il grado di
 indennizzabilita'  successivamente  alla  detta  manifestazione.   La
 pronuncia  ha  lasciato dunque ferma la decorrenza della prescrizione
 dal giorno della manifestazione della malattia per l'ipotesi  che  il
 grado  di  indennizzabilita'  sia  stato raggiunto anteriormente alla
 manifestazione  stessa.  Cio'  nel  quadro  di  una   interpretazione
 sistematica della normativa secondo un criterio di ragionevole favore
 per l'assicurato, senza pregiudizio dell'esigenza di piu'  sollecite,
 e   quindi   di   piu'   sicure,   indagini  da  parte  dell'Istituto
 assicuratore,  esigenza  che  e'  soddisfatta  dal  riferimento  alla
 obbiettiva manifestazione della malattia.
    E  su  tale  risultato  interpretativo  non incide la questione se
 debbano ancora ritenersi in vigore le norme di cui ai commi  primo  e
 secondo  dell'art.  135  del  d.P.R.  n. 1124 del 1965, rivolte a far
 coincidere la manifestazione in discorso, nel caso di astensione  dal
 lavoro dovuta alla malattia, dalla data di tale astensione (art. 135,
 primo comma), e in tutti gli altri casi (particolarmente in quello di
 mancata  astensione  dal  lavoro  o di manifestazione successiva alla
 cessazione della prestazione  d'opera  nella  lavorazione  morbigena)
 dalla   data   della   denuncia   di  malattia.  Infatti  l'eventuale
 conclusione negativa - non traibile affatto dalla sentenza di  questa
 Corte  n.  116  del  1969,  e  solo  per  la  seconda delle due norme
 desumibile dal dispositivo caducatorio della sentenza di questa Corte
 n.  206  del  1988  (che,  proprio per essere caducatorio, conferma a
 contrario la vigenza della prima delle due norme) - non impedisce che
 continui   ad   essere  rilevante  ai  fini  della  decorrenza  della
 prescrizione   la   manifestazione   obbiettiva    della    malattia,
 individuabile   attraverso  valutazioni  medico-legali  o  attraverso
 presunzioni  juris   tantum   ricollegate   anche   a   comportamenti
 dell'assicurato.
    Qui  tuttavia  non  puo' che muoversi dalla interpretazione cui il
 giudice a quo, in sede di rinvio, si e' attenuto,  e  dalla  ipotesi,
 che  egli  prospetta,  di  una  assoluta inaccertabilita', allo stato
 della scienza diagnostica, ante  mortem  -  vale  a  dire  prima  dei
 risultati dell'esame autoptico - del grado di indennizzabilita' della
 malattia professionale.
    3. - La questione e' fondata.
    In  realta'  le  due ipotesi, messe a raffronto dal giudice a quo,
 sono  la  ipotesi  di  assoluta  inaccertabilita'  ante  mortem   del
 raggiungimento   del   grado   di  indennizzabilita'  della  malattia
 professionale - vale a dire, ripetesi, prima dei risultati dell'esame
 autoptico  -  e  quella  di  accertabilita' ante mortem, anche se per
 avventura difficile o disagevole, del detto raggiungimento.
    Ora  non  vi  e'  dubbio  che  le  due  ipotesi  siano  nettamente
 differenziate, non ricorrendo nella prima una  situazione  suscettiva
 di  esser  considerata come la manifestazione univoca di una malattia
 gia' divenuta indennizzabile, situazione  che  ricorre  invece  nella
 seconda.
    Pertanto  il  prevedere  che  anche  nella  prima  la prescrizione
 decorra da una data anteriore a quella della esperibilita' del  mezzo
 diagnostico  che  si presuppone esser l'unico idoneo all'accertamento
 della   malattia   e   del   raggiungimento   del   suo   grado    di
 indennizzabilita',  ancorche'  tale  raggiungimento sia di gran lunga
 risalente, implica violazione  del  princi'pio  di  eguaglianza,  che
 vieta  di  sottoporre  allo  stesso regime situazioni obbiettivamente
 differenziate.
    D'altra  parte,  quando, per definizione, nessun mezzo diagnostico
 e' utilmente  esperibile  dall'assicurato  ante  mortem,  e  pertanto
 nessuna manifestazione della malattia ante mortem puo' dirsi univoca,
 la prescrizione non puo'  ragionevolmente  farsi  decorrere  che  dal
 giorno  della  morte. Sarebbe viceversa irragionevole farla decorrere
 da un momento anteriore, ponendo una causa di estinzione dell'azione,
 che  si collega per sua natura all'inerzia del titolare protratta per
 un dato tempo, a  carico  del  detto  titolare  per  non  avere  esso
 proposto  un'azione  giudiziaria  votata,  allo stato della scienza e
 quindi con ogni prevedibilita', a un sicuro insuccesso.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  112,  primo
 comma, del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124  (Testo  unico  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in  cui  prevede
 che  la  prescrizione  dell'azione  giudiziaria decorra da un momento
 anteriore  alla  morte  dell'assicurato  anche  quando  la   malattia
 professionale  non  sia  accertabile se non mediante, o previo, esame
 autoptico.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                        Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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