N. 58 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 1990- 28 gennaio 1991
N. 58 Ordinanza emessa il 12 gennaio 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 28 gennaio 1991) dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, sul ricorso proposto da De Mita Antonella ed altro contro la regione Campania Istruzione pubblica - Regione Campania - Concorsi annuali per il conferimento di borse di studio - Esclusione del diritto a partecipare a detti concorsi per gli alunni titolari di borsa di studio pluriennale conseguita in anni scolastici anteriori al 1973-1974 - Conseguente esclusione del diritto alle annualita' non ancora maturate ma spettanti in base alla previgente legislazione statale - Violazione del principio di continuita' dell'ordinamento giuridico, in conseguenza dell'attribuzione di efficacia retroattiva a norma regionale derogatrice di disciplina stabilita con legge statale. (Legge regione Campania 3 luglio 1973, n. 14, art. 7). (Cost., art. 117).(GU n.7 del 13-2-1991 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 991/1987 del r.g. aa.cc. proposto da De Mita Antonella e De Mita Giuseppe, elettivamente domiciliati in Roma, via dell'Acquedotto Paolo n. 80, presso lo studio dell'avvocato Freda rappresentati e difesi dall'avvocato Pietro Pedicino, giusta delega a margine del ricorso, ricorrenti, contro la regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale in carica, elettivamente domiciliata in Roma, via del Tritone n. 61, presso l'ufficio rappresentanza della regione Campania, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Cioffi, giusta delega in calce al controricorso, controricorrente; Avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli dep. il 23 dicembre 1985 (n. 1687); Udita nella pubblica udienza, tenutasi il giorno 12 gennaio 1990, la relazione della causa, svolta dal cons. rel. dott. Cantillo; Udito l'avv. Pedicino; Udito il p.m., nella persona del dott. P. Paolucci, avvocato generale, presso la Corte suprema di cassazione, che ha concluso chiedendo il rigetto del proposto ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. - All'esito di concorso per esami e titoli, Antonella e Giuseppe De Mita conseguirono - la prima nel 1971, il secondo nel 1973 - una borsa di studio pluriennale bandita dal Ministero della pubblica istruzione, rispettivamente per il quinquennio 1971-76 e per il quinquennio 1973-78. Avvenuto il trasferimento delle attribuzioni in materia dallo Stato alla regione Campania, questa promulgo' la legge regionale 3 luglio 1973, n. 14, la quale per il conferimento di borse di studio introdusse una diversa disciplina che faceva perno non tanto sul merito scolastico, quanto sulle condizioni economiche degli aspiranti; e tale disciplina fu dichiarata applicabile anche a situazioni pregresse, testualmente disponendo l'art. 7 della legge che "ai concorsi annuali per il conferimento delle borse di studio sono tenuti a partecipare anche gli alunni che abbiano conseguito la borsa negli anni scolastici anteriori al 1973-1974". I De Mita parteciparono al nuovo concorso indetto per la borsa di studio annuale, ma non riuscirono vittoriosi; e conseguentemente la regione sospese i versamenti relativi alle borse di studio ottenute in forza della legge statale, per Antonella a partire dal 1975 e per Giuseppe a partire dal 1977. 2. - Con citazione del 14 maggio 1981, i De Mita convennero la regione Campania dinanzi al tribunale di Avellino, deducendo che erano titolari di un diritto soggettivo alle annualita' delle borse di studio conseguite mediante concorso e chiedendo il pagamento degli importi non corrisposti. Il tribunale dichiaro' il proprio difetto di giurisdizione. La pronuncia, con la sentenza ora denunciata del 23 dicembre 1985, venne confermata dalla Corte d'appello di Napoli. Premesso che la norma transitoria aveva soppresso le conferme automatiche delle borse di studio pluriennali conseguite in precedenza, stabilendo che anche i titolari delle stesse dovevano partecipare ai nuovi concorsi, la Corte osservo' che i De Mita - i quali avevano partecipato al primo di tali concorsi con esito negativo - con la domanda in oggetto tendevano a far disapplicare dal giudice ordinario l'atto amministrativo regionale con cui era stata deliberata la graduatoria degli aspiranti, escludendoli dalla concessione. Senonche' la posizione di diritto soggettivo, che essi avevano conseguito in base al concorso statale, si era affievolita per effetto della norma transitoria, proprio perche' erano stati restituiti nella condizione di aspiranti, venendo esposti all'esito negativo dei nuovi concorsi. E tale degradazione del diritto doveva ritenersi legittima, in quanto il divieto di retroattivita' delle leggi, che la Corte costituzionale limita alle norme penali, non riguarda la potesta' legislativa regionale concorrente con quella statale. La legge regionale in questione, poi, non aveva violato i principi fondamentali in materia di assistenza scolastica, ne' si poneva in contrasto con l'interesse nazionale e con quello delle altre regioni, sicche' anche sotto questi profili gli atti amministrativi di cui si chiedeva la disapplicazione erano in astratto idonei ad affievolire il diritto soggettivo ad interesse legittimo. Con la conseguenza che la pretesa dei De Mita, formulata proprio sul presupposto dell'illegittimita' della norma regionale che aveva compresso il diritto soggettivo, in realta' era volta alla tutela giurisdizionale di un interesse legittimo, risolvendosi nella denunzia di scorretto esercizio del potere attuativo di quella norma, sicche' la domanda apparteneva alla cognizione del giudice amministrativo, come correttamente ritenuto dai primi giudici. Avverso questa sentenza i De Mita hanno proposto ricorso, al quale resiste la regione Campania con controricorso. 3. - Con l'unico motivo i ricorrenti deducono l'illegittimita' costituzionale della legge regionale per avere disciplinato retroattivamentesituazioni definitivamente regolate dalla precedente legge statale, cosi' privandoli del diritto soggettivo al pagamento delle residue rate annuali che essi avevano acquisito con il conferimento della borsa di studio. Il dubbio di costituzionalita' sussiste. 4. - L'art. 7 della legge regionale n. 14/1973, nel disporre che ai concorsi annuali per il conferimento di borse di studio erano tenuti a partecipare anche gli alunni titolari di borsa di studio pluriennale conseguita in anni scolastici anteriori al 1973-1974, introdusse un precetto avente carattere retroattivo, in quanto tolse efficacia a borse di studio gia' concesse in base alla precedente disciplina e alla stregua di questa legittimamente operanti. E' vero che l'inefficacia venne sancita a partire dal primo anno scolastico successivo all'entrata in vigore della legge regionale, ma cio' non significa che non fu vulnerato (come sembra sostenere la resistente) il principio di irretroattivita' della legge, ex art. 11, disp. prel. del c.c., giacche' la borsa di studio era stata attribuita ai beneficiari per un quinquennio dalla data dell'atto di concessione e, dunque, escludendo il diritto degli stessi alle annualita' non ancora maturate, la legge incise sul titolo gia' costituito, privandolo (di parte) degli effetti che esso aveva prodotto in base alla disciplina abrogata. Secondo il principio di irretroattivita', le norme di una nuova legge hanno efficacia ex nunc e incontrano il limite del fatto compiuto, per cui non si applicano ne' ai rapporti precedentemente sorti e gia' esauriti, ne' a quelli ancora in vita quando applicandole si verrebbe ad incidere sull'efficacia originaria del fatto da cui quei rapporti derivano; il quale principio si suole esprimere anche nel senso che le nuove norme si applicano alle situazioni e ai rapporti esistenti solo se suscettibili di considerazione e disciplina autonome, prescindendo dal fatto generatore. Pertanto una norma che, come quella in esame, sia dichiarata applicabile a rapporti preesistenti, caducandoli o modificandone la disciplina che li regola in base al fatto generatore, modifica tale disciplina anche per il passato ed impinge, quindi, nel principio di irretroattivita' delle leggi. 5. - Chiarito che l'art. 7 cit. e' norma retroattiva, si tratta di stabilire se ad una legge regionale possa essere attribuita efficacia retroattiva relativamente ad un periodo precedente al trasferimento alla regione della potesta' legislativa sulla specifica materia, abrogando o modificando rispetto a tale periodo la normativa statale. I giudici di merito hanno dato risposta positiva al quesito, nella considerazione che nelle materie attribuite alle regioni la legge statale precedente e la legge regionale successiva stanno su un piano di parita' e per la seconda vigono, quindi, gli stessi limiti alla retroattivita' esistenti per la prima, sicche' - assumendo il principio di irretroattivita' rango costituzionale solo per le norme penali incriminatrici - nulla impedisce che la materia venga dalla legge regionale regolata retroattivamente in modo diverso. A questo discorso fondatamente si obietta che ammettere la possibilita' di emanare norme regionali retroattive, dirette a regolare la materia per il tempo in cui apparteneva alla competenza statale, equivale a riconoscere in quella materia potere legislativo alla regione ancor prima del trasferimento ad essa. Si verrebbe, cioe', ad attribuire efficacia retroattiva alla stessa norma di trasferimento della competenza, caducando ex tunc quella statale, e cio' in palese contrasto con l'art. 117 della Costituzione e con il principio di continuita' dell'ordinamento. Pertanto la Corte costituzionale ha piu' volte affermato il divieto di retroattivita' della legge regionale, escludendo che questa possa prendere in considerazione e regolare situazioni giuridiche verificatesi prima della sua entrata in vigore, al fine di darne una disciplina diversa da quella statale (v. sentenze Corte costituzionale nn. 317/1986, 91/1982, 23/1978 e 123/1957). Sotto questo profilo, quindi, la questione di costituzionalita' dell'art. 7 cit. non e' manifestamente infondata. Inoltre essa e' rilevante nel presente giudizio al fine di stabilire la consistenza della posizione giuridica dei De Mita, che prima della legge regionale era di diritto soggettivo, come ha statuito la stessa sentenza impugnata, sul punto non censurata. Conseguenzialmente la questione influenza sia il problema di giurisdizione che il merito della controversia, essendo evidente che, se venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma, dovrebbe negarsi che il diritto dei ricorrenti all'ottenimento delle rate ulteriori della borsa di studio sia degradato a mero interesse legittimo. In definitiva, alla Corte costituzionale va chiesto di pronunciarsi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge della regione campania 3 luglio 1973, n. 14, nei sensi innanzi precisati, in quanto non esclude dal nuovo regime le borse di studio gia' concesse in base alla disciplina statale, e conseguentemente il presente giudizio deve essere sospeso (art. 23, secondo comma, della legge 23 marzo 1953, n. 87).
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge della regione Campania 3 luglio 1973, n. 14, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione; Sospende il giudizio; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al procuratore generale presso questa Corte e al presidente della giunta regionale della Campania, nonche' comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Campania. Cosi' deciso in Roma, il 12 gennaio 1990. Il presidente: (firma illeggibile) Il collaboratore di cancelleria: MAZZALUPI 91C0137