N. 51 SENTENZA 28 gennaio - 6 febbraio 1991

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra regione e regione.
 
 Regione - Regioni Piemonte e Valle d'Aosta - Pratica della
 monticazione - Introduzione nel territorio regionale valdostano di
 ovini e caprini da altre regioni italiane - Divieto limitato al 1990
 - Non spettanza alla regione Valle d'Aosta Annullamento
 dell'ordinanza del presidente della giunta della regione della Valle
 d'Aosta 15 marzo 1990, n. 342
 
 (Cost. art. 120).
(GU n.7 del 13-2-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  promosso con ricorso della Regione Piemonte notificato
 il 7 giugno 1990, depositato in Cancelleria il 16 giugno  successivo,
 per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito dell'ordinanza del
 Presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta  del  15  marzo
 1990,  n.  342,  con  la  quale  e'  stato  disposto  il  divieto  di
 introduzione nel territorio della Regione Valle d'Aosta  di  ovini  e
 caprini  provenienti  da  altre regioni italiane ed iscritto al n. 19
 del registro conflitti 1990;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Valle d'Aosta;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  novembre  1990  il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avvocati Valerio Onida per la Regione Piemonte e Mario
 Alu' per la Regione Valle d'Aosta;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso regolarmente notificato e depositato la Regione
 Piemonte ha sollevato conflitto di  attribuzione  contro  la  Regione
 Valle  d'Aosta in relazione all'ordinanza del Presidente della Giunta
 di quest'ultima Regione 15 marzo 1990, n. 342, con la quale e'  stato
 disposto,  limitatamente  alla  pratica della monticazione per l'anno
 1990, il divieto di introduzione nel territorio della stessa  Regione
 di  ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane. Secondo la
 ricorrente,  l'ordinanza  impugnata  interferirebbe  illegittimamente
 sulle  competenze  ad  essa  costituzionalmente  assicurate, violando
 l'art. 120 della Costituzione sotto tre distinti profili.
   Il  provvedimento impugnato si porrebbe, innanzitutto, in contrasto
 con l'art. 120 della Costituzione, in relazione  all'art.  2  (recte:
 1),  ultimo comma, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, e agli artt. 27,
 lett. l, e 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonche'  alla  legge
 23  dicembre  1978,  n.  833,  i quali, nell'ambito della sub-materia
 della polizia veterinaria, hanno trasferito alle regioni le  funzioni
 di  igiene  e  di assistenza veterinaria, ivi comprese la profilassi,
 l'ispezione, la polizia e la vigilanza sugli  animali  e  sulla  loro
 alimentazione,  nonche'  sugli alimenti di origine animale. Ad avviso
 della ricorrente, dal momento che l'art. 120,  secondo  comma,  della
 Costituzione  porrebbe un divieto assoluto di adozione da parte delle
 regioni di provvedimenti che ostacolino "in qualsiasi modo" la libera
 circolazione  delle  persone  e  delle  cose  tra  le regioni stesse,
 l'ordinanza impugnata, oltre a violare testualmente la predetta norma
 costituzionale  (la  quale  sembra  vietare  qualsiasi  provvedimento
 limitativo della circolazione, comunque motivato e  per  qualsivoglia
 ragione  assunto),  metterebbe  nel  nulla  le  richiamate competenze
 regionali in materia di polizia veterinaria, competenze peraltro gia'
 esercitate  dalla  Regione  Piemonte  con  d.P.G.R. 21 marzo 1985, n.
 2585, che ha confermato l'obbligatorieta' della  vaccinazione  contro
 la brucellosi e il divieto di transumanza delle greggi non indenni da
 brucellosi.
    In  secondo luogo, l'ordinanza impugnata contrasterebbe con l'art.
 120,  secondo  comma,  della  Costituzione,  in  quanto  quest'ultimo
 risulterebbe  violato  mediatamente  per  effetto della violazione di
 numerose norme interposte, quali le disposizioni poste in materia  di
 polizia veterinaria dal d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (artt. 41, 42,
 44, 105, 106, 107, 109, 110 e 111), gli artt. 6 e 7  della  legge  23
 dicembre  1978, n. 833, le norme di attuazione dello Statuto speciale
 della Valle d'Aosta contenute nell'art. 38  del  d.P.R.  22  febbraio
 1982,  n.  182, l'art. 2 della legge regionale della Valle d'Aosta 11
 maggio  1981,  n.  24  (che  stabilisce  norme  sull'esercizio  delle
 funzioni  amministrative  in materia veterinaria ai sensi degli artt.
 16 e 32 della legge n. 833 del 1978), e, infine, il "Piano  nazionale
 per  la  profilassi  della  brucellosi ovina e caprina" approvato con
 decreto  ministeriale  4  giugno  1968  e  modificato   con   decreti
 ministeriali  9  agosto  1971,  15  giugno 1976, 15 dicembre 1976, 28
 aprile 1979, 15 aprile 1981 e 6 novembre 1981.
    Piu'  in  particolare, ad avviso della ricorrente, pur a non voler
 ritenere che il divieto posto dall'art. 120  della  Costituzione  sia
 assoluto  e  che  esso  debba  esser  bilanciato  con altri interessi
 costituzionalmente garantiti, si dovrebbe tuttavia riconoscere che in
 ipotesi  non  si  riscontrano altri interessi con cui bilanciare quel
 divieto. In  ogni  caso,  continua  la  ricorrente,  non  sembra  che
 l'ordinanza  impugnata sia stata adottata legittimamente per il fatto
 che gli artt. 106 e 107 del d.P.R. n. 320 del  1954  non  contemplano
 tra i possibili provvedimenti da adottare i divieti di spostamento di
 animali  e,  tantomeno,  divieti  generici  e  generali  come  quello
 impugnato,  ma  prevedono  solamente  provvedimenti  profilattici, di
 controllo e  certificazione  sanitaria,  nonche'  divieti  singoli  e
 motivati   di  circolazione.  Inoltre,  mentre  il  ricordato  "Piano
 nazionale  per  la  profilassi  della  brucellosi",  pur   prevedendo
 interventi  cautelari  relativamente  al  pascolo e alla circolazione
 degli ovini e dei caprini, ne affida la competenza al Ministro  della
 sanita'  ove riguardino piu' province o l'intero territorio nazionale
 (sempreche'  si  riferiscano  ad  allevamenti   che   non   risultino
 "ufficialmente  indenni"  o  "indenni" da brucellosi), la legge della
 Valle d'Aosta n. 24 del 1981 affida alle Unita' sanitarie  locali  le
 funzioni  in  materia  veterinaria  non  espressamente riservate allo
 Stato o alla regione e,  quindi,  riguardanti  questioni  di  portata
 infraregionale.
    In  terzo  luogo,  sempre a giudizio della ricorrente, l'ordinanza
 impugnata  lederebbe  l'art.  120  della  Costituzione  in  relazione
 all'art.  32  della  legge  n.  833  del 1978 e all'art. 4 della gia'
 ricordata legge regionale della Valle d'Aosta n. 24 del 1981, i quali
 comportano   l'assoluta  incompetenza  del  Presidente  della  Giunta
 regionale ad adottare atti  come  l'ordinanza  oggetto  del  presente
 giudizio.   Infatti,   dovendo  ritenere,  in  assenza  di  qualsiasi
 indicazione   espressa,   che   quest'ultima   sia   stata   adottata
 nell'esercizio  del  potere  di  emanare provvedimenti contingibili e
 urgenti in  materia  di  igiene  e  sanita'  pubblica  e  di  polizia
 veterinaria  ai  sensi  dell'art.  32  della  legge n. 833 del 1978 e
 dell'art. 4 della  legge  regionale  n.  24  del  1981,  si  dovrebbe
 concludere che l'ordinanza impugnata non rientra nella competenza del
 Presidente regionale, bensi' in quella del  Ministro  della  sanita',
 dal momento che essa, nel vietare l'ingresso nel territorio regionale
 agli ovini e ai caprini provenienti da altre regioni (ma in  sostanza
 dalla sola Regione Piemonte), riguarda in realta' la circolazione tra
 una regione e un'altra o, piu' precisamente, un'attivita' relativa  a
 una  parte  del  territorio  nazionale  comprendente piu' regioni. In
 altre parole, poiche' l'atto impugnato ha come destinatari coloro che
 si  trovano  fuori  del  luogo  rispetto  al quale vige il divieto di
 introduzione  di  animali,  esso  eccede  l'ambito  territoriale  con
 riferimento  al quale possono essere adottate da parte del Presidente
 della Giunta della Valle d'Aosta le ordinanze contingibili e urgenti.
    In ogni caso, conclude la ricorrente, il provvedimento impugnato -
 che appare viziato da eccesso di potere per carenza  di  presupposti,
 incongruenza,   irragionevolezza,   difetto   di   istruttoria  e  di
 motivazione - lederebbe le competenze della Regione Piemonte (la sola
 confinante    con    la    Valle    d'Aosta)   in   quanto   colpisce
 indiscriminatamente gli  ovini  e  i  caprini  provenienti  da  altre
 regioni  senza  distinguere  tra  animali  (o allevamenti) indenni da
 brucellosi e quelli  non  indenni  e  senza  dare  piena  e  assoluta
 certezza  delle  ragioni  che  hanno  indotto l'autorita' sanitaria a
 operare nel modo censurato, tenendo conto che in Piemonte non  si  e'
 verificata alcuna epidemia di brucellosi.
    La   ricorrente   chiede,  dunque,  l'annullamento  dell'ordinanza
 impugnata, previa sospensione della stessa.
    2.  -  Si  e' regolarmente costituita in giudizio la Regione Valle
 d'Aosta per eccepire l'inammissibilita' del ricorso e, comunque,  per
 chiedere che ne sia dichiarata l'infondatezza.
    Sotto  il  primo  profilo,  la  resistente  osserva che la Regione
 Piemonte non rivendica a  se'  le  competenze  esercitate  attraverso
 l'atto impugnato, ma si limita a contestarne la legittimita'. Piu' in
 particolare, posto che la ricorrente pone l'alternativa in base  alla
 quale gli ordinari poteri di polizia veterinaria spettano alle Unita'
 sanitarie locali, se di portata infraregionale,  ovvero  al  Ministro
 della  sanita', se di portata interregionale o nazionale, e posto che
 nel primo caso non puo' ipotizzarsi un conflitto con la Regione Valle
 d'Aosta  trattandosi  di  Unita'  sanitarie  locali valdostane, se ne
 deduce che in realta' il conflitto dovrebbe  essere  sollevato  dallo
 Stato.
    Riguardo  al merito delle contestazioni sollevate, premesso che la
 brucellosi e' una malattia grave e  molto  diffusa  tra  il  bestiame
 ovino  e  caprino,  la quale e' di facile contagio e il cui controllo
 richiede terapie di lunga durata, la resistente osserva che, come  ha
 affermato  questa  Corte  nella  sentenza  n. 12 del 1963, il divieto
 posto dall'art. 120 della Costituzione non e' assoluto  e,  pertanto,
 non  lo  si  puo' ritenere violato di fronte all'esistenza di gravi e
 urgenti ragioni giustificative di limiti e divieti alla  circolazione
 di  persone  e  cose tra regione e regione, tanto piu' quando questi,
 come nel caso,  non  hanno  alternative  sanitariamente  idonee  onde
 evitare  i gravi pericoli di diffusione della malattia in conseguenza
 della usuale pratica della monticazione e tanto piu'  che  la  stessa
 difesa  della  Regione  Piemonte  ammette  che  il  24  per cento del
 bestiame  esistente  nel  proprio  territorio  non  e'   indenne   da
 brucellosi.
    3.  -  La  trattazione  dell'istanza di sospensione dell'efficacia
 dell'atto impugnato veniva fissata per la Camera di Consiglio del  26
 settembre  1990, in prossimita' della quale le parti hanno presentato
 memorie. Poiche' la Regione Piemonte ha rinunziato  alla  istanza  di
 sospensiva  e  poiche'  la  Regione Valle d'Aosta ha riconosciuto che
 l'eventuale sospensione dell'atto sarebbe stata inidonea ad  arrecare
 alcun  beneficio  alla  ricorrente,  considerato che il provvedimento
 impugnato ha efficacia solo  per  l'anno  1990  e  la  pratica  della
 monticazione  si  svolge unicamente d'estate, la Corte ha rinviato il
 giudizio all'udienza del 13 novembre 1990 per la discussione pubblica
 del conflitto di attribuzione.
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza  le  parti  hanno  presentato
 ulteriori memorie difensive.
    4.1.   -   La   Regione  Piemonte,  in  replica  all'eccezione  di
 inammissibilita' della resistente, afferma che il conflitto  proposto
 non  ha ad oggetto una vindicatio potestatis, ma un cattivo esercizio
 del potere spettante alla Regione Valle  d'Aosta  (sempreche'  questo
 sia   ritenuto   esistente),  che  si  assume  lesivo  delle  proprie
 competenze sotto un duplice profilo.
    Innanzitutto,  ad avviso della ricorrente, occorre considerare che
 in uno Stato regionale il territorio non viene in questione  soltanto
 come  sfera  spaziale entro la quale le regioni possono esercitare le
 loro funzioni, ma anche come ambito che non puo'  mai  costituire  un
 limite  alla  liberta'  di  circolazione  delle persone e delle cose.
 Quest'ultimo aspetto - il  quale  e'  garantito  per  i  profili  qui
 interessanti  dall'art.  120,  secondo  comma,  della  Costituzione -
 comporta in capo a ogni regione  la  titolarita'  di  una  situazione
 soggettiva  costituzionalmente  tutelata  a  che un'altra regione non
 adotti nei  suoi  confronti  provvedimenti  limitativi  della  libera
 circolazione   di  persone  e  cose.  E,  poiche'  l'art.  120  della
 Costituzione e' norma applicativa  dei  principi  posti  dall'art.  5
 della  Costituzione,  esso  costituisce  una  situazione soggettiva a
 favore dello Stato e, nello stesso tempo, di  ogni  singola  regione,
 per la cui tutela, quindi, sia lo Stato che le regioni sono abilitati
 a ricorrere. Infatti, soggiunge la ricorrente, l'unita'  dello  Stato
 dev'esser,  certo,  considerata  interesse  dello  Stato  stesso,  ma
 costituisce  anche  un'ineliminabile  e  imprescindibile   componente
 dell'autonomia  regionale,  in  mancanza della quale sarebbe messo in
 pericolo lo stesso assetto unitario  dello  Stato  sotto  il  profilo
 solidaristico.
    Per   altro  aspetto,  poi,  la  lesione  delle  competenze  della
 ricorrente deriverebbe  dal  fatto  che  il  provvedimento  impugnato
 porrebbe  nel  nulla  i  risultati dei controlli sulle malattie degli
 animali, che la Regione Piemonte esercita in virtu' delle  competenze
 che  l'art. 117 della Costituzione ha conferito ad essa in materia di
 agricoltura, materia nella quale, grazie al d.P.R. n. 616  del  1977,
 sono ricomprese la zootecnia e la polizia veterinaria.
    Quanto   al   merito   del  conflitto,  la  ricorrente  sottolinea
 innanzitutto che l'ordinanza impugnata si pone in diretto  e  palmare
 contrasto  con  l'art.  120,  secondo  comma,  della Costituzione, in
 quanto  con  provvedimento   generico   e   generalizzato   impedisce
 l'introduzione di ovini e caprini nella Regione Valle d'Aosta. Ne' si
 potrebbe dire, sempre ad avviso della ricorrente, che gravi e urgenti
 ragioni  di  carattere sanitario giustificherebbero l'esercizio di un
 potere di deroga al divieto sancito dall'art. 120 della Costituzione,
 dal  momento  che  la  rigorosa formulazione di quest'ultimo articolo
 (divieto di provvedimenti  che  ostacolino  "in  qualsiasi  modo"  la
 libera  circolazione)  induce  a  ritenere che solo lo Stato potrebbe
 eventualmente emanare provvedimenti derogatori,  essendo  la  regione
 nient'altro che la destinataria di quel divieto e non potendo un atto
 limitativo della circolazione tra regione e regione riguardare  altro
 che  un  ambito  interregionale.  Ne', secondo la ricorrente, avrebbe
 valore invocare la tesi dottrinale secondo cui  la  regione  potrebbe
 limitare  la circolazione delle persone e delle cose in nome di altri
 interessi costituzionalmente garantiti e, in particolare, per ragioni
 di  carattere  sanitario,  sia  perche'  tale  tesi  si richiamerebbe
 palesemente  all'art.  16  della  Costituzione  sulla   liberta'   di
 circolazione  delle persone, liberta' che significativamente potrebbe
 essere limitata per motivi sanitari solo  dallo  Stato  e  con  legge
 generale,  sia  perche'  si  appoggerebbe  su una decisione di questa
 Corte (n. 12 del 1963), che sarebbe mal invocata poiche' in quel caso
 il   temporaneo  divieto  di  circolazione  del  bene  proveniva  dal
 proprietario dello stesso bene.
    Sull'asserita    illegittimita'    dell'ordinanza   impugnata   la
 ricorrente aggiunge che, per costante insegnamento giurisprudenziale,
 le  ordinanze di necessita' abbisognano di una rigorosa motivazione e
 devono essere fondate su dati  di  fatto  certi,  conosciuti  e  resi
 palesi: di tutto cio', sostiene la ricorrente, non vi sarebbe traccia
 in tal caso. Infine, la Regione Piemonte ricorda le norme comunitarie
 sulla  libera circolazione fra regione e regione e sulla eradicazione
 della brucellosi, sottolineando in particolare, come sostenuto  nella
 recente decisione del Consiglio delle Comunita' Europee n. 90/242 del
 21 maggio 1990, che i provvedimenti di  divieto  in  tema  di  libera
 circolazione delle cose non possono essere generici.
    4.2.  -  Nelle  proprie  memorie la Regione Valle d'Aosta insiste,
 innanzitutto, sulla inammissibilita' del ricorso,  sottolineando  che
 nel  caso  non  sussisterebbe  ne' una vindicatio potestatis, ne' una
 menomazione delle  competenze  regionali  di  ordine  costituzionale:
 circostanza,  quest'ultima,  ammessa  dalla  stessa ricorrente quando
 afferma che l'ordinanza impugnata sarebbe di  competenza  dell'Unita'
 sanitaria locale valdostana ovvero del Ministro della sanita'.
    Nel  merito  del  conflitto,  la resistente, ribadendo che gravi e
 urgenti   ragioni,   sorrette   da    interessi    costituzionalmente
 apprezzabili,  permettono di porre limiti e divieti alla circolazione
 di persone e cose tra regione e regione, ricorda che in  dottrina  si
 e'  vista  un'applicazione  di  tale  tesi in una decisione di questa
 Corte (n. 12 del 1963), che  ha  ritenuto  legittimi  atti  che,  pur
 sottraendo determinati beni economici al libero movimento, sono stati
 considerati tali da non aver ripercussioni dannose  sulla  produzione
 nazionale.    Nel   caso,   continua   la   resistente,   l'interesse
 costituzionale giustificativo di limiti alla libera  circolazione  di
 animali  sarebbe  dato  da  una  grave  situazione sanitaria, tale da
 richiedere un'intervento tempestivo e urgente diretto a  prevenire  i
 pericoli  di  diffusione della brucellosi. Ne' si puo' dire, conclude
 la  resistente,  che  il  provvedimento  impugnato  sia  generico   e
 indiscriminato, poiche', considerato il suo carattere preventivo, non
 poteva essere adottato che in via generale, non potendosi determinare
 con  sicurezza  i  capi  e  le  greggi portatori del morbo ed essendo
 impossibile  un  controllo  dettagliato  a  fronte  di  un  rilevante
 ingresso  di animali per la monticazione. Sotto tale aspetto, dunque,
 non  potrebbe  dubitarsi  della  ragionevolezza  e  della  congruenza
 dell'ordinanza impugnata.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  Regione Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione
 nei confronti della Regione a  statuto  speciale  Valle  d'Aosta  per
 avere  il  Presidente  della  Giunta di quest'ultima Regione adottato
 l'ordinanza 15 marzo 1990, n. 342, con la quale  e'  stato  disposto,
 limitatamente  alla  pratica  della  monticazione per l'anno 1990, il
 divieto di introduzione nel territorio valdostano di "ovini e caprini
 provenienti  da  altre regioni italiane". Ad avviso della ricorrente,
 la suddetta ordinanza violerebbe l'art.  120,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  per  il  quale  ciascuna  regione  "non  puo' adottare
 provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione
 delle  persone  e delle cose fra le regioni" stesse, sotto i seguenti
 profili: a) per  diretto  e  palese  contrasto  con  il  divieto  ivi
 stabilito,  avendo la Regione Valle d'Aosta adottato un provvedimento
 generico e generalizzato, limitativo della  circolazione  di  animali
 fra  le  regioni  in  deroga  all'assolutezza  del  divieto stesso o,
 comunque, in base a motivi che non avrebbero  alcuna  giustificazione
 costituzionale;  b)  per  violazione delle norme interposte che hanno
 trasferito alle  regioni  le  funzioni  di  polizia  e  di  vigilanza
 veterinaria  (art.  27,  lett.  l, e 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616, nonche' legge 23 dicembre 1978, n. 833), ritenendosi,  da  parte
 della  ricorrente,  che  le  funzioni di cui questa e' titolare siano
 state vanificate dal provvedimento impugnato; c)  per  contrasto  con
 ulteriori norme interposte e, in particolare, con gli artt. 106 e 107
 del d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, e con gli artt. 6, 7 e  32  della
 legge  23 dicembre 1978, n. 833, in base ai quali provvedimenti, come
 quelli  impugnati,  che  interessano  necessariamente  piu'  regioni,
 dovrebbero spettare allo Stato e, in ogni caso, esorbiterebbero dalle
 competenze della sola Regione Valle d'Aosta; d)  per  violazione  del
 limite   territoriale,   avendo   l'ordinanza   impugnata  come  suoi
 destinatari  soggetti  che  inevitabilmente  si  trovano  fuori   del
 territorio  regionale  e  nei  confronti  dei  quali,  pertanto,  non
 potrebbero essere adottati  provvedimenti  restrittivi  di  qualsiasi
 genere.
    La  Regione Valle d'Aosta ha preliminarmente proposto un'eccezione
 di inammissibilita' basata sulla addotta mancanza di interesse  della
 ricorrente  a  contestare  una  competenza che, come assume la stessa
 Regione Piemonte, dovrebbe spettare a un'autorita' sovraregionale  e,
 segnatamente, al Ministro della sanita'.
    2. - L'eccezione d'inammissibilita' non e' fondata.
    Il  conflitto  di attribuzione oggetto di questo giudizio e' stato
 sollevato dalla Regione Piemonte nei confronti  della  Regione  Valle
 d'Aosta   in   riferimento   all'art.   120,   comma  secondo,  della
 Costituzione,  il  quale  vieta  a  ciascuna  regione  di   "adottare
 provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione
 delle persone e  delle  cose  fra  le  regioni".  Si  tratta  di  una
 disposizione  che,  se,  per  un  verso, pone un limite all'esercizio
 delle competenze legislative e amministrative di  tutte  le  regioni,
 per  altro verso, invece, attribuisce a ciascuna regione un interesse
 costituzionalmente  protetto  a  che  un'altra  regione  non   adotti
 provvedimenti diretti a limitare la libera circolazione delle persone
 e delle cose sottoposte al proprio potere, menomando cosi'  il  pieno
 sviluppo  dell'autonomia  e  delle  posizioni  costituzionali  che il
 citato art. 120 ha riconosciuto a ciascuna di esse.
    Di  fronte a un'ordinanza che limita la circolazione degli animali
 fra le altre  regioni  e  la  Valle  d'Aosta,  non  si  puo'  negare,
 pertanto, che il Piemonte - il quale confina con la Valle d'Aosta sia
 legittimato ad agire in  giudizio  per  la  tutela  di  un  interesse
 riconducibile  alla propria posizione costituzionale di ente autonomo
 legato agli altri enti dello stesso  tipo  da  rapporti  di  rispetto
 reciproco  e  da  vincoli di solidarieta' e di cooperazione. Infatti,
 come ha affermato questa Corte nella sentenza n. 12 del 1963,  l'art.
 120 della Costituzione esprime un principio fondamentale necessario a
 garantire  i  valori  basilari  dell'unita'-indivisibilita'   e   del
 pluralismo  autonomistico,  solennemente dichiarati dall'art. 5 della
 Costituzione  ("La  Repubblica,  una  e  indivisibile,  riconosce   e
 promuove  le  autonomie  locali").  In  ragione  di tale connessione,
 l'interesse costituzionale alla libera circolazione delle  persone  e
 delle  cose  protetto  dall'art.  120  fonda  in ciascuna regione una
 legittimazione ad agire in giudizio a tutela della propria  posizione
 costituzionale di ente autonomo nell'ambito di un sistema decentrato,
 solidale e cooperativo,  cosi'  come  sta  a  base  di  un'analoga  e
 concorrente  legittimazione  dello  Stato  a protezione dell'unita' e
 indivisibilita' della Repubblica.
    3. - Il ricorso merita l'accoglimento.
    Contrariamente a quanto sostiene in tesi principale la ricorrente,
 il divieto imposto a ciascuna regione dall'art. 120,  secondo  comma,
 della   Costituzione,  relativo  all'adozione  di  provvedimenti  che
 ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle  persone  e
 delle  cose  fra  regione  e  regione,  non  comporta una preclusione
 assoluta, per gli atti  regionali,  di  stabilire  limiti  al  libero
 movimento  delle  persone  e  delle  cose. Il potere delle regioni di
 disciplinare e,  quindi,  di  limitare  la  libera  circolazione  dei
 soggetti  umani  e dei beni e', infatti, connaturato allo svolgimento
 dell'autonomia  politica  e  amministrativa  delle  regioni   stesse.
 Sicche'  quel  potere  non  puo' essere escluso tutte le volte che le
 disposizioni costituzionali che regolano il  libero  movimento  delle
 persone  o  delle  cose  ammettono  che  la relativa disciplina possa
 essere  posta  anche  da   atti   di   esercizio   delle   competenze
 costituzionalmente  spettanti  alle regioni. Piu' precisamente, nella
 misura in cui l'art. 16 della Costituzione autorizza anche interventi
 regionali  limitativi  della liberta' di circolazione delle persone e
 nella misura in cui altre norme  costituzionali,  principalmente  gli
 artt.  41  e  42 della Costituzione, ammettono che le limitazioni ivi
 previste alla libera circolazione dei beni possano essere poste anche
 con  atti regionali, non puo' negarsi che la regione, per la parte in
 cui legittimamente concorre all'attuazione dei valori  costituzionali
 contrapposti  a  quelle  liberta', possa stabilire limiti alla libera
 circolazione delle persone e delle cose.
    Questa  affermazione, in qualche modo gia' presente nella sentenza
 n. 12 del 1963 di questa Corte, presuppone che gli "ostacoli", di cui
 parla  l'art.  120,  secondo comma, della Costituzione, consistano in
 limiti  che  senza  alcun  fondamento  costituzionale  finiscono  per
 restringere  in  qualsiasi  modo  il libero movimento delle persone e
 delle cose fra una  regione  e  l'altra.  Cio'  significa,  in  somma
 sintesi, che l'esigenza di una disciplina regionale differenziata non
 puo'  spingersi  fino  al  punto  di  porre  barriere  o  impedimenti
 ingiustificati  e  arbitrari alla libera circolazione delle persone e
 delle cose fra le regioni.
    Da  tali premesse deriva che, al fine di verificare se l'ordinanza
 impugnata  abbia  violato  l'art.  120  della  Costituzione  e  abbia
 consequenzialmente  menomato l'autonomia costituzionalmente garantita
 ad altre regioni, occorre procedere a uno scrutinio articolato in tre
 gradi. Piu' precisamente, occorre esaminare: a) se si sia in presenza
 di un valore costituzionale in  relazione  al  quale  possano  essere
 posti  limiti alla libera circolazione delle cose o degli animali; b)
 se, nell'ambito  del  suddetto  potere  di  limitazione,  la  regione
 possegga  una  competenza che la legittimi a stabilire una disciplina
 differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati  alla
 sua  cura;  c)  se il provvedimento adottato in attuazione del valore
 suindicato e  nell'esercizio  della  predetta  competenza  sia  stato
 emanato  nel  rispetto  dei  requisiti  di legge e abbia un contenuto
 dispositivo  ragionevolmente  commisurato  al  raggiungimento   delle
 finalita'  giustificative  dell'intervento  limitativo della regione,
 cosi' da non costituire  in  concreto  un  ostacolo  arbitrario  alla
 libera circolazione delle cose fra regione e regione.
    4.  -  L'ordinanza del Presidente della Giunta della Regione Valle
 d'Aosta 15 marzo 1990, n.  342,  vieta,  limitatamente  alla  pratica
 della  monticazione  per  l'anno  1990, l'introduzione nel territorio
 della Regione stessa di ovini e caprini provenienti da altre  regioni
 italiane,  motivando  tale  divieto  con  l'esigenza  di proteggere i
 propri allevamenti dal contagio della brucellosi causato  da  animali
 provenienti  da  altre  regioni.  In  altri  termini, l'interesse che
 l'ordinanza impugnata mira a tutelare e' quello  della  sanita',  che
 nel caso viene in questione sotto l'aspetto della polizia veterinaria
 o, piu' precisamente, sotto il profilo delle  misure  di  prevenzione
 vo'lte  a  proteggere  gli  allevamenti  valdostani  dal  pericolo di
 contagio della brucellosi da parte di ovini e caprini provenienti  da
 altre regioni.
    Non  vi  puo' esser dubbio che la sanita' rappresenti un interesse
 costituzionalmente protetto che puo' fungere da "limite" rispetto  al
 diverso interesse alla libera circolazione delle cose e degli animali
 fra le regioni,  tutelato  dall'art.  120  della  Costituzione.  Cio'
 significa  che  la  liberta'  di  movimento  dei  beni tra una zona e
 l'altra  del  territorio  nazionale  -  garantita  in  via   generale
 dall'art. 41 della Costituzione e, per quel che concerne il potere di
 limitazione regionale, dall'art.  120  della  stessa  Costituzione  -
 dev'esser bilanciata con un complesso di interessi costituzionalmente
 protetti, riconducibili a diritti fondamentali o a valori  collettivi
 di  carattere  primario,  fra i quali rientrano sicuramente la salute
 pubblica e, come fine di utilita'  sociale,  la  conservazione  e  lo
 sviluppo del patrimonio zootecnico.
    Questa  affermazione  e',  del resto, suffragata dal rilievo che i
 poteri pubblici di profilassi veterinaria sono,  in  ultima  analisi,
 strumentali  alla  protezione della salute pubblica e, pertanto, sono
 preordinati  all'attuazione  del   valore   che   l'art.   32   della
 Costituzione   tutela,   oltreche'  come  diritto  inviolabile  della
 persona, come interesse primario della collettivita' (v., da  ultimo,
 sentt.  nn. 307 e 455 del 1990). Inoltre, non si puo' trascurare che,
 poiche' la sanita' e' garantita dall'art. 16 della Costituzione  come
 bene  pubblico  la  cui  tutela  puo'  importare  limiti  al  diritto
 fondamentale di ogni persona di circolare  liberamente  in  qualsiasi
 parte  del  territorio  nazionale,  a  fortiori deve ritenersi che lo
 stesso  interesse  costituzionale  della   sanita'   pubblica   possa
 comportare limiti o restrizioni alla libera circolazione delle cose e
 degli animali tra regione e regione.
    5.  - Ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e della legge 23
 dicembre 1978, n. 833, la regione  detiene  funzioni  in  materia  di
 sanita'   pubblica   che,  con  specifico  riferimento  alla  polizia
 veterinaria,  la  legittimano  a  disciplinare  e   a   limitare   la
 circolazione  degli animali al fine di tutelare interessi regionali o
 locali affidati alla sua cura.
    L'art.  27,  lettera l, del d.P.R. n. 616 del 1977, infatti, aveva
 gia' individuato tra le funzioni comprese  nella  materia  assistenza
 sanitaria  e  ospedaliera  quelle  relative alla "igiene e assistenza
 veterinaria, ivi compresa la profilassi, l'ispezione, la polizia e la
 vigilanza  sugli  animali  e  sulla loro alimentazione, nonche' sugli
 alimenti di origine animale", mentre  l'art.  14,  lettera  p,  della
 legge  23  dicembre  1978,  n.  833,  ha  poi  attribuito alle Unita'
 sanitarie locali le relative competenze. L'art. 66 del citato decreto
 ha,  inoltre,  precisato che nella materia dell'agricoltura e foreste
 sono ricomprese le attivita' zootecniche e l'allevamento di qualsiasi
 specie   di   animali,   compresi  il  miglioramento  e  l'incremento
 zootecnico,  nonche'   i   servizi   di   diagnosi   delle   malattie
 trasmissibili  degli  animali. L'art. 32, terzo comma, della legge n.
 833 del  1978  ha,  infine,  conferito  al  Presidente  della  Giunta
 regionale il potere di adottare ordinanze di carattere contingibile e
 urgente in materia di polizia veterinaria, aventi un'efficacia estesa
 al territorio della regione.
    L'atto   in  relazione  al  quale  e'  stato  sollevato  l'attuale
 conflitto  di  attribuzione  ha   il   proprio   diretto   fondamento
 nell'appena citato art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978.
 Si tratta, infatti, di un'ordinanza contingibile  e  urgente  che  il
 Presidente  della  Giunta  della Regione Valle d'Aosta ha adottato al
 dichiarato scopo di sospendere, per la pratica della monticazione  da
 svolgersi  nella  estate 1990, l'ingresso nel territorio regionale di
 ovini  e  caprini  provenienti  da  altre  regioni,  onde   prevenire
 occasioni   di   contagio   della   brucellosi  a  danno  dei  propri
 allevamenti.
    6.  -  Contrariamente  a  quel che suppone la ricorrente, non puo'
 essere contestata l'attribuzione del suddetto potere di ordinanza  al
 Presidente della Giunta valdostana, in considerazione del rilievo che
 l'art. 32, primo comma, della legge n. 833  del  1978  conferisce  il
 predetto  potere al Ministro della sanita' ogni volta che il relativo
 provvedimento debba riferirsi "all'intero territorio  nazionale  o  a
 parte di esso comprendente piu' regioni". In realta', cio' che rileva
 ai fini della determinazione spaziale del potere in  contestazione  e
 della  correlativa  ripartizione di competenze fra Stato e regioni e'
 l'ambito di applicazione proprio del provvedimento  stesso  -  ambito
 che nel caso coincide con l'intero territorio regionale -, e non gia'
 la produzione degli effetti limitativi che si riverberano su soggetti
 che si trovino in regioni diverse.
    Il potere di ordinanza regionale a fini di polizia veterinaria e',
 infatti,  preordinato  alla  tutela  della  sanita'   degli   animali
 appartenenti  alla regione titolare di quel medesimo potere. Sicche',
 come questa Corte ha affermato in via di principio (v. sent.  n.  201
 del 1987), ove la concreta situazione di fatto cui occorre far fronte
 lo richieda (come, ad esempio, nel caso di  una  totale  e  accertata
 sanita'  del  proprio  bestiame  e  di  una  diffusione  di  malattie
 infettive a carattere epizootico nelle restanti regioni), non si puo'
 escludere, al fine di proteggere la sanita' del patrimonio zootecnico
 o di alcune specie di animali sottoposti alle proprie competenze, che
 una certa regione possa impedire l'ingresso nel proprio territorio di
 determinati animali provenienti da altre regioni.
    Per  i  profili considerati, non si puo' condividere il dubbio che
 l'ordinanza impugnata non rientri fra i poteri che l'art.  32,  terzo
 comma,  della  legge n. 833 del 1978, attribuisce al Presidente della
 Giunta regionale, poteri che concernono  l'adozione,  in  materia  di
 polizia  veterinaria,  di  provvedimenti  di carattere contingibile e
 urgente, aventi come proprio ambito  di  applicazione  il  territorio
 regionale o parte di esso comprendente piu' comuni.
    7.  -  Cio'  non  di meno, l'ordinanza del Presidente della Giunta
 valdostana,  oggetto  del  conflitto  di   attribuzione   in   esame,
 costituisce  un cattivo esercizio del potere previsto dal citato art.
 32, terzo comma, della legge n. 833 del  1978  e  pertanto  comporta,
 sotto  l'aspetto  considerato, una menomazione dell'autonomia e delle
 posizioni garantite dall'art. 120 della Costituzione a ciascuna delle
 altre regioni.
    Il   potere   di   ordinanza  disciplinato  dall'art.  32,  appena
 menzionato, e' un potere di necessita' e di urgenza che,  comportando
 una  deroga  eccezionale  all'ordinario regime degli atti normativi e
 amministrativi, puo' essere svolto in casi  di  particolare  gravita'
 tassativamente  previsti dalla legge. In relazione al caso sottoposto
 a  questo  giudizio,  esso  autorizza  il  Presidente  della   Giunta
 regionale  ad adottare, nei limiti spaziali della propria competenza,
 tutte le misure ritenute indispensabili al fine di prevenire pericoli
 gravi  alla  sanita'  degli  animali in presenza di diffusi e attuali
 fenomeni epizootici. Cio' significa che, allo scopo di non  rientrare
 fra  i  provvedimenti  regionali  impositivi  di  limiti  arbitrari e
 irragionevoli alla libera circolazione delle cose, vietati  dall'art.
 120  della  Costituzione, l'ordinanza impugnata avrebbe dovuto essere
 adottata, innanzitutto, in presenza di  una  situazione  fattuale  di
 necessita'  e  urgenza,  involgente  gravi  pericoli  alla  accertata
 sanita' del patrimonio zootecnico regionale; essa,  inoltre,  avrebbe
 dovuto  contenere  le misure strettamente necessarie rispetto al fine
 di prevenire  la  diffusione  del  contagio  fra  le  specie  animali
 soggette  alla  epizoozia indicata. Ma, poiche' ne' l'una circostanza
 appare minimamente provata, ne' l'altro requisito appare  rispettato,
 l'ordinanza del Presidente della Giunta regionale valdostana, oggetto
 dell'attuale giudizio, si risolve in  un  esercizio  illegittimo  del
 potere di necessita' e di urgenza previsto dall'art. 32, terzo comma,
 della  legge  n.  833  del  1978,  un  esercizio  che  comporta   una
 menomazione  dell'autonomia  costituzionalmente  garantita alle altre
 regioni.
    Piu'  in  particolare, nell'ordinanza impugnata non sussiste alcun
 elemento che possa indurre a ritenere che, quando essa fu emanata, si
 era  in  presenza di una situazione di fatto che, per la gravita' del
 pericolo di contagio nei confronti di allevamenti sicuramente sani  e
 per  la necessita' e urgenza del provvedere, fosse tale da costituire
 una sufficiente giustificazione per l'esercizio del potere attribuito
 al  Presidente  della  Giunta  regionale dal ricordato art. 32. Nella
 premessa  dell'ordinanza,  infatti,   c'e'   soltanto   un   generico
 riferimento  alla "particolare situazione sanitaria degli allevamenti
 della nostra regione  per  quanto  attiene  all'infezione  di  natura
 brucellare"  e  al particolare rischio di contagio che gli animali al
 pascolo corrono nel periodo estivo, nonche' un generale richiamo alla
 maggiore  possibilita' di trasmissione della brucellosi fra gli ovini
 e i caprini rispetto a quella  riscontrabile  presso  altri  animali.
 Inoltre,  nella  parte dispositiva, l'ordinanza impugnata contiene un
 divieto che colpisce indiscriminatamente tutti gli ovini e i  caprini
 provenienti  da  altre  regioni  italiane,  e  non  gia' soltanto gli
 allevamenti o gli  animali  che  non  siano  stati  qualificati  come
 indenni  o  ufficialmente  indenni  dalla  brucellosi  da parte delle
 autorita' legittimamente investite in ciascuna regione  dei  relativi
 poteri   di  accertamento.  Sicche',  anche  sotto  questo  ulteriore
 profilo, l'atto impugnato impone un divieto arbitrario e contrario al
 principio  di  cooperazione,  essendo  quel  divieto sproporzionato e
 privo di ogni ragionevole connessione rispetto alle finalita' che, in
 base   all'art.   32  della  legge  n.  833  del  1978,  giustificano
 l'esercizio del potere di ordinanza attribuito  al  Presidente  della
 Giunta regionale in materia di polizia veterinaria.
    In   relazione   al   complesso  delle  ragioni  appena  indicate,
 l'ordinanza oggetto dell'attuale conflitto di attribuzione si  rivela
 direttamente  contrastante  con  l'art.  120,  secondo  comma,  della
 Costituzione, dal momento che contiene misure le quali,  violando  il
 divieto  costituzionale  di  adottare provvedimenti che ostacolino in
 qualsiasi modo la  libera  circolazione  dei  beni  fra  le  regioni,
 finiscono  per  prevedere  un  arbitrario  privilegio  a favore degli
 allevatori valdostani.
    Resta  assorbito  ogni  altro  profilo  di  ricorso proposto dalla
 Regione Piemonte.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che  non  spetta  alla  Regione  Valle  d'Aosta  adottare
 un'ordinanza contingibile e urgente, ai  sensi  dell'art.  32,  terzo
 comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio
 sanitario nazionale), diretta a vietare, limitatamente all'anno  1990
 e   alla  pratica  della  monticazione,  l'introduzione  nel  proprio
 territorio di ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane,
    e,  conseguentemente,  annulla  l'ordinanza  del  Presidente della
 Giunta della Regione Valle d'Aosta 15 marzo 1990, n. 342.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1991.
                          Il Presidente: CONSO
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 6 febbraio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0148