N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 1990

                                 N. 71
 Ordinanza  emessa  il  7  novembre 1990 dalla Corte di cassazione sul
 ricorso proposto dal p.m. presso la pretura di Roma nel  Procedimento
 penale a carico di Conti Orientalina
 Processo penale - Sequestro preventivo - Richiesta del p.m. - Rigetto
 da parte del g.i.p.  -  Istanza  di  riesame  o  ricorso  diretto  in
 Cassazione  - Omessa previsione per il p.m. - Violazione dei principi
 della legge delega (parita' tra le parti).
 (C.P.P. 1988, artt. 322 e 325).
 (Cost., art. 76; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 3).
(GU n.8 del 20-2-1991 )
                         LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal p.m.
 presso la pretura circondariale di Roma avverso l'ordinanza emessa il
 28  aprile  1990  dal  giudice  per le indagini preliminari presso la
 pretura di Roma nel procedimento n. 32101/1990 nei confronti di Conti
 Orientalina di rigetto della istanza di sequestro preventivo proposta
 dal p.m.;
    Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Greco;
    Lette  le  conclusioni  del  p.m.  con le quali chiede dichiararsi
 inammissibile il ricorso del p.m.;
                             O S S E R V A
    In  data  21  febbraio  1990  militari  della  Guardia  di Finanza
 sottoponevano a sequestro lt. 3.260 di benzina super e 508 di benzina
 senza  piombo  risultati  in  eccedenza  dall'esame  effettuato sulle
 giacenze contabili ed effettive presso un distributore di  carburante
 gestito in Vicovaro da Conti Orientalina.
    Con istanza del 10 aprile 1990 la Conti chiedeva al p.m. presso la
 pretura di Roma la restituzione del carburante sequestrato.
    Il  p.m.  non  accoglieva  l'istanza,  ma  a sua volta chiedeva al
 g.i.p. presso la pretura di Roma che il sequestro  venisse  mantenuto
 ai fini preventivi.
    Con ordinanza del 28 aprile 1990 il g.i.p., ritenuto che la libera
 disponibilita' del bene era impedita dal sequestro penale, e che, con
 riferimento  all'art.  321  del  c.p.p.,  non riteneva di disporre il
 sequestro,  rimesso  alla  discrezionalita'  del  giudice,  rigettava
 l'istanza di sequestro preventivo.
    L'ordinanza veniva impugnata dal p.m. con ricorso dinanzi a questa
 Corte: rilevava il ricorrente che il g.i.p. non  aveva  osservato  la
 procedura  ex  art.  127  del  c.p.p.  e  aveva  omesso poi qualsiasi
 motivazione idonea a  giustificare  il  rigetto  della  richiesta  di
 sequestro preventivo.
    Nella  sua  requisitoria  orale  all'odierna  udienza di camera di
 consiglio,   il   procuratore   generale   ha   concluso    per    la
 inammissibilita' del ricorso del p.m.
    La conclusione cui e' giunto il procuratore generale e' senz'altro
 fondata: infatti nei confronti del decreto  di  sequestro,  ai  sensi
 dell'art. 322 del c.p.p., e' stata data facolta' all'imputato, al suo
 difensore, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate e a
 quella  che  avrebbe  diritto  alla  loro  restituzione,  di proporre
 richiesta di riesame anche nel merito, a norma dell'art. 324.  Contro
 le  ordinanze emesse a norma di detto articolo, dispone il successivo
 art. 325 che il p.m. e gli altri soggetti di cui all'art. 322 possono
 proporre ricorso per Cassazione per violazione di legge.
    E'  quindi  di  tutta  evidenza  che  il p.m. non puo' chiedere il
 riesame del provvedimento del g.i.p. di rigetto della sua istanza  di
 sequestro  conservativo,  la  richiesta di riesame essendo consentita
 solo all'imputato, o alle altre  persone,  in  caso  di  accoglimento
 dell'istanza  del p.m. da parte del g.i.p.; con la conseguenza che il
 p.m., al quale  il  codice  consente  di  impugnare  con  ricorso  in
 Cassazione  solo  le  ordinanze  emesse  in sede di riesame, non puo'
 ricorrere contro il provvedimento  che  invece  non  ha  concesso  il
 sequestro  richiesto.  E  cio' a fortiori si evince dal secondo comma
 dell'art. 325, nel  quale  il  ricorso  per  Cassazione  puo'  essere
 proposto  direttamente  contro  il "provvedimento di sequestro" e non
 quindi contro il provvedimento che il sequestro ha rigettato.
    Se  dunque  l'imputato  o  gli  altri soggetti di cui all'art. 322
 possono impugnare il decreto  di  sequestro  vuoi  con  richiesta  di
 riesame,  vuoi  con  ricorso per Cassazione direttamente, il p.m. non
 puo' impugnare ne' con richiesta di riesame ne' con  ricorso  diretto
 in  Cassazione  il  decreto di rigetto della sua istanza di sequestro
 conservativo:  a  lui  compete  soltanto  la  facolta'  di  ricorrere
 direttamente  in Cassazione per violazione di legge, nel solo caso di
 provvedimento emesso in sede di riesame.
    Orbene, sembra evidente alla Corte una disparita' di posizione fra
 l'imputato ed il p.m.; il primo  e'  ampiamente  tutelato  ove  venga
 colpito  nei suoi interessi privati dalla concessione di un sequestro
 richiesto dal p.m., mentre questi non ha alcuna tutela dinanzi ad  un
 rigetto della domanda di sequestro ispirato ad un interesse pubblico.
    Tale  disparita'  di  trattamento,  attuata dal legislatore con le
 norme innanzi esaminate, sembra ostare alla norma dell'art.  2  della
 delega  legislativa  al Governo per la emanazione del nuovo codice di
 procedura penale, (legge 16 febbraio 1987, n. 81), che esplicitamente
 impone  la  partecipazione  dell'accusa  e  della  difesa  su basi di
 parita' in ogni stato e grado del procedimento.
    Non  sfugge alla Corte che il legislatore delegato ha diversamente
 disposto in tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura
 coercitiva:  infatti  il  p.m., ai sensi dell'art. 310, puo' proporre
 appello contro l'ordinanza in materia  di  misure  cautelari,  ed  ai
 sensi  dell'art.  311  puo'  proporre ricorso in Cassazione contro le
 decisioni emesse a norma degli artt. 309 e  310,  quindi,  stante  la
 ampia  dizione  delle  norme  richiamate,  il  p.m. puo' impugnare le
 ordinanze  del  g.i.p.  o  del  tribunale  del  riesame  che  abbiano
 disatteso  o  non  completamente  accolto  le  sue istanze in tema di
 misure cautelari personali.
    La differente disciplina normativa fra i casi di provvedimento che
 dispongono una misura coercitiva e quelli di provvedimenti in tema di
 misure  cautelari reali puo' certamente essere ispirata ad una scelta
 del legislatore che ha inteso di  tutelare  piu'  o  meno  ampiamente
 l'intervento  del p.m. in materie diverse: tuttavia la Corte non puo'
 non rilevare comunque la diversa posizione, per  la  stessa  materia,
 dell'imputato  e  del  p.m.,  e  la  disparita'  fra  dette parti del
 processo che contrasta con  il  richiamato  art.  2  della  legge  di
 delega: sembra pertanto opportuno rimettere alla Corte costituzionale
 la questione, sollevata di ufficio, della legittimita' costituzionale
 degli  artt.   322 e 325 del c.p.p. nella parte in cui non consentono
 al p.m. di impugnare con richiesta di  riesame,  o  direttamente  con
 ricorso  per  Cassazione,  il  provvedimento  del  g.i.p.  che  abbia
 respinto la sua  richiesta  di  sequestro  conservativo,  perche'  in
 contrasto  con  l'artt.   2  e  3 della legge di delega al Governo 16
 febbraio 1987, n. 81, e quindi  in  contrasto  con  l'art.  76  della
 Costituzione.
                                P. Q. M.
    Solleva  di  ufficio  la  questione di legittimita' costituzionale
 sopra enunciata; ordina che a cura della cancelleria questa ordinanza
 sia  comunicata  alle  parti  ed  al  pubblico  ministero, nonche' al
 Presidente del Consiglio dei Ministri  ed  ai  Presidenti  delle  due
 Camere del Parlamento;
    Dispone   la   immediata   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
 costituzionale e sospende il giudizio.
    Cosi' deciso in Roma, il 7 novembre 1990.
                  Il presidente estensore: BATTIMELLI

 91C0188