N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1990

                                 N. 82
 Ordinanza  emessa  il  21  novembre  1990 dal tribunale di Modena nel
 procedimento civile vertente tra Zampelli Arduino c/ I.N.A.I.L.
 Infortuni  sul  lavoro e malattie professionali - Rendite corrisposte
 dall'I.N.A.I.L.  -   Aggravamento   della   inabilita'   verificatosi
 successivamente  al  previsto  termine  (dieci anni) per la revisione
 della  rendita  gia'  costituita   -   Non   consentita   valutazione
 dell'aggravamento  dell'inabilita' se verificatosi oltre tale termine
 -  Irragionevole  privazione  dei  mezzi  adeguati   di   sussistenza
 costituzionalmente garantiti.
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, sesto e settimo comma).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.8 del 20-2-1991 )
                              IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in materia
 di previdenza e assistenza obbligatoria iscritta in  grado  d'appello
 il  13 ottobre 1989 col n. 6270 del ruolo generale affari contenziosi
 e promossa da Zambelli  Arduino,  residente  in  Castelfranco  Emilia
 (Modena),  appellante,  col  proc.  avv. M. Cristina Bergamini che lo
 rappresenta  e  difende  come  da  mandato  a  margine  del   ricorso
 introduttivo,   contro   l'I.N.A.I.L.   -   Istituto   nazionale  per
 l'assicurazione contro gli inforntuni sul lavoro - Sede di Modena, in
 persona del direttore pro-tempore, appellato, difeso, come da mandato
 in calce alla copia notificata  del  ricorso  in  appello,  dall'avv.
 Giancarlo Muccio unitamente all'avv. Guglielmo Della Fontana.
                               F A T T O
    Con ricorso al pretore di Modena in funzione di giudice del lavoro
 e competente in materia  di  assistenza  e  previdenza  obbligatorie,
 Zambelli Arduino esponeva:
      di  avere  avuto,  nel  marzo  dell'anno 1973, un infortunio sul
 lavoro, dal quale  aveva  ricevuto  numerose  fratture,  che  avevano
 cagionato una inabilita' permanente parziale;
      che,  il  1›  settembre  1973, l'Inail gli aveva corrisposta una
 rendita, commisurata ad una inabilita' pari al 42 per cento,  poi  in
 seguito  ridotta ad una inabilita' pari al 32 per cento, nel 1976, ed
 infine, nel 1978, ridotta ad una inabilita' pari al 26 per cento;
      che,  in  occasione  della  visita  di  revisione decennale, nel
 maggio del  1984,  l'inabilita'  veniva,  dall'Inail,  confermata  in
 quella   del   26   per  cento,  mentre  invece  era  intervenuto  un
 peggioramento  delle  sue  condizioni  tale   da   giustificare   una
 inabilita' quantomeno del 36 per cento;
      che,  contro  il  provvedimento  dell'Inail, aveva esperito, con
 esito negativo, il prescritto ricorso amministrativo;
      che,  pertanto,  l'adito  pretore,  dopo  aver  accertata che la
 misura dell'inabilita'  era  quantomeno  del  36  per  cento,  doveva
 condannare l'Inail a corrispondere la relativa rendita ed a pagare le
 spese di lite.
    Si   costituiva   l'Inail,  che  contestava  la  fondatezza  delle
 avversarie domande, perche' l'inabilita' del ricorrente era solo  del
 26  per  cento. Il pretore disponeva una consulenza medica d'ufficio.
 Il consulente esprimeva il seguente giudizio:
      che,  alla data del maggio 1984, quando, cioe', era stata svolta
 la  visita  di  revisione  decennale,  il  grado  di  inabilita'  era
 veramente del 26 per cento, come affermato dall'Inail;
      che  solo  successivamente  al  maggio  1984,  l'inabilita'  del
 ricorrente Zambelli si era aggravata, peraltro nella  misura  del  30
 per cento.
    Il pretore, pur condividendo i risultati cui era pervenuto il CTU,
 rigettava il ricorso. Osservava il primo giudicante che:
      l'art. 83, comma sesto e settimo d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124,
 non consentiva la revisione della rendita,  trascorsi  i  dieci  anni
 dalla    sua    costituzione    e   che,   pertanto,   l'aggravamento
 dell'inabilita' che era derivato  allo  Zambelli  non  poteva  essere
 riconosciuto;
      che nessun rilievo, a riguardo, poteva avere l'art. 149 att. del
 c.p.c., che obbligava il giudice a valutare  anche  gli  aggravamenti
 della  malattia  intervenuti  in corso di causa, trattandosi di norma
 processuale assolutamente ininfluente rispetto alla regola di diritto
 sostanziale,  preclusiva  della revisione trascorso il decennio dalla
 costituzione della rendita.
    Zambelli  Arduino  gravava  la sentenza, chiedendone la totale sua
 riforma. Il primo giudizio veniva censurato perche':
      come anche la giurisprudenza riteneva, non era stato considerato
 che il termine decennale aveva natura "dilatoria", sicche' il termine
 poteva  solo  avere  il significato di imporre che l'ultima revisione
 avvenisse "non prima" del trascorrere dei  dieci  anni,  ben  potendo
 invece  l'ultima  revisione  senz'altro  avvenire dopo il decimo anno
 dalla costituzione della rendita e che, pertanto, il giudice  avrebbe
 potuto   accordare   la   maggiore   rendita  anche  se  realizzatasi
 successivamente al trascorrere del termine;
      nella fattispecie, pertanto, doveva trovare applicazione il cit.
 art. 149 att. del c.p.c., che avrebbe dovuto obbligare il  pretore  a
 prendere in considerazione l'aggravamento dell'inabilita'.
    Si costituiva, seppure tardivamente, l'Inail, chiedendo il rigetto
 dell'appello e la conferma della prima sentenza.
    All'udienza   di   discussione,  dopo  la  relazione  del  giudice
 incaricato e sentite le parti, il tribunale, con ordinanza,  decideva
 di  rimettere,  ex officio, la causa avanti alla Corte costituzionale
 in ordine alla questione di legittimita' qui appresso motivata.
                             D I R I T T O
    I.  -  In  punto  di  diritto il tribunale non puo' fare a meno di
 condividere il decisum del giudice di prime cure (peraltro  conforme,
 in  tutto,  alla giurisprudenza di legittimita' formatasi in subiecta
 materia: v. sez. lav. 20 marzo 1987, n. 2793; sez. lav.  23  dicembre
 1988,  n.  7060; sez. lav. 6 giugno 1987, n. 4981). Nella sostanza si
 tratta di quello che la Corte costituzionale, solitamente,  definisce
 come "diritto vivente".
    II.  - In effetti il comma sesto e settimo dell'art. 83 del d.P.R.
 n.  1124/1965,  per  implicito  e  cioe'  attraverso  i  termini  che
 stabiliscono dopo quanto tempo deve essere fatta la revisione, sembra
 voler porre un termine decennale. Detto termine,  come  anche  quelli
 intermedi,  ha  natura "dilatoria", stabilisce cioe' che la revisione
 "non deve avvenire prima di una certa data".
    Ma la questione non e' questa.
    III.  -  Il  problema  e',  invece, (secondo l'opinione della cit.
 giurispr.),  che,  trascorso  il  termine   di   dieci   anni   dalla
 costituzione   della   rendita,  gli  aggravamenti  della  inabilita'
 avvenuti successivamente non possono piu'  essere  valutati  ai  fini
 della  corresponsione della rendita. La giurisprudenza, in proposito,
 parla  di  perdita  sostanziale  del  diritto  in  virtu'  del   c.d.
 "principio  della  stabilizzazione  dei  postumi"  (ed anche, qualche
 volta, piu' imprecisamente, di termine "perentorio", il  cui  spirare
 "impedisce  la  stessa  insorgenza del diritto alla revisione"; quasi
 fosse un termine decadenziale, il che non e', stante la sua  pacifica
 natura "dilatoria").
    IV.  -  Ovvio  che nessun rilievo puo' avere, in proposito, l'art.
 149 att. del c.p.c. Il quale, come e' agevole comprendere  attraverso
 la consultazione dei lavori preparatori, era stato pensato al fine di
 evitare, in caso di aggravamento  dell'infortunio  o  della  malattia
 avvenuto  in  corso  di  causa, il ritorno alla fase del procedimento
 amministrativo, quale condizione indispensabile di procedibilita', ai
 sensi  e  per  gli  effetti  dell'art.  443  c.p.c.  La  stessa Corte
 costituzionale, peraltro, ha  avuto  occasione  di  sottolineare  che
 l'applicabilita'  del  cit.  art.  149  att.  del  c.p.c. deve essere
 subordinata alle regole vigenti in materia di revisione (sentenza  13
 febbraio  1985, n. 39; v. pure cass. 13 ottobre 1984, n. 5142, che e'
 dello stesso avviso).
    V.  -  Il  Collegio,  preso  atto  di  detto "diritto vivente", lo
 ritiene sospetto di incostituzionalita',  considerando  la  questione
 non  manifestamente  infondata.  Non  deve  essere  ritenuto  infatti
 conforme  al  canone  di  ragionevolezza,  pacificamente   ricavabile
 dall'art.  3 della Costituzione, l'esclusione, "in perpetuo" e per la
 sola circostanza del trascorrere del tempo, della  corresponsione  di
 "mezzi  adeguati  alle  esigenze  di  vita in caso di infortunio" del
 lavoratore. Deve cioe' essere ritenuto irragionevole  il  privare  il
 lavoratore  infortunato di mezzi adeguati alla sua sopravvivenza, per
 il solo fatto che gli effetti dell'infortunio medesimo si manifestano
 in tutta la loro capacita' invalidante solo dopo il trascorrere di un
 certo periodo di tempo. Ed, in effetti, la Carta costituzionale  cio'
 non  vuole,  positivamente disponendo che a tutti i lavoratori malati
 ovvero infortunati siano assicurati adeguati mezzi di sussistenza (v.
 art. 38 della Costituzione).
    VI. - A rafforzare il sospetto di illegittimita' costituzionale e'
 la giurisprudenza della  stessa  Corte  costituzionale.  Puo'  essere
 osservato,  infatti,  che la Corte costituzionale ha, si puo' dire da
 sempre, pronunciato  declaratoria  di  incostituzionalita'  tutte  le
 volte  in cui si imbatteva in una "privazione" permanente del diritto
 del lavoratore infortunato ovvero ammalato ad avere adeguati mezzi di
 sussistenza (v., p. es., la risalente sentenza 8 luglio 1960, n. 116;
 indirizzo che si e' fatto, addirittura, piu' di recente,  perentorio:
 v.  sentenza  11 febbraio 1988, n. 206, sentenza 18 febbraio 1988, n.
 279).
   VII.  -  Quanto  alla  rilevanza  della questione di illegittimita'
 costituzionale, in ordine alle sorti della presente controversia,  la
 stessa  non  puo' essere seriamente revocata in dubbio. Si consideri,
 infatti, che,  attesi  i  risultati  cui  e'  pervenuto  il  nominato
 consulente medico d'ufficio, non oggetto di particolare contestazione
 in  questo  grado   d'appello,   la   declaratoria   (eventuale)   di
 illegittimita'   costituzionale   consentirebbe   allo   Zambelli  di
 percepire  una  maggiore  rendita,  adeguata,  ex   art.   38   della
 Costituzione,  al  suo  attuale grado di inabilita' (id est: alla sua
 attuale parziale incapacita' lavorativa).
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita'  costituzionale,  ai  sensi  di  cui   in   motivazione,
 dell'art.  83,  sesto  e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n.
 1124, per violazione degli artt. 3, 38 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina  che,  a  cura  della  cancelleria,  questa  ordinanza  sia
 notificata alle parti, al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Modena, addi' 21 novembre 1990
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                                   Il cancelliere: (firma illeggibile)
 91C0199