N. 87 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 1990

                                 N. 87
 Ordinanza  emessa  il  17  ottobre  1990 dal tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul  ricorso  proposto  da  Lopes  Felice  contro
 A.N.A.S. ed altra
 Impiego  pubblico  -  Riscatto  di  periodi di servizio o di studio -
 Esclusione della possibilita' di revocare la domanda di  riscatto  di
 detti   periodi  o  di  rinunciare  comunque  ai  benefici  derivanti
 dall'esercizio del relativo diritto - Mancata previsione del  diritto
 al  mantenimento in servizio fino al limite dei settanta anni di eta'
 in favore di coloro che abbiano esercitato  il  diritto  al  riscatto
 anteriormente   all'entrata  in  vigore  del  d.-l.  n.   413/1988  -
 Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni identiche  per
 la  dipendenza  della  possibilita'  della  revoca  della  domanda di
 riscatto dall'esistenza o meno di provvedimento formale sulla  stessa
 - Incidenza sul principio di buon andamento della p.a.
 (D.-L.   27  dicembre  1989,  n.  413,  art.  1,  comma  4-quinquies,
 convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37; d.-l. 6  novembre  1989,
 n.  357,  art. 10, sesto comma, convertito in legge 27 dicembre 1989,
 n. 417).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.9 del 27-2-1991 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  3110/90
 proposto da Lopes Felice,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Luigi
 Speranza,  presso  cui elettivamente domiciliata in Roma, viale delle
 Milizie n. 34, contro A.N.A.S., in persona del  Ministro  dei  lavori
 pubblici  pro-tempore,  Ministero dei lavori pubblici, in persona del
 Ministro pro-tempore e Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  in
 persona  del  Presidente  del  Consiglio pro-tempore, costituitisi in
 giudizio,  rappresentati  e  difesi  dall'avvocatura  generale  dello
 Stato,  presso cui domiciliano ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.
 12, per l'annullamento del provvedimento di cui alla nota A.N.A.S. 13
 giugno  1990,  n. 2612, di reiezione della domanda di mantenimento in
 servizio oltre il sessantacinquesimo  anno  di  eta',  nonche'  della
 circolare del dipartimento funzione pubblica 3 aprile 1990, n. 48509,
 con cui sono state impartite disposizioni interpretative della  legge
 n. 37/1990;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio delle amministrazioni
 intimate;
    Visti gli atti e documenti di causa;
    Nominato relatore, alla camera di consiglio del 17 ottobre 1990 il
 consigliere Paolo Buonvino;
    Udito l'avv. Luigi Speranza per il ricorrente.
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  il  presente  ricorso  si  impugna  il  provvedimento con cui
 l'A.N.A.S. ha respinto la domanda di mantenimento in  servizio  oltre
 il  sessantacinquesimo anno di eta' avanzata dal ricorrente dirigente
 superiore tecnico A.N.A.S. - ai sensi del d.-.l. 27 dicembre 1989, n.
 413,  convertito  in  legge  28  febbraio  1990, n. 37, nonche' della
 circolare 3  aprile  1990,  n.  48509,  del  dipartimento  funzionale
 pubblica, sulla quale e' stato fondato detto diniego.
    Assume  il ricorrente l'illegittimita' di dette determinazioni per
 violazione ed errata applicazione del d.-l. n.  413/1989,  convertito
 in  legge  n.  37/1990,  dell'art.  1, comma 4-quinquies, del d.-l. 6
 novembre 1989, n. 357, convertito in legge 27 dicembre 1989, n.  417,
 nonche'  dell'art.  147  del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, atteso
 che, contrariamente all'assunto  dell'amministrazione  il  ricorrente
 avrebbe  avuto  pieno  titolo  a revocare l'esercitato riscatto studi
 universitari  o,  comunque,  di  rinunciare  ai   benefici   connessi
 all'esercizio  del diritto di riscatto e pertanto a beneficiare delle
 invocate  disposizioni  di  favore  di  cui  al  d.-l.  n.  413/1989,
 comportanti  la  possibilita'  di  prolungare sino a settanta anni la
 permanenza in servizio ai fini della motivazione  del  massimo  della
 pensione.
    In    subordine    il    ricorrente   eccepisce   l'illegittimita'
 costituzionale dello stesso art. 1, comma 4-quinquies, del  d.-l.  n.
 413/1989,  e norme ivi richiamate per contrastro con gli artt. 3, 4 e
 97 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono il diritto al
 mantenimento  in servizio - previa revoca del riscatto - in favore di
 coloro che abbiano esercitato il diritto  di  riscatto  anteriormente
 alla entrata in vigore dello stesso decreto-legge.
    Alla  camera di consiglio del 17 ottobre 1990 la sezione, ritenuta
 la sussistenza dei  requisiti  di  cui  all'art.  21  della  legge  6
 dicembre  1971,  n. 1034, ha, con separata ordinanza n. 1136, accolto
 l'istanza di sospensione dell'atto impugnato.
                             D I R I T T O
    L'odierno   ricorrente,   dirigente   superiore  tecnico  A.N.A.S.
 prossimo al pensionanmento, con istanza in data  30  marzo  1990,  ha
 chiesto la proroga della permanenza in servizio ai sensi dell'art. 1,
 n. 4-quinquies, del d.-l. 27 dicembre 1989,  n.  413,  convertito  in
 legge 28 febbraio 1990, n. 37, (che estende ai dirigenti civili dello
 Stato le disposizioni di cui all'art. 15 secondo e terzo comma, della
 legge  30  luglio  1973, n. 477 e l'art. 10, sesto comma, del d.-l. 6
 novembre 1989, n. 357, convertito in legge 27 dicembre 1989, n.  417)
 previa  revoca  della  domanda  di  riscatto  della durata legale del
 periodo di studi universitari e con  espressa  rinuncia  al  rimborso
 dell'onere di riscatto gia' versato.
    Tale   istanza   e'   stata  rigettata  dalla  amministrazione  di
 appartenenza del ricorrente sulla  base  delle  precisazioni  fornite
 dalla   Presidenza  del  Consiglio,  dip.to  funzione  pubblica,  con
 circolare 3 aprile 1990, n. 48509, impugnata in una  con  l'anzidetta
 determinazione negativa.
    Il  diniego  e'  stato  fondato, in particolare, sul rilievo della
 inammissibilita' delle domande di revoca  degli  studi  universitari,
 nei casi in cui l'amministrazione di appartenenza abbia gia' adottato
 - come nella specie - il relativo provvedimento formale.
    Avverso   le   statuizioni  preclusive  ora  ricordate  e'  mossa,
 dall'odierno ricorrente, una prima  censura  volta  a  contestare  la
 legittimita'  del  diniego  in  quanto  basato  sul presupposto della
 irrevocabilita' del riscatto (di cui, viceversa, si assume  la  piena
 disponibilita'  e,  quindi, revocabilita' da parte dell'interessato);
 in subordine  l'intimante  eccepisce  l'illegittimita'  dell'art.  1,
 comma  4-quinquies  -  e  disposizioni  ivi richiamate - del d.-l. n.
 413/1989, convertito in legge n. 37/1990, per contrasto con gli artt.
 3, 4 e 97 della Costituzione.
    Chiamata  a pronunciarsi sull'istanza di sopensione dell'impugnato
 diniego, la sezione:
       a) ha ritenuto infondato, per carenza di ogni furmus boni juris
 il primo motivo di gravame;
       b)  ha  ritenuto non manifestamente infondata e rilevante anche
 ai fini della presente fase cautelare inibitoria la dedotta questione
 di legittimita' costituzionale, al cui esito e' stato rimesso l'esame
 definitivo dell'istanza di sospensione medesima;
       c) ha sospeso l'impugnato provvedimento di rigetto dell'istanza
 del ricorrente in quanto produttivo, per quest'ultimo, di danno grave
 ed irreparabile.
    In  particolare, per quanto attiene al primo motivo di ricorso, va
 rilevato  che,  se  dei  dubbi  potevano  insorgere  in  merito  alla
 revocabilita'  della  domanda  del riscatto, a fini pensionistici, in
 base alla disciplina generale di cui al d.P.R. 29 dicembre  1973,  n.
 1092  -  dubbi  risolti dalla sezione controllo Stato della Corte dei
 conti talora in senso positivo,  come  sottolineato  dal  ricorrente,
 talaltra  in  negativo,  come ricordato nella succitata circolare del
 dipartimento della funzione pubblica, che richiama  le  piu'  recenti
 decisioni  in  materia della stessa Corte dei conti degli anni 1986 e
 1987 - ebbene, tali dubbi debbono ritenersi fugati dalle disposizioni
 interpretative di cui all'art.  10, sesto comma, del d.-l. 6 novembre
 1989, n. 357, convertito in legge 27 dicembre 1989, n.  417,  la  cui
 applicazione  e' stata espressamente estesa ai dirigenti civili dello
 Stato dall'art. 1, comma 4-quinquies,del d.-l. n. 413/1989.
    Recita,  infatti,  tale  disposizione  che  "il  servizio utile da
 prendere in considerazione, insieme al servizio effettivo,  ai  sensi
 dell'art.  40  del  d.P.R.  29  dicembre 1973, n. 1092, ai fini della
 permanenza in servizio prevista dall'art. 15, secondo e terzo  comma,
 della  legge  30  luglio 1973, n. 477, deve intendersi comprensivo di
 tutti i servizi e periodi riscattati, computati e ricongiunti per  il
 trattamento  di  quiescenza con provvedimento formale"; ed e' proprio
 il fatto che il legislatore abbia posto l'accento sul  "provvedimento
 formale"  di  riconoscimento  del  riscatto  che  chiude  la relativa
 procedura che induce il  collegio  a  ritenere  che  essa  procedura,
 rimessa,  nel suo avvio, all'iniziativa esclusiva dell'interessata e,
 dunque, permeata, nel suo iter formativo, dalla piena  disponibilita'
 da  parte  del  medesimo  istante, perda, nella sua fase costitutiva,
 tale carattere,  cristallizzandosi,  in  definitiva,  in  un  vero  e
 proprio provvedimento amministrativo, sottratto, come tale, a vicende
 connesse alla volonta' del suo destinatario.
    Una   volta   consolidatasi,   in   altre  parole,  in  forza  del
 provvedimento formale anzidetto, la situazione di vantaggio  prevista
 dal  legislatore,  conseguente all'esercizio del diritto di riscatto,
 deve ritenersi che tale situazione entri in  via  definitiva  (salve,
 naturalmente,  eventuali  vicende patologiche dell'atto stesso) nella
 sfera  soggettiva  dell'interessato,  per  il  quale  la  durata  del
 rapporto  di impiego utile ai fini pensionistici deve ritenersi ormai
 irrinunciabilmente integrata dal periodo di servizio riscattato.
    Si   tratta,  peraltro,  di  verificare  ora  se  le  disposizioni
 normative anzidette e, cioe', gli  artt.  1,  comma  4-quinquies  del
 d.-l.  n.  413/1989, convertito in legge n. 37/1990 e 10, sesto comma
 del d.-l. n. 357/1989, convertito in legge  n.  417/1989  -  che  non
 possono  ritenersi  violate,  per  quanto detto, dagli atti in questa
 sede gravati - soddisfano i requisiti di legittimita'  costituzionale
 di   cui   agli   artt.  3,  4  e  97  della  Costituzione,  invocati
 dall'intimante, laddove non prevedono il diritto al  mantenimento  in
 servizio,  previa revoca del riscatto, a favore di coloro che abbiano
 esercitato il diritto di riscatto anteriormente all'entrata in vigore
 dello stesso d.-l. n. 413/1989.
    Ritiene,  in  proposito,  la  sezione  che, mentre e' da ritenersi
 manifestamente infondata la questione concernente l'asserita  lesione
 dei  principi  di cui all'art. 4 della Costituzione (e cioe' in qanto
 tale norma  mira  a  tutelare  il  diritto  al  lavoro  come  diritto
 fondamentale  dell'individuo  e  non  certo ad assicurare piu' o meno
 lunghe permanenze in servizio,  tanto  piu'  in  qanto  sia  comunque
 assicurato  all'interessato,  come  nella  specie,  il  massimo della
 pensione),   viceversa   siano   da   condividersi   i    dubbi    di
 costituzionalita'  sollevati  con  riguardo  agli  artt. 3 e 97 della
 Costituzione.
    Premesso,  infatti,  che  l'intimante  ha  certamente un interesse
 attuale e  concreto  al  mantenimento  in  servizio  anche  oltre  il
 sessantacinquesimo   anno   d'eta'  -  interesse,  costituzionalmente
 rilevante, connaturato sia ad aspetti  meramente  economici,  sia  di
 piu'   favorevole   sviluppo   di  carriera,  sia  di  piu'  completa
 estrinsecazione della propria professionalita' attraverso la  maggior
 durata del servizio effettivo non compensabili attraverso il semplice
 conseguimento del massimo della pensione - non  puo'  non  rilevarsi,
 come  dedotto  dal  ricorrente,  la  manifesta  incongruenza  di  una
 disciplina normativa che, senza alcuna giustificazione logica, ovvero
 di  migliore funzionalita' dei pubblici uffici, viene a consentire il
 mantenimento in servizio fino  al  compimento  di  quaranta  anni  di
 servizio  - e settanta di eta' - solamente a favore di coloro che non
 abbiano esercitato alcun riscatto o  che,  avendolo  esercitato,  non
 abbiano  ancora  visto  accogliere, per qualsiasi ragione, la propria
 istanza con determinazione formale, e non  anche  di  coloro  che  lo
 esercitano  in un momento in cui non era possibile prevedere che tale
 tempestivo  esercizio  avrebbe  potuto  comprimere  un  futuro   loro
 diritto.
    In  altri  termini,  non  e' dato cogliere, nella presente vicenda
 normativa,  il  discrimine  logico-razionale  che  ha  consentito  al
 legislatore di differenziare:
       a)  da  un lato la posizione di coloro che, meno attenti o meno
 tempestivi, non abbiano mai esercitato il riscatto o che,  per  meri,
 quanto  frequenti,  ritardi  amministrativi, non abbiano ancora visto
 formalmente accolta la relativa istanza,  ai  quali  soltanto  potra'
 competere, per fattori del tutto casuali, il consistente beneficiario
 del prolungato trattenimento in servizio (comportante,  tra  l'altro,
 anche la mancata soggezione agli oneri di riscatto);
       b)  dall'altro  lato  quella  di  coloro che, sol perche' a suo
 tempo  piu'  attenti  a  tutelare,  giusta  la  disciplina  normativa
 all'epoca  vigente, i propri interessi, dovrebbero vedersi ora negare
 il detto  beneficio  -  accordato  da  una  disciplina  sopravvenuta,
 all'epoca  neppure  ipotizzabile - per ragioni essenzialmente formali
 connesse al consolidarsi del provvedimento di ammissione al  riscatto
 ed  in  conseguenza  dell'irreversibile consolidarsi, in loro favore,
 della situazione giuridica  connessa  all'esercizio  del  diritto  di
 riscatto medesimo.
    Ne'  e'  dato vedere, poi, quali ragioni di migliore funzionalita'
 amministrativa o di migliore andamento dei  pubblici  uffici  possano
 giustificare   il  mantenimento  in  servizio  solo  dell'una  e  non
 dell'altra categoria di funzionari  sopra  menzionate;  sembre,  anzi
 contrastare   proprio   con   i   principi   del   buon  andamento  e
 dell'imparzialita' dell'azione  amministrativa  di  cui  all'art.  97
 della  Costituzione il fatto che il discrimine tra detta categoria di
 funzionari - riconducibile solo all'esercizio o meno  di  un  diritto
 della   parte  originariamente  affatto  disponibile  ed,  in  talune
 ipotesi, alla circostanza del tutto occasionale  dell'essere  o  meno
 intervenuto,  sull'istanza  di  riscatto, un tempestivo provvedimento
 formale di accoglimento - venga, in effetti, a  pregiudicare  proprio
 quei  dipendenti  che hanno dimostrato maggiore attenzione e solerzia
 nel tutelare i propri  diritti  in  base  alla  disciplina  all'epoca
 vigente;  e cio' senza contare i maggiori oneri per l'erario connessi
 all'applicazione della norma qui contrastata.
    Non  appare,  pertanto,  manifestamente infondata, in relazione ai
 principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la questione di
 legittimita'  costituzionale  concernente  le  norme in esame laddove
 esse, non consentendo, neppure transitoriamente, agli interessati  di
 rinunciare   ai   benefici  connessi  all'esercizio  del  diritto  di
 riscatto, precludono altresi', la  fruibilita'  del  beneficio  della
 proroga  del servizio fino ai settanta anni di eta' in danno di tutti
 coloro - e soltanto di coloro - che, con  provvedimento  formale,  si
 siano gia' visti riconoscere il diritto al riscatto.
    Quanto    alla    rilevanza    delle    anzidette   questioni   di
 costituzionalita' ai  fini  della  definizione  della  presente  fase
 inibitoria,  puo'  osservarsi  che,  se  e' vero che il diritto della
 parte puo' ritenersi interinalmente tutelato attraverso  l'intervento
 accoglimento   dell'istanza   cautelare,   e'  anche  vero  che  tale
 pronuncia, come ha cautelare, e' anche vero che tale pronuncia,  come
 ha  rilevato  la  stessa  Corte  costituzionale  con  la recentissima
 sentenza 26 settembre-12 ottobre 1990, n. 444,  non  ha  determinato,
 per  la sua natura meramente tecnica ed interinale, l'esaurimento del
 potere cautelare del giudice amministrativo, con la  conseguenza  che
 la  proposta  questione deve ritenersi tutt'ora fornita del requisito
 della rilevanza.
                                P. Q. M.
   Sospende  il  giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale
 per l'esame della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
 1,  comma 4-quinquies, del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, convertito
 in legge 28 febbraio 1990, n. 37, nonche' dell'art. 10, sesto  comma,
 del  d.-l.  6  novembre 1989, n. 357, convertito in legge 27 dicembre
 1989, n. 417, nella parte in cui esse, non ammettendo, neppure in via
 transitoria,  la  possibilita'  di revocare il riscatto di periodi di
 servizio o di studio o di rinunciare, comunque, ai benefici derivanti
 dall'esercizio  del  relativo  diritto,  non prevedono, il diritto al
 mantenimento in servizio, sino al limite dei settanta anni  di  eta',
 in  favore  di  coloro  che abbiano esercitato il diritto al riscatto
 anteriormente all'entrata in vigore dello stesso d.-l.  n.  413/1989,
 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere.
    Cosi'  deciso  in  Roma dal tribunale amministrativo regionale del
 Lazio, sezione terza, nella camera di consiglio del 17 ottobre  1990.
                         Il presidente: MICELI
   Il consigliere estensore: BUONVINO
 91C0219