N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 settembre 1990
N. 91 Ordinanza emessa il 27 settembre 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trani nel procedimento penale a carico di Guastamacchia Damiano Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Omessa istituzione del registro sostitutivo (di cui al d.m. 23 marzo 1983) degli apparecchi misuratori fiscali per il caso di irregolare o mancato funzionamento degli stessi - Assoggettamento, per giurisprudenza della Corte di cassazione, a sanzione penale - Ingiustificata disparita' di trattamento sanzionatorio rispetto alle ipotesi di mancato rilascio dello scontrino fiscale e di omessa installazione del registratore di cassa (ritenute piu' gravi) sanzionate solo amministrativamente - Insussistenza del pericolo di un doloso occultamento di capacita' contributiva - Violazione del principio della riserva di legge in materia penale quale conseguenza della inclusione, con provvedimento non legislativo, del registro sostitutivo fra le scritture contabili la cui tenuta e' penalmente sanzionata dalla legge sull'I.V.A. (D.-L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 1, sesto comma, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516). (Cost., artt. 3, 25 e 53).(GU n.9 del 27-2-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Vista la nota del p.m. di Trani con la quale eccepisce la incostituzionalita' per violazione degli artt. 3, 25, secondo comma, 53, primo comma, della Costituzione dell'art. 1, sesto comma, del d.-l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito nella legge n. 516/1982, nella parte in cui assoggetta a sanzione penale anche l'omessa tenuta o conservazione del registro sostitutivo degli apparecchi misuratori fiscali, per il caso di mancato o irregolare funzionamento di questi ultimi; previsti dall'art. 11 del decreto del Ministro delle finanze 23 marzo 1988. Viste le ragioni e le motivazioni a sostegno della tesi qui di seguito riportate la sentenza della Corte di cassazione n. 121 del 25 gennaio 1988, richiamata dalla S.V. Ill.ma nell'ordinanza del 17 gennaio 1989, non e' condivisa, a livello di opinione personale, dallo scrivente. Tuttavia, non puo' dimenticarsi che la richiamata interpretazione dell'art. 1, sesto comma, della legge n. 516/1982, proprio perche' proviene dall'organo giudicante investito di funzioni di nomofilac/'a, costituisce nel mondo giuridico un "fatto" di indubbio rilievo del quale e' impossibile non tener conto alcuno. Cio' posto, peraltro, la norma penale incriminatrice in esame, ove venga estesa, come sembra doversi fare, sino a ricomprendere nel suo ambito anche il registro previsto dall'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983, assume profili di assai dubbia costituzionalita' che certamente il legislatore del 1982 non poteva avere previsto. Per meglio comprendere la situazione, occorre riflettere che il registro prescritto dall'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983 (con espressione assai impropria e fonte di pericolosi equivoci denominato registro dei corrispettivi) altra funzione non ha che quella - meramente eventuale - di sostituire il registratore di cassa, avente funzione di misuratore fiscale, per il caso di mancato temporaneo funzionamento di quest'ultimo per qualsiasi causa. A sua volta il richiamato d.m. 23 marzo 1983 contiene, per espressa menzione della sua intestazione: "Norme di attuazione delle disposizioni di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, concernente l'obbligo da parte di determinate categorie di contribuenti dell'imposta sul valore aggiunto di rilasciare uno scontrino fiscale mediante l'uso di speciali registratori di cassa". L'obbligo di rilasciare lo scontrino fiscale e', dalla richiamata normativa, imposto ai gestori di quelle attivita' commerciali per le quali "... non e' obbligatoria l'emissione di fattura...", ovvero che sono "... non soggette all'obbligo del rilascio di ricevuta fiscale..." (art. 1 della legge n. 18/1983 citata). L'effetto pratico di tali disposizioni (certamente corrispondente alla intenzione del legislatore, come si ricava dal coordinamento sistematico delle varie norme attualmente in vigore) e' quello di provocare l'emissione di uno scontrino per quelle operazioni di vendita o di somministrazione al minuto per le quali l'emissione della fattura sempre ed in ogni caso (indipendentemente, cioe', da un'espressa richiesta dell'acquirente) risulterebbe procedimento inutilmente macchinoso. Puo', dunque, concludersi per la validita' del seguente sillogismo: lo scontrino fiscale assolve, in pratica, alla medesima funzione dell'emissione di fattura; la registrazione delle singole operazioni sul registro previsto dall'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983 viene fatta "... in luogo del rilascio dello scontrino fiscale..." per il caso di mancato o irregolare funzionamento del registratore di cassa; ergo: le annotazioni sul registro di cui all'art. 11 citato assolvono alla medesima funzione dell'emissione di fattura. Un punto va chiarito subito, affinche' non si cada in grossolani equivoci; l'annotazione delle operazioni sul registro di cui all'art. 11 non sotituisce in alcun caso le conseguenti annotazioni che il contribuente e' tenuto a fare sul registro dei corrispettivi obbligatorio a fini dell'I.V.A. Sul punto e' inequivocabile il disposto del quarto comma dell'art. 1 dello stesso d.m. 23 marzo 1983: "Restano fermi gli obblighi di registrazione di cui agli artt. 23 e 24 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633..." (norme, appunto, istitutive dell'obbligo di tenere un registro dei corrispettivi ai fini dell'I.V.A.). Tutto cio' premesso, balza allora evidente un primo profilo di grave ed irrazionale disparita' di trattamento sanzionatorio tra ipotesi di comportamenti tra di loro equipollenti. La mancata emissione dello scontrino fiscale e' punita con una pena pecuniaria (art. 2 della legge n. 18/1983). La mancata emissione di fattura o la conseguente mancata annotazione di corrispettivi nelle scritture contabili sono del pari punite, qualora avvengano per importi non particolarmente rilevanti, con sanzioni amministrative e vengono assoggettate alla sanzione penale dell'arresto fino a due anni o dell'ammenda fino a lire quattro milioni solo nel caso in cui gli importi non fatturati o non registrati superino la soglia di punibilita' dei cinquanta milioni di lire (art. 1, secondo comma, n. 2, del d.-l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516 e successive modificazioni). Per contro, come conseguenza dell'interpretazione fatta propria dalla sentenza 25 gennaio 1988 della Corte di cassazione, con la medesima sanzione penale di cui sopra (arresto fino a due anni o ammenda fino a lire quattro milioni - art. 1, sesto comma, della legge n. 516/1982) verrebbe punita non la mancata registrazione di incassi per importo anche irrisorio (il che costituirebbe, almeno, un danno gia' in atto per l'erario), ma il mero pericolo che un'eventualita' del genere possa verificarsi non essendosi istituito il registro previsto dall'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983. Ne' vale obbiettare che il giudice ha facolta' di graduare la pena tra il minimo e il massimo edittare, in quanto, essendo quella dell'omessa fatturazione di ricavi per L. 50.000.001 l'ipotesi mimina punibile ai sensi dell'art. 1, secondo comma, n. 1, della legge n. 516/1982, il giudice non potra' che irrogare in tal caso la pena piu' prossima al minimo. Altra macroscopica disparita' di trattamento emerge ove si consideri che, ai sensi dell'art. 2, ottavo comma, della legge 26 gennaio 1983, n. 18, per l'omessa installazione del registratore di cassa e' prevista una mera sanzione amministrativa (sospensione temporanea della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio della attivita'), mentre per l'omessa istituzione del registro succedaneo del medesimo registratore (per di piu' a funzionamento meramente eventuale) sarebbe prevista la piu' grave sanzione penale. Il raffronto ora esaminato tra conseguenze della mancata installazione del registratore e conseuenza dell'omessa istituzione del registro sostitutivo introduce, d'altro canto, un secondo argomento di dubbia costituzionalita' sotto il profilo della capacita' contributiva (art. 53 della Costituzione) o, piu' nel dettaglio, del pericolo di un doloso occultamento di capacita' contributiva. E' infatti evidente che mentre il registratore di cassa deve funzionare tutti i giorni e per tutte le ore di attivita', il registro sostitutivo non puo' che essere destinato a contenere registrazioni di operazioni poste in essere nel limitato periodo (che potrebbe essere anche di sole poche ore) in cui il misuratore fiscale risulti fermo per riparazione o per mancanza di energia elettrica o per qualsiasi altra causa. Ne consegue che il pericolo di un occultamento di capacita' contributiva e' di gran lunga maggiore nella ipotesi di mancata installazione dell'apparecchio che non in quella di mancata istituzione del registro sostitutivo. Ma v'e' di piu': accade di solito - e il caso in esame nel presente procedimento penale ne costituisce un esempio - che il contribuente abbia istituito e regolarmente tenuto il registro dei corrispettivi previsto dall'art. 24 del d.P.R. n. 633/1972. Ne consegue che, ove gli incassi giornalieri siano stati ordinatamente riportati su tale registro nessun danno e nessun pericolo di danno puo' verificarsi per l'erario, anche se, per avventura, gli stessi incassi non siano stati registrati nel misuratore fiscale ovvero nel registro sostitutivo di cui all'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983. In tale ipotesi, si finirebbe allora con assoggettare alla piu' grave forma sanzionatoria, quella penale, un comportamento (mancata istituzione del registro sostitutivo) che non rappresenta neppure un pericolo di occultamento di capacita' contributiva (e' appena il caso di rilevare che l'omessa regolare tenuta del registro dei corrispettivi o l'omessa annotazione su di esso dei ricavi - queste si' ipotesi veramente pericolose nella prospettiva di un'evasione fiscale - costituiscono gia' di per se' fattispecie penalmente rilevanti ai sensi dell'art. 1 della legge n. 516/1982). Terzo profilo di dubbia costituzionalita' e' dato da un'ipotesi di violazione della riserva assoluta di legge ex art. 25, secondo comma, della Costituzione a cui conduce l'inclusione del registro ex art. 11 del d.m. 23 marzo 1983 tra le scritture contabili previste dall'art. 1, sesto comma, della legge n. 516/1982. Non ignora lo scrivente, anzi condivide, la ormai prevalente opinione giurisprudenziale che la citata fattispecie penale costituisca una cosiddetta norma "in bianco", come tale idonea ad essere completata, nella sua parte precettiva, da un qualsiasi atto o provvedimento amministrativo, anche non avente valore di legge. Ma qui il caso appare veramente singolare. La legge 23 gennaio 1983, n. 18, dopo aver istituito l'obbligo di rilasciare lo scontrino fiscale mediante l'uso di speciali registratori di cassa o altri apparecchi equipollenti, demanda, con l'ultimo comma dell'art. 1, alle norme regolamentari (decreti del Ministro delle finanze) il compito di determinare le necessarie prescrizioni di attuazione: caratteristiche degli apparecchi misuratori e degli scontrini, modalita' e termini del loro rilascio, dati da registrare, controlli, nonche' numerose altre indicazioni tra cui "... gli adempimenti manuali sostitutivi indispensabili per il caso di mancato funzionamento dei registratori...". Cio' premesso, l'art. 2 della legge n. 18/1983, al primo comma prevede la pena pecuniaria da L. 200.000 a L. 900.000 per il caso di mancata emissione dello scontrino fiscale o di emissione del documento stesso con indicazione del corrispettivo in misura inferiore a quella reale, mentre stabilisce al secondo comma: "Per ogni altra violazione delle disposizioni contenute nei decreti previsti dall'art. 1 si applica la pena pecuniaria da L. 20.000 a L. 200.000". Poiche', come abbiamo visto, anche la previsione degli adempimenti manuali sostitutivi e' materia affidata ai decreti previsti dall'art. 1 citato, ne deriva che la legge n. 18/1983 ha inteso comminare una mera sanzione amministrativa. Se si ritiene che l'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983 sia da riportare nell'ambito di operativita' della norma incriminatrice di cui all'art. 1, sesto comma, della legge n. 516/1982, non puo' che concludersi che una disposizione avente valore di regolamento ha finito con lo scavalcare la stessa norma di legge di cui dovrebbe costituire attuazione, attribuendo valenza penale a comportamenti gia' previsti da detta legge come mero illecito amministrativo. Ne' puo' obbiettarsi che l'originaria previsione deve intendersi modificata e, sostanzialmente, abrogata, dall'art. 1, sesto comma, della legge n. 516/1982, e cio' per il semplice motivo che la legge 26 gennaio 1983, n. 18, e' posteriore, non anteriore alla legge n. 516/1982, per cui, tutt'al piu' e' quest'ultima che puo' considerarsi modificata o parzialmente abrogata dall'altra (art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale) e non viceversa.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale come sopra prospettata dal p.m.; Ordina la sospensione del processo e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la notifica della presente ordinanza ai presidenti dei due rami del Parlamento ed al Presidente del Consiglio dei Ministri. Trani, addi' 27 settembre 1990 Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile) Il collaboratore di cancelleria: SANNICANDRO 91C0223