N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 marzo 1991

                                 N. 13
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
                     cancelleria il 1 marzo 1991
                 (della provincia autonoma di Trento)
 Zootecnia  -  Disciplina della riproduzione animale - Attribuzione al
 Ministro dell'agricoltura di concerto con il Ministro della  sanita',
 sentita  la conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e
 province autonome del potere  di  emanare  regolamenti  esecutivi  in
 materia  di:  a)  istituzione  ed  esercizio  delle stazioni di monta
 naturale  e  degli  impianti  per  l'inseminazione  artificiale;   b)
 requisiti   sanitari   per  il  prelievo,  conservazione,  impiego  e
 distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli  ed  embrioni;
 c)   certificazione   degli   interventi   fecondativi   e  raccolta-
 elaborazione dei dati riguardanti la riproduzione animale -  Asserita
 violazione  della  competenza provinciale in materia di agricoltura e
 patrimonio zootecnico e di igiene e sanita'.
 (Legge 15 gennaio 1991, n. 30, artt.  1,  secondo  comma,  5,  primo,
 secondo,  quinto  e  settimo  comma,  7, terzo comma, 8, primo comma,
 lettere a), b) e c), 9 e 10).
 (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16;  Cost.,
 art. 3).
(GU n.12 del 20-3-1991 )
   Ricorso   della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente della giunta  provinciale  sig.  Mario  Malossini,  giusta
 deliberazione  della giunta provinciale n. 1598 del 22 febbraio 1991,
 rappresentato e difeso  -  in  virtu'  di  procura  speciale  del  26
 febbraio  1991, per notaio Pierluigi Mott di Trento (rep. n. 56208) -
 dall'avv. prof.  Sergio  Panunzio  e  presso  di  esso  elettivamente
 domiciliata  in  Roma, piazza Borghese n. 3, contro la Presidenza del
 Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del  Consiglio  in
 carica,  per  la  dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 1,
 secondo comma, art. 5, primo, secondo, quinto e settimo  comma,  art.
 7,  terzo  comma,  art. 8, primo comma, lettere a), b) e c), art. 9 e
 art. 10 della legge 15 gennaio 1991, n. 30,  recante  la  "Disciplina
 della riproduzione animale", per violazione degli artt. 8, n. 21), 9,
 n.  10  e  16  del  d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e relative norme di
 attuazione e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n.  526  e
 dell'art. 3 della Costituzione.
                               F A T T O
    La  provincia  autonoma di Trento ha potesta' legislativa primaria
 in materia di  agricoltura  e  patrimonio  zootecnico  (cfr.  statuto
 speciale e art. 8, n. 21, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), nonche'
 potesta'  legislativa secondaria in materia di igiene e sanita' (cfr.
 statuto speciale ed art. 9, n. 10, del d.P.R. n. 670/1972).
    Nell'esercizio della propria  autonomia  legislativa  primaria  la
 provincia  ha da tempo emanato una legislazione completa, aggiornata,
 adeguata alle specifiche esigenze provinciali  ed  in  linea  con  le
 direttive  comunitarie  in  materia  di disciplina della riproduzione
 animale.
    Ricordiamo,  in  particolare,  la legge prov. 28 dicembre 1984, n.
 16, che ha disciplinato in via generale la materia. Quindi la l.p. 20
 novembre 1987, n. 27, che ha portato modificazioni ed integrazioni.
    Vi e' stata, poi, la deliberazione della g.p. 29 gennaio 1988,  n.
 377,  che ha coordinato in testo unico la legislazione provinciale e,
 da ultimo, la l.p. 14 febbraio 1991 n. 5  (artt.  22  e  28)  che  ha
 apportato  ulteriori  modificazioni  e  miglioramenti  alla  legge n.
 16/1984.
    E' ancora da aggiungere che a livello comunitario le  direttive  e
 le  decisioni  in  materia sono precipuamente rivolte a garantire che
 gli Stati membri provvedano affinche' non sia  vietata,  limitata  od
 ostacolata, per motivi zootecnici, l'ammissione alla riproduzione dei
 capi  di  bestiame  di razza pura delle diverse specie attraverso una
 limitazione degli scambi  intracomunitari  dei  riproduttori  stessi,
 dello  sperma  o degli ovuli fecondati. Invece la disciplina in senso
 stretto della riproduzione animale non forma oggetto della  normativa
 comunitaria  se  non in modestissima misura e prevalentemente in modo
 indiretto.
    La legge  15  gennaio  1991,  n.  30,  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale 29 gennaio 1991, n. 24, pretende di dettare una "disciplina
 della riproduzione animale" invadendo le competenze legislative della
 provincia  attraverso  un  generico  quanto  incongruo  richiamo alle
 normative comunitarie che non solo e' di per se' illegittimo, ma, con
 la sua indeterminatezza, mette in dubbio ed in discussione  tutta  la
 vigente normativa provinciale (cfr. art. 1, secondo comma, che detta:
 "Nei  limiti in cui attuino la normativa comunitaria, le disposizioni
 della presente legge costituiscono altresi', per le regioni a statuto
 speciale e per le provincie autonome di Trento e  di  Bolzano,  norme
 fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica".
    Precisiamo  che  non si impugna la legge citata nella parte in cui
 regola l'ordinamento e la tenuta dei libri genealogici nazionali,  di
 cui  non  si  discute  la  competenza  statale, bensi' con riguardo a
 quelle disposizioni, precisate in epigrafe, che investono la concreta
 disciplina della riproduzione animale  e  la  sanzionano  (vedi  capo
 secondo  e  terzo  della  legge).  Disposizioni  che potrebbero anche
 ritenersi non applicabili  alla  provincia  ricorrente,  poiche'  non
 attuano  alcuna normativa comunitaria e quindi non sarebbero a rigore
 da ricomprendersi nel dettato del citato secondo comma  dell'art.  1,
 ma  che, tuttavia, contraddittoriamente sembrano da interpretarsi nel
 senso della loro estensione anche alla provincia autonoma laddove, ad
 esempio, nell'art. 5, secondo comma, viene direttamente coinvolta  la
 provincia stessa.
    Pertanto,  poiche'  la legge 15 gennaio 1991, n. 30, e' gravemente
 lesiva delle competenze della provincia  autonoma  di  Trento,  quali
 definite  dallo statuto speciale T.-A.A., questa si vede costretta ad
 impugnarla per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1. -  Violazione  delle  competenze  legislative  della  provincia
 autonoma di cui all'art. 8, n. 21), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
 e  relative  norme di attuazione dello Statuto speciale T.-A.A. e, in
 particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (spec. artt. 7 e 8),
 da parte dell'art. 1, secondo comma, della legge 15 gennaio 1991,  n.
 30. Violazione art. 3 della Costituzione.
    Come  si  e' gia' esposto, l'art. 1, secondo comma, della legge n.
 30/1991 stabilisce  che  nei  limiti  in  cui  attuino  la  normativa
 comunitaria, le disposizioni della predetta legge costituiscono norme
 fondamentali  di  riforma  economico  sociale della Repubblica per le
 province autonome.
    Una simile previsione  si  rivela  costituzionalmente  illegittima
 sotto piu' profili:
       a)  perche'  precostituisce  un'unica  modalita'  di attuazione
 della normativa comunitaria in materia di competenza esclusiva  della
 provincia,  in  aperto  contrasto con l'art. 7 del d.P.R. 19 novembre
 1987, n. 526, che, attuando lo  statuto  speciale,  prevede  che  "la
 regione  e  le  province  di  Trento  e  di Bolzano, nelle materie di
 competenza  esclusiva,  possono  dare   immediata   attuazione   alle
 raccomandazioni  e direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti
 previsti dallo statuto speciale, alle leggi statali di attuazione dei
 predetti atti comunitari".
    Inoltre, come si desume  dal  successivo  art.  8  del  d.P.R.  n.
 526/1987,  lo  Stato  puo'  intervenire  direttamente  nella  materia
 soltanto qualora si  riscontrasse  una  accertata  inattivita'  della
 provincia  che  dovesse  comportare  un  inadempimento degli obblighi
 comunitari. Tale previsione esclude necessariamente  la  possibilita'
 di  un intervento diretto e generalizzato come quello di cui all'art.
 1, secondo comma, della legge impugnata, che  scavalca  la  normativa
 speciale  attraverso  l'apodittica  ed arbitraria equiparazione delle
 imprecisate norme dettate dalla legge n. 30/1991 alle leggi di grande
 riforma economico sociale della Repubblica;
       b) perche'  e'  irrazionale  ed  arbitrario  -  e  pertanto  in
 contrasto  con  i  principi  costituzionali  in materia di competenza
 legislativa esclusiva della provincia autonoma e con l'art.  3  della
 Costituzione  -  astrattamente e genericamente assimilare imprecisate
 disposizioni  di  attuazione  di  altrettanto  imprecisate  normative
 comunitarie  alle  leggi  di  fondamentale  riforma economico-sociale
 della Repubblica;
       c) perche' costituisce violazione delle  medesime  disposizioni
 costituzionali  indicate  sub  b)  l'emanazione  di  una disposizione
 legislativa come quella in questione che rende del tutto equivoca  ed
 indeterminata la statuizione normativa.
    2.  -  Violazione  delle  competenze  legislative  della provincia
 autonoma di cui agli artt. 8, n. 21), 9, n. 10) e 16  del  d.P.R.  31
 agosto  1972,  n.  670  e  relative norme di attuazione dello statuto
 speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre  1987,  n.
 526,  da  parte  dell'art.  5, primo, secondo, quinto e settimo comma
 della legge 15 gennaio 1991, n. 30.
    L'art. 5 della legge n. 30/1991 detta al primo comma  disposizioni
 che  regolamentano  l'idoneita'  dei  capi animali alla riproduzione,
 distinguendo tra monta naturale e inseminazione artificiale.
    Quindi, al secondo comma, esso prevede che le  province  autonome,
 sentito  il  Ministero  dell'agricoltura,  possono autorizzare alcune
 deroghe minori alla normativa dettata al primo comma "in presenza  di
 specifiche esigenze zootecniche locali".
    Ancora,  al  quinto  comma,  vieta  per  le  specie equina e suina
 l'esercizio della fecondazione in forma girovaga  e,  per  la  specie
 suina, la "monta pubblica naturale".
    Infine,  al  settimo  comma,  stabilisce  che  in  campo equino le
 manipolazioni del materiale  riproduttivo  e  la  fecondazione  degli
 equini  devono  essere effettuate in centri appositamente autorizzati
 dal Ministero dell'agricoltura e foreste.
    Non si comprende se le sopra richiamate  disposizioni  secondo  la
 legge  statale  debbano  -  tutte  o  alcune  di  esse - considerarsi
 applicabili nel territorio della provincia  autonoma,  in  quanto  da
 considerare,  ai  sensi  dell'art.  1,  secondo  comma,  disposizioni
 attuative della normativa comunitaria.
    E'  certo  che  la  subordinazione   delle   eventuali   "deroghe"
 provinciali  al  parere del Ministero, prevista nel secondo comma, fa
 temere per la applicabilita'.
    In questo caso, si deve denunziare l'illegittimita' costituzionale
 delle suddette disposizioni per le violazioni  indicate  in  rubrica,
 sotto diversi autonomi profili, in quanto:
       a) la normativa in questione illegittimamente si sovrappone, in
 una  materia di esclusiva competenza provinciale quale sicuramente e'
 l'agricoltura e la zootecnia (art. 8, n. 21, del d.P.R. n. 670/1972),
 alla disciplina provinciale da  tempo  in  vigore,  modificandola  ed
 abrogandola   (cfr.   in   particolare,   sulla   monta  naturale  le
 disposizioni dettate dagli artt. 2 e 9 della l.p. 28  dicembre  1984,
 n. 16 e succ. mod. e integr. della l.p. 14 febbraio 1991, n. 5; sulle
 stazioni  di  monta e sui centri per la fecondazione artificiale, gli
 artt. 3 e 4 della stessa legge provinciale e  le  altre  disposizioni
 delle leggi citate in narrativa);
       b)  non  si  tratta di normativa di principio, ma di disciplina
 concreta e di dettaglio;
       c) non  si  tratta  di  attuazione  di  normative  comunitarie,
 perche'  non  vi  sono  direttive  o  regolamenti  comunitari  che si
 occupano di questi aspetti, limitandosi le direttive  CEE  a  dettare
 norme  per  i  riproduttori  di  razza  pura  tese al diverso fine di
 assicurarne  la  libera  circolazione,  peraltro  senza  fare  alcuna
 distinzione tra le diverse specie (cfr. direttiva 87/328/CEE);
       d)  se  anche  si  trattasse di normativa di attuazione CEE (ma
 decisamente e'  da  escludere)  comunque  non  sarebbe  legittima  la
 normativa  statale  perche'  spetterebbe  alla provincia l'attuazione
 delle direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R. n. 526/1987.
    3. -  Violazione  delle  competenze  legislative  della  provincia
 autonoma  di  cui  agli artt. 8, n. 21), 9, n. 10) e 16 del d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670 e relative  norme  di  attuazione  dello  statuto
 speciale  T.-A.A.  e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n.
 526, da parte dell'art. 7, terzo comma, della legge 15 gennaio  1991,
 n. 30.
    Se non siamo in errore il terzo comma dell'art. 7 inspiegabilmente
 contiene la stessa normativa dettata dal settimo comma dell'art. 5 e,
 pertanto,  nei  suoi  riguardi si deve riproporre e confermare quanto
 censurato al precedente paragrafo 2. Si tratta di  una  testimonianza
 della   frettolosita'  del  legislatore  statale,  frettolosita'  che
 probabilmente    sta    all'origine    degli    stessi    vizi     di
 incostituzionalita' qui denunciati.
    4.  -  Violazione  delle  competenze  legislative  della provincia
 autonoma di cui agli artt. 8, n. 21), 9, n. 10) e 16  del  d.P.R.  31
 agosto  1972,  n.  670  e  relative norme di attuazione dello statuto
 speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre  1987,  n.
 526,  da  parte  dell'art.  8,  primo comma, lett. a), b) e c), della
 legge 15 gennaio 1991, n. 30.
    L'art.  8  della   legge   impugnata   attribuisce   al   Ministro
 dell'agricoltura,  di  concerto con quello della sanita' e sentita la
 Conferenza permanente per i rapporti tra Stato,  regioni  e  province
 autonome, il potere di emanare regolamenti esecutivi in materia di:
       a)  istituzione ed esercizio delle stazioni di monta naturale e
 degli impianti per l'inseminazione artificiale, nonche' di  requisiti
 sanitari  che  devono  possedere i riproduttori per essere ammessi ad
 operare nelle stesse stazioni ed impianti;
       b) requisiti sanitari per prelievo,  conservazione,  impiego  e
 distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli ed embrioni;
       c)  certificazione  degli  interventi  fecondativi  e raccolta-
 elaborazione dei dati riguardanti la riproduzione animale.
    Ancora   una   volta   si   deve    denunziare    l'illegittimita'
 costituzionale delle suddette disposizioni per le violazioni indicate
 in rubrica, sotto diversi autonomi profili, in quanto:
      I)  La  normativa  dettata  dalle  lettere  a)  e  c)  dell'art.
 8illegittimamente  si  sovrappone,  in  una  materia   di   esclusiva
 competenza   provinciale  quale  certamente  e'  l'agricoltura  e  la
 zootecnia (art. 8, n. 21, del d.P.R. n.  670/1972),  alla  disciplina
 provinciale da tempo in vigore, modificandola ed abrogandola.
    Confronta, in particolare, la gia' citata disciplina dettata dalla
 legge  prov.  28 dicembre 1984, n. 16 e succ. mod. e integr. (l.p. 14
 febbraio 1991, n. 5) sulle stazioni di monta  e  sui  centri  per  la
 fecondazione  artificiale (artt. 3 e 4) e le altre disposizioni delle
 leggi citate in narrativa;
      II) lo stesso deve ripetersi per quanto riguarda  la  previsione
 di  cui alla lett. b), poiche' la normativa disciplinante i requisiti
 sanitari per prelievo, conservazione,  impiego  e  distribuzione  del
 materiale  di  riproduzione  e  di  ovuli  ed  embrioni (come anche i
 requisiti sanitari dei riproduttori, di cui alla lettera a),  rientra
 nella  potesta' legislativa esclusiva della provincia o, comunque, in
 quella secondaria della provincia  stessa  in  materia  di  igiene  e
 sanita' (art. 9, n. 10);
      III)  non  si tratta di normativa di principio, ma di disciplina
 concreta e di dettaglio, come tale esulante  dalla  competenza  dello
 Stato,  ai sensi dell'art. 8, n. 21), dell'art. 9, n. 10) e dell'art.
 16 del d.P.R. n. 670/1972;
      IV) non  si  tratta  di  attuazione  di  normative  comunitarie,
 perche'   non   vi   sono  direttive  o  regolamenti  comunitari  che
 intervengano nella specifica materia;
      V) se anche si trattasse di normativa di attuazione CEE  (ma  lo
 escludiamo  fermamente)  comunque  non sarebbe legittima la normativa
 statale  perche'  spetterebbe  alla  provincia   l'attuazione   delle
 direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R. n. 526/1987;
    5.  -  Violazione  delle  competenze  legislative  della provincia
 autonoma di cui agli artt. 8, n. 21), 9, n. 10) e 16  del  d.P.R.  31
 agosto  1972,  n.  670  e  relative norme di attuazione dello Statuto
 speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre  1987,  n.
 526, da parte degli artt. 9 e 10 della legge 15 gennaio 1991, n. 30.
    L'art.   9   della  legge  impugnata  stabilisce  alcune  sanzioni
 amministrative per la violazione della legge  stessa.  L'art.  10  ne
 disciplina  la  procedura  prevedendo, tra l'altro, la competenza del
 prefetto alla applicazione  delle  sanzioni  e  la  comunicazione  al
 Ministero dell'agricoltura.
    Anche  questa  parte della materia, nel territorio della provincia
 ricorrente, trova  una  sua  specifica  normativa.  Infatti  sanzioni
 amministrative  sono  stabilite  dall'art.  17  della  legge prov. 28
 dicembre 1984, n. 16 e dagli artt. 33 e 34  della  l.p.  20  novembre
 1987, n. 27.
    Queste norme disciplinano anche la procedura di applicazione delle
 sanzioni stesse.
    Pertanto,  denunziando  ancora una volta le violazioni indicate in
 rubrica, dobbiamo evidenziare:
      I) che la competenza non dello Stato ma delle regioni - e quindi
 anche delle province autonome - in tema di  sanzioni  amministrative,
 anche  per  quanto riguarda l'accertamento delle infrazioni e la loro
 applicazione, nelle materie di competenza propria  delle  stesse,  e'
 stata  anche  recentemente  ribadita dalla Corte costituzionale nella
 sentenza 27 ottobre-15 novembre 1988, n. 1034. Pertanto,  essendo  la
 materia   de   qua  di  competenza  della  provincia,  rientra  nella
 competenza   della   stessa   anche   la   materia   delle   sanzioni
 amministrative,  con la conseguente illegittimita' degli artt. 9 e 10
 della legge n. 30/1991;
      II) che, comunque, per le specifiche sanzioni  amministrative  e
 la loro procedura applicativa non puo' certo parlarsi di normativa di
 principio ovvero di principi generali dell'ordinamento;
      III)  che  e'  altrettanto evidente che in questa materia non vi
 sono normative comunitarie da invocare;
      IV) che, in ogni  caso,  anche  nella  assurda  ipotesi  che  si
 trattasse  di  normativa  di  attuazione  CEE,  comunque  non sarebbe
 legittima la normativa statale  perche'  spetterebbe  alla  provincia
 l'attuazione delle direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R.
 n. 526/1987.
                               P. Q. M.
    Voglia     l'ecc.ma    Corte    costituzionale    dichiarare    la
 incostituzionalita' degli artt. 1,  secondo  comma,  art.  5,  primo,
 secondo,  quinto  e settimo comma, art. 7, terzo comma, art. 8, primo
 comma, lettere a), b) e c), art. 9 e art. 10 della legge  15  gennaio
 1991,  n. 30, recante la "Disciplina della riproduzione animale", per
 violazione degli artt. 8, n. 21), 9, n. 10) e 16 del d.P.R. 31 agosto
 1972, n. 670 e relative norme di attuazione e,  in  particolare,  del
 d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 e dell'art. 3 della Costituzione.
      Roma, addi' 27 febbraio 1991
                      Prof. avv. Sergio PANUNZIO

 91C0310