N. 278 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 1991

                                N. 278
     Ordinanza emessa il 20 febbraio 1991 dal tribunale di Firenze
   nel procedimento civile vertente tra Del Lungo Claudio e regione
                                Toscana
 Elezioni - Ineleggibilita' a  consigliere  regionale  del  dipendente
 regionale  -  Cessazione della condizione di ineleggibilita' solo per
 effetto di dimissioni del dipendente regionale -  Mancata  previsione
 della  cessazione  della condizione di ineleggibilita', altresi', per
 effetto  del  collocamento  in  aspettativa  alla data fissata per la
 presentazione  della  candidatura  -  Ingiustificata  disparita'   di
 trattamento  dei  dipendenti  regionali  rispetto ai dipendenti delle
 uu.ss.ll. per i quali e' sufficiente il collocamento  in  aspettativa
 alla  data  di  presentazione  della  candidatura  per far cessare la
 condizione  di  ineleggibilita'  -   Incidenza   sul   diritto   alla
 conservazione  del  posto  di  lavoro  in  caso  di  nomina ad uffici
 pubblici  elettivi,  attesa  la   natura   di   diritto   affievolito
 dell'eventuale riammissione in servizio del dipendente regionale alla
 cessazione    dalla    carica    pubblica   nonche'   la   decorrenza
 dell'anzianita' di servizio dalla data della riammissione in servizio
 anziche' dalla data di cessazione del rapporto di impiego.
 (Legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma).
 (Cost., artt. 3 e 51).
(GU n.17 del 24-4-1991 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n.  269/1990
 promosso da Del Lungo Claudio;
                           IN FATTO OSSERVA
    Con ricorso ex art. 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, ed ex
 artt.  1,  2,  3,  4  e  5  della  legge  23  dicembre 1966, n. 1147,
 depositato in data 10 dicembre  1990,  Claudio  Del  Lungo  adiva  il
 tribunale  di  Firenze  chiedendo  la dichiarazione di nullita' delle
 delibere 22 ottobre 1990 della giunta per le elezioni  della  regione
 Toscana  e  6 novembre 1990, n. 326, del consiglio regionale Toscano,
 con le quali era stato disposto l'annullamento della propria elezione
 a consigliere regionale, proclamata con decreto  del  presidente  del
 tribunale di Lucca del 23 maggio 1990.
    Il  ricorrente,  dipendente  dell'Ente  toscano  per  lo  sviluppo
 agricolo e forestale, faceva presente quanto segue:
      alla data fissata per la presentazione delle candidature egli si
 trova in posizione di aspettativa per motivi personali,  regolarmente
 assentita  con  delibera  g.r.  11.433 del 22 gennaio 1990, fino alla
 data del 30 aprile 1990;
      con domanda del 23 marzo 1990, egli aveva chiesto la proroga del
 collocamento in aspettativa fino al 31 maggio 1990  (cioe'  oltre  la
 data  fissata  per le elezioni amministrative), al fine di proseguire
 la cessazione dalle funzioni, in sintonia con quanto  previsto  dalla
 legge  23  aprile  1981,  n.  154,  in  materia  di ineleggibilita' e
 incompatibilita' alla carica di consigliere regionale;
      la g.r., pur prorogando l'aspettativa  come  da  lui  richiesto,
 aveva  tuttavia  rilevato che "il terzo comma dell'art. 2 della legge
 n. 154/1981 stabilisce che la causa di ineleggibilita' alla carica di
 consigliere regionale non ha  effetto  solo  se  l'interessato  cessa
 dalle  funzioni  per  dimissioni  non  oltre il giorno fissato per la
 presentazione delle candidature";
      in esito a  tale  risposta  egli  aveva  rassegnato  le  proprie
 dimissioni  in data 19 maggio 1990, dichiarando la volonta' di optare
 per il mantenimento della carica elettiva;
      nonostante le rassegnate dimissioni la giunta regionale  per  le
 elezioni   aveva   proposto   l'annullamento  della  sua  elezione  a
 consigliere  regionale  ed  il  consiglio  regionale  toscano   aveva
 approvato  tale  proposta,  pronunciando definitivamente la decadenza
 con la delibera, n. 326 sopracitata.
    Il  ricorrente  sollevava quindi in via principale e pregiudiziale
 eccezione di legittimita' costituzionale dell'art.  2,  terzo  comma,
 della  legge  23 aprile 1981, n. 154, in relazione agli artt. 3, 51 e
 38 della Costituzione, chiedendo altresi' all'esito di tale superiore
 pronuncia, la dichiarazione di  nullita'  delle  citate  delibere  22
 ottobre 1990 e 6 novembre 1990.
    La  regione  Toscana si costituiva in giudizio, con controricorso,
 chiedendo la reiezione delle domande proposte dal Del Lungo.
    Il ricorso  veniva  discusso  all'odierna  udienza  in  camera  di
 consiglio, con la partecipazione del p.m.
    In esito alla discussione il tribunale ha pronunciato ordinanza di
 rimessione  alla  Corte  costituzionale  per le ragioni che risultano
 dalle seguenti
                       CONSIDERAZIONI IN DIRITTO
    Il ricorrente mette in evidenza lo stridente contrasto dell'art. 2
 della legge n. 154/1981 innanzitutto con l'art. 3 della Costituzione,
 a causa della abnorme discriminazione posta in essere da tale  norma,
 quanto   alla  cessazione  delle  cause  di  ineleggibilita',  tra  i
 dipendenti della regione  (art.  2,  primo  comma,  n.  7)  ed  altre
 categorie  di  pubblici dipendenti, quali, ad es., i dipendenti delle
 uu.ss.ll. facenti parte del comitato di gestione,  o  i  coordinatori
 dello stesso per i consigli comunali (art. 2, primo comma, n. 8).
    Dalla  lettura  del  secondo  e  del terzo comma del citato art. 2
 emerge,  infatti,  che  per  i  dipendenti  regionali  la  causa   di
 ineleggibilita'  a  consigliere  regionale  non  ha  effetto  solo se
 l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni non oltre il giorno
 fissato per la presentazione delle candidature,  laddove  invece  per
 altri  dipendenti  pubblici,  appunto i dipendenti delle uu.ss.ll. di
 cui al citato n. 8 del primo comma, e' sufficiente che  a  tale  data
 l'interessato sia collocato in aspettativa.
    Avendo   le   due   delibere   impugnate  applicato  alla  lettera
 l'anzidetta normativa (in  quanto  la  decadenza  del  Del  Lungo  da
 consigliere regionale e' stata pronunciata a causa del fatto che alla
 data  per  la  presentazione delle candidature il medesimo si trovava
 solo in aspettativa e non anche cessato dal servizio per dimissioni),
 ne consegue la rilevanza,  in  ordine  al  presente  giudizio,  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale sollevata dal ricorrente,
 dovendo  il  Tribunale  dichiarare  radicalmente  nulle  le  delibere
 impugnate  nell'ipotesi in cui le stesse si ritengano applicazione di
 una norma di legge incostituzionale (art. 23,  secondo  comma,  della
 legge n. 87/1953).
    Quanto al profilo della non manifesta infondatezza della questione
 di legittimita' costituzionale, il tribunale osserva quanto segue: la
 differenziata  disciplina  in  ordine  alla cessazione della causa di
 ineleggibilita' delle varie  categorie  di  pubblici  dipendenti  non
 sembra  in  linea  con  il principio di uguaglianza dall'art. 3 della
 Costituzione, in quanto il diverso trattamento non appare sorretto da
 alcuna ragione  giustificatrice:  invero,  non  si  vede  perche'  il
 pericolo di inquinamento della volonta' elettorale, che la legge pre-
 sume  esistente per una serie di categorie di pubblici dipendenti nel
 momento  in  cui  ne  sancisce  l'ineleggibilita',  debba   ritenersi
 cessato,  per alcune categorie, con la mera aspettativa, che non pre-
 clude la conservazione del posto di lavoro, mentre per altre solo con
 il piu' drastico provvedimento di dimissioni.
    La  differenziata  disciplina,  che consente ad altre categorie di
 pubblici dipendenti di riprendere l'impiego al  termine  del  mandato
 elettorale,  mentre  impone  al  dipendente  regionale di lasciare il
 proprio posto di lavoro, sembra risolversi altresi' in una violazione
 dell'art.  51,  ultimo  comma,  della  Costituzione:  pare  evidente,
 infatti,  che il principio costituzionale secondo cui chi e' chiamato
 a funzioni pubbliche elettive ha  diritto  a  conservare  il  proprio
 posto  di lavoro venga violato da una norma che impone le dimissioni,
 quale condizione per l'esercizio del diritto di elettorato passivo, e
 cio' addirittura al momento della  presentazione  della  candidatura;
 con  la  conseguenza che, se la sperata elezione non diventa realta',
 il non eletto  viene  ad  essere  sprovvisto  dei  normali  mezzi  di
 sussistenza;  tanto  che  egli  dovra'  verosimilmente  rinunciare al
 proprio diritto di elettorato passivo ogni qualvolta  reputi  che  la
 perdita  del  posto  di lavoro sia un prezzo da non potersi pagare in
 cambio della mera candidatura elettorale.
    La norma in questione pare dunque irragionevole  nella  misura  in
 cui  puo' imporre al dipendente regionale di scegliere tra due valori
 costituzionalmente rilevanti (il  diritto  di  elettorato  passivo  e
 quello  alla conservazione del posto di lavoro), i quali invece, alla
 luce dell'art. 51, ultimo comma, della  Costituzione,  debbono  poter
 essere esercitati contemporaneamente.
    E'  possibile  addirittura leggere il precetto costituzionale come
 limite a qualunque disciplina che imponga le  dimissioni  anche  solo
 successivamente  all'avvenuta  elezione, quale cessazione della causa
 di ineleggibilita', ben potendo il collocamento in aspettativa essere
 sufficiente a  fugare  qualsiasi  dubbio  di  captatio  benevolentiae
 (essendo peraltro ritenuto sufficiente dalla stessa legge n. 154/1981
 per    alcune    categorie    di    pubblici   dipendenti)   nonche',
 contemporaneamente,  in   grado   di   tutelare   il   diritto   alla
 conservazione del posto di lavoro.
    In ogni caso tale principio costituzionale rende quanto mai dubbia
 la legittimita' di una norma che impone le dimissioni dal rapporto di
 impiego,    quale   condizione   per   eliminare   l'ineleggibilita',
 addirittura prima della presentazione della candidatura.
    Ne' e' sufficiente, a parere del collegio, ad incidere sul profilo
 della  non  manifesta  infondatezza  della  questione  sollevata,  la
 circostanza  che  la  l.r. Toscana 21 agosto 1989, n. 51 (testo unico
 delle leggi sul personale) preveda all'art. 161  la  riammissione  in
 servizio  del  dipendente  cessato  per  dimissioni  o  per decadenza
 dall'impiego in alcune tassative ipotesi.
    Trattasi, invero, di normativa che appresta una  forma  di  tutela
 parziale  e  certamente  non  in  grado  di  eliminare la presumibile
 violazione dell'art. 51, ultimo comma, della Costituzione: infatti, a
 prescindere  dalla  considerazione   che   sul   piano   teorico   la
 riammissione  in  servizio  successiva alle dimissioni non puo' tener
 luogo della continuita' del rapporto di impiego, si  deve  constatare
 che la riammissione stessa non viene configurata dalla norma in esame
 quale  diritto  soggettivo  del  dipendente,  bensi',  al piu', quale
 diritto affievolito, essendo condizionata alle esigenze  dell'ufficio
 (art.  161  della legge citata, primo comma). Inoltre la stessa norma
 prevede espressamente, al secondo comma, che l'anzianita' di servizio
 decorra non dalla cessazione del rapporto, ma dalla riammissione, con
 cio' stabilendo una regola che, applicata alla fattispecie de qua, si
 risolverebbe  in un danno assolutamente ingiustificato del dipendente
 regionale.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione e 23 della legge 11
 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata  in  relazione
 agli  artt.  3  e  51 della Costituzione la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, terzo comma, della legge 23 aprile  1981,
 n.  154,  nella  parte  in  cui dispone la causa di ineleggibilita' a
 consigliere regionale del dipendente  regionale  cessi  solo  con  le
 dimissioni  e  non anche con il collocamento in aspetttiva, alla data
 fissata per la presentazione della candidatura;
    Dispone la sospensione del presente  giudizio  e  la  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti del Senato della
 Repubblica e della Camera dei deputati.
      Firenze, addi' 20 febbraio 1991
                         Il presidente: BAGGIO

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